Maria Cristina Ianiro
Nel 1996, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 21 novembre Giornata mondiale della televisione.
La televisione è una parte ineludibile della cultura moderna. Dipendiamo dalla TV per l'intrattenimento, le notizie, l'istruzione, la cultura, il meteo, lo sport e persino la musica, dall'avvento dei video musicali. Infatti, nonostante molti preferiscano fruire contenuti audiovisivi su piattaforme digitali di più recente invenzione, la TV rimane ancora un importante strumento di comunicazione.
Ma qual è l’impatto che questo mezzo ha sulla vita di tutti noi ancora oggi?
Un'ondata di nuove ricerche dimostra che la qualità degli spettacoli può influenzarci in modo considerevole, plasmando pensieri e preferenze politiche, fino a influenzare le capacità cognitive. In questa cosiddetta età dell'oro della televisione, alcuni critici suggeriscono che ci possono essere conseguenze negative per l’abbondante e diffuso consumo televisivo, in particolare quando gli spettacoli sono per lo più d’intrattenimento.
Il danno sembra derivare non tanto dal contenuto in sé, quanto dal fatto che l’abitudine di guardare la televisione vada a sostituire modi più illuminanti di passare il tempo. E lo dimostrano bene proprio gli americani che, oltre a dormire e lavorare, sono più propensi a guardare la televisione che a dedicarsi a qualsiasi altra attività.
Il legame tra intelligenza e consumo di televisione è tutt'altro che semplice da analizzare, ma i ricercatori hanno sviluppato metodi convincenti per isolare gli effetti della televisione sulla nostra mente.
Alcune delle migliori ricerche sono state condotte sul programma televisivo “Sesame Street” (“Sesamo Apriti”, nella sua trasposizione italiana), caratterizzato da animazioni, attori in carne e ossa e da un cast di pupazzi: i Muppet. Ideati da Jim Henson, i Muppet - in particolare, i simpaticissimi Elmo, Big Bird, gli inseparabili Bert, Ernie e Cookie Monster - sono diventati icone americane e sono stati protagonisti di una serie di film e speciali televisivi. Iniziato nel 1969, il programma aveva lo scopo di sviluppare l'alfabetizzazione precoce, il calcolo e le capacità emotive dei bambini in età prescolare.
Un'analisi dettagliata dei contenuti dei primi due anni di vita del programma rivela che l'80% dello show era dedicato a obiettivi educativi, mentre il resto era destinato all'intrattenimento. I ricercatori hanno osservato alcuni bambini di età compresa tra i 3 e 5 anni provenienti da famiglie a basso reddito e li hanno divisi in un gruppo sperimentale e in un gruppo di controllo. Nel gruppo sperimentale, i genitori hanno avuto accesso al programma (se ne erano sprovvisti) e sono stati incoraggiati di persona, una volta al mese, a far guardare il programma ai loro figli. Quasi tutti i genitori dei bambini del gruppo sperimentale (93%) hanno riferito che i loro figli hanno continuato a guardare il programma, un risultato ben superiore rispetto al coinvolgimento del gruppo di controllo,in cui solo il 35% ha proseguito con la visione.
Tra gli spettatori, si è osservato inoltre che quelli del gruppo sperimentale guardavano lo show anche più frequentemente rispetto a quelli del gruppo di controllo. Nell'arco di sei mesi, dal novembre 1970 al maggio 1971, il gruppo sperimentale ha guadagnato 5,4 punti di Q.I. (un effetto notevole rispetto all’altro gruppo) e ha mostrato segni di apprendimento maggiori con competenze trasversali e in misura diversa. Le prestazioni cognitive erano particolarmente elevate per coloro che guardavano lo spettacolo con maggiore assiduità. Una meta-analisi più recente di ricerche pubblicate in 15 Paesi mostra che “Sesame Street” ha dato risultati simili in tutto il mondo.
In uno studio pubblicato nel 2019, gli economisti Melissa Kearney e Phillip Levine hanno esaminato gli effetti a lungo termine di “Sesame Street”, confrontando i risultati scolastici dei bambini e dei giovani adulti nelle contee che avevano più o meno probabilità di accedere al programma durante i primi anni di vita. Hanno scoperto che i bambini che vivevano in contee con una migliore copertura di “Sesame Street” avevano meno probabilità di rimanere indietro rispetto a chi non aveva accesso allo show.
Altre ricerche sperimentali sono risultate coerenti con il primo studio del 1971 su “Sesame Street” condotto da Bogatz et al. I bambini provenienti da famiglie a basso reddito che frequentavano la scuola materna hanno ottenuto punteggi più alti in un indice di competenza sociale sei mesi dopo essere stati assegnati in modo casuale a un gruppo sperimentale in cui i genitori erano stati incoraggiati a far sostituire la televisione inadeguata all'età dei propri figli con quella educativa.
In Norvegia, e in una manciata di altri Paesi cosiddetti “sviluppati”, i punteggi medi del Q.I. sono leggermente diminuiti negli ultimi anni, invertendo la rotta degli ultimi decenni. Questo fenomeno è noto come effetto Flynn negativo, una variante del più famoso effetto Flynn, che prende il nome dallo psicologo che per primo ha pubblicato prove esaurienti dei miglioramenti del Q.I. nel tempo. Tra gli uomini nativi norvegesi sottoposti a un esame all'età di 18 anni per l'arruolamento militare, quelli nati nel 1974 hanno ottenuto due punti di Q.I. in più rispetto a quelli nati nel 1987.
In un articolo accademico del 2017, l'economista norvegese Oystein Hernaes e i suoi coautori hanno attribuito parte del declino nei punteggi del Q.I. all'accesso alla televisione via cavo, che ha coinciso anche con un forte calo della lettura. Dopo l'introduzione della TV via cavo nel 1981, gli adolescenti e i giovani adulti norvegesi hanno ridotto drasticamente il tempo giornaliero dedicato alla lettura dal 1980 al 2000, aumentando il tempo dedicato alla TV. Inoltre, rispetto alla televisione pubblica, la televisione via cavo offriva molti meno contenuti educativi ed era incentrata sull'intrattenimento e sulla pubblicità.
Per stimare l'effetto della televisione via cavo sui punteggi del Q.I., gli studiosi norvegesi hanno analizzato i dati sull'introduzione delle infrastrutture di rete via cavo per comune. Hanno controllato ogni potenziale distorsione geografica confrontando i fratelli con maggiore o minore esposizione alla televisione via cavo in base alla loro età al momento dell'installazione dell'infrastruttura. Si stima che 10 anni di esposizione alla televisione via cavo abbiano abbassato i punteggi del Q.I. di 1,8 punti. In una ricerca correlata, Hernaes ha scoperto che l'esposizione alla televisione via cavo ha ridotto l'affluenza alle urne nelle elezioni locali.
Spostandoci nel Bel Paese, uno studio simile è stato condotto dall'economista italiano Ruben Durante e dai suoi coautori che hanno esaminato l'introduzione della rete televisiva di Silvio Berlusconi, Mediaset, specializzata in un intrattenimento leggero come i game show (dove a farne da padrone, tra l'altro, c'è una forte sessualizzazione dei corpi delle donne).Gli economisti documentano che Mediaset non ha dedicato quasi nessuna programmazione a contenuti educativi e non ha offerto notizie nei primi anni della sua diffusione, mentre il suo principale concorrente - il canale di proprietà dello Stato (la RAI) - ha dedicato la maggior parte del suo tempo di trasmissione a notizie o materiale educativo.
Per studiare gli effetti di Mediaset nella sua ricerca, Durante e i suoi colleghi hanno ottenuto i dati sulla posizione dei trasmettitori Mediaset nel 1985 e hanno calcolato la potenza del segnale di trasmissione in ogni comune italiano in base alla loro posizione e ad altre caratteristiche tecniche del comune. I risultati evidenziano diversi effetti, permettendo di paragonare da un lato i bambini cresciuti guardando le reti Mediaset e, dall’altro lato, le persone che hanno guardato quel tipo di televisione in età adulta.
Per quanto riguarda i bambini cresciuti in aree con maggiore accesso a Mediaset hanno notato punteggi cognitivi più bassi da adulti, equivalenti a circa 3-4 punti di Q.I. e, una volta adulti, si erano mostrati meno impegnati civicamente e più propensi a votare per partiti con tendenze populiste come Forza Italia e il Movimento Cinque Stelle.
Gli over 55, invece, hanno sviluppato un forte attaccamento alla rete, in particolare verso i notiziari sui canali Mediaset dopo la loro introduzione nel 1991. Il maggiore sostegno politico a Berlusconi tra queste coorti potrebbe quindi essere dovuto all'esposizione al forte orientamento pro-Berlusconi dei telegiornali Mediaset.
I risultati della ricerca di Durante et al. offrono la prima prova che l'esposizione alla televisione di intrattenimento influenza il comportamento di voto e suggeriscono che questo effetto è mediato da trasformazioni cognitive e culturali più profonde. Sebbene sia specifica per il caso italiano, la loro analisi fornisce indicazioni più generali su come i codici culturali diffusi dai media di intrattenimento possano influenzare le preferenze politiche.
Altri studi americani di questo tipo si sono concentrati sulle conseguenze politiche che la copertura dei media può avere, dimostrando per esempio che l'esposizione a Fox News può aumentare significativamente le quote di voto del Partito Repubblicano.
In generale, i media tradizionali, quindi anche la televisione, sono da tempo la principale fonte di informazione per gli elettori. Le reti televisive ospitano dibattiti e offrono ai candidati una piattaforma attraverso interviste e sale cittadine. L'obiettivo è raggiungere il pubblico più ampio possibile e condividere i messaggi chiave del candidato e/o del partito nel tentativo di influenzare l'opinione degli elettori. La scelta dei titoli, delle immagini e del linguaggio può introdurre un livello di pregiudizio che influenza i cittadini. Nel momento in cui, come per il caso Mediaset, il proprietario di una rete è anche il candidato premier, è inevitabile che i messaggi promossi dalla televisione abbiano un impatto sugli utenti di un certo tipo.
La televisione si rivela quindi uno strumento di grande impatto nella nostra società, capace di influenzare il pensiero, l’educazione e persino il comportamento politico delle persone. Sebbene il mezzo televisivo offra un potenziale educativo, come evidenziato dall’esempio di “Sesame Street”, che ha migliorato le capacità cognitive e sociali di molti bambini a livello globale, il suo impiego a scopo esclusivamente di intrattenimento può generare effetti controproducenti.
L’analisi dei casi norvegese e italiano sottolinea come la televisione, soprattutto se orientata verso contenuti di puro svago, possa avere effetti negativi sia sullo sviluppo cognitivo sia sull’impegno civico, spostando l’interesse dalla lettura e dalla partecipazione attiva verso un consumo passivo di contenuti. La televisione via cavo in Norvegia e il fenomeno Mediaset in Italia hanno contribuito a modificare i comportamenti dei telespettatori, influenzando, tra l’altro, le preferenze politiche degli elettori.
Nel complesso, quindi, questo mezzo rappresenta un'arma a doppio taglio: mentre può svolgere un ruolo educativo e di crescita, può anche sostituire attività più arricchenti e influire sulle abitudini culturali e sociali.
In un’era dominata dalla moltiplicazione delle piattaforme mediatiche, è cruciale che produttori, educatori e genitori siano consapevoli dell'influenza che la televisione può esercitare, promuovendo contenuti che favoriscano l’apprendimento e il senso critico.
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