Lou Reed e l’altra faccia degli Stati Uniti

Maria Antonietta Bertacco

Dalla metà degli anni Sessanta non c’è stato decennio in cui non abbia lasciato la sua impronta: Lou Reed ha contribuito a uno sviluppo significativo del rock incarnandone perfettamente lo spirito, da vero ribelle fuori dagli schemi e iconoclasta. Aveva una personalità estremamente sensibile e non in linea con il bigottismo e la violenza psicologica e fisica del periodo. Vittima per molti anni di abuso di droghe e alcol, da cui ha avuto la forza e la capacità di venirne fuori, Lou Reed è stato uno dei padrini della new wave. Con le sue storie di ordinaria follia urbana ha raccontato l’altra faccia degli Usa, con i Velvet Underground ha praticamente inventato il "rock decadente" e da solista ha continuato sempre a sperimentare.

 

1. Una famiglia bigotta e il rifiuto dell’autorità

2. I Velvet Underground e la carriera da solista

3. New York e l’altra faccia dell’America

4. La fine dei Velvet Underground e gli ultimi anni

5. Sitografia

 

1. Una famiglia bigotta e il rifiuto dell’autorità

Lewis Firbank "Lou" Reed è nato a New York il 2 marzo 1942 ed è cresciuto nella cittadina di Freeport a Long Island, in una famiglia della borghesia ebraica medio-alta. Giovane rampollo dell’ambiente benestante ha studiato pianoforte ma, stregato dal rock ‘n’ roll, la musica del diavolo, iniziò a strimpellare la chitarra. Al college suonava in diversi gruppi, con i quali scoprì il blues, il doo-wop e il rockabilly.

Giovane Lou

Adolescente eccentrico, ribelle a cui non piacevano le autorità, scandalizzava per i suoi atteggiamenti effeminati e discorsi provocatori sull’omosessualità, considerata ai tempi come la più destabilizzante minaccia alla società. A 17 anni venne sottoposto a una serie di elettroshock dallo psichiatra a cui si erano rivolti i suoi genitori, “per curare il suo temperamento”. Fu un’esperienza così devastante per la sua sensibile personalità, che deteriorò ulteriormente il suo rapporto con i genitori, dai quali si sentì tradito. Negli anni a seguire, ha espresso il suo risentimento nei loro confronti anche attraverso canzoni durissime come “Kill your sons” (1974), “Family” (1979), “My old man” (1980) e “Standing on ceremony” (1980). Alla fine del trattamento si convinse che la sua personalità aveva subito una frammentazione in numerose altre, che poteva richiamare a suo piacere, mascherando come meglio poteva il profondo dolore che gli era stato creato.

All’università lesse In Dreams Begin Responsibilities And Other Stories, scritto da Delmore Schwartz, autore di racconti e poesie di origine ebraica di cui fu allievo, discepolo e confidente. Fu la figura più autorevole nella sua vita e nella sua arte: dalla sua iniziazione alla lettura e dai suoi insegnamenti, Lou trasse l’ispirazione per quello che fu il suo stile di scrittura. Nei primi anni ‘60 Swartz cominciò però il suo declino: aveva alle spalle un decennio di abusi di alcol e anfetamine ed era vittima di ossessioni e di crisi maniaco-depressive sempre più frequenti che lo portarono all'autodistruzione. Alla sua morte, Lou Reed compose per lui "Black Angel's Death Song" (1967), canzone dal recitativo minimalista, perché Schwartz non amava i testi rock. Secondo Reed, la poetica dello scrittore era in grado di esprimere concetti estremamente sofisticati che riuscivano a visualizzare la vera essenza delle cose, utilizzando un linguaggio semplice e conciso, rivelando in seguito:

“È così che volevo scrivere, con parole semplici che suscitassero emozione e accompagnarle con i miei tre accordi. Sarebbe fantastico poter ascoltare un rock 'n' roll che fosse all'altezza di un romanzo, ma con il divertimento della musica". 

Color young Lou

La prosa disadorna ed essenziale di cui Lou Reed si avvaleva per scrivere le sue canzoni s'ispirava agli autori della Beat Generation. Un esempio è Hubert Selby Jr., scrittore dallo stile scabroso e conciso che aveva una maniera naturale di descrivere i comportamenti bestiali e crudeli dei suoi personaggi e il loro linguaggio oscuro e gergale. Le sue canzoni, se da una prima superficiale lettura ci lasciano senza speranza, presto rivelano, più o meno esplicitamente, un umorismo e un'autoironia che ci mostrano un altro aspetto delle cose, più positivo e divertente, quasi distaccato. Aveva trovato nel rock il linguaggio perfetto per raccontare la realtà: “mi piace scrivere di cose che rappresentano l'umanità. Non conosco altro argomento più importante di questo".

 

2. I Velvet Underground e la carriera da solista

Lou Reed scriveva canzoni commerciali per la Pickwick Records, con la quale a 14 anni incise il suo primo disco. Proprio presso la casa discografica newyorkese incontrò il musicista gallese John Cale, con il quale fondò la leggendaria band dei Velvet UndergroundPolistrumentista talentuoso (pianoforte, viola, basso) di estrazione classica, Cale si trovava in America grazie a una borsa di studio e collaborava con le due personalità più eminenti della musica d'avanguardia d'oltreoceano: John Cage e LaMonte Young.

I Velvet Underground, nome ispirato dal titolo di un libretto giallo sui tabù sessuali trovato nella spazzatura, sono il frutto dell'unione di questi due artisti geniali e di due gregari di eccezione come il chitarrista Sterling Morrison (compagno di studi di Lou alla Syracuse University) e Maureen Tucker, prima donna batterista dell'epopea rock, dotata di una ritmica straordinaria. Insieme, si presentavano sulla scena come i precursori del fenomeno new wave, profondamente legati alla New York anni ‘60, crogiolo di avanguardie, artisti e circoli underground.

Velvet Underground

Un mirato uso del lessico, un tono più narrativo che lirico e l'esplosione di immagini e suggestioni all’aprirsi di ogni strofa rendono le canzoni di Lou Reed delle brevi storie in musica e, sin dall’inizio, rivelavano una maturità stilistica impressionante. Le sue canzoni parlano di droga, di sesso, di alienazione e di morte creando, come disse John Cale, "una mitologia della strada". Proprio mentre si stava celebrando l'epopea hippie che utopisticamente sventolava i simboli della pace e dell'amore come propria bandiera, l’artista guardava oltre l’infrangersi di quel sogno collettivo che arrivò negli anni Settanta, quando le manifestazioni assunsero sembianze meno idilliache, e partecipò alla sepoltura del mito Hippie e alla nascita dell’iconografia punk.

La musica dei Velvet Underground, poi, era diversa da qualsiasi cosa suonata in precedenza. Erano scomparse le tonalità blues e i ritmi afro-americani, componenti principali di tutto il rock 'n' roll suonato sino a quel momento. Quello che proponevano era un rock cameristico, minimalista, la cui amalgama ritmica ed espressiva era il frutto anche di una strumentazione estremamente innovativa e originale.

Il loro primo incontro con Andy Warhol avvenne nel dicembre 1965, quando l'artista assistette a una performance dei Velvet Underground al Café Bizarre e ne rimase folgorato. Erano esattamente il gruppo musicale provocatorio, disturbante e scandaloso che stava cercando. Li scritturò all'istante per lo spettacolo che stava per mettere in scena: l'Exploding Plastic Inevitable (EPI).

Velvet e Nico

L’EPI aveva lo scopo di abbattere le barriere fra le varie discipline artistiche con l'esecuzione in contemporanea di numerosi eventi artistici, nel nome della Pop Art. Danza, fotografia, complessi effetti di luci stroboscopiche, suoi film e diapositive vennero proiettati sulla band intenta a suonare. Entrarono così a far parte del quartier generale di Warhol, la Factory, dove "fabbrica" è intesa come idea collettiva di produrre l'opera d'arte in una sorta di catena di montaggio, che forniva una nozione nuova e anti-romantica dell'artista. La frequentazione della Factory, un'immensa raccolta di personaggi e storie fatta di emarginati, travestiti, artisti, spacciatori, omosessuali e divi del rock di passaggio, fu per Reed un serbatoio da cui attingere e che diede i suoi frutti anche negli anni successivi.

Nonostante un certo malcontento, Warhol impose alla band la presenza della sua pupilla, la biondissima e affascinante attrice/modella Nico, la cui voce spettrale e profonda era in netto contrasto con la brutalità della musica dei Velvet. Da questa formula magica scaturì uno degli album più importanti e influenti nella storia del rockThe Velvet Underground And Nico. Il disco, pubblicato nel 1967, fu prodotto dallo stesso Warhol che lasciò alla band carta bianca, firmando però la ormai famosissima copertina con la banana che, una volta sbucciata, scopriva una rosea banana color carne. A rock 'n' roll stranianti, cantati da Lou Reed, si contrappongono nell’album ballate più lente e oniriche cantate da Nico.

Da Warhol Lou Reed assimilò l'estetica, la maniera di vedere le cose, la capacità di capire, partecipare e creare l'arte. Nonostante ciò, il loro magico e affettuoso (eppure sempre problematico) rapporto si spezzò e le loro strade artistiche si divisero.

I Velvet Underground pubblicarono altri tre album con Steve Sesnick, un produttore esperto dell'ambiente musicale, ma decisamente meno interessato all’arte e più al guadagno. Esacerbando i contrasti fra Reed e Cale, basati soprattutto su divergenze riguardo l'indirizzo musicale da dare alla band (più pop per il primo, più sperimentale il secondo), si rese responsabile delle numerose liti all'interno del gruppo e, in parte, della sua rottura.

La disgregazione dei Velvet Underground resero il ventiquattrenne Lou vittima di una grave crisi psicofisica, tanto da costringerlo, nei mesi successivi, a rifugiarsi a casa dei genitori con l’intenzione di abbandonare la musica. È di quel periodo il matrimonio con Bettye, una ragazza ebrea di buona famiglia, congeniale ai suoi genitori. La ritrovata energia scaturita dal nuovo amore e le vittorie legali con Sesnick, che gli permisero di ottenere tutti i diritti per i due album The Velvet Underground (1969) e Loaded (1970), lo convinsero a uscire dallo stato d'ibernazione e ad abbandonare l'esilio.

Tornato a New York, venne contattato da un vecchio dirigente della casa discografica dei Velvet, che lo convinse a tornare nel mondo della musica. Reed accettò e partì per Londra, dove la sua notorietà era molto più forte che in patria e dove il clima artistico era ancora più stimolante. Qui incise il suo omonimo album di debutto solista che includeva nuovi pezzi e parecchi brani che non erano stati inclusi negli album dei Velvet Underground. Il disco Lou Reed (1972) non ebbe molto riscontro, ma gli permise comunque di tornare a lavoro e di conoscere altri grandi artisti.

Infatti, in questo periodo conobbe David Bowie, che fu fondamentale per la sua carriera. Spinti dalla RCA, etichetta discografica di entrambi, i due decisero di collaborare. Bowie e il suo chitarrista Mick Ronson aiutarono Lou a trovare un look più glam e gli crearono arrangiamenti accattivanti per il nuovo album che vide la luce nel dicembre del 1972: Transformer. L’album divenne un successo clamoroso, raggiungendo i vertici di tutte le classifiche e sfornando due singoli che diventano dei veri classici della musica rock: "Walk on the wild side" e "Perfect day".

Ma Reed ha sempre avuto un rapporto contraddittorio verso il successo: l’orecchiabilità dell’album non lo rappresentava davvero. Così, nel 1973, pubblicò il suo capolavoro maledetto: Berlin, un album tematico dai contorni oscuri, che raccontava di una coppia di tossicodipendenti americani trasferitasi a Berlino. 

Nel 1975 decise di mettere in atto la mossa più irriverente e sconvolgente verso tutti coloro che lo accusavano di sfornare dischi commerciali e verso la RCA, che premeva perché ne realizzasse: Metal Machine Music, un doppio album senza testi né melodia, un lunghissimo feedback di chitarra (suono acuto simile a un fischio), distorto e riverberato (effetto acustico simile all’eco). Un vero colpo allo stomaco e alle orecchie anche per l'ascoltatore più stoico e curioso. Per Lou Reed l'album fu un autentico successo: riuscì a giocarsi in un colpo solo la simpatia del pubblico e dei critici musicali. Malgrado tutto, Metal Machine Music acquistò, con il tempo, un valore fondamentale e infatti da qui partirono alcune correnti sperimentali e punk. Otto mesi dopo, decide di tornare a uno stile di scrittura classico con Coney Island Baby, fortemente influenzato dall'R&B e acclamato dalla critica

Iniziò gli anni '80 con uno dei suoi album più sottovalutati, Growing up in public (1980), tutto incentrato sulle sensazioni dell'ormai raggiunta mezza età. L'album risentì anche del nuovo amore di Reed, Sylvia, che sposerà poco tempo dopo. Per tutto il decennio, come fece negli anni Settanta, continuò sempre a sperimentare nuove forme di interazione tra poesia e musica, collaborando con numerosi artisti dell’epoca. Alcune opere ebbero successo e altre meno, ma tutte con la caratteristica fondamentale di voler raccontare la realtà, in particolare quella degli emarginati, con i quali sentiva una profonda sintonia.

 

3. New York e l’altra faccia dell’America

Considerato a pari merito con Transformer, uno dei suoi capolavori più importanti è senza dubbio New York, un album stupendo che riportò Reed al centro del panorama rock mondiale, dopo diversi insuccessi. Pubblicato nel gennaio 1989 per la Sire, una associata della Warner molto in voga negli anni ‘80, divenne in breve anche il suo disco più venduto di sempre. L’album è un concept dedicato da Lou alla sua città, una metropoli da lui molto amata, ma della quale non ha mai nascosto brutture, ingiustizie e contraddizioni. Incentrato sulla decadenza sociale, morale ed economica della Grande Mela, l’album è, per definizione dello stesso autore nelle note di copertina, "un disco da leggere, un libro da ascoltare".

Lou a New York

testi delle canzoni sono pesantissimi atti d'accusa contro una città dove la favola di Romeo e Giulietta si trasforma in una storia malata e decadente, ambientata in una New York povera e squallida, tra spacciatori di armi e poliziotti, e dove il portoricano Romeo Rodriguez alla fine si è "fatto" Giulietta (“Romeo had Juliette"). Dove l'Aids ritenuto dai moralisti "la piaga dei gay" colpisce continuamente e l'occasione per stilare la lista degli "scomparsi" è l'annuale sfilata di Hallowen del movimento gay e lesbico ("Halloween Parade"). Dove regnano la violenza, il razzismo e la droga, dove i senza tetto dormono sotto i ponti e per sopravvivere frugano nella spazzatura, dove i bambini sono violentati e le mogli picchiate e dove Pedro, il protagonista dell'intensa "Dirty Blvd", sogna di volare via dallo "sporco viale". In questa canzone Lou Reed incalza pesantemente contro gli Stati Uniti accoglienti di facciata, ma in realtà bigotti ed egoisti e, con un abile gioco fonetico, trasforma la Statue of Liberty (Statua della Libertà) in Statue of Bigotry (Statua dell'Intolleranza) che grida: "Portatemi gli affamati, gli stanchi, i poveri e piscerò loro addosso".

Racconta storie in cui i figli sono destinati a commettere gli stessi errori dei loro padri, in un "ciclo infinito" ("Endless Cycle"), anche a causa del metodo con cui l'uomo medio solitamente alleva il proprio figlio ("Beginning Of A Great Adventure"), riversando su di lui tutte le proprie paure e frustrazioni

Le 14 canzoni contenute nell’album sono un inno contro un mondo avido, ipocrita ed egoista; contro il reaganismo spietato che rappresenta la vera sconfitta del "Sogno americano" ("Sick Of You"); contro il razzismo e l'ipocrisia politica (“Good Evening Mr. Waldheim"); contro chi, dopo avere portato la devastazione in Vietnam, soprattutto con l'uso sconsiderato del Napalmabbandona poi a se stessi reduci della guerra ("Xmax In February"). Contro l'America ricca e opulenta, che Reed rappresenta come "l'uomo di paglia" ("Strawman") che manovra e investe milioni di dollari ignorando completamente i poveri e i derelitti, che vivono ai margini della società.

Reed and warhol

L'ultima canzone, "Dime Story Mistery", Reed la dedicò ad Andy Warhol, scomparso in quel periodo. Facendosi accompagnare dalle percussioni di Maureen Tucker, colse l'occasione per cimentarsi in una serie di riflessioni sulla fede, sulla vita e la morte. L'ensemble di alta classe è composto da basso (Bob Wasserman), batteria (Fred Maher e Maureen Tucker) e due chitarre, la sua e quella di Mick Rathke, con il quale iniziò una lunga collaborazione che portò avanti fino alla sua scomparsa.

 

4. La fine dei Velvet Underground e gli ultimi anni 

Negli anni successivi anche la sua immagine pubblica cambiò. Non era più il rocker maledetto e tormentato, ma un intelligente e colto intellettuale cinquantenne, totalmente liberato dalle inquietudini, che poteva finalmente guardare con distacco al suo passato. La morte di Andy Warhol fu un duro colpo ma da questo colse l'opportunità di incidere un disco in suo onore con John Cale. L'album si intitola Songs for Drella (1990). Drella era lo pseudonimo di Warhol, sunto di "Dracula" e "Cinderella".

In questo periodo perse due carissimi amici, per colpa del cancro. Il profondo dolore lo portò a comporre l'album più introspettivo e cupo della sua carriera: Magic and Loss (1992). Accolto con favore dalla critica e un po' meno dal pubblico abituato al rocker, il nuovo album era crudo, lineare e sofferto, totalmente incentrato sul testo e su melodie quanto più semplici possibili. Possiamo dire, in realtà, che fu uno dei lavori più maturi e complessi di Reed che, negli anni ‘90, dimostrò ancora una volta di saper sbalordire.

Songs for drella

La collaborazione con John Cale di qualche anno prima sfociò in un altro colpo di scena nella carriera di Lou Reed: la reunion dei Velvet Underground del 1993 e il successivo tour mondiale. Testimonianza del tour è un bellissimo doppio album live. Ma, sebbene fossero passati quasi trent'anni, le tensioni tra i membri del gruppo tornarono fuori e Reed, ancora una volta, decise di sciogliere il gruppo. La morte di Sterling Morrison, l'anno seguente, pose per sempre la parola “fine” alla loro storia. 

Ancora una volta Lou Reed cambiò completamente la sua vita liberandosi da interi gruppi di persone. Nel 1994, dopo aver divorziato dalla moglie e manager Sylvia Morales, iniziò una relazione sentimentale e una collaborazione artistica con l'artista multimediale Laurie Anderson, una delle figure più geniali dell'underground newyorkese.

Nel 2000 Lou Reed decise di tornare a suoni un po' più duri, pubblicando Ecstasy, un album originale, con testi che ricordavano quelli degli anni '70, musicalmente ineccepibile e omogeneo. Opera apprezzata dalla critica e dal pubblico che riconobbe nella sessantenne icona del rock ancora un grande talento. Dopo una breve collaborazione con la compagna Laurie Anderson, con la quale nei concerti recitava i testi con un accompagnamento musicale minimale, uscì l'ultimo lavoro di Lou Reed: The Raven, doppio CD tratto dalle poesie e dai racconti di Edgar Allan Poe, contenente brani recitativi e canzoni. 

Old lou

Provato da svariati problemi di salute, che lo portarono a dover subire un trapianto di fegato e a essere ricoverato più volte in ospedale, Lou Reed morì a New York il 27 ottobre 2013, lasciando all'universo rock un vuoto enorme, ma un’eredità preziosa. Artista completo, dotato di carisma e cultura, adorabile e affascinante, seducente ma anche perfido e tutt'altro che accomodante, è stato scrittore, poeta, inventore di suoni, musicista, ricercatore. La sua grandezza sta nell'essere riuscito a veicolare la "cultura alta" della sua poesia in un formato accessibile alle masse, attraverso il rock. Con le sue liriche ha rappresentato in modo compassionevole i lati oscuri della società contemporanea, rivelando le profondità nascoste e disperate dell'animo umano. Ha reso bella la sofferenza dando spazio alla speranza, senza mai cedere alla tentazione di giudicare

 

5. Sitografia

Biografia di Lou Reed, in biografieonline.it (ultimo accesso: 25/02/2023)

Dopo 31 Anni è ancora un Capolavoro! Lou Reed – New York Deluxe Edition, in discoclub.myblog.it (ultimo accesso: 25/02/2023)

Il documentario sui Velvet Underground non è un film sulla musica, in rivistastudio.com (ultimo accesso: 25/02/2023)

Lou Reed: il cantautore allergico alle etichette, in artshapes.it (ultimo accesso: 25/02/2023)

Lou Reed - New York, in storiadellamusica.it (ultimo accesso: 25/02/2023)

Lou Reed - Stregato dal Rock, in ondarock.it (ultimo accesso: 25/02/2023)

New York (1989), in loureed.it (ultimo accesso: 25/02/2023)