“Questa strana e incontenibile stagione” di Zadie Smith

Giulia Regoli

Giulia Regoli scrive di Questa strana e incontenibile stagione di Zadie Smith su CanadaUsa

Durante il periodo di isolamento forzato a causa della pandemia di COVID-19, l’autrice britannica Zadie Smith si trova a New York e inizia a mettere su carta alcune sue riflessioni - personali e generali - riguardo la nuova situazione che tutto il mondo sta vivendo. 

Da qui, nasce la raccolta di saggi Intimations (2020), con un titolo abbastanza evocativo: si tratta di pezzi che indagano i sentimenti più intimi e scomodi riguardo il clima di ansia e morte che si respira, che vengono ispirati da ingiustizie strutturali e un collettivo senso di impotenza, sia nella malattia che nella vita. In italiano il libro viene poi pubblicato col titolo Questa strana e incontenibile stagione (2020), proprio per richiamare la serie di avvenimenti che hanno rivoluzionato gli Stati Uniti e il mondo intero nel corso di quella primavera, dall’epidemia di coronavirus all’omicidio di George Floyd.

Le tematiche che Zadie Smith percorre attraverso la sua emotività e il suo atteggiamento di riflessione, si snodano attraverso vari ambiti e intrecciano la sua personale esperienza con quella di una collettività impreparata ad affrontare l’ondata di morte che l’ha poi travolta. Il suo è un tentativo di arginare questo improvviso e completamente nuovo straripamento attraverso il mezzo dell’inchiostro, come anche lei dice:

 

La scrittura è controllo. [...] Nel flusso dell’esperienza - sconcertante, travolgente, conscia, inconscia - siamo immersi tutti. Cerchiamo di adattarci, di imparare, di fare spazio, a volte di resistere, altre volte di sottometterci, a ciò che di volta in volta ci troviamo davanti. Ma gli scrittori vanno oltre: prendono questo sbigottimento perlopiù informe e lo versano in uno stampo progettato da loro. La scrittura è tutta resistenza.” (p.14)

 

Agli umani la pandemia ha in qualche modo dimostrato che l’illusione di avere il controllo sul mondo non dura mai a lungo, che i cicli naturali continuano a riprodursi e che tutto ciò che si può fare in determinate situazioni è osservare e accettare che siamo parte di un tutto, non al di sopra di esso. 

Le misure contenitive e di riduzione del danno - come, per esempio, il lockdown, che ha avuto delle conseguenze psicologiche molto dure - hanno dato la possibilità a molte persone di ripensare il loro stare al mondo in termini di tempo e produttività. La stessa Smith scrive per sé: 

 

Messa di fronte al problema della vita servita liscia, senza distrazioni, abbellimenti o sovrastrutture, quasi non avevo idea di cosa farmene(p. 32). 

 

L’isolamento ha portato anche un nuovo modo di vivere la struttura temporale, di recuperare una visione delle cose contro la produttività a tutti i costi e a una rivalutazione degli amori e delle relazioni come significato fondamentale dei giorni passati su questa terra. 

Giulia Regoli scrive di Questa strana e incontenibile stagione di Zadie Smith su CanadaUsa

Ovviamente, non va sottostimata la componente massiva della sofferenza che ha permeato - forse anche più della paura - le vite delle persone. Il dolore è un sentimento quasi speciale, perché agisce contemporaneamente sul piano collettivo e sul piano personale, senza però che essi debbano necessariamente comunicare. Così, ogni tipo di agonia è un’agonia a modo suo - incomunicabile, intima, estremamente inglobante: 

 

Ma la bolla del privilegio è possibile penetrarla e perfino farla scoppiare: mentre la bolla della sofferenza è impermeabile” (p. 39)

 

E così essa diventa qualcosa di non misurabile e non comparabile, a differenza delle discriminazioni che hanno agito anche in situazioni di emergenza come questa. Se, infatti, ogni persona ha sofferto a suo modo per la pandemia - con i lutti, le perdite, l’aria di terrore che si respirava - Smith dice anche che, nonostante il virus agisse in maniera neutra, contagiando chiunque capitasse a tiro, le statistiche confermano che a sopportarne di più le conseguenze sono state le fasce della popolazione rese fragili dalla società in cui viviamo:

 

Il tasso di mortalità fra i neri e gli ispanici è attualmente il doppio che fra i bianchi e gli asiatici. I poveri stanno morendo più dei ricchi. Più nei centri urbani che nelle campagne. La mappa del virus dei quartieri di New York diventa più rossa precisamente nelle stesse aree che si colorerebbero se la sfumatura di scarlatto misurasse non la diffusione del contagio e la mortalità ma le fasce di reddito e la qualità delle scuole. La morte prematura non è quasi mai stata un fenomeno casuale, in questi Stati Uniti.” (p. 23)

 

Per questo motivo, Zadie Smith fa un paragone tra il razzismo e il coronavirus, identificando il primo con un virus che è incredibilmente difficile da debellare e che fa parte della società fin dai tempi della schiavitù. In questo senso, è chiaro come la discriminazione etnica porti a danni psicologici e fisici (persino alla morte) e come essa sia radicata a tal punto da infettare milioni di persone senza che se ne rendano nemmeno conto. 

I pregiudizi agiscono invisibili all’interno del corpo fino a farlo ammalare” (p. 79), si diffondono senza controllo e portano a delle conseguenze catastrofiche per chi li vive sulla propria pelle. Proprio come la pandemia, il razzismo contagia e si espande, con la sola differenza di andare a colpire una determinata categoria tramite le azioni e le costruzioni sociali che interessano tutta la popolazione. 

Intrecciando i cambiamenti sociali della primavera del 2020 - che coinvolgono le rivolte per la morte di George Floyd e l’isolamento a causa della pandemia - Zadie Smith offre un quadro sociale degli Stati Uniti estremamente interessante. 

Attraversando l’impotenza di fronte alla malattia e la discriminazione strutturale a cui sono soggette le persone non bianche, povere e senza mezzi per poter reagire, l’autrice offre uno spaccato chiaro e lucido rispetto alle ingiustizie che influenzano il modo in cui la sanità è gestita e che risaltano particolarmente in una situazione emergenziale come quella del coronavirus. Allo stesso tempo, le sue riflessioni personali si sovrappongono a una panoramica più generale: considerando il suo background, la scrittrice offre anche una prospettiva intima su cosa davvero significhi - per lei - vivere determinate circostanze, sentendo che la vita intorno continua mentre la sua è stata messa in pausa, come quella di molti altri individui più o meno fortunati di lei. 

Riguardo ciò, è molto significativa l’immagine che appare nel primo saggio del libro Peonie, che dà l’idea di come effettivamente il mondo continui oltre e nonostante la percezione di chi ci vive dentro. Le fioriture della primavera, che si scontrano con la stagione che ha reso evidente come la morte sia ovunque, anche se numerosi sono i tentativi di allontanarla il più possibile, ricordano come sentirsi parte della natura sia - a volte - l’unico modo possibile per trovare un senso alla propria esistenza, anche e soprattutto quando essa non sembra averlo.

 

Foto 1 da The New York Times.

Foto 2 da Riforma.it.