Billie Holiday: la lady del jazz e dei diritti civili

Maria Antonietta Bertacco

Billie Holiday è stata una delle voci più rilevanti della storia del jazz ed è tuttora un’importante presenza nella cultura pop. Ritroviamo, infatti, il suo malinconico e ipnotico fraseggio nel lavoro di Erykah Badu, Valerie Jung e altre cantanti soul non troppo convenzionali. Lady (come veniva chiamata dai suoi colleghi musicisti) inventò un nuovo modo di cantare il jazz, e non solo, e venne così largamente imitata che è quasi impossibile realizzare che tipo di rivoluzione portò, non solo a livello musicale. Billie Holiday fu una pioniera nella lotta per i diritti civili degli afroamericani, attraverso la sua musica e le sue azioni, cosa che rese la sua vita sempre più dura e complicata, fino alla sua morte nel 1959.

 

1. Una vita difficile fin dall’inizio

2. La musica dà voce all’anima

3. Strange Fruit

4. Un trionfante declino

5. Sitografia

 

1. Una vita difficile fin dall’inizio

Nata Eleonora Fagan il 7 aprile 1915 a Philadelphia da due genitori adolescenti, Billie passò la sua difficile e infelice infanzia a Baltimora, spesso affidata a parenti o amici della madre, che per quanto lavorasse come sguattera o ballerina, non riusciva a darle una vita decorosa. Il padre, Clarence Holiday, era un suonatore di banjo e abbandonò la famiglia molto presto per seguire le orchestre itineranti con cui suonava. La madre, Sadie Fagan, era nipote di un proprietario terriero in Virginia di origini irlandesi che aveva avuto sedici figli con una sua schiava. Billie rivelò poi da adulta che il sangue misto e il colore della sua pelle la resero spesso e volentieri vittima di insulti e violenze anche all’interno della comunità afroamericana. 

Quando aveva dieci anni sua madre e il suo patrigno si lasciarono e lei divenne sempre più ribelle. A scuola cominciò a non farsi più vedere e il tribunale minorile, per questo, decise di rinchiuderla in un riformatorio per un anno. In seguito, dopo alcuni mesi di libertà, ci tornò come conseguenza di un evento ancora più drammatico e di un’ingiustizia ancora più palese: un vicino di casa quarantenne la violentò e lui finì in carcere per l'aggressione mentre lei venne mandata in riformatorio per quattro mesi con l'accusa di “aver sedotto l’uomo”. 

Young Billie

Di nuovo libera, Billie lasciò Baltimora e si trasferì a New York con sua madre, che nel frattempo aveva trovato lavoro come domestica. Questa è la versione dei fatti lasciataci direttamente nella sua autobiografia, Lady Sings the Blues (1956), scritta a quattro mani con l’autore William Dufty. In realtà, altri biografi affermano che sua mamma lavorasse come prostituta in un bordello clandestino di Harlem e che presto la stessa sorte sarebbe capitata alla piccola Eleonora (non ancora Billie). Proprio nel salotto di questo bordello Billie si innamorò del jazz, cominciando ad ascoltare i dischi di Bessie Smith e di Louis Armstrong e trovando conforto e ispirazione in questa musica malinconica e potente allo stesso tempo. Quando la polizia scoprì il bordello, Billie fu arrestata e condannata a quattro mesi di prigione.

All’uscita dal carcere, nell’ottobre del 1929, il jazz diventò per lei un lavoro vero e proprio. Fece un’audizione da ballerina in un club di Harlem che si rivelò un tale disastro tanto che il pianista, impietosito, le chiese: “Sai mica cantare, baby?”. Così cominciò a fare la cameriera da Pod’s and Jerry’s, esibendosi come cantante per le mance. È qui che le colleghe cominciarono a chiamarla Lady (la Signora), perché a differenza loro, non permetteva ai clienti di lasciarle la mancia infilandole le banconote tra le cosce.

 

2. La musica dà voce all’anima

Per anni Billie lavorò come cameriera continuando anche a esibirsi nei club. Così decise di farsi chiamare Billie Holiday, mettendo insieme il cognome del padre e il nome di un’attrice che adorava, Billie Dove. Proprio esibendosi in uno di questi club venne scoperta da un John Hammond assai giovane, ma già dotato di quell'orecchio fine che gli avrebbe permesso, poi, di diventare uno dei più importanti produttori discografici degli USA, portando sotto ai riflettori personaggi del calibro di Aretha Franklin, Bob Dylan e Bruce Springsteen. 

Nel novembre del 1933, Hammond, che già allora vantava notevoli agganci e conoscenze, le organizzò alcune sedute in sala d’incisione con suo cognato Benny Goodman e le fece incidere i primi due dischi con la sua orchestra. In seguito, raccontò di lei: “Si imponeva per la sua voce intensamente drammatica, per la sua capacità di ‘volare’ sul tempo e per l’emozione che sapeva trasmettere.“ I primi passi nel mondo dell’industria discografica per Billie Holiday furono incerti e segnati da scarsi successi, dato che si trattava degli anni della Grande Depressione segnati dalla povertà: il denaro era destinato a beni di prima necessità e non per beni di lusso come i dischi. 

Per Holiday l’anno chiave fu il 1935, anche per una serie di concomitanze positive a livello politico-economico: da un lato la prima presidenza di Roosevelt stava rimettendo in piedi il paese dopo gli anni della Depressione; dall’altro, la fine del Proibizionismo moltiplicò i locali dove trovare ingaggi, assecondando la rinnovata e sempre più crescente voglia di divertimento della gente. E, probabilmente, ancora più importante fu il boom dei jukebox, che le case discografiche non vedevano l’ora di alimentare.

Lady Day & Pres

Tra queste, la Columbia Records aveva bisogno di dischi che cavalcassero il gusto del momento e che costassero poco, assemblati come in una catena di montaggio da bravi professionisti. Accompagnata da un bravissimo professionista (diverse enciclopedie sul jazz lo hanno incoronato il re dei pianisti swing, ndr.) Teddy Wilson, Billie Holiday tornò in studio di registrazione grazie al suo produttore. Nel giro di pochi mesi cominciarono a fare capolino in sala da lei musicisti del calibro di Count Basie (altro importantissimo pianista) e soprattutto Lester Young. Young fu un sassofonista eccellente ma maledetto e grandissimo amico di Billie Holiday, tanto che fu lui a soprannominarla Lady Day e lei a battezzarlo President, presto abbreviato in Pres, nomignoli che rimarranno a entrambi per il resto delle loro carriere. Le registrazioni di quegli anni comprendono brani come Easy to love! (Cole Porter, 1934) la cui passione amorosa e malinconica viene espressa egregiamente dalla voce di Billie Holiday; A Fine Romance (Jerome Kern e Dorothy Fields, 1936), che coniuga eleganza e sentimento con una classe e maturità che si direbbero impossibili per un'artista di appena ventun anni; mostra invece spirito più fresco e giovanile in He ain’t got Rhythm (Irvin Berlin, 1937), un brano divertente, solare e danzabile. Se Billie’s Blues (Holiday, 1936) era già parte del suo repertorio in questo periodo, la luttuosa e profonda Gloomy Sunday (trad. Sam Lewis, 1936) e la struggente e autobiografica God Bless the Child (Holiday, 1941) ne fecero parte subito dopo. 

La sua vita cambiò grazie alla musica ma alcune dinamiche legate alla violenza e agli abusi della sua infanzia purtroppo rimasero quasi sempre una costante delle sue relazioni, tanto che il dolore e la pressione la portarono a cercare conforto nell’alcol e nelle droghe.

 

3. Strange Fruit

Il brano che la rese famosa al di fuori dell’ambiente jazz, nonché suo cavallo di battaglia fu Strange Fruit, composta da un insegnante ebreo comunista, Abel Meeropol che la firmò  con lo pseudonimo Lewis Allan - fu. Il brano era stato ispirato da una terribile foto scattata in Indiana, che ritraeva una folla di bianchi festanti davanti ai corpi di due uomini di colore, appena massacrati di botte e poi impiccati a un albero. Negli Stati del Sud la pratica del linciaggio era largamente diffusa sin dalla guerra di secessione (in lento calare, fino alla Seconda Guerra Mondiale), praticata a volte anche solo come forma di divertimento popolare nelle cittadine più povere.

Billie Studio

La canzone è un capolavoro di scrittura e interpretazione, oltre che un inno contro il razzismo: segna la transizione dal linguaggio in codice nelle canzoni afroamericane (come accade nel gospel, ad esempio) a un grido esplicito di dolore e protesta. Lo “strano frutto” del titolo si riferisce proprio al corpo di quei due uomini uccisi e appesi a un albero. Billie Holiday cantando questi versi decide di parlare chiaro e dire la scomoda verità che i bianchi perbenisti non avevano voglia di sentire. Con questa canzone voleva smettere di vestire i panni di intrattenitrice del pubblico e pretese di essere ascoltata: “Gli alberi del Sud producono uno strano frutto,/ sangue sulle foglie e sangue alle radici,/ un corpo nero che ondeggia nella brezza del Sud,/ uno strano frutto che pende dai pioppi.” (Trad.)

Billie Holiday non si era mai dovuta confrontare in prima persona con episodi di razzismo, ma sapeva bene cosa significasse fronteggiare aggressioni e altri generi di violenza. Ci sono diversi episodi grotteschi che segnano la sua biografia. Ad esempio, in giro con l’orchestra di Count Basie, si era dovuta scurire il volto con del cerone nero perché la sua pelle troppo chiara avrebbe potuto farla passare per bianca, sotto ai riflettori. Oppure, al contrario, venne derisa e insultata per essere l’unica nera nell’orchestra di Art Shaw. Queste situazioni erano la norma negli Stati del Sud ma non solo: Detroit si distingueva per il suo ridicolo oltranzismo e la moderna e multiculturale New York spesso faceva cadere la sua maschera. In un albergo la fecero entrare dall’ingresso di servizio e le chiesero di usare il montacarichi e non gli ascensori riservati ai bianchi, nonostante lei fosse l’attrazione principale dello spettacolo. Per l’artista, fu un episodio rivelatore e spartiacque che la segnò umanamente e artisticamente.

Café Society

Lady Day trovò l’ambiente ideale (e forse l’unico possibile) per la prima esecuzione di Strange Fruit, che di certo non era materiale canonico da night club al Greenwich Village, nel nuovo Café Society, che si autodefiniva “il posto sbagliato per la gente giusta” e che aveva un pubblico in cui etnie e classi sociali si mischiavano al ritmo di musica. Billie Holiday cantò lì molto spesso e Strange Fruit era sempre l’ultimo brano in scaletta (mai un bis dopo), sempre eseguito con l’intero locale immobile, sospeso tra spazio e tempo, con un unico faro acceso fisso su di lei e solamente il pianista ad accompagnarla. 

Nessuna canzone ebbe un impatto così forte sulla società prima di allora, per questo la si può considerare il primo vero inno della lotta per i diritti civili. La Columbia Records e Hammond non volevano esporsi con una canzone così esplicita e decisero di permettere che Billie Holiday, sotto contratto con loro, la registrasse con una casa discografica allora sconosciuta, la Commodore Records, che poi sarebbe diventata la prima etichetta specializzata nell’ambito jazz e ricordata come un’oasi felice di musicisti, per musicisti.

Cantare questa canzone fu un gesto di sensazionale coraggio che le procurò tanti nuovi ammiratori e ancor più nemici. Infatti il brano ricevette risposte contrastanti dal pubblico bianco e, subito dopo la sua prima esecuzione nel 1939, ricevette la prima minaccia dal Federal Bureau of Narcotics. A quanto pare, la canzone portò il commissario razzista dell’ufficio, Harry Aslinger, a fissarsi sulla caduta di Holiday, sfruttando la sua dipendenza dalle droghe. 

 

4. Un trionfante declino

Nel maggio del 1947 Billie Holiday venne arrestata per possesso di stupefacenti e condannata a un anno e un giorno di reclusione. Quando prima di entrare in aula, un giornalista le chiese perché si comportasse da criminale, mettendo in cattiva luce tutta la popolazione afroamericana, Holiday rispose che da tossicodipendente avrebbe avuto bisogno di cure e non di prigione e che non era una criminale, ma malata. Il giudice decise di mandarla in prigione e, come parte del programma di rieducazione, fu costretta ad accudire un branco di maiali. Così l’America trattò una delle sue artiste più grandi.

Gli undici mesi passati in carcere (la fecero uscire un mese prima per buona condotta, ndr) ebbero l'effetto di interrompere per un breve periodo la spirale di alcol e droghe in cui era caduta. Sembrò riprendersi e avviarsi a un nuovo inizio, soprattutto in seguito a due tournée europee, in cui scoprì di essere famosissima e amata oltreoceano dove il colore della sua pelle non era così importante per i suoi interlocutori. Questo stato di grazia durò poco e le bastò tornare in Usa per ricominicare a essere discriminata. Le revocarono anche la Tessera Cabaret, senza la quale non poté esibirsi nei club per molto tempo. Come se non bastasse, visse accanto a un uomo che sperperava anche quel poco che le passavano i discografici e che finì per accordarsi con l’FBI per incastrarla e arrestarla nuovamente, facendole mettere in tasca dell’oppio appena prima di una perquisizione. Fortunatamente, quella volta non venne condannata perché con il supporto di un buon avvocato riuscì a sventare l'intero piano ai suoi danni.

USA vs. Billie

Il film del 2021 Gli Stati Uniti contro Billie Holiday, diretto da Lee Daniels e interpretato da una magistrale Andra Day, tratta proprio dell’accanimento del governo degli USA nei confronti della cantante, di come abbia cercato di mettere a tacere la sua voce (che per traslato rappresentava quella di tutti gli afroamericani). Per quanto romanzata, è evidente la componente razzista nella persecuzione della Holiday e che il problema delle droghe è solo una scusa per farla sparire da un sistema a volte creato ad hoc per incastrarla. La stessa Day, parlando del suo personaggio, rivela “L’hanno trasformata in questa figura tragica di tossicodipendente che cantava jazz. Ma lei era molto più di tutto questo.”

Nonostante qualche caduta, seppur rovinosa, ci sono stati anche strepitosi trionfi, tra cui, forse il più importante di tutti, fu un concerto alla Carnegie Hall, il 10 novembre 1956, dove ci fu il tutto esaurito e una standing ovation per la cantante.

Billie Holiday

Purtroppo col passare degli anni ripiombò nell’inferno della droga e la sua salute e la sua preziosissima voce ne risentirono sempre di più. Riuscì a malapena a incidere altri due dischi lasciandoci il suo testamento spirituale con Lady in Satin (1958), un album controverso e pieno di emozioni contrastanti, in cui il timbro vocale non era più lo stesso di una volta ma riusciva ancora a sostenere il suo tipico fraseggio ritmico. L’album venne registrato assieme al suo grande amico Lester Young, che morì il 15 marzo del 1959. La sua famiglia non permise a Billie di cantare al suo funerale e questo fu per lei un dolore troppo grande. La sua salute peggiorò sempre di più e fu trovata incosciente sul pavimento nel suo appartamento. Venne ricoverata d’urgenza a seguito di complicanze dovute alla cirrosi epatica, subendo l’ultimo oltraggio sul letto di morte dove fu arrestata e piantonata dietro l'accusa di aver trovato dell’eroina nell’appartamento della cantante. Lottò per sopravvivere, ma dopo dieci giorni l’agente Aslinger riuscì a vietare la somministrazione di metadone che fino a quel momento le aveva permesso di non avere crisi e non compromettere ulteriormente il suo stato. Le furono anche vietate le visite degli amici e dei parenti, nonostante le proteste fuori dall’ospedale. 

Billie Holiday si spense il 17 luglio 1959 a 44 anni, ammanettata al letto di ospedale, umiliata e perseguitata fino alla morte, avendo la sola colpa di aver voluto cantare la verità. Il suo sacrificio è stato cruciale per l’inizio delle lotte per i diritti civili degli afroamericani perché fu la prima ad alzare la voce della ribellione in maniera così plateale. Lady Day era una donna che aveva conosciuto da vicino la sofferenza, la povertà e la violenza ed ebbe la capacità di trasformare questo dolore in qualcosa di prezioso, lasciandoci un’eredità musicale e di impegno civile di grandissima ispirazione, ancora oggi.

 

5. Sitografia

Billie Holiday - biografia, recensioni, streaming, discografia, foto :: OndaRock, ondarock.it (data ultima consultazione: 02 aprile 2022)

Chi era Billie Holiday: biografia della cantante di Strange Fruit, notiziemusica.it (data ultima consultazione: 02 aprile 2022)

Billie Holiday | Musica | Rai Cultura, raicultura.it (data ultima consultazione: 02 aprile 2022)

The United States vs. Billie Holiday’, una voce che non poteva essere messa a tacere, rollingstone.it (data ultima consultazione: 02 aprile 2022)

Dettagli tragici su Billie Holiday - Italia.news24viral, italian.news24viral.com (data ultima consultazione: 02 aprile 2022)

Black History: Billie Holiday’s “Strange Fruit” - African American News and Issues, aframnews.com (data ultima consultazione: 02 aprile 2022)

Musica & Memoria / Billie Holiday - Monografia, musicaememoria.com (data ultima consultazione: 02 aprile 2022)