Urgenza climatica: "Ok, boomer" non basta

Maria Cristina Ianiro

Il 23 giugno 1988, lo scienziato della NASA James Hansen disse al Senato degli Stati Uniti che era tempo di riconoscere che il cambiamento climatico era già in corso e che era necessario agire per limitarne gli effetti.

Sono passati più di trent’anni, il mondo ha continuato a bruciare combustibili fossili sempre più velocemente, aumentando i livelli di anidride carbonica che scaldano drasticamente il pianeta.

Senza agire presto, queste scelte costeranno alle generazioni future trilioni dollari per poter anche solo sperare di affrontare il problema.

 

1. Breve storia della questione climatica

2. Clima e politica

3.  Il potere del denaro e la disinformazione

4. Di cosa abbiamo bisogno

5. Conclusioni

6. Sitografia

 

1. Breve storia della questione climatica

 

La testimonianza di Hansen davanti al Comitato del Senato per l'energia e le risorse naturali il 23 giugno 1988 – per coincidenza il 23 giugno più caldo nella storia registrata del Distretto di Columbia fino ad allora – è spesso considerata l'udienza più importante della storia sui cambiamenti climatici.

L'effetto serra descritto da Hansen - in cui l’uso di combustibili fossili provoca un accumulo di gas nell'atmosfera terrestre che intrappolano il calore - è diventato da allora quasi una conoscenza comune. Per più di 400.000 anni, la concentrazione di anidride carbonica (CO2) ha oscillato tra poco meno di 180 e 300 parti per milione (ppm). I livelli sono ora superiori a 400 ppm e sono sempre in aumento.

Più passa il tempo, più sarà difficile e costoso risolvere il problema climatico. Hansen sta ancora lanciando allarmi: in uno studio pubblicato nel 2017, ha calcolato che le generazioni future potrebbero essere costrette a spendere più di 530 trilioni di dollari per eliminare la CO2 dall'atmosfera (cosa che non sappiamo ancora come fare in modo efficiente). Giusto per evidenziare quanto questa cifra sia esorbitante, l'intero budget attuale degli Stati Uniti è di circa 4 trilioni di dollari all'anno.

Questo è senza alcun dubbio un fardello terribile da lasciare alle nuove generazioni. Le stesse che negli ultimi anni hanno protestato durante i #FridaysforFuture. La persona dell'anno scelta dal Time nel 2019 è stata Greta Thunberg, un'attivista per il clima, adolescente, diventata una voce di chiarezza morale per la Generazione Z e i Millennial. Il suo grido di battaglia è stato ascoltato in tutto il mondo, smuovendo milioni di persone (di tutte le età) a protestare e a chiedere che i leader diano priorità al pianeta. Ma nonostante tutti i successi che i millennial e la Generazione Z hanno avuto nel rendere la loro causa un fenomeno culturale, non hanno ciò di cui hanno veramente bisogno a supporto del loro agire: il potere politico decisionale ed esecutivo, per attuare il cambiamento necessario.

 

2. Clima e politica

 

Quando Greta Thunberg ha visitato gli Stati Uniti nell’autunno del 2019, parlando alle Nazioni Unite e guidando lo sciopero globale per il clima. È stata acclamataa gran voce. Ovunque andasse, qualcuno più grande di lei si dichiarava "ispirato", ma come lei stessa ha sottolineato, non è stata onorata da questa risposta: era frustrata

Nel suo ormai famoso discorso alle Nazioni Unite in quel viaggio, pronunciato nello stato di indignata incandescenza singolare per le ragazze adolescenti, fissò una stanza piena dei leader più potenti del mondo: "Venite da noi giovani per la speranza… Come osate!".

Quel pomeriggio, si è unita ad altri 15 bambini per presentare una petizione alla Commissione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia, chiedendo che gli Stati membri agissero immediatamente sui cambiamenti climatici e invitandoli ad ammettere che la loro continua incapacità di rispondere alla crisi climatica è una violazione dei diritti del bambino a vivere la propria infanzia. 

Questo è, ovviamente, il punto cruciale del divario generazionale sul cambiamento climatico: più sei giovane, più la crisi cambierà i parametri di tutta la tua vita; più invecchi, più è probabile che tu abbia tratto profitto dall'economia ad alta intensità di carbonio che ci ha portato al punto di svolta. E anche se "Ok, boomer" sembra essere nato come risposta a una sorta di generale estraneità agli anziani, è una risposta particolarmente adatta ai leader ben intenzionati ma inattivi sulla crisi climatica. 

"Ok, boomer" è diventata la replica incessantemente ripetuta dalla Generazione Z al problema delle persone anziane che semplicemente non capiscono, un grido di battaglia per milioni di ragazzi stufi. Gli adolescenti lo usano per rispondere ai video di YouTube, ai tweet di Donald Trump e praticamente a qualsiasi persona con più di 30 anni che dice qualcosa di condiscendente sui giovani e sui problemi che li riguardano.

La venticinquenne deputata neozelandese Chlöe Swarbrick, in un discorso al Parlamento a novembre 2019, si è espressa così: 

 

“Quanti leader mondiali per quanti decenni hanno visto e saputo cosa sta arrivando ma hanno deciso che è più politicamente opportuno tenere [il cambiamento climatico] a porte chiuse? La mia generazione e le generazioni dopo di me non hanno questo lusso”. 

 

Quando ha sottolineato che l'età media dei suoi colleghi parlamentari (49 anni) potrebbe renderli eccessivamente compiacenti, qualcuno tra la folla ha iniziato a darle fastidio. Swarbrick a sua volta ha sgonfiato l'interruzione con un rapido "Ok, boomer" ed è tornata ai suoi punti di discussione. Mentre i leader più anziani continuano a bloccarsi, milioni di persone delle generazioni più giovani stanno spingendo per politiche e investimenti che potrebbero evitare i peggiori effetti del cambiamento climatico.

La realtà, però, è che raggruppare le persone in generazioni e costruire un dialogo che le abbracci e attraversi davvero si avvia rapidamente una grossolana generalizzazione. I boomer, secondo lo stereotipo, sono invecchiati per amore libero e utopismo in case giganti, che hanno comprato con i soldi che hanno risparmiato perché il costo medio della vita lo permetteva. I millennial e la generazione Z invece non possono avere le stesse certezze che i loro genitori hanno avuto alla loro età, navigano su internet e vivono sui social.

Queste generalizzazioni sono inutili per spiegare le passioni e le priorità di qualsiasi individuo, ma un fatto che illumina il divario generazionale sul clima è questo: chi ha  meno di 34 anni, non ha mai vissuto un mese più fresco della media sulla Terra.

 

3. Il potere del denaro e la disinformazione

 

I dirigenti delle compagnie energetiche conoscono da tempo il consenso scientifico sul riscaldamento globale. I leader della Exxon sono stati informati dagli scienziati dell'azienda che negli anni '70 esisteva un accordo scientifico generale sull'argomento. Il gigante petrolifero Shell ha realizzato un film nel 1991 che spiega le future minacce di condizioni meteorologiche estreme, inondazioni, carestie e conflitti legati al clima.

Sapevano anche che una seria lotta contro il cambiamento climatico avrebbe danneggiato le loro attività e facevano pressioni contro la regolamentazione.

All'inizio degli anni 2000, anche alcuni gruppi collegati ai colossi dell'energia come i fratelli Koch hanno iniziato a finanziare sforzi per screditare la scienza del clima. Come ha spiegato Jane Mayer nel suo libro Dark Money, il consulente politico Frank Luntz ha mostrato a questi gruppi come persuadere gli elettori che la scienza non era chiara. Secondo il libro, dal 2005 al 2008, i Koch hanno speso quasi 25 milioni di dollari per finanziare gruppi anti-clima.

Tali gruppi hanno versato denaro in campagne politiche dirette a candidati (spesso repubblicani) che hanno espresso dubbi sulla scienza consolidata. Secondo uno studio del 2013, le organizzazioni collegate alle aziende di combustibili fossili hanno speso quasi mezzo miliardo di dollari in uno sforzo deliberato e organizzato per indirizzare male la discussione pubblica e distorcere la comprensione del clima da parte del pubblico.

Ed ecco, la politica ha continuato a tenere le braccia conserte. Nel 2001, George W. Bush ha respinto il Protocollo di Kyoto (che era stato inizialmente approvato da Bill Clinton nel 1998) che, una volta  in vigore, avrebbe richiesto tagli alle emissioni entro il 2008. 

Nelle penultime elezioni presidenziali, inoltre, i candidati repubblicani avevano già ricevuto un totale di oltre 100 milioni di dollari dai baroni dei combustibili fossili entro marzo 2016. L'amministrazione del Presidente Trump è stata piena di funzionari che non accettano il consenso scientifico sul cambiamento climatico.

L'influenza che le aziende di combustibili fossili hanno ora in politica ha creato un conflitto di interessi tra funzionari governativi e cittadini che è grande quanto il Golfo del Messico. Ironia della sorte, il Golfo rischia di essere distrutto dalle migliaia di fuoriuscite di petrolio che vi si verificano ogni anno.

 

4. Di cosa abbiamo bisogno

 

La velocità con cui le temperature continueranno ad aumentare e quanto le cose potrebbero peggiorare dipende in gran parte dal fatto che il mondo tenga a freno le emissioni di gas serra. Dopo il contenimento del dato tra il 2014 e il 2016, le emissioni annue derivanti dalla combustione di combustibili fossili per produrre energia sono nuovamente aumentate.

Il problema non è che non sappiamo cosa fare. Le soluzioni sono chiare: dobbiamo bruciare meno combustibili fossili; ripristinare le foreste invece di distruggerle; mangiare meno carne e contenere i consumi in generale.

Il problema non è che non abbiamo persone che chiedono il cambiamento. Il problema è la volontà politica, che richiede potere politico. La generazione “boomer” invece, ha questo potere. Il motivo per cui si parla tanto di generazioni differenti è legato proprio al sistema di priorità differente. Secondo un articolo del Washington Post, il 40% degli adulti sulla terra fino al 2015 non aveva mai sentito parlare del cambiamento climatico. I legislatori attualmente al potere non possono, ovviamente, essere ritenuti responsabili di quel futuro così difficile. E non sono da biasimare per un problema iniziato decenni addietro. In virtù della loro posizione, però, in questo momento, sono loro che hanno il potere e il dovere di fare finalmente qualcosa. 

Ecco perché ‘Ok, boomer’ purtroppo non è il mezzo migliore per risolvere il cambiamento climatico, anzi. È necessario trovare un modo per far sì che le nuove generazioni possano farsi sentire e che i boomer non si dimostrino tali. 

Viviamo in un mondo dove il divario digitale ha dimensioni drammatiche, dove è difficilissimo per un adulto non cresciuto tra i media di oggi discernere le fake news dalle notizie vere e prioritarie. La prevalenza di notizie false, insieme all'enorme volume di informazioni con cui interagiamo ogni giorno, può rendere difficile capire cosa è vero e cosa no. Quando si tratta di informazioni false e soprattutto di disinformazione, le conseguenze possono essere fatali. Ecco perché sul clima è necessario che tutti siano informati ed è necessario che tutti, nel loro piccolo, agiscano.

 

Detto questo, e dato per scontato che il punto di non ritorno è stato raggiunto (anche se crediamo fermamente si possa fare qualcosa), è importantissimo che la campagna di sensibilizzazione sui fattori di inquinamento climatico sia massiva, intergenerazionale e mondiale. Tralasciando per ragioni di brevità i due spinosissimi argomenti che sono il nucleare (soprattutto in termini di scorie) e la questione est del mondo (in particolare Cina e India) che raggiungerà quote di emissioni ragionevoli tra decine e decine di anni, è necessario sottolineare che gli Stati membri dei consigli mondiali sul clima si arrovellano nella continua ricerca di accordi sempre più stringenti e risolutivi con risultati decisamente ancora molto lontani dall’obiettivo. 

Il livello di preoccupazione deve rimanere molto alto e l’impegno di ogni cittadino del mondo è cruciale per salvare il salvabile.  

 

5. Conclusioni

 

Il panorama è tutt’altro che ottimistico. Ogni tipo di deviazione dal problema, tra cui la battaglia intergenerazionale o il totale disinteresse circa alcune forme di inquinamento (come smaltire le apparecchiature tecniche? Ogni quanto?), contribuiscono talmente poco alla risoluzione del problema che, piuttosto, ci mettono nella condizione di dover arginare altre inutili polemiche,disperdendo attenzione ed energie. 

Tuttavia, è indubbio che da qualche parte bisognerà pure cominciare ed è altresì indubbio che l'ambiente e le pesantissime violazioni subite in un arco di tempo brevissimo (paragonato alla vita della Terra) siano state intollerabili. Si vuole concludere con una nota di speranza, al di là di tutto questo dibattito fin troppo verboso, con buona pace del concetto di “resilienza” che rispettiamo nella maniera più assoluta, si desidera sottolineare che la resilienza non è nulla se non supportata dall’azione

 

6. Sitografia

 

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