Psichiatria e discriminazione di genere: la storia di Nellie Bly

Giulia Regoli

La psichiatria, come tante altre branche della scienza e della medicina, non è esente dal perpetrare lo stesso tipo di discriminazioni della società patriarcale. Infatti, come sostiene Foucault nel suo Madness and Civilization (pubblicato per la prima volta nel 1961 in francese), la follia è sempre stata il pretesto per ostracizzare le persone che non corrispondevano esattamente agli standard sociali imposti, fenomeno che diventa ancora più evidente se consideriamo la patologizzazione dei comportamenti femminili.

Proprio di questo parla la giornalista Nellie Bly nel suo reportage Dieci giorni in manicomio (2018): un’indagine sotto copertura nell’istituzione psichiatrica femminile sull’isola di Blackwell, in cui vengono denunciati i trattamenti violenti a cui venivano sottoposte le pazienti e l’arbitrarietà del giudizio secondo cui venivano internate.

 

1. La follia femminile nel tempo
2. Nellie Bly
3. Dieci giorni in manicomio
4. L’abolizionismo psichiatrico oggi
5. Bibliografia

 

1. La follia femminile nel tempo

Partendo dalla considerazione che i confini tra sanità e malattia mentale sono sempre stati stabiliti nei secoli secondo il contesto e le norme sociali, è importante considerare come il genere abbia avuto un ruolo non secondario in questa categorizzazione. Le donne che non rispettavano gli standard femminili socialmente imposti, sono sempre state viste come “pazze” o soggette a qualche tipo di follia.

Nellie Bly denuncia la psichiatria e le condizioni dei manicomi femminili di Giulia Regoli su CanadaUsa

Fin dall’antichità la connessione tra fragilità e femminilità e il dominio maschile su tutti i campi della medicina - inclusa la psichiatria - ha fatto sì che donne e pazzia fossero in qualche modo collegate. Un chiaro esempio di ciò è l’isteria: termine ormai in disuso per indicare una malattia mentale principalmente femminile e usato per patologizzare le risposte fisiche ed emotive che non rientravano in quello che una donna poteva esternare. La parola stessa deriva dal greco hystera (utero, ndt.), suggerendo che i corpi che lo possedevano fossero biologicamente più soggetti alla malattia (Ussher, 2011:8). 

Questo tipo di stigmatizzazione andò avanti per secoli e si sviluppò in modi diversi, tanto che a partire dal 13esimo secolo, la parte femminile della popolazione divenne il target di un’assidua caccia alle streghe, perché si pensava che il diavolo potesse interagire meglio con le persone che più erano inclini alla follia. La connessione intrinseca tra donne e pazzia continuò anche dopo, fino almeno all’età vittoriana: alle donne venivano diagnosticate sempre più malattie di questo tipo rispetto agli uomini. Solamente dopo la Prima Guerra Mondiale, quando i soldati iniziarono a mostrare segni di stress post traumatico (PTSD) che assomigliavano a quelli dell’isteria, si iniziò a indagare la psiche a prescindere dal genere, anche se molti bias rimasero e rimangono tutt’oggi ben radicati nell’approccio degli studiosi.

In quest’ottica è facile comprendere perché “madness is often defined as deviation from archetypal gendered roles” (Ussher, 2011:13): le donne a cui veniva affibbiata una diagnosi di disturbo mentale erano spesso coloro che uscivano dai ruoli stereotipati di moglie e madre, e che venivano perciò tacciate di follia. Allo stesso tempo è importante considerare la dimensione sociale e collettiva della malattia mentale, per cui la discriminazione e l’oppressione patriarcale producono effettivamente un incremento del malessere nelle persone costrette a portare questo peso. Il punto è, però, che queste soggettività sono sempre state marginalizzate e silenziate senza avere la possibilità di raccontare se stesse e la propria storia, come si vede anche nell’indagine svolta da Nellie Bly nel manicomio di Blackwell.

 

2. Nellie Bly

Nellie Bly è una pioniera del giornalismo investigativo: nata il 5 maggio 1864 col nome di Elisabeth Jane Cochran, è la prima giornalista sotto copertura. Inizia la sua carriera a 20 anni quando manda una lettera di protesta all’editor del Pittsburg Dispatch riguardo a un articolo pubblicato sul giornale che sostiene che le donne siano adatte solamente al lavoro domestico. Adotta lo pseudonimo con cui oggi è famosa e inizia a scrivere principalmente di tematiche sociali facendo dell’attivismo, il fine ultimo della sua professione. Denuncia casi di sfruttamento minorile, di mancata sicurezza sul lavoro e si oppone pubblicamente alla limitazione della libertà delle donne - come nel caso di leggi su divorzio e matrimonio.

Nellie Bly denuncia la psichiatria e le condizioni dei manicomi femminili di Giulia Regoli su CanadaUsa

Quando si trasferisce a New York, inizia a lavorare per il New York World, per il quale intraprende l’inchiesta sulle condizioni del manicomio femminile di Blackwell’s Island, fingendosi disturbata mentalmente e rimanendo lì bloccata per dieci giorni. Dal resoconto pubblicato sul quotidiano, nasce anche il volume Ten Days in a Madhouse (1887, tradotto in italiano con Dieci giorni in manicomio) che crea parecchio scalpore, tanto da portare lo stato di New York a sovvenzionare gli istituti di salute mentale per migliorare le condizioni dei pazienti che vi alloggiavano. Dopo questo episodio, Nellie Bly continua a stare dalla parte degli oppressi cercando di denunciare le ingiustizie sociali: si fa arrestare per raccontare come vivevano le detenute in prigione, narra di scioperi e manifestazioni, e proprio per questo diventa famosa negli Stati Uniti.

Raggiunge l’apice della sua carriera quando nel 1889 compie l’impresa di fare il giro del mondo in 72 giorni, otto in meno che nel famoso romanzo di Jules Verne, Il giro del mondo in 80 giorni (1872). Il quotidiano pubblica aggiornamenti costanti sul suo viaggio intorno al globo e l’impresa diventa seguitissima da più di un milione di persone. 

La sua carriera continua fino alla sua morte, avvenuta all’età di 57 anni per le complicazioni dovute a una polmonite. Oggi viene ricordata soprattutto per la sua intraprendenza, per il suo attivismo e per il suo rifiuto delle linee guida patriarcali impostele dalla società del tempo. Con le sue parole ha sempre provato a denunciare un modo di vedere la donna bidimensionale e oppressivo e a creare un’alternativa attraverso l’autodeterminazione femminile, per sé e tutte le altre.

 

3. Dieci giorni in manicomio

Nellie Bly scrive il reportage Dieci giorni in manicomio (tradotto e pubblicato in Italia nel 2018): un’inchiesta sul manicomio femminile di Blackwell’s Island a New York. La giornalista finge di mostrare segni di malattia mentale per poter essere internata e poi fatta uscire dopo dieci giorni, il tutto per poter denunciare le condizioni in cui riversano le pazienti in quell’ambiente.

Nellie Bly denuncia la psichiatria e le condizioni dei manicomi femminili di Giulia Regoli su CanadaUsa

Nel libro la giornalista racconta tutti i dettagli della sua indagine: per prima cosa elabora un piano strategico per mostrarsi mentalmente instabile e, allo stesso tempo, non essere riconosciuta. Chiede di rimanere per la notte in una casa per donne lavoratrici dove si impegna a non dormire, a tenere lo sguardo fisso, e si inventa di essere arrivata in treno e aver perso i suoi bagagli. Bly narra minuziosamente tutti gli step che l’hanno portata al ricovero: passa dalla polizia; da un giudice; viene interrogata da diversi medici prima di essere mandata su una barca all’isola di Blackwell. Capace di ingannare tutti, lei stessa inizia a ragionare sui confini tra sanità e malattia mentale, su come essi siano labili e arbitrari, e se basta davvero saper fingere abbastanza bene per essere creduta pazza. Inoltre, inizia a fare considerazioni anche sulla condizione femminile:

 

 “Tra le varie domande, una in particolare non aveva alcuna attinenza con quelle che, fino a quel momento, mi erano state poste. Mi chiese infatti se avessi un fidanzato o perfino se fossi sposata.” (Bly, 2018:51) 

 

In questo passaggio inizia a essere evidente come il discorso di potere psichiatrico sia prettamente maschile e come le donne che non rientrano per qualche motivo negli standard patriarcali vengano allontanate.

Inoltre, durante i numerosi colloqui a cui viene sottoposta la giornalista, rende nota la mancanza di umanità che devono sperimentare le persone affette da disturbi mentali: quasi tutti coloro che dovrebbero offrire un giudizio sulla sua condizione mentale, la trattano come se fosse un oggetto più che una persona. La sua denuncia, infatti, parte anche da questo: le pazienti sull’isola di Blackwell (ma presumibilmente anche in altre istituzioni) vengono trattate come se non fossero esseri umani, ma motivo di scherno, bersaglio di crudeltà e violenze

Nellie Bly denuncia la psichiatria e le condizioni dei manicomi femminili di Giulia Regoli su CanadaUsa

Quando Nellie Bly arriva effettivamente sull’isola, i suoi racconti si fanno ancor più agghiaccianti: le pazienti vengono costrette al freddo, a mangiare cibo avariato, a lunghi bagni in acqua gelida, a non sedersi per ore. L’empatia è la prima cosa che viene meno quando si parla di manicomi, poiché le stesse infermiere (personale che dovrebbe aiutare i pazienti) sembrano trarre divertimento dal trattare con sufficienza chi è rinchiusa, se non addirittura con cattiveria, divertendosi a infliggere loro ogni tipo di sopruso. Parlando di una delle donne che erano lì, Bly scrive: 

 

E se anche qualcuno potrebbe giustificarsi asserendo che era stata con certezza diagnosticata ‘pazza’, questo non può in alcun modo giustificare i bagni ghiacciati, la malnutrizione, le percosse e il freddo che era stata costretta a patire.” (ibid. 86)

 

Sull’isola di Blackwell, ci sono pazienti che provengono da diversi background sociali, ma che ricevono lo stesso tipo di trattamento violento proprio nel luogo che si suppone dovrebbe aiutarle a sentirsi meglio. C’è chi non parla inglese e viene comunque rinchiusa senza la possibilità di affidarsi a un traduttore e quindi non potendo capire la situazione; ci sono quelle a cui viene negato di bere dopo la forzata assunzione di droghe; c’è anche chi muore a seguito di ore costretta in una vasca colma di acqua gelida. 

Quello che Bly vede e sperimenta in prima persona nei soli dieci giorni in cui viene reclusa è probabilmente solo una piccola parte degli abusi che vengono perpetrati nelle istituzioni psichiatriche dell’epoca. Quando riesce ad andarsene tutto quello che può dire è: 

 

Lasciai il reparto psichiatrico con la gioia di chi, dopo un tempo che pareva infinito, può finalmente respirare una boccata di paradiso e con il rimpianto di non poter portare con me alcune di quelle sfortunate donne che vissero e soffrirono al mio fianco e che, di questo sono convinta, non erano meno sane di quanto io stessa fossi e sono.” (ibid. 10)

 

4. L’abolizionismo psichiatrico oggi

Oggi le condizioni in cui versano i pazienti considerati psichiatrici nei reparti di salute mentale degli ospedali, sebbene siano migliorate, non sono comunque umane. Per esempio, delle indagini statistiche negli Stati Uniti hanno evidenziato come più della metà delle persone che sono state internate descrivono la loro esperienza come traumatica e il 37% sostiene di aver subito qualche tipo di abuso fisico. Perciò, nonostante i passi avanti che sono stati fatti a livello globale con l’avvento della deistituzionalizzazione, delle denunce contro il trattamento subito dai pazienti nei manicomi e la chiusura di molti degli stessi, è ancora urgente riflettere sul ruolo della psichiatria come forma di oppressione e costrizione, mentale e fisica.

Nellie Bly denuncia la psichiatria e le condizioni dei manicomi femminili di Giulia Regoli su CanadaUsa

Molte persone sopravvissute ai trattamenti psichiatrici stanno riacquistando voce, denunciando le condizioni in cui hanno dovuto vivere e contestando l’oggettività della loro diagnosi. Un esempio di ciò, a livello accademico, è la nascita dei Mad Studies: studi che provengono dal basso, dalle stesse persone che sono state costrette a subire questa forma di oppressione. Il movimento abolizionista si muove nei confronti della psichiatria, denunciandone l’abuso di potere ed evidenziando come essa ripeta gli stessi schemi patriarcali discriminatori che la società adotta. Non è un caso che, nelle istituzioni, i pazienti più presenti siano donne (per i motivi già analizzati), ma anche persone BIPOC, trans e gender non-conforming, insomma coloro che in qualche modo non rispettano le linee guida della società eterocispatriarcale. Le diagnosi risultano spesso modi di patologizzare le risposte individuali e legittime delle persone ai traumi inflitti loro dalla stessa società, mantenendo l’ordine precostituito e sminuendo la loro esistenza e resistenza all’interno di questo sistema.

Per tutti questi motivi si ritiene urgente abolire la psichiatria come forma di controllo e segregazione, evidenziando come la dimensione collettiva e politica delle malattie mentali venga troppo spesso trascurata e come le persone che soffrono vengano ulteriormente danneggiate da trattamenti forzati e violenti. Il che non significa che questo tipo di disturbi non esistano, né che nessuno possa identificarsi con una diagnosi o prendere appositi medicinali. Significa, invece, riconoscere che la medicalizzazione e la patologizzazione imposte dalla psichiatria portano solo ad altra sofferenza e che la deumanizzazione dei pazienti è volta a rinforzare quelle stesse strutture di potere che sono in primis causa di malessere.

 

5. Bibliografia

Bly, Nellie, Dieci giorni in manicomio. Edizioni Clandestine, 2018.

Foucault, Michel, Madness and Civilization. Vintage Books, 1988.

Gillis, Alex, “The rise of Mad Studies”, su University Affairs (data di ultima consultazione: 26/04/2022).

Igwe, Eleanor. “WHAT A GIRL IS GOOD FOR”, su LOYAL NANA (data di ultima consultazione: 26/04/2022).

Mensah, Stella Akua, “Abolition Must Include Psychiatry”, su Disability Visibility Project (data di ultima consultazione: 26/04/2022).

Pace, Lawson, “Nellie Bly: Around the World in 72 Days”, su Heinz History Center (data di ultima consultazione: 26/04/2022).

Simonson, Michael, “MIA Survey: Ex-patients Tell of Force, Trauma and Sexual Abuse in America’s Mental Hospitals”, su Mad in America (data di ultima consultazione: 26/04/2022).

Tasca, Cecilia, Mariangela Rapetti, Mauro Giovanni Carta e Bianca Fadda, “Women and Hysteria in the History of Mental Health”. Clinical Practice and Epidemiology in Mental Health, vol. 8, 2012, pp. 110-119, DOI: 10.2174/1745017901208010110.

Ussher, Jane M, The Madness of Women: Myth and Experience. Routledge, 2011.



Foto 1 da Regency History (data di ultima consultazione: 04/05/2022).

Foto 2 da Il Fatto Quotidiano (data di ultima consultazione: 04/05/2022).

Foto 3 da I segreti di Matilde (data di ultima consultazione: 04/05/2022).

Foto 4 da Medeaonline (data di ultima consultazione 04/05/2022).

Foto 5 da Wikipedia (data di ultima consultazione 04/05/2022).