Cortesi et al., Archeologia dei paesaggi in una vallata appenninica: il progetto “Val Fantella” (Premilcuore, FC)

Tra culti delle acque e popolamento d’altura

Ferruccio Cortesi, Marco Cavalazzi, Antonio Curci Dipartimento di Storia Culture Civiltà, Università di Bologna

Fig. 1 (a sx). Collocazione dell’area di interesse della ricerca, la Val Fantella, Premilcuore - FC, Italia settentrionale (autore M. Cavalazzi).

Il progetto “Val Fantella” è una ricerca di archeologia dei paesaggi dell’Università di Bologna, campus di Ravenna, che indaga una valle poco nota dell’Alto Appennino forlivese nel comune di Premilcuore (FC, fig. 1). Le ricerche sono state indirizzate su questa zona sia perché semiabbandonata dagli anni Cinquanta del secolo scorso – conservando quindi quasi intatte le sue potenzialità archeologiche – sia perché sembra rappresentare un tramite ideale tra la Romagna, la Toscana e l’alta valle del Tevere. Si tratterebbe dunque di un luogo adatto per mettere in luce le varie frequentazioni antropiche di un territorio di altura apparentemente “marginale”[1].

A oggi sono state effettuate - nel 2019 e nel 2021 - due campagne di indagini non invasive. La metodologia della ricerca ha previsto una ricognizione non sistematica di superficie, con lo scopo ottenere una prima valutazione del potenziale archeologico dell’area e avere elementi sufficienti per definire la strategia di un futuro approccio sistematico. Tra le zone indagate vi sono alcuni siti che emergono per il loro carattere monumentale, data la presenza di ruderi e strutture conservate in elevato, come pure alcune aree rientranti in stratificazioni ambientali particolari, potenzialmente

 


[1] Il concetto di terre “marginali” e marginalità è stato di frequente dibattuto da storici e archeologi, ma risulta particolarmente complesso, nonché soggetto a possibili confusioni semantiche, per le quali si tende ad applicare al passato categorie interpretative attuali, connesse alla “marginalità” socio-economica, generando in questo modo pregiudizi storiografici (Mills e Coles 1998; Burri 2014). Si utilizza in questa sede il termine nella sua valenza oggettiva, diffusa in ambito geografico, come di un territorio con “severe limitazioni per gli usi agricoli” e caratterizzato da “un alto rischio ambientale” (tradotto da: Kang et al. 2013).

Fig. 2. La Val Fantella, le località principali circostanti, i siti archeologici più rilevanti documentati all’interno dell’area di indagine e menzionati nel testo; base cartografica “TINITALY” DEM - Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (autore M. Cavalazzi).

connesse alla frequentazione antropica, ovvero i terrazzamenti fluviali, i terrazzi “quaternari” in altura e le  spianate sommitali dei controcrinali dotate di risorgive[1].

Le ricerche hanno permesso di identificare e documentare una serie di insediamenti fortificati medievali – tra cui un castrum e una casa torre, alcuni dei quali prima sconosciuti, e diversi luoghi di culto, tra cui una pieve (figg. 2 e 3.1-2).

Tra gli insediamenti fortificati merita una nota particolare il castello di Fantella, localizzato quasi all’imbocco della valle (figg. 2 e 3.2). Questo castrum è attestato tra il XII e il XIII secolo e risulta essere stato sotto il controllo della famiglia dei conti di Castrocaro, fino a quando nel 1279 venne abbandonato a seguito di un violento terremoto[2].

In particolare, però, sono emerse anche le tracce di vari siti connessi al culto delle acque: il più rilevante di questi - per complessità e varietà di reperti rinvenuti – è localizzato nella media Val Fantella, presso la località “Casa delle Fate” (fig. 2). Il sito è ricavato in una parete di calcarenite di 16 x 7 metri circa, che è posta presso una sorgente ed è costellata di fori e cavità, alcune modellate dall’intervento antropico. Un interessante ma vago cenno a ritrovamenti di oggetti pre e protostorici in questa parte della vallata si trova in una pubblicazione di Mons. Domenico Mambrini, parroco di Galeata (1935)[3]; la ricerca sul campo ha permesso di identificare l’esatta collocazione del sito descritto dall’autore.

Da diverse cavità sono stati recuperati vari reperti, come ossa animali e frammenti ossei umani, mentre dall’area antistante la parete provengono materiali litici e ceramici e alcuni frammenti di selce

 


[1]  I terrazzi del quaternario e le spianate sommitali dei controcrinali presentano una migliore esposizione alla luce solare rispetto ai fondivalle, una maggior raccolta di acqua piovana e il fenomeno delle risorgive, rappresentando aree propizie alle frequentazioni antropiche fin dai tempi più remoti (Gambi 1952).

[2] Ravaioli 2015, p. 231.

[3] Mambrini 1935; Mons. Mambrini è poi stato il fondatore del Museo Archeologico di Galeata.

Fig. 3. Siti e evidenze archeologiche individuate nel corso del progetto, in senso orario: n. 1. Casa torre in località Val Faeto; n. 2, strutture murarie nel sito del castello di Fantella; n. 3. il sito della Casa delle Fate; n. 4, alcuni dei reperti ossei rinvenuti presso quest’ultimo sito (autori F. Cortesi, M. Cavalazzi).

con tracce di lavorazioni (fig. 3.3-4)[1]. Alcuni reperti ceramici sono stati preliminarmente datati tra il Neolitico e l’Età del Bronzo.

In quattro di queste cavità, modificate da interventi antropici nel primo tratto più vicino alla parete esterna, sono stati rinvenuti alcuni resti ossei di quattro individui giovanili. In una era presente anche un osso di cane, in un’altra un osso di ovicaprino. Queste compresenze potrebbero essere rituali, anche se la questione necessita di approfondimento.

Sempre da queste cavità proviene anche un orlo di un contenitore in ceramica da cucina. La morfologia e l’impasto rimandano al gruppo delle olle tipo Classe, contenitori da cucina presenti in altri siti dal VI

secolo d.C. in poi[2]. La sua presenza attesta la continuità di frequentazione dell’area fino alla Tarda Antichità, anche se non per forza con scopi cultuali.

Tutto questo sembra indicare un uso funerario e religioso dell’area connesso al culto delle acque, che si presenta con una durata molto ampia e quasi unica. I confronti in area appenninica, infatti, attestano frequentazioni di questo tipo in genere comprese tra il  VI secolo a.C. e al massimo il II-III secolo d.C. – almeno per quanto riguarda gli usi cultuali connessi alle acque[3]. Tuttavia, le fonti scritte tramandano la sopravvivenza di questi usi anche dopo questo periodo[4]. Anche nelle altre vallate della provincia di Forlì-Cesena sono noti siti connessi al culto delle acque, ma, già sulla base dei dati preliminari raccolti, nessuno di questi è paragonabile alle caratteristiche del sito in località Casa delle Fate[5].

 


[1] Questa zona è totalmente priva di selce locale; i reperti di questo tipo rinvenuti nel corso della ricerca in Val Fantella sono stati riconosciuti per confronto come provenienza marchigiana.

[2] Sulle olle tipo Classe si rimanda in ultimo a Cavalazzi e Fabbri 2010; Negrelli 2021, p. 208, in particolare nota 22.

[3] Cortesi et al. c.s.

[4] Ibidem.

[5] Ibidem.

Bibliografia

 

Burri, S. 2014. «Reflections on the concept of marginal landscape through a study of late medieval incultum in Provence (South-eastern France)». PCA : European Journal of Post-Classical Archaeologies 6 (gennaio): 7–38.

Cavalazzi, M. e E. Fabbri. 2010. «Cooking ware from the excavation of a 5th- 7th century context in Classe (Ravenna, Italy)». In Late Roman coarse wares, cooking wares and amphorae in the Mediterranean. Comparison, II:623–34.

Cortesi, F., M. Cavalazzi, D. Bortoluzzi e A. Curci. C.s. «Il culto delle acque in Romagna tra la Tardantichità e il Medioevo: fonti scritte e archeologiche». In Medioevo misterioso tra archeologia, miracoli, esoterismo, simboli e tradizioni (Piacenza, 10 giugno 2022), a cura di Paola Galetti.

Gambi, L. 1952. Considerazioni morfologiche e antropiche sui terrazzi quaternari più elevati dell’Appennino forlivese. Faenza: Fratelli Lega.

Kang, S., W. Post, J. Nichols, D. Wang, T. West, V. Bandaru e R. Izaurralde. 2013. «Marginal Lands: Concept, Assessment and Management». Journal of Agricultural Science 5 (5): 129–39.

Mambrini, D. 1935. Galeata nella storia e nell’arte. Santa Sofia (FO): Stabilimento tipografico dei Comuni.

Mills, C. M. e G. Coles. 1998. Life on the Edge: Human Settlement and Marginality. Oxford: Oxbow Books.

Negrelli, C. 2021. «Le ceramiche tardoantiche e altomedievali». In Un emporio e la sua cattedrale. Gli scavi di piazza XX Settembre e Villaggio San Francesco a Comacchio, 201–76.

Ravaioli, E. 2015. L’insediamento fortificato in Romagna tra fonti scritte e dati archeologici (VIII-XVI sec.): le province di Forlì-Cesena e Ravenna. Bologna: Bononia University Press.