Conversi et al., Il sito tardoatico – medievale d’altura della Piana di S. Martino , Pianello Val Tidone (PC)

Il sito tardoatico – medievale d’altura della Piana di S. Martino , Pianello Val Tidone (PC)

Roberta Conversi*, Cristina Mezzadri**, Gloria Bolzoni***  (*già funzionario archeologo, ora Ispettore Onorario MIC per l’archeologia medievalearcheologa, **Società Malena S.n.c.,***archeologa, Direttore Museo Archeologico della Val Tidone)

Fig. 1 Posizionamento Piana S. Martino su Monte S. Martino, si evidenzia la copertura delle strutture, effettuata nel 2021. Elab. da Google Earth.

Il sito della Piana di San Martino, oggetto di dichiarazione di importante interesse archeologico ex D.Lgs. 42/2004, DDR 02/02/2015, è ubicato in Val Tidone, la più occidentale dell’appennino piacentino, nella valle del torrente Chiarone, afferente al bacino idrografico del Tidone, valle che per la sua posizione strategica di collegamento tra pianura e collina, fin dai tempi antichi è stata snodo di traffici e scambi, come attestato dai numerosi siti di età preistorica, romana e altomedievale, rinvenuti nel territorio.

Venuto in luce negli anni ’90 del secolo scorso, grazie alla segnalazione di volontari dell’Associazione culturale “Pandora”, di Pianello Val Tidone, che ha collaborato con la Soprintendenza fino al 2016 a campagne di scavo estive1 , il sito è stato indagato in modo sistematico nelle campagne di ricerche dal 2019 al 2021, finanziate con fondi pubblici e dirette da personale MIC., nell’area centrale del pianoro già oggetto di saggi nei decenni precedenti. Il sito, ben più ampio della porzione fin ora indagata, sorto sulla sommità del costone roccioso della brachisinclinale del Monte S. Martino e nel pianoro a conca, racchiuso dalla roccia, ora compreso tra la vegetazione del bosco di castagni, ha avuto lunga frequentazione deducibile da una complessa stratigrafia antropica attestante la presenza di due periodi discontinui: uno di epoca protostorica, dall’età del Bronzo Finale alla seconda età del Ferro, un altro che va dall’età tardoantica al fino alla metà del XVIII sec. d.C. ca..

Si propone per il seminario questo sito, per la lunga continuità insediativa, resa anche possibile dalla capacità di adattamento e dallo sfruttamento delle risorse e caratteristiche morfologiche e ambientali circostanti, che hanno imposto per l’insediamento, di volta in volta, l’adozione di tecnologie edilizie e strategie costruttive strettamente connesse e condizionate dalle componenti dell’ambiente d’altura. La presenza di una frequentazione di età protostorica nel sito è stata individuata da materiale ceramico, rinvenuto primariamente sul versante, da colluvio, poi confermata da un saggio stratigrafico effettuato al centro del pianoro, che ha individuato due fasi di frequentazioni: una di età del Bronzo ed una dell’età del Ferro. Soprattutto nelle ultime campagne condotte dal 2019 al 2021, è venuta in luce una significativa quantità di ceramica protostorica, presente in modo residuale negli strati tardoantici e altomedievali, esito dell’alterazione stratigrafica causata dei profondi sterri effettuati in epoca storica, per realizzare l’impianto del castrum e le strutture interrate di grandi dimensioni quali due cisterne tardoantiche. Coperti dalla possente stratigrafia formatisi in epoca storica, gli strati protostorici devono ancora essere indagati e i materiali rinvenuti non sono ancora stati studiati in modo sistematico. Le indagini, che si sono concentrate sulla consistente stratigrafia sommitale d’epoca storica, ricca di strutture conservate in lacerti murari e al negativo, hanno evidenziato che dopo la frequentazione protostorica, si interrompe la presenza insediativa, che riprende a partire dalla fine del IV/inizio V sec. e VI sec. d.C., quando nell’area si sviluppa un castrum con un sistema di difesa integrato, naturalmente protetto dai ripidi pendii circostanti e da una poderosa cinta muraria, ricavata dai conci di pietra della brachisinclinale, cavati per regolarizzare il piano di insediamento, integrata con una palizzata, infissa con buchi di palo nella roccia e intervallata da gradinate scalpellate nella pietra.

Fig. 2 Ortofoto delle strutture d’epoca storica tardoantiche e medievali rilevate in scavo. Elaborazione su base ortofoto di G. Rivaroli

Sono stati individuati fin ora un settore abitativo (c), con ampi ambienti e un forno, due grandi cisterne di cui una a doppia vasca (b) e due aree religiose con diverse necropoli e tre edifici di culto, di cui una chiesa aperta al culto fino alla metà del XVIII sec. ca. (fig. 2 a,d; fig. 3), e una casa torre nel punto sommitale (d). Nelle UUSS della prima fase di insediamento di età tardoantica è ben visibile l’intervento di modellamento della roccia della brachisinclinale, per realizzare la piattaforma di fondazione del castrum tardoantico, con le sue mura e lo sfruttamento come cava di pietra per la realizzazione delle strutture difensive e degli edifici, in particolare nella torre di pianta rettangolare (d), trasformata in epoca medievale in chiesa con abside ricavata in parte dall’incisione nella roccia (fig. 4).

Fig.3, a: evidenze costruttive relative all’edificio religioso; b: limite N della cinta muraria, che si fondano sulla roccia emergente, rimodellata; b vasca ricavata nella roccia, poi inglobata nella cinta muraria.

La continuità insediativa che permane dalla fondazione sino all’età moderna, subisce variazioni nella configurazione urbanistica e in particolar modo nelle caratteristiche e finalità insediative del sito: difensive e cultuali in età tardoantica, artigianali e insediative e necropolari di carattere civile, attestate per il periodo altomedievale e medievale anche dalle fonti storiche a partire dal X sec., per ridursi a funzione cultuale e necropolare negli ultimi secoli di insediamento, fino all’abbandono alla metà del XVIII sec. d.C.. Caratterizza tutte le fasi d’epoca storica a partire dall’insediamento del castrum tardoantico, un adattamento alle caratteristiche morfologiche del luogo, con uso strategico e sfruttamento nelle risorse naturali a disposizione per realizzare le strutture difensive e insediative civili. Fa seguito all’intenso sfruttamento delle risorse litiche per l’edilizia di epoca tardoantica un cambiamento radicale dall’alto al pieno medioevo che vede l’utilizzo del legno come materiale edilizio previlegiato per la realizzazione di palizzate, case e magazzini, in un’evoluzione insediativa da difensiva, di villaggio ed infine cultuale, situata sulla vetta del Monte S. Martino, con affaccio che domina sulla valle del torrente Chiarone, dove per la realizzazione dei luoghi di culto viene fatto ampio riuso del materiale lapideo da spoliazione degli edifici tardoantichi.

Fig. 4 edificio a base rettangolare di epoca tardoantica (torre, poi casa torre medievale), con muri in conci di pietra della brachisinclinale, su cui è stata realizzata in epoca medievale una chiesa, con abside incisa nella roccia. Elab. G. Rivaroli

Per il periodo altomedievale e medievale è documentata nella parte centrale del pianoro una eccezionale continuità di edifici in legno, a pianta rettangolare e tecniche costruttive diverse, che documentano l’evoluzione avvenuta, passando dall’utilizzo dei resti di alzati murari tardoantichi come basi di fondazione per i pali portanti, alla infissione diretta sul terreno dei pali perimetrali degli edifici, fino all’uso di fondazioni su basi litiche con pilastri lignei portanti, nel periodo longobardo e in quello carolingio, fino all’XI-XII secolo d. C., secondo tipologie che trovano confronti con l’edilizia lignea nord italica, in corso di pubblicazione (fig.2 aree b e c). Lo studio della cultura materiale del sito ha permesso di delineare orizzonti di associazioni di materiali emblematiche per il sito e il territorio contermine: tra l’età gota e l’età longobarda essa mostra ampi confronti formali e tecnologici con la cultura materiale di importanti siti urbani come Milano, Torino, Brescia, e di siti fortificati come S. Antonino di Perti e Monte Barro, mentre a partire dal IX secolo la cultura materiale di Piana di San Martino mostra paralleli significativi con quella di numerosi siti dell’Italia Settentrionale, rivelando per il periodo tra il IX e il XIII sec. forse più che la circolazione dei prodotti quella dei modelli formali.

Fig. 5 Materiali ceramici d'importazione dalle fasi di V- VII sec. d.C.: 1-4 African red slip ware, piatti di grandi dimensioni; 5-6 Anfore africane Keay 62; 7-9 Anfore levantine LR4. Dis. G. Bolzoni

Di grande interesse si è rivelata, inoltre, la presenza, per la fase tra il V e il VII sec. d.C., di contenitori da trasporto e vasellame da tavola d’importazione (grandi piatti in African Red Slip Ware, soprattutto Hayes 61 e sue varianti, anfore africane Keay 62, ma anche anfore orientali LR4 e LR3) che, seppur non in grandi quantità, hanno consentito di inserire il sito all’interno di una rete commerciale di ambito mediterraneo che al momento non trova altre testimonianze in questa parte del territorio piacentino (fig.5).

In questa sede si è presentata una estrema sintesi degli aspetti riguardanti la peculiarità insediativa in altura del sito di cui è in corso il referaggio dei saggi del volume, che verrà pubblicato nella Biblioteca di Archeologia Medievale, della Casa Editrice “All’insegna del Giglio”, dove si fa il punto sul sito in epoca storica, alla luce dei dati delle campagne di ricerca svoltesi nel sito dal 2019 al 2021, con finanziamenti MIC, sulla programmazione triennale dei LLPP.

Team:

Coordinato da Roberta Conversi come direttore scientifico, RUP, Progettista e DL dei lavori di ricerca, hanno costituito il gruppo di lavoro e studio: Cristina Mezzadri, progettista e direttore di scavo; Giovanni Rivaroli, responsabile topografia, rilievi e modelli 3D; Gloria Bolzoni, progettista e responsabile trattamento e studio reperti; gli archeologi Andrea Baudini, Michela Bertolini, Gianluca Spina, Michele Tracchi, Elena Varotto; le antropologhe Valentina Caruso, Francesca Castellani, Valeria Cunzolo, ai quali si sono uniti per approfondimenti per la pubblicazione: Laura Fornasini, Luciana Mantovani e Danilo Bersani di UNIPR per le analisi fisiche sulla pietra ollare, Jacopo Paiano per lo studio dei materiali medievali, Nicola Mancassola e Giacomo Nicelli per l’inquadramento storico sulle fonti d’archivio, Cecilia Moine per il contesto del popolamento nel territorio, Alberto Stignani per lo studio delle monete.

Bibliografici:

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