Maria Cristina Ianiro
Persone che indossano una mascherina a tre metri di distanza le une dalle altre. Scaffali vuoti nei supermercati. Nessun bambino in vista fuori dalla scuola durante la ricreazione. Strade deserte e silenzi assordanti. Lo sconvolgimento sociale causato da Covid-19 rievoca gli scenari di libri e film distopici e post-apocalittici e non sorprende affatto che questa crisi abbia spinto le persone bloccate in un autoisolamento a rifugiarsi in romanzi come The Stand (1978) di Stephen King o in film come Contagion (2011) di Soderbergh.
“In some ways, science fiction got it right, and science fiction helped us expect what the situation will feel like” (Levine, 2020).
Questo è quanto ha scritto recentemente lo scrittore di fantascienza americano David D. Levine in un articolo per WUWM. Pandemie come quella che stiamo vivendo oggi sono state per secoli fonte di ispirazione per moltissimi scrittori. A partire dalla madre del gotico, Mary Shelley, che ha scritto uno dei primi romanzi incentrati sulla peste: The Last Man (1826). La scrittrice immaginò che alla fine del 21esimo secolo la Terra sarebbe stata invasa da una peste terribile che avrebbe portato la specie umana all’estinzione, risparmiando solo “the last man”.
In generale, si potrebbe credere che i romanzi incentrati su catastrofi ed epidemie, proprio come il Covid-19, vanno e vengono, attirando su di loro le attenzioni per un breve lasso di tempo a seconda delle mode passeggere. Ad esempio, negli anni ’60, uscì il famosissimo The Andromeda Strain di Michael Crichton, incentrato sulla diffusione di un agente patogeno alieno che causa una serie di morti improvvise e inspiegabili sterminando tutti gli abitanti del paese, ad eccezione di un vecchio e un neonato.
Oppure, negli anni ’80, fu pubblicato il romanzo di Robin Cook, Outbreak, che ha ispirato Petersen per il suo film Virus Letale (1995). Anche in questo, un virus minaccia intere zone degli Stati Uniti. I casi sembrano apparentemente scollegati gli uni dagli altri e la dottoressa Marissa Blumenthal deve cercare di risolvere la situazione.
Fino ad arrivare agli anni 2000, con World War Z di Max Brooks, dove la fantascienza incontra l’horror. Il romanzo è infatti una raccolta di resoconti narrati da un agente della Commissione postbellica delle Nazioni Unite, a seguito del devastante conflitto globale causato da un patogeno sconosciuto che trasforma gli esseri umani in lenti ma inarrestabili zombi.
Eppure, nonostante la letteratura mondiale sia ricca di libri che hanno dato voce a scenari segnati da epidemie, pandemie e catastrofi naturali, è possibile pensare che leggere certe storie possa effettivamente ‘prepararci’ a una circostanza così estrema?
“At the same time, science fiction is fiction, so you can’t use it as something to model behavior.” Continua Levine.
Con il coronavirus nella testa di tutti, leggere libri relativi alle epidemie può da un lato essere estremamente spaventoso, dall’altro dare speranza e affascinare. Tutti questi romanzi, così come la realtà che siamo costretti a vivere - segnata da una forte limitazione delle libertà personali - possono offrire un'opportunità per ritrovare un senso di umanità condivisa, in cui le persone si rendono conto di ciò che conta di più: la propria salute, la propria sicurezza e, per estensione di cerchi concentrici che procedono per prossimità fisica e affettiva, anche la sicurezza e la salute dei propri cari, dei propri concittadini, fino ad arrivare a comprendere tutta la comunità globale.
La crisi dovuta al coronavirus non è affatto l’unica che siamo tutti chiamati a fronteggiare in questo 2020. Viviamo infatti in un'epoca in cui diverse problematicità si intersecano tra di loro e vengono portate su scala globale, vediamo livelli altissimi di disuguaglianza tra le persone, un enorme degrado ambientale e una destabilizzazione degli equilibri climatici in ogni angolo del pianeta. Richiedere alla comunità di riconoscere le emergenze in corso, prendere coscienza della loro gravità e fronteggiarle non è semplice, quando si assiste quotidianamente a nuove ondate di populismo, conflitti politici tra governi tecnici, maggioranza politica e opposizioni, incertezza economica e crescenti minacce alla salute pubblica.
Le crisi che giorno dopo giorno, oggi più che mai, stanno segnando il nostro presente, stanno lentamente ribaltando le nostre abitudini, mettono in discussione il nostro modello economico degli ultimi decenni e richiedono di ripensare i nostri prossimi passi.
Ci sono, in una certa misura, parallelismi che possono essere tracciati tra l'attuale pandemia di COVID-19 e alcune delle altre crisi contemporanee che il nostro mondo sta affrontando. Tutte richiedono una risposta globale che va applicata in primo luogo partendo dal locale e un pensiero a lungo termine; le soluzioni devono essere guidate dalla scienza e devono proteggere tutti, a partire dai più vulnerabili, chi già di per sé è tenuto ai margini della società e dell'attenzione pubblica (solo per citarne alcuni: senza fissa dimora, sex workers) fino ad arrivare ai lavoratori precari, disoccupati. Servono soluzioni che richiedono la volontà politica di apportare cambiamenti fondamentali di fronte a rischi esistenziali.
Uno dei parallelismi possibili è sicuramente quello tra la crisi ambientale e quella da coronavirus. I sistemi sanitari equi e dotati di risorse sono essenziali per proteggerci dalle minacce alla nostra sicurezza sanitaria, comprese quelle che derivano dai cambiamenti climatici. Le misure di austerità che hanno messo a dura prova molti sistemi sanitari nazionali negli ultimi dieci anni dovranno essere invertite se le economie e le società devono essere resistenti e prosperose in un'epoca di cambiamenti.
Ad esempio, nel 2016 i cittadini di Haiti sarebbero stati in grado di affrontare gli effetti duraturi dell'uragano Matthew, causato dai cambiamenti climatici, se avessero avuto un sistema sanitario forte, resiliente e dotato di risorse adeguate a fronteggiare l'emergenza e garantire la ripresa del paese
Allo stesso modo, sarebbe stato possibile salvare molte vite anche in Iran già nelle prime fasi di espansione dell'epidemia di COVID-19, se il sistema sanitario del paese non fosse stato assediato ma, piuttosto, preparato alla gestione effettiva delle emergenze. L'Italia stessa si è mobilitata con svariate operazioni di raccolta fondi per strutture ospedaliere e fondazioni per riuscire a supportare la sanità pubblica, palesando al contempo una forte amarezza su quanto poco si investa in sanità.
In secondo luogo, la pandemia in corso mostra come la disuguaglianza economica e sociale sia un grave ostacolo nel garantire la salute e il benessere delle persone. Per esempio, la minaccia alla salute provocata dall’avvento coronavirus è, in media, maggiore per le città e le persone esposte a livelli più alti di inquinamento. Lo stesso vale per gli impatti che i cambiamenti climatici hanno sulla salute, partendo dall'uso di combustibili fossili, che da sempre incidono sull'inquinamento atmosferico.
In buona sostanza, anche se i cambiamenti climatici presentano una minaccia per la salute più lenta e più a lungo termine, per prevenire danni irreversibili sarà necessario un cambiamento altrettanto drammatico e prolungato del nostro comportamento, così come oggi stiamo rinegoziando le nostre abitudini per fronteggiare l'emergenza Covid-19.
La letteratura contemporanea ha capito tutto questo già da un po’, nonostante abbia provato a segnalarlo da tempo e sia stata relegata ai margini di una pubblicazione passeggera, ascrivibile al genere distopico.
Tra i romanzi del genere cli-fi degli ultimi anni, alcuni si concentrano anche su pandemie, come Station Eleven (2014) di Emily St. John Mandel, che ha vinto numerosi premi letterari, quale l’Arthur C. Clarke Award nel 2015.
Il romanzo si svolge nella regione dei Grandi Laghi dopo che la pandemia di una simil influenza suina, nota come "Georgia Flu", ha devastato il mondo, uccidendo la maggior parte della popolazione.
Come tipicamente avviene nei romanzi Cli-Fi, la storia si svolge in un futuro a noi sconosciuto e in un certo senso, proprio per questo motivo, racconta il modo in cui il futuro "potrebbe leggere” il nostro presente. Secondo il professore di letteratura inglese del Birkbeck College di Londra, Martin Paul Eve, Station Eleven è un romanzo che è profondamente interessato al riscaldamento globale e alle eredità nazionaliste coloniali, anche se queste preoccupazioni sembrano sepolte - o addirittura assenti - all'interno del romanzo.
“If one takes the novel’s surface instruction to look for ‘another world just out sight’, these concerns of the early twenty-first century emerge as central to the forking futures of Mandel’s work.” (Eve, 2018)
Sempre secondo Eve, il romanzo è estremamente metaforico: da un lato ci racconta come una pandemia abbia causato la morte di tutta l’umanità, mentre dall’altro, senza mai dirlo esplicitamente, ci racconta come la Georgia Flu non sia l’unica causa del disastro, anzi.
Ciascun argomento nel romanzo può essere letto da due prospettive: quella del lettore del 21esimo secolo e quella dei personaggi. In questo modo i temi diventano degli “hyperobjects”, tra i quali troviamo il riscaldamento globale. Nel romanzo, infatti, il trasporto aereo non è più possibile perché non c’è alcun modo di continuare a estrarre gli idrocarburi utili ad alimentare lo spostamento per via aerea. Se bruciati, contribuirebbero al cambiamento radicale in corso. I personaggi del libro hanno dovuto affrontare una scelta: continuare a viaggiare in aereo o a vivere smettendo di bruciare idrocarburi? Nonostante ciò, i personaggi del libro non sono in grado di concepire il disastro ambientale come lo percepiamo noi, infatti nel romanzo viene solo menzionato superficialmente.
Il lettore del 21esimo secolo, invece, dà all’ iperoggetto ‘riscaldamento globale’, un altro significato, quello che conosciamo tutti, e capisce una cosa: il riscaldamento globale non esiste nel futuro della fiction, non perché la politica o l’azione collettiva lo abbiano bloccato, l'inquinamento è stato arrestato, dato che gran parte delle persone del pianeta sono morte in seguito alla pandemia. Inoltre, se si pensa che la Georgia Flu sia poi una sorta di influenza suina, esplosa in un mondo di allevamenti intensivi, è davvero possibile separare l’epidemia dal cambiamento climatico? Cosa ha scatenato cosa?
Leggere nel 2020 un libro come Station Eleven porta inevitabilmente a chiedersi se e quanto sia possibile separare una crisi globale da un’altra. Per quanto il problema climatico sia meno tangibile e apparentemente meno urgente di quello causato dal coronavirus è giusto capire che è altrettanto importante.
In un mondo dove tutto è sempre connesso e interconnesso non si può pensare di risolvere un sistema a più incognite provando a lavorare su una sola equazione.
La letteratura ha affrontato in lungo e in largo situazioni epidemiche, ultimamente sta facendo la stessa cosa con l’ambiente. Forse è ora che anche noi facciamo lo stesso come comunità globale.
Eve Martin Paul, "Reading Very Well for Our Age: Hyperobject Metadata and Global Warming in Emily St. John Mandel’s Station Eleven” in Open Library of Humanities, 2018.
How a Sci-Fi writer looks at the Coronavirus “Apocalypse”. wuwm.com (ultima consultazione: 18/07/2021).
Hurricane Matthew: Haiti storm disaster kills hundreds. bbc.com (ultima consultazione: 18/07/2021).
Insieme contro il Coronavirus. gofoundme.com (ultima consultazione: 18/07/2021).