Maria Antonietta Bertacco
Whitney Houston è stata una figura leggendaria nel panorama pop-soul degli anni '80 e '90, che ha segnato un'epoca con una carriera straordinaria e canzoni memorabili. La sua voce, tra le più sublimi del genere, brillava per potenza, chiarezza ed espressione, spaziando con incredibile fluidità attraverso tre ottave, da mezzosoprano a soprano, e dimostrando controllo e capacità dinamiche eccezionali. Queste qualità vocali, unite a un carisma scenico e un'eleganza naturale, le hanno fatto meritare il soprannome di "The Voice" da parte di Oprah Winfrey. Tuttavia, i drammi che l'hanno costantemente accompagnata fin da bambina, hanno prematuramente oscurato la sua brillante traiettoria, con profonde avversità.
Whitney Elizabeth Houston, nata il 9 agosto 1963 a Newark, New Jersey, ha ereditato il suo straordinario talento vocale dalla madre Cissy, una delle voci del gruppo gospel The Sweet Inspirations, noto per le collaborazioni con artisti del calibro di Elvis Presley e Aretha Franklin. Cresciuta in un ambiente familiare ricco di talento musicale, Whitney era inoltre la cugina della celebre cantante degli anni '70, Dionne Warwick, e fin da piccola ha dimostrato una vocalità eccezionale, iniziando a esibirsi nel coro gospel della sua comunità a Newark.
Whitney ha dovuto affrontare sin da bambina delle sfide personali molto pesanti, tra cui gli abusi sessuali subiti dalla cugina Dee Dee Warwick (sorella di Dionne) e il silenzio imposto dalla famiglia sulla questione. La sua adolescenza è stata vissuta tra un palco e l’altro dei locali dove si esibiva la madre e a soli 11 anni divenne anche la solista del coro della sua Chiesa. All'età di 14 anni le fu proposto il suo primo contratto discografico, che fu declinato dalla madre affinché Whitney completasse prima gli studi.
Dopo il diploma, iniziò ufficialmente la sua carriera musicale, sostenuta dall’agente e produttore musicale Clive Davis, rimasto stregato dal suo talento e dalla sua bellezza. Per questo, affiancò al contempo al canto una carriera da modella, ottenendo grande visibilità su importanti riviste americane. Il suo album di debutto, Whitney Houston (1985) dominò le classifiche americane per 14 settimane, stabilendo un nuovo record per un'artista esordiente nel Guinness dei Primati. Il successo continuò con il lancio del suo secondo album, Whitney, nel 1987, che includeva il celebre singolo "I Wanna Dance With Somebody" e altri brani di successo internazionale.
Nel 1992, Whitney Houston consolidò il suo talento anche sul grande schermo, recitando accanto a Kevin Costner nel film Guardia del corpo. Qui Whitney interpretava Rachel Marron, una celebre cantante sotto la protezione di un bodyguard, in una narrazione che riflette in parte la sua vita reale. Questa interpretazione le ha permesso di sfidare le convenzioni di Hollywood, che tradizionalmente vedevano ruoli da protagonista di questo calibro riservati solo ad attrici bianche. La colonna sonora del film includeva "I Will Always Love You", una reinterpretazione del brano originale di Dolly Parton del 1974. La versione di Houston ottenne un successo straordinario, diventando il singolo più venduto di sempre da un'artista femminile, con oltre 22 milioni di copie e ha segnato un momento iconico nella musica, dando il via a una nuova era di ballate R&B romantiche.
L’equilibrio psichico di Whitney Houston iniziò a vacillare a causa delle pressioni della celebrità. In breve tempo, la sua vita subì profondi cambiamenti e frequentò figure note come Eddie Murphy e Michael Jackson, senza stabilire legami duraturi fino all'incontro con Bobby Brown. Nonostante le resistenze di familiari e amici, Whitney sposò Brown nel 1992. Un uomo con un passato pieno di problemi legali, dipendenza da sostanze e figli da relazioni precedenti. Nel 1993, la coppia accolse la nascita di Bobbi Kristina Houston Brown. Tuttavia, la relazione tra Whitney e Bobby divenne sempre più turbolenta, segnata dall'uso condiviso di sostanze stupefacenti, scandali mediatici, infedeltà ed episodi di violenza. Il loro matrimonio si trascinò tra alti e bassi fino al divorzio nel 2006. Parallelamente, Whitney iniziò a manifestare anche segni di disagio fisico, perdendo molto peso in poco tempo, ma soprattutto nella sua carriera, gestendo in modo inadeguato gli impegni professionali, arrivando in ritardo agli incontri con i media e annullando all'ultimo momento concerti e apparizioni televisive.
Nel 1994, nonostante fosse afflitta da dipendenze e da una relazione problematica con il marito, Whitney Houston diventò la prima celebrità di rilievo a esibirsi nell'Africa post-apartheid, ricevendo l'abbraccio di Nelson Mandela e toccando il cuore del pubblico con i suoi acuti mozzafiato. Fece sentire la sua vicinanza emotiva ai presenti: "Conosco il colore della mia pelle. Sono cresciuta in una comunità afroamericana." affermava Houston, che ha sempre cercato di mantenere viva la sua identità culturale, nonostante fosse spesso criticata dalla sua stessa comunità. Infatti, esposta a fischi durante i Soul Train Awards del 1988 da una platea che la riteneva distante dalle radici della musica afroamericana, la cantante si trovava a combattere su due fronti: contro il razzismo sistematico negli Stati Uniti e per la conservazione delle sue radici culturali, elementi di stabilità in una vita caratterizzata da continui tumulti.
Cresciuta in un ambiente di borghesia cattolica afroamericana e circondata da figure familiari di successo come la madre Cissy e la cugina Dionne Warwick, Whitney ha dovuto conformarsi a un'immagine pulita di “ragazza casa e chiesa”.
La sua relazione con l’amica e assistente personale Robyn Crawford, lungamente smentita dalla cantante e poi confermata da Crawford stessa nel suo libro del 2019 A Song for You: My Life with Whitney Houston, mostra una Whitney che nascondeva la propria sessualità per rispetto (o paura) verso la famiglia e per la pressione sociale. Robyn ha svelato nel suo libro anche le pressioni fatte a Whitney dalla sua famiglia: “per sua madre non era naturale che due donne fossero così vicine, ma noi lo eravamo”. Anche dopo la morte della figlia, intervistata da Oprah Winfrey, Cissy ha ribadito che non avrebbe mai accettato una storia lesbo: alla domanda della conduttrice “ti avrebbe dato fastidio se Whitney fosse stata gay?” rispose “assolutamente sì, non lo avrei accettato.”
Il matrimonio con Bobby, celebrato probabilmente per mettere a tacere le voci di corridoio, diede un’accelerata a un processo di autodistruzione già cominciato da qualche anno: alla fatica per i tour estenuanti e alla pressione mediatica non indifferente, si aggiungeva una relazione tossica fatta di litigi, maltrattamenti e droga.
I problemi personali per Whitney non terminarono qui. Nel 2002, l’ugola d’oro si ritrovò al centro di un contenzioso legale, quando suo padre e manager, John, le fece causa per 100 milioni di dollari, sostenendo di non aver ricevuto un compenso adeguato per il suo ruolo di supporto nella carriera della figlia. Tuttavia, John Houston scomparve nel 2003 e solo l'anno successivo arrivò una decisione giudiziaria che si risolse a favore della cantante.
In mezzo a tutti questi problemi, Whitney Houston continuò a cantare, anche se era ormai cominciato un lento e inesorabile declino. Dopo la vittoria dell’Oscar come miglior canzone originale per “When You Believe”(1998), colonna sonora del film Il principe d’Egitto, cantata insieme all’amica rivale di sempre Mariah Carey, il terzo millennio è stato segnato da gravi problemi di droga, anoressia e bulimia. La causa legale col padre e la fine del suo matrimonio avevano logorato la sua già fragile salute mentale, fino a farla cadere in una profonda depressione e a costringerla a un ritiro dalle scene.
Nel 2006, il Guinness dei Primati dichiarò Whitney Houston “l’artista più premiata e famosa di tutti i tempi” e nel 2008 la cantante decise di tornare alla ribalta, esibendosi ai Grammy Awards e consegnando il premio per il miglior album R&B a Jennifer Hudson, all'epoca agli inizi della sua carriera. L'anno seguente, Whitney lanciò il suo settimo album, I Look to You, che segnò l'ultimo capitolo della sua carriera discografica.
Nonostante il successo globale dell'album e le vendite che superarono i 3 milioni di copie, supportato da collaborazioni con artisti del calibro di R.Kelly, Alicia Keys e Akon, l'album non riuscì a eguagliare l'impatto dei suoi successi degli anni '90. Un tour mondiale con tutte le date sold-out accompagnò l'uscita del disco, ma le esibizioni di Whitney evidenziavano sempre di più la sua fragilità fisica e vocale, riflettendo i suoi conflitti interni. Nei successivi quattro anni, Whitney continuò a ricevere premi e omaggi, ma il 9 febbraio 2012, fece la sua ultima apparizione pubblica a Hollywood.
Whitney Houston giunse al Beverly Hilton Hotel, situato sulle colline di Hollywood, accompagnata dalle sue amiche e colleghe Brandy e Monica, dalla figlia Bobbi Kristina, dai suoi collaboratori e dal fidanzato Ray J, per il gala pre-Grammy organizzato annualmente da Clive Davis, lo scopritore del suo talento. Quel giorno, Whitney trascorse il tempo tra bagni in piscina e interviste e la sera partecipò a un evento pre-Grammy di Kelly Price, dove duettò in pezzi gospel, mostrando gravi segni di malessere fisico e vocale. L’11 febbraio, dopo una serata al bar dell'hotel, Whitney si alzò tardi. Nel pomeriggio, l'assistente Mary Jones tornata in albergo dopo essere uscita per fare alcune commissioni, la trovò priva di vita nella vasca da bagno della sua suite. Nonostante i tentativi di soccorso, fu dichiarata morta poco dopo. La causa ufficiale del decesso fu annegamento accidentale, aggravato da problemi cardiaci e uso di cocaina, con tracce di altre sostanze nel sangue. La sua scomparsa, avvenuta in concomitanza con i Grammy, sconvolse il mondo della musica, portando a considerare la trasformazione dell'evento in un tributo a Houston, ma alla fine si optò per un compromesso che onorasse la sua memoria nell'ambito della cerimonia musicale.
Nel gennaio 2015, la stessa sorte toccò a sua figlia, Bobbi Kristina Brown, trovata priva di sensi nella sua vasca da bagno. A soli 22 anni, dopo sei mesi di coma, Bobbi Kristina si spense a causa di gravi complicazioni. La sua vita era stata segnata dalle pressioni della celebrità dei genitori, alle prese con i loro problemi con le sostanze stupefacenti. La perdita della madre in giovane età peggiorò ulteriormente il suo stato psicologico. Il suo compagno Nick Gordon, cresciuto con la famiglia Houston da quando aveva 12 anni, la trovò incosciente nella loro abitazione ad Atlanta, con un mix letale di alcol, droghe e medicinali nel corpo. Gordon fu accusato dalla famiglia Houston di aver contribuito alla tragedia di Bobbi Kristina fornendole le sostanze e fu condannato in un processo al quale non si presentò, senza mai saldare il debito di 36 milioni di dollari di risarcimento. Il 1° gennaio 2020, anche Gordon perse la vita a causa di un'overdose di eroina.
Dopo la scomparsa della cantante, sono emersi i diversi dettagli oscuri sulla sua vita, ritraendola come una figura tormentata, intrappolata in un'esistenza costruita su molteplici falsità, per mantenere l’immagine pubblica che si era costruita.
Il documentario Whitney: Can I be me? (2017) ha rivelato che Whitney Houston non ha mai avuto la possibilità di esprimere autenticamente se stessa, una condizione che probabilmente l'ha spinta a prendere decisioni avventate nel tentativo di liberarsi dalle restrizioni imposte dalla sua vita apparentemente perfetta.
In Italia, Arianna d’Aloja, figura di spicco della Rca/Bmg, ora Sony, ha collaborato con Whitney Houston, in particolare per il lancio del suo primo album. Nel 1988 la cantante fu ospite a Sanremo, quando Pippo Baudo, impressionato dal suo talento, chiese un bis inaspettato, evento che l'ha consacrata come una star nel paese, benché fosse già nota negli USA da qualche anno. D'Aloja ricorda le sfide logistiche legate ai viaggi con una celebrità del calibro di Houston e la descrive come una giovane donna solare e vivace, nonostante i conflitti familiari non evidenti all'epoca.
Clive Davis, figura chiave nella carriera di Houston, lavorò per mantenere intatta l'immagine della cantante nonostante le voci sulla sua vita privata, per tutelarne la carriera in un'epoca meno aperta a certe tematiche. Col senno di poi, è inevitabile chiedersi come sarebbe andata la sua vita se non avesse dovuto preservare una determinata facciata. Dopo dieci anni dal suo debutto in Italia, ritornò nel 1998 per un concerto all'Arena di Verona, che rimase memorabile nonostante si presentò sul palco con 2 ore di ritardo. Da questo evento e da altri impegni lavorativi gestiti male, d’Aloja si rese conto che Whitney stava attraversando un periodo molto difficile, considerando che prima la cantante era sempre stata precisa e puntuale nel suo lavoro.
Tentativi di rilancio della carriera, come la partecipazione a XFactor Italia nel 2009 e a diversi concerti nel 2010, non ottennero i risultati sperati. Le sue performance ricevettero critiche molto dure per non essere all'altezza delle aspettative. Questi eventi segnarono negativamente l’ultima apparizione di Houston in Italia prima della sua prematura scomparsa, rivelando ancora una volta una vita segnata dal contrasto tra il successo pubblico e le sfide private.
Dopo la sua scomparsa, tanti sono stati gli omaggi e i tributi alla carriera e alla vita della diva. Whitney (2018) di Kevin MacDonald, presentato in anteprima al 71° Festival di Cannes, è stato il primo documentario approvato ufficialmente dalla famiglia Houston, in cui si raccontano molte vicende drammatiche della sua vita. La narrazione si è poi estesa al cinema con Whitney, una voce diventata leggenda (2022), scritto da Anthony McCarten, diretto da Kasi Lemmons e interpretato da Naomi Ackie, che omaggia la carriera eclettica di Whitney come cantante, produttrice e attrice. Nel 2020, l'indimenticabile talento di Houston è stato celebrato con l'inserimento nella Rock and Roll Hall of Fame.
Whitney Houston rimarrà impressa nella memoria collettiva non solo come una delle donne più affascinanti ed eleganti del suo tempo, ma anche come una delle artiste più dotate e celebrate nella storia della musica. La sua carriera, costellata di successi e riconoscimenti, si contrappose a una vita personale segnata da difficoltà e dolori profondi, inclusa la lotta nel mantenere nascoste le sue battaglie private per preservare un'immagine impeccabile agli occhi del pubblico.
Nonostante questi ostacoli, Whitney ha lasciato un'eredità indelebile attraverso la sua musica e attraverso il suo sorriso che, anche nei momenti più bui, ha saputo illuminare il mondo. Le sue canzoni, intrise di passione e sentimento, restano un tributo alla sua forza interiore e alla sua indomabile volontà di esprimersi, rendendola un'icona eterna che, nonostante le avversità, ha saputo elevarsi e brillare.
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