Isabella Chierici
Capita di simpatizzare per alcuni personaggi di film o di serie tv additati come cattivi, suscitando talvolta anche diatribe nel fandom della serie o della pellicola, senza nemmeno riuscire a spiegare nel dettaglio da cosa nasca quell'attrazione verso il personaggio in questione. Basti pensare a Loki, contrapposto al resto dei supereroi della Marvel sullo sfondo.
Quello che non percepiamo subito, ma agisce a livello inconscio, è che ci sono delle precise scelte di regia, studiate in base al cambiamento della società e dei suoi gusti, che portano inavvertitamente a subire il fascino di questi personaggi.
Nel contesto contemporaneo la serialità televisiva è diventata un appuntamento quotidiano molto diffuso. Gli spettatori osservano realtà differenti sia come forma di svago sia come mezzo attraverso cui conoscere sempre qualcosa di nuovo - reale o fittizio che sia. Anche in virtù di questa esigenza di novità e costante voglia di offrire un mezzo per evadere dall'ordinario, nell’arco degli ultimi 15 anni, si sono susseguiti nuovi personaggi nel contesto mediatico. Si sono fatti spazio con una velocità sempre maggiore e con caratteristiche marcate e ben distinguibili da personaggi che hanno rappresentato la produzione delle series dello scorso secolo.
Non è più così raro trovare serie incentrate su un protagonista detenuto (Piper Chapman di Orange Is the New Black), spacciatore (Walter White di Breaking Bad), serial killer professionista (Dexter Morgan di Dexter). Al contempo, non è insolito notare sempre più spettatori e critici valutare positivamente (a prescindere da etica e principi) questi personaggi. Questo accade soprattutto perché la messa in campo di questi personaggi è accompagnata a una presentazione del loro profilo psicologico e una personalità tanto intensi che l'etichetta di mero cattivo non è più sufficiente a racchiuderne tutta la complessità. In soccorso, giungono le definizioni di antieroi o rough heroes, entrambi personaggi carismatici che compiono azioni che si discostano dalla legalità. Ciò che li differenzia è il metodo con cui agiscono o i valori che li spingono a compiere determinate azioni.
L’antieroe è un protagonista fondamentalmente buono. Manifesta al contempo sia delle fragilità apparenti sia dei lati oscuri, ben bilanciati agli occhi del telespettatore grazie a gesti e azioni di impatto positivo per la narrazione.
Il rough hero è un cattivo e tale rimane, anche se gli vengono attribuite caratteristiche positive, in grado di attenuare il suo impatto negativo sullo spettatore. (Bernardelli, Grillo, 2017).
Ad esempio, Walter White, il protagonista di Breaking Bad, compie azioni a tutti gli effetti contro la legge, ma il fatto che lo faccia per tutelare la sua famiglia, gli permette di far scattare quell'empatia nello spettatore utile a farlo riconoscere come antieroe e non come un semplice cattivo. Al contrario, Tony Soprano, il protagonista di The Sopranos è ritratto costantemente a compiere azioni malavitose, pur se dietro la maschera apparente di uomo leale e affettuoso. Questo lo classifica, piuttosto, come rough hero.
Per favorire l'empatia dello spettatore verso un personaggio quale l'antieroe e il rough hero, gli sceneggiatori possono fare uso di differenziali, ovvero di tattiche registiche, che mostrano il personaggio ambiguo sotto una luce positiva.
I differenziali possono essere di quattro tipi:
«Ciò non significa che una volta entrati nella cornice narrativa gli interpreti perdano di vista il sistema etico rispetto al quale le azioni dei rough heroes costituiscono vistose deviazioni [...]. Chi si appassiona alle vicende [...] è consapevole della dissonanza a cui questi personaggi lo costringono, ed è perennemente sollecitato a posizionarsi nella zona paludosa dello stato di eccezione, delle circostanze attenuanti e del male minore in cui essi trovano una perversa legittimazione» (Pisanty, 2017:2).
Un altro metodo per avvicinare spettatori e antieroi è l’utilizzo dell’allegiance, ovvero riuscire a instaurare un alto livello di fedeltà, soprattutto attraverso l’empatia.
Come sostiene Bortoluzzi nel suo articolo “Ritornare a Satana: per un’archeologia dell’anti-eroe, da deuteragonista a protagonista”, proprio grazie alla serialità si instaura un rapporto di familiarità con il protagonista deviato in grado di giustificare la sua condotta e il suo comportamento poco etici. Per farlo si può ricorrere a più espedienti. Ad esempio, si mostra l'antieroe come un uomo comune in tutto e per tutto allo spettatore, descrivendo la sua vita privata, i suoi sentimenti, le sue emozioni, per creare un effetto compensatorio alle sue azioni. Un altro caso è quello di dare rilevanza nella storia a un trauma del suo passato, che lo ha reso inevitabilmente quello che è.
L'antieroe può anche essere mostrato come il male minore, ponendolo a fianco di personaggi ancor più meschini e letali di lui. Spesso le serie televisive prendono il punto di vista della mente deviata, permettendo così allo spettatore di condividere con lui il progetto a cui sta lavorando e i suoi stessi pensieri. Questo a volte è rinforzato prendendo come voce narrante quella del protagonista.
A contribuire all'empatia e al processo di umanizzazione del protagonista antieroe giunge l'espediente della presa di coscienza: consapevole del danno recato, il protagonista riscatta la sua posizione agli occhi dello spettatore cercando una soluzione a quello che ha provocato. In questo, l'antieroe è aiutato anche dal suo aspetto fisico: come specificato in più studi, lo spettatore tende ad assolvere con maggiore facilità un cattivo di bell'aspetto, piuttosto che uno esteticamente poco affascinante (Bernardelli, 2017).
Partendo da questi presupposti e dalle tecniche illustrate, ecco due antieroi che il pubblico ha imparato a conoscere in due serie molto recenti: Lucifer Morningstar di Lucifer e Joe Goldberg di You.
Lucifer è una serie televisiva rilasciata nel 2016 che ha come protagonista il diavolo. Questo, stancatosi della propria vita ripetitiva all’Inferno, decide di salire sulla Terra e di passare un po’ di tempo a Los Angeles gestendo il night club Lux. Durante il suo soggiorno entra in contatto con diversi umani: la detective Chloe Decker (l’unica che non cede inizialmente al suo charme) lo colpisce più di ogni altro.
Trattandosi di una figura culturalmente percepita come negativa, gli spettatori tendono ad aspettarsi azioni discutibili da parte di Lucifer. Ciò è quanto accade all’inizio della serie ma, procedendo con la narrazione, ci si trova successivamente davanti a un personaggio carismatico, egoista ma anche buono, dolce e premuroso. Ad esempio, nella puntata 13 della seconda stagione, Chloe viene avvelenata e non si capisce come salvarla. Lucifer finge di morire, come espediente che gli permette di tornare negli inferi per ottenere la formula dell'antidoto. Anche il rapporto che instaura con Trixie, la figlia della detective, lo porta a compiere azioni insolite per lui, come ad esempio passare una serata a casa loro giocando a Monopoli e guardando cartoni animati. Questo entra in contrasto con l’idea del diavolo, culturalmente legata all'immaginario occidentale biblico. Il riscatto del personaggio agli occhi dello spettatore è possibile mediante espedienti diversi anche a livello narrativo. Proprio come la detective Chloe, anche lo spettatore, inizialmente distaccato e diffidente verso Lucifer, si ritroverà a empatizzare con lui. Così, mentre la detective collabora con il protagonista, anche lo spettatore riesce a rintracciare un'indole più altruistica e insolita in Lucifer, in grado di mettere in secondo piano la sua vera natura. A facilitare il riscatto inconscio del personaggio nella mente dello spettatore è, infine, anche il suo bell'aspetto estetico.
E se il riscatto fino a questo punto rimane solo un discorso metanarrativo, a renderlo visibile anche nella storia ci pensano le ali angeliche, che spuntano nuovamente sul dorso di Lucifer nel corso della terza stagione. Ali che gli ricordano la sua genesi e la sua vera identità, per le quali nutre un sentimento di odi et amo costante.
You è una serie televisiva rilasciata il 26 dicembre 2018 che ha come protagonista un libraio di New York di nome Joe, che si innamora a prima vista di una ragazza entrata nel suo negozio. Da quel momento si pone la missione di riuscire a conquistarla.
Essendo una serie composta da poche puntate, fin da subito gli spettatori conoscono la parte psicologicamente più problematica del personaggio. Joe infatti si rivela uno stalker, disposto a tutto pur di essere ricambiato dalla ragazza amata.
Se si riuscisse a mantenere uno sguardo freddo e distaccato, nessuno potrebbe giustificare il comportamento di Joe, proprio perché viene meno a molti principi di moralità. Eppure ha la capacità di affascinare gli spettatori, in quanto presentato come un ragazzo solo, senza amici e vittima degli abusi subiti da ragazzino. Lui stesso tra l’altro è la voce narrante dell’intera serie, perciò tutte le azioni compiute sono percepite dal suo punto di vista. In questo modo si viene a creare con lui un legame solido. Si arrivano a giustificare le sue azioni disdicevoli perchè lui “si doveva tutelare”, frase pronunciata dal protagonista stesso nella prima puntata della stagione.
Il processo di empatia col personaggio è così ben riuscito da aver scatenato il fandom della serie anche sui canali social. Perché non passasse il concetto per cui lo stalking è qualcosa di buono e che può restare impunito, l'attore che impersonifica Joe, Penn Badgley, interviene più volte nei discorsi delle fan che sostengono le azioni del protagonista, vedendole come frutto del suo amore. Anche Millie Bobby Brown, attrice che impersonifica Eleven in Stranger Things, arriva a togliere l'etichetta di psicopatico al protagonista, vedendolo semplicemente innamorato.
Gli sceneggiatori sono stati alquanto abili a far apparire Joe come un eroe che difende gli innocenti: in un gioco di equilibri molto sottile, Joe appare folle ma al contempo lucido, con un carattere pieno di zone d'ombra da esplorare.
Oggi, lo spopolare di antieroi nelle serie e nelle narrazioni mediatiche va di pari passo con l’evoluzione della società moderna, che necessita di vedere come protagonisti anche dei personaggi con debolezze e limiti con cui empatizzare. Il risultato è un'attrazione innegabile con l'alone di mistero che rende l'antieroe più accattivante dell'eroe classico.
In conclusione, si può sostenere che i personaggi moralmente discutibili sono accettati proprio perché, pur mostrandoci i difetti che li rendono così particolari ed affascinanti, rimangono figure irreali e fittizie. Per questo motivo è opportuno inquadrare i cattivi e gli antieroi per come sono: personaggi di serie televisive che non hanno nulla a che vedere con la realtà. Imbattendoci in una persona che sostenga di essere il diavolo, gli diremmo infatti che sta mentendo: ormai si sa che l’unico vero diavolo è Tom Ellis.
A. Bernardelli, Cattivi seriali. Personaggi atipici nelle produzioni televisive contemporanee, Carocci, Roma, 2017.
A. Bernardelli, E. Grillo, Introduzione. Semio-etica del rough hero. Quando i protagonisti sono cattivi, E|C, 2017.
M. Bortoluzzi, Ritornare a Satana: per un’archeologia dell’anti-eroe, da deuteragonista a protagonista, E|C, 2017.
A. Perisinotto, Amare il “meno cattivo”, E|C, 2017.
V. Pisanty, Sociopatici ad alta funzionalità, E|C, 2017.
La serie televisiva «YOU», tra successo e polemiche, da vanityfair.it (data di ultima consultazione: 31/08/2021)
Recensione YOU, su Netflix arriva la serie sul lato oscuro dell'amore e dei social, da movieplayer.it (data di ultima consultazione: 31/08/2021)
Foto 2 da warnerbros.com (data di ultima consultazione: 31/08/2021)
Foto 3 da cinefacts.it (data di ultima consultazione: 31/08/2021)
Foto 5 da theserieseregulars.com (data di ultima consultazione: 31/08/2021)