“Good One”: un atipico coming-of-age

Giulia Regoli

Giulia Regoli scrive di Good One su CanadaUsa

Rimane difficile categorizzare il film Good One (2024), primo lungometraggio di India Donaldson: è il racconto di un weekend di hiking padre-figlia; un coming-of-age atipico; un film molto psicologico e al tempo stesso molto teso; il racconto di una crisi e di un disagio che non esplode mai.

Sam (Lily Collias) è una diciassettenne che si trova a fare un weekend in campeggio con suo padre Chris (James LeGros) e Matt (Danny McCarthy), un amico di suo padre. In contrasto con la natura benevola e accogliente - con le inquadrature della luce che filtra tra le foglie degli alberi come a dare il benvenuto agli avventori - c’è la crescente sensazione di scomodità che si fa spazio in Sam. Infatti, per lei non è il massimo dover passare delle giornate con due uomini di mezza età. Nascono dunque delle piccole incomprensioni, arrivano commenti spiacevoli su lei e la sua vita, e il fastidio aumenta fino a rendere la visione un atto difficoltoso e frustrante

Se la figlia è in un periodo di maturazione e crescita, il padre invece (insieme al suo amico) rimane un personaggio da un lato inconsapevole, dall’altro estremamente mascolino nel senso più invadente del termine. Per questo diventa via via sempre più scomodo dover osservare la diciassettenne cercare costantemente di elaborare l’orrore e l’imbarazzo che questi due adulti le provocano. La performance dell’attrice Lily Collias, in questo senso, è strabiliante: attraverso piccoli gesti, uno storytelling mai esplicito ma sempre rivolto all’interiorità ed espressioni sottili, riesce a trasmettere tutto il malessere a cui viene non solo sottoposta, ma che si crea anche e soprattutto quando capisce di essere costretta a non poterlo urlare.

Un viaggio di pochi giorni si trasforma così in un peso enorme da portare per Sam, il cui mondo interiore non può mai uscire a causa delle dinamiche di potere che si creano tra lei e i due adulti che dovrebbero in quel momento rappresentare i suoi modelli, ma in realtà non fanno altro che deluderla. Il suo essere - intelligente, queer, introspettivo - viene messo in un angolo e sovrastato da micro-aggressioni fatte passare per battute e comportamenti invasivi.

Giulia Regoli scrive di Good One su CanadaUsa

L’aspetto che rende Good One un film estremamente vero è la scelta di rappresentare il malessere come qualcosa che non arriva mai a una vera e propria espressione. Anche se una reazione esplosiva potrebbe benissimo essere compresa e giustificata dai continui accaduti, gli scontri avvengono perlopiù nella propria mente e ciascun personaggio processa le sue croci da portare. Questo è proprio quello che succede molto spesso nella vita quotidiana, poiché in fondo Sam è una donna e una figlia e l’ascendente che suo padre e il suo amico hanno su di lei è evidente tanto quanto ingiusto. Perciò, l’unico modo che ha per farsi sentire è prendersi delle piccole e simboliche rivincite (come quando mette dei sassi nello zaino che il padre deve portare, ndr.).

Good One, in conclusione, è un film che si basa in gran parte sui non detti, sulle esperienze condivise - perché, da adolescente, chi è che non si è mai sentita anche solo in piccola parte come Sam? -, su un disagio raccontato che è anche estremamente vissuto. Il conflitto interiore della protagonista è meravigliosamente interpretato e trasmesso sullo schermo, così come la piattezza e la superficialità degli adulti che la accompagnano. Il senso di impotenza è quasi soffocante, in contrasto con la serenità che la foresta dovrebbe simboleggiare: la verità, però, è che le dinamiche di potere sociali possono inficiare anche le esperienze che dovrebbero essere liberatorie. 

Per tutto il film la voglia principale è quella di dire a Sam di andarsene, di lasciarli là o di mettersi a urlare e sfogarsi, dando alle sue emozioni la legittimità che meritano. Ma poi, pensando di trovarsi in una situazione simile e riflettendo, queste catene sociali si sentono come sempre più stringenti e costrittive. E forse una soluzione univoca non può esserci, se non augurarsi che il campeggio (e tutto ciò che rappresenta) finisca il prima possibile per lei (e per tutte).

 

Foto 1 da Giffoni.

Foto 2 da Movies.ch.

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