Giulia Regoli
Eighth Grade - Terza Media è un film del 2018, esordio alla regia di Bo Burnham, che segue la fine della terza media per la studentessa Kayla, con tutta la paura e la voglia di novità che precedono il liceo.
La protagonista è una ragazza timida e senza amici, che passa il suo tempo a fare video su YouTube per infondere fiducia in chi li guarda e, forse, anche nel tentativo di trovarla per se stessa.
Nel film, la tecnologia - e in particolare i social media - sono parte integrante della cultura in cui Kayla è immersa: in questo caso, Burnham non dà giudizi positivi né negativi, ma rappresenta un modo di vivere che le nuove generazioni stanno ormai da anni portando avanti.
Tra l’online e l’offline, la protagonista, ma anche gli altri personaggi, cerca di ritagliarsi un proprio spazio in cui conoscere se stessa - cosa che a volte è più facile da fare nel mondo virtuale, pur col rischio di cadere nella performance, distaccandosi da tutto ciò che è reale. Questa confusione è tipica della crescita, del provare a capire chi si è e cosa si vuol fare di sé: social, telefoni e tecnologia hanno reso questa dinamica semplicemente diversa da quella che era prima, ma ciò non vuol dire che vadano completamente demonizzati, pur avendo i loro lati negativi.
Nonostante la generazione a cui appartiene Kayla sia circoscritta ad anni più recenti, i temi trattati in Eighth Grade possono avere affinità con vari tipi di spettatori, perché riprendono principalmente il periodo adolescenziale: la mancanza di sicurezze; il continuo cambiamento; il doversi adattare al mondo esterno per nascondere determinate parti di sé. Queste sono situazioni che moltissime persone, almeno in parte, hanno affrontato crescendo.
“It’s like I’m waiting in line for like a rollercoaster. And that stupid, like, butterfly feeling in your stomach, I get that all the time. And then I never get the feeling after you ride the roller coaster.”
Kayla si sente sempre in attesa, in agitazione per qualcosa che, allo stesso tempo, le sembra non accadere mai oppure sempre: un po’ come fare la fila per le montagne russe, dice, senza mai avere la sensazione di essere arrivata alla fine della corsa.
Tutto il film Eighth Grade suscita in chi lo guarda le stesse emozioni, perché le scene sembrano essere costruite per far percepire tutto il disagio che una ragazza quattordicenne si trova a vivere nel quotidiano, a partire da una banale festa in piscina fino ad arrivare a circostanze molto più negative.
La pellicola è di un realismo estremamente impattante: è molto semplice, ma mai semplificata, ed è davvero immediata nel comunicare ciò che sta succedendo. Inoltre, è formata da un susseguirsi di scene normalissime (non succede nulla di straordinario o di particolarmente eclatante, ndr.), fatto che rende ancora più facile un’immedesimazione o una connessione con la protagonista.
Uno dei pregi di Eighth Grade è, infatti, quello di mostrare come gli avvenimenti più piccoli e impercettibili possono avere un forte effetto su chi li vive: la solitudine sperimentata da Kayla, il suo sentirsi costantemente fuori posto e tutti i suoi tentativi di mimetizzarsi in ruoli che non le appartengono, alla fine le causano dei moti interni di tristezza che non sempre riesce a trattenere. Questo si ripercuote poi sul modo in cui lei stessa si vede.
“Sometimes I think that when I'm older, I'll have a daughter of my own or something... and I feel like if she was like me, then being her mum would make me sad all the time. I'd love her because she's my daughter, but I think if she turned out like me that being her mum would make me really sad.”
Kayla pensa che essere costantemente a contatto con una persona come lei, avere la responsabilità di crescerla e starle vicino, possa rivelarsi estremamente triste, specialmente per suo padre, figura in cui si immedesima. Parole come queste sono un po’ quel disastro che ci si aspetta accada a un certo punto nei teen movie - uno scherzo ai danni della ragazza già emarginata, un’umiliazione pubblica - ma che invece in Eighth Grade non accade mai, o almeno non concretamente.
La vera spaccatura si avverte nel modo in cui Kayla si relaziona con se stessa sulla base di ciò che il mondo le ha fatto capire di lei. Anche per questo motivo lo spazio virtuale assume un’importanza reale: quella di impostarsi come spazio di sfogo, di recupero e anche a volte di libertà a fronte di una vita che questo margine non lo offre.
In conclusione, Eighth Grade può essere definito quasi un documentario per il suo essere crudo nella rappresentazione della realtà e fortemente vero nel dipingere i sentimenti e le emozioni che questa può suscitare in una quattordicenne.
Kayla è un personaggio con cui si può empatizzare: il suo disagio si percepisce in maniera molto chiara; nell’apparente banalità, in realtà, si vede la sua individualità che spicca forte durante tutto il film. Il disagio adolescenziale è, quindi, connesso alla vita della ragazza, ma potrebbe legarsi a qualsiasi situazione vissuta in questo periodo di costante cambiamento e perdita di certezze: per questo motivo, la pellicola mostra anche quanto sia importante essere presenti e vicini a chi lo attraversa, specialmente se considerati figure di riferimento per loro, sempre nel rispetto delle volontà personali e del percorso di crescita che si sta intraprendendo.
Foto 1 da Little White Lies.
Foto 2 da The Harvard Crimson.