Betori et al., Amatrice: da castello a città

Amatrice: da castello a città. Nuovi dati dagli scavi della chiesa di San Francesco

Alessandro Betori*, Enrico Cirelli**, Emma Moriconi** (*Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per l'area metropolitana di Roma e per la provincia di Rieti ** AMS – Università di Bologna)          

 

Fig.1: La città di Amatrice nelle mani della Vergine in trono un affresco del Santuario della Madonna Passatora (1492)

Amatrice nasce come castrum, inteso come villaggio fortificato, nel corso del X secolo, per volere del monastero di Farfa che in quegli anni aveva attuato una politica di gestione delle risorse rurali molto forte nell’Italia centrale, nell’area della Tuscia, nel Reatino e nella Sabina più in esteso.

Il nome "Matrice" compare per la prima volta nel 1012 proprio nel Regesto di Farfa, registro compilato dal monaco benedettino Gregorio di Catino contenente gli atti, i documenti e i possedimenti del Monastero.

L’insediamento si sviluppa su un pianoro situato a 955 metri di altitudine, nell’alta valle del fiume Tronto. Sin dagli inizi la sua posizione ne ha determinato il ruolo di frontiera tra il Piceno, la Marsica e la Sabina.

Nel territorio di Amatrice sono stati individuati diversi insediamenti rurali dalla pre-protostoria, così come nella tarda età repubblicana e nei primi due secoli dell’amministrazione imperiale romana. In questo periodo le valli del Tronto, del Velino e dell’Aterno hanno costituito importanti corridoi sfruttati per il collegamento tra il versante tirrenico e il versante adriatico dell’Appennino Centrale. Un elemento determinante per il popolamento di queste valli è stato poi determinato dalla realizzazione di una rete viaria, come la Salaria e i suoi diverticoli, che hanno favorito la connessione delle numerose valli montane con le aree limitrofe. L’antico tracciato della via del sale, adoperato già in epoca preromana per il trasporto di questa importante risorsa e la sua distribuzione verso numerosi insediamenti, che si svilupparono lungo questo percorso, rinvenuti nei territori di Amatrice e di Accumoli, che probabilmente facevano parte nell’età romana dell’ager Asculanus.

Fig. 2: Vista di Amatrice dall'alto, con sullo sfondo il Monte Gorzano, prima del terremoto 2016.

Amatrice si sviluppa nell’alto medioevo come epicentro di una geografia completamente diversa dell’Appennino, in cui i valichi di montagna diventano crocevia di pastori, mercanti, e pellegrini e il villaggio fortificato si configura come nodo di connettività tra le popolazioni rurali di diversi enti ecclesiastici e in seguito dello Stato Pontificio, per poi entrare a far parte delle proprietà del Regno di Napoli durante l’amministrazione di Manfredi di Svevia nel XIII secolo.

Nel 1274 il castello viene eletto a città per volere di Carlo di Angiò, e in questo periodo l’insediamento è in una straordinaria fase di crescita economica che determina la realizzazione di un impianto regolare e la costituzione di una planimetria basata su schemi ortogonali con isolati rettangolari, vicini a tracciati urbanistici progettati in molte città europee nello stesso secolo, soprattutto nel sud della Francia. Modelli simili sono quelli delle vicine Cittaducale, Cittareale e L’Aquila.

Dopo secoli di lotte, durante i quali il territorio è conteso tra Angioini e Aragonesi, Amatrice ottiene il privilegio di battere moneta dalla casa d'Aragona.

Fig.3: Camere ipogee del complesso di S. Francesco.

I due drammatici terremoti che hanno distrutto la città di Amatrice nel 2016 si sono rivelati devastanti anche per gli edifici medievali che erano ancora visibili in diverse aree della città, dal circuito murario agli edifici religiosi e ai palazzi e le torri signorili, sopravvissuti anche se fortemente restaurati anche dopo il terremoto del 1639. Grazie a un attento lavoro della Soprintendenza e all’impegno dell’amministrazione comunale sono iniziati da subito i lavori di rimozione delle macerie e con il tempo diverse aree sono state rese più sicure, in vista del piano di ricostruzione che ha preso le mosse negli ultimi mesi. Grazie a uno di questi interventi di programmazione in vista di una ricostruzione del complesso di San Francesco sono stati avviati gli scavi sotto la direzione di chi scrive in un accordo tra i vari enti coinvolti e su incarico del Comune di Amatrice.

I lavori si sono concentrati al centro della chiesa e all’esterno della parete meridionale cui si appoggiava un lato del chiostro del monastero medievale. L’edificio si trova in un’area marginale rispetto al centro dell’abitato e a ridosso del circuito murario costruito per difendere il nuovo insediamento urbano duecentesco. La prima menzione dell’edificio risale al 1282, ma la costruzione viene interamente realizzata nel corso del XIV secolo, con una navata unica centrale e abside poligonale coperta da una volta a crociera ogivale con costolature ‘stellari’ sostenute da pilastrini antropomorfi unici nel loro stile gotico abruzzese. Anche la facciata a terminazione rettilinea è molto diffusa negli edifici religiosi di gran parte dell’Italia centrale, in Abruzzo e in area adriatica da Ascoli a Ravenna (San Salvatore).

Nelle operazioni di scavo sono stati riportati alla luce ed esplorati gli ambienti ipogei, con funzioni funerarie, posti al di sotto della pavimentazione. Ne sono stati individuati tre gruppi principali nell’area della navata unica e altrettanti nell’area presbiteriale.

Fig.4: Veduta di Amatrice (E. Lear, 1844).

Il primo gruppo di ambienti ipogei, chiuso da blocchi trapezoidali in arenaria inseriti all’interno di cornici in blocchi di arenaria, sono stati ristrutturati dopo il terremoto del XVII secolo e utilizzati fino agli inizi del XIX secolo. Si tratta di ambienti rettangolari coperti da volte ribassate in laterizi impostate su muri in pietra. Non è conservato un intonaco di rivestimento, ma l’esplorazione di questi ambienti ha mostrato la presenza di almeno quattro livelli di sepolture sovrapposte l’un l’altra e inseriti in casse lignee ancora ben conservate. La disposizione degli ingressi, dal pavimento in laterizi della chiesa, non è regolare, ma occupa tre linee parallele, più grande quella centrale, mentre più piccole (circa di un terzo rispetto alle centrali) quelle laterali, vicine ai due muri perimetrali dell’edificio religioso. Il crollo delle pareti e del tetto sulla pavimentazione ha però determinato l’apertura di un altro gruppo consistente di ambienti funerari voltati che erano stati già obliterati nel XVII Secolo, dopo il precedente terremoto. La stessa sorte hanno ricevuto un gruppo numeroso di sepolture familiari ‘a cassa’ scavate negli interstizi tra le camere funerarie, individuate anche grazie a indagini geognostiche realizzate prima di queste ricerche archeologiche. Si è scelto di indagare queste aree intermedie, colmate nel XVII secolo, soprattutto nelle aree a ridosso dell’area presbiteriale, rialzata con gradini in arenaria rispetto alla navata della chiesa. E’ stato infatti osservato che queste aree sembravano coperte e obliterate dal presbiterio. La rimozione del pavimento in queste aree, di fronte all’altare della chiesa, hanno ha consentito il rinvenimento di una pavimentazione in laterizi con le stesse caratteristiche formali ma di dimensioni minori e con qualità di produzione molto più elevata, da riferire probabilmente al XIV secolo. Sono state individuate tre diverse sepolture a cassa tagliate dai gradini del presbiterio. Nel riempimento sono stati riconosciuti e scavati numerosi individui, con più riduzioni, sepolti in queste casse in muratura. Si tratta per lo più di sepolture femminili, le cui caratteristiche tafonomiche saranno definite nel corso dei prossimi studi, con molti elementi in  lega di rame relativi all’abbigliamento, piccole fibbie o alamari di chiusa per corsetti o altri tipi di abiti tradizionali. Molti sono gli anelli associati agli individui sepolti, con decorazioni caratteristiche della tradizione produttiva bassomedievale e della prima età moderna. Molti sono anche i frammenti delle vetrate policrome e di ceramiche medievali e moderne, monete, medagliette ex-voto, vaghi di collana in vari materiali, utilizzate nel riempimento e nell’obliterazione di queste sepolture effettuato nel XVII secolo con il nuovo assetto dell’area presbiteriale. Nel sottofondo pavimentale sono stati recuperati anche straordinari elementi di epigrafi quattrocentesche relative a tombe di confratelli in lastre di arenaria ben tagliate. Oltre ai numerosi materiali associati all’edificio medievale e post medievale risaltano alcuni frammenti databili alla prima età imperiale, identificati come piccoli contenitori in sigillata italica, frammenti di ceramiche a pareti sottili e alcuni materiali edilizi (mattoni, tegole e tubuli). Uno degli anelli delle sepolture medievali riutilizzava inoltre un castone ritagliato da un piccolo avorio di età antica, così come nello straordinario frammento di avorio lavorato con una rappresentazione di Diana cacciatrice, interpretato nel tardo Quattrocento come immagine mariana e inserito in uno spettacolare porta reliquie per celebrare l’apparizione della Vergine a una pastorella di Amatrice, Chiara Valente, beatificata dopo la sua morte e ricordata nelle testimonianze medievali e post medievali come Caterina di Amatrice. Questa icona si trovava normalmente al di sopra di un altare in legno barocco disposto sul lato sud della chiesa e ogni anno veniva portato in processione attraverso la città, ricordando questo evento miracoloso. Le Delle strutture dell’altare, danneggiato dal terremoto del 2016, si sono conservate sotto le macerie. La pulizia della struttura, al fine di documentarne le caratteristiche costruttive, ha mostrato la presenza di una cassa funeraria inglobata dall’altare barocco. E’ stato quindi effettuato lo scavo del riempimento di questa sepoltura prestigiosa, databile all’ultimo quarto del XV secolo, e sono state riportate alla luce le ossa, sconnesse, di un individuo femminile che riteniamo possano essere riferite alla beata Caterina o Chiara Valente di Amatrice. Lo scavo di questa tomba e l’apertura di alcuni saggi di verifica lungo il perimetro della chiesa ci hanno consentito di stabilire le modalità di costruzione dell’edificio. Impostato direttamente sul terreno, senza fondazioni, sfruttava un taglio profondo sul fronte settentrionale per inserire il muro perimetrale dell’edificio, colmando il dislivello con la costruzione di questo fitto nucleo di camere ipogee, coperte poi dalla pavimentazione della chiesa. Le azioni di sbanco per la costruzione del cantiere della chiesa trecentesca hanno forse intercettato le strutture di un insediamento rurale romano, abbandonato in un momento imprecisato prima della costruzione del villaggio fortificato altomedievale. Molti sono ancora gli interrogativi irrisolti da queste prime indagini sul complesso francescano di Amatrice che potranno essere risolte nelle future prossime campagne di ricerca condotte in collaborazione tra Università, Comune e Soprintendenza.