Maria Antonietta Bertacco, Claudia Villani
Oggi 30 aprile è la Giornata Internazionale del Jazz. Nel novembre del 2011 l’UNESCO proclama questo giorno come International Jazz Day per “valorizzare il Jazz e il suo importante ruolo nell’unire i popoli provenienti da tutti gli angoli del mondo”. Questa musica, che è fatta di improvvisazione e dialogo, verrà riproposta poi in chiave diversa da tanti artisti, tra i quali spiccano i Blues Brothers, che fecero la loro comparsa al Saturday Night Live il 22 aprile 1978.
L’idea di celebrare l’International Jazz Day partì dal leggendario pianista Herbie Hancock, grande esponente del genere nonché ambasciatore UNESCO di buona volontà, per “diffondere le virtù del Jazz come strumento per accrescere l’educazione, l’empatia, il dialogo e la cooperazione tra i popoli”.
Ogni anno l’evento viene presieduto dallo stesso Hancock e dal Direttore Generale UNESCO, attualmente Audrey Azoulay e viene organizzato dall’ Herbie Hancock Institute of Jazz, un’organizzazione no profit che si occupa della sua pianificazione, promozione e produzione. Inoltre, dal dicembre 2012, questa celebrazione viene riconosciuta e calendarizzata anche dalle Nazioni Unite.
La giornata, che è l’apice del Jazz Appreciation Month, si celebra in tutto il mondo con concerti, workshop, conferenze ed eventi volti a sensibilizzare le comunità. Ogni anno viene scelta una Host City, dove si svolgono diversi eventi durante il giorno che si concludono con un concerto finale con artisti jazz di fama internazionale provenienti da tutto il mondo.
I primi eventi dell’International Jazz Day si svolsero nel 2012 in tre città differenti: il 27 aprile, a Parigi, Hancock programmò una giornata intera di attività educative, con discussioni e letture pubbliche, terminata con un concerto serale; poi un concerto all'alba a New Orleans (luogo di nascita del Jazz); infine, un concerto al tramonto a New York City. Ai concerti presero parte musicisti del calibro di Stevie Wonder, Tony Bennet e Dee Dee Bridgewater e ci furono ospiti come Robert De Niro, Michael Douglas, Morgan Freeman e Quincy Jones.
Negli anni successivi altre città del mondo ospitarono il concerto finale ovvero l’evento principale della giornata: nel 2013 fu la volta di Istanbul, l’anno dopo Osaka, per tornare a Parigi l’anno successivo. Nel 2020 era prevista la celebrazione a Città del Capo, in Sudafrica ma la situazione di emergenza generata dal Covid ha costretto gli organizzatori a rivedere il programma. Infatti, nonostante la pandemia globale, l’International Jazz Day si è svolto comunque, con una serie di attività online: concerti, conferenze, masterclass e attività per bambini nelle sei lingue delle Nazioni Unite.
L’evento clou della giornata è stato il concerto virtuale presentato da Herbie Hancock in diretta, al quale parteciparono anche il bassista Marcus Miller e i chitarristi John Sconfield e John McLaughlin. Oggi verrà celebrato con una serie di eventi virtuali e non (nei paesi dove è possibile), con concerti, conferenze, letture, discussioni e workshop e con la possibilità di crearsi la propria Giornata Internazionale del Jazz scegliendo le attività che si preferiscono sul sito web.
Nonostante tutto quello che è successo nell’ultimo anno, è importante che non si sia persa questa tradizione, perché, andando a ricercare le radici, la nascita e l’evoluzione di questo genere musicale, possiamo capire come effettivamente il Jazz può aiutare a esprimere se stessi, ad ascoltare e a comprendere l’altro e a migliorare i dialoghi interculturali.
Il Jazz è un genere musicale che nasce all’inizio del ventesimo secolo a New Orleans, in Louisiana, una città fondata dai coloni francesi, poi passata in mano agli spagnoli, per tornare nuovamente francese, prima di essere ceduta definitivamente agli Stati Uniti nel Louisiana Purchase. La cultura creola del posto era prevalentemente di lingua francese e di religione cattolica, aveva una visione della vita più liberale rispetto a quella protestante di lingua inglese e sviluppò una serie di tradizioni che includevano il buon cibo, il buon vino, la musica e il ballo.
Ma nella città non convergevano solo diverse culture europee: quando venne fondata, attorno al 1730, il 30% della popolazione era costituita da africani provenienti dalla costa occidentale del continente e alla fine del secolo più della metà dei cittadini era nera o meticcia, sia in condizione di schiavitù che in libertà. Inoltre, nel frattempo molti erano arrivati dalle zone caraibiche, portando con loro anche alcune tradizioni delle culture indigene.
Presto si riversarono in città anche molti americani di lingua inglese e successivamente arrivarono immigrati dalla Germania, dall’Irlanda e dall’Italia. In questo melting pot dialogavano e si mischiavano tante tradizioni, culture ed etnie differenti e non esistevano i ghetti monoculturali come in tante altre città. A New Orleans viveva inoltre la più grande comunità di creoli di colore, in cui le persone di sangue misto europeo e africano ricevevano una buona istruzione ed erano per lo più commercianti, quindi sempre in contatto con altre città e altri paesi. In particolare i musicisti di questa comunità erano famosi per le loro abilità e la loro disciplina, infatti molti di loro venivano mandati a studiare in Francia dalle loro famiglie e suonavano nelle migliori orchestre. La città divenne famosa quindi per i vari festival, per la musica, per i balli e tutti i suoi gruppi etnici contribuirono allo sviluppo dell’ambiente musicale del tutto singolare, che poi portò al jazz.
Un ulteriore motivo per il quale il jazz può essere considerato un ottimo strumento di espressione e dialogo interculturale viene proprio dal modo in cui viene suonato. Infatti, anche se le caratteristiche del jazz non sempre sono molto semplici da definire, soprattutto col passare degli anni e con la nascita di tanti diversi sottogeneri, la caratteristica principale è sicuramente l’improvvisazione, che deriva dalla forte influenza della musica blues, genere tradizionale afro americano, le cui canzoni hanno spesso una struttura fissa che gira attorno a un pattern di chiamata e risposta.
“Quando improvvisano, i musicisti jazz creano nuove melodie che si adattano in una struttura metrica che si ripete più volte” (Marsalis, 2008: pag. 52). Molto spesso queste strutture metriche ripetitive fanno parte di uno standard, che non è altro che una canzone con una forte popolarità consolidata e che fa parte del repertorio di diversi generi.
Il repertorio standard di un determinato genere consiste per lo più in una lista (a volte anche piuttosto soggettiva dell’autore) di canzoni raccolte in un libro contenente i vari spartiti. In generale, si riconoscono anche solo all’ascolto perché sono canzoni molto popolari, riarrangiate in modo diverso dai musicisti o citate in canzoni nuove o protagoniste di crossover con altri generi. Molto spesso gli standard jazz sono entrati a far parte delle classifiche pop, ovviamente in chiave più moderna.
Un esempio lampante di come queste canzoni facciano parte della nostra cultura, anche se molto spesso non ne siamo nemmeno a conoscenza, sono quelle dei Blues Brothers. Nella colonna sonora dell’omonimo film ma anche nelle performance live dei primi tempi, possiamo trovare diversi standard riarrangiati: una fra tutte, Minnie the Moocher è uno standard jazz degli anni ‘30, registrato da Cab Calloway e dalla sua orchestra.
Il loro utilizzo principale però è sempre stato quello di fare da base per le improvvisazioni. Infatti, essendo canzoni molto conosciute, i musicisti si ritrovano nelle Jam Session (eventi musicali piuttosto informali, in cui si suona e si canta senza aver fatto le prove, a volte senza neanche conoscere gli altri partecipanti) e improvvisano sugli standard più conosciuti, che quasi sempre fanno parte dei repertori Jazz e Blues.
La musica che ne viene fuori perciò è quasi sempre il risultato di una buona interpretazione individuale, improvvisata dal solista, che però non può essere scissa dall’interazione e dalla collaborazione con gli altri musicisti della band.
“Il jazz ti ricorda che devi far funzionare le cose assieme agli altri. È difficile, ma si può fare. Quando un gruppo di persone cerca di inventare qualcosa insieme, è facile che nascano conflitti. Il jazz esprime l’importanza di esprimere l’essenza dei tuoi sentimenti e la disponibilità a condividere un progetto con altri” (Marsalis, 2008: pag. 94).
Gli standard sono lo strumento fulcro dell’improvvisazione e permettono di colpire e coinvolgere il pubblico nelle performance live. Il mondo dello spettacolo è costellato di musicisti e attori che spesso hanno mosso i primi passi verso il successo all’interno di programmi televisivi di varietà, alla base dei quali vi erano sketch comici e musicali talvolta arrangiati sul momento.
Uno degli esempi più popolari negli Stati Uniti è l’NBC’s Saturday Night Live (solitamente abbreviato con la sigla SNL), uno show televisivo che venne trasmesso per la prima volta l’11 ottobre del 1975 ed è tuttora alla sua 46° stagione. Negli anni l’SNL divenne lo scenario presso il quale le più grandi star dell’intrattenimento si sono pian piano trasformate in celebrità: Bill Murray, Eddie Murphy, Chris Rock, Will Ferrell, Jimmy Fallon, Ben Stiller, Robert Downey Jr. e tanti altri.
Il programma deve il suo nome al fatto che veniva trasmesso il sabato sera dall’emittente statunitense NBC (National Broadcasting Company). Il palinsesto prevedeva un mix di sketch comici, parodie pubblicitarie, ospiti dal mondo culturale pop, e band musicali. A dare voce allo spettacolo vi era un cast di attori comici nato dal teatro d’improvvisazione della Chicago e della Los Angeles dell’epoca, noto come The Not Ready for Prime Time Players.
Tra le fila di questo gruppo di artisti, che rappresentavano lo zoccolo duro delle prime stagioni dell’SNL, spiccarono in particolar modo due grandi personalità: Dan Aykroyd e John Belushi. La peculiarità di questo duo non stette solo nelle loro singole capacità attoriali e comiche di creare personaggi unici e accattivanti, ma anche nel dare vita a un’amicizia che sfociò nella formazione dei Blues Brothers, una delle più iconiche band nel panorama jazz, blues e soul degli anni ‘70.
L’idea alla base dei Blues Brothers era nata a partire dai personaggi comici Jake ed Elwood Blues, due fratelli vestiti di nero con cappello, cravatta e Rayban neri armati di valigetta nera legata al polso da un paio di manette. Questo look iconico venne mantenuto quando Aykroyd e Belushi decisero di aggiungere la musica ai loro sketch nella prima comparsa come band ufficiale il 22 aprile del 1978 sul palco dell’SNL. Qui debuttarono con il singolo "Hey, Bartender" e conquistando le classifiche con il loro album di lancio Briefcase full of blues (1978).
Vista la popolarità dei Blues Brothers e le qualità di Dan Aykroyd come sceneggiatore, nacque l’idea di abbandonare il palco che li aveva visti emergere per tentare la scalata anche nel mondo del cinema e di portare la storia di Jake ed Elwood, contenuta nelle note di copertina del loro disco, sul grande schermo.
Nei due anni successivi al debutto della band, Aykroyd stese la sceneggiatura del film assieme all’amico John Landis, autore di cult come Animal House (1978), Una poltrona per due (Trading Places, 1983) e Il principe cerca moglie (Coming to America, 1988).
Fu così che i due personaggi comici vennero riarrangiati per dare vita all’omonima pellicola musicale: The Blues Brothers (1980). La storia narra il tentativo dei fratelli Blues di guadagnare a suon di musica la somma sufficiente per impedire la chiusura dell’orfanotrofio che li aveva visti crescere.
Il film, la cui realizzazione richiese uno sforzo di circa 30 milioni di dollari, in un primo momento non riscosse molto successo, anzi, venne considerato un vero e proprio flop. Ne fu la prova il fatto che il suo humor e la sua irriverenza non vennero ben accettati dalla critica e, inoltre, si presentava come un inno alla musica nera, che tanto aveva inciso sulla storia musicale di jazz, blues e soul.
The Blues Brothers toccava tematiche come il razzismo che, per l’epoca, erano un tasto molto delicato. Molti stati del Sud infatti si rifiutarono di trasmettere in sala la pellicola, che dovette arrivare in Europa per essere apprezzata e celebrata come un grande cult cinematografico e musicale.
La grandezza di The Blues Brothers non si deve solo alla magistrale regia e alla sua vena comica ma, soprattutto, a un cast d’eccezione. Dal panorama musicale di quegli anni parteciparono grandi personalità dell’epoca che contribuirono con brani da loro interpretati: il jazzista Cab Calloway, che ormai settantenne ripropose la sua Minnie the Moocher del 1931; i divi della musica gospel, soul e R&B James Brown (The Old Landmark, 1980) e Aretha Franklin (Think, 1968); Ray Charles (Shake a tail Feather dei Five du-tones, 1963) e tutti gli strumentisti della band, che costituivano parte dell’accompagnamento musicale dell’SNL.
In ambito attoriale, presero parte alla pellicola elementi di spicco come John Candy, grande amico di Dan Aykroyd, famoso per la sua verve comica, e Carry Fisher, che divenne nota in tutto il mondo per aver vestito i panni della principessa Leia Organa nella celeberrima saga di Star wars.
Il successo del film ne sancì l’elezione a cult musicale e cinematografico e divenne ancora più iconico perché capace di immortalare la figura di John Belushi, che venne a mancare due anni dopo l’uscita del film a causa di overdose. Nel 1998 Dan Aykroyd volle omaggiare l’amico Belushi riunendo il cast nel sequel The Blues Brothers 2000: Il mito continua, che però non riscosse lo stesso successo.
35 anni in missione per conto di Dio - Prossima fermata - Viaggiare e raccontare per conoscere, loscalzo1979.wordpress.com, (data di ultima consultazione: 30/08/2021)
22 aprile 1978: quando i Blues Brothers cominciarono la missione per conto di Dio - Prossima fermata - Viaggiare e raccontare per conoscere, loscalzo1979.wordpress.com (data di ultima consultazione: 30/08/2021)
'Blues Brothers': Jake ed Elwood raccontano per la prima volta la nascita del loro cult, rollingstone.it, (data di ultima consultazione: 30/08/2021)
Come il jazz può cambiarti la vita, Wynton Marsalis, 2008
Dan Aykroyd biografia, comingsoon.it (data di ultima consultazione: 30/08/2021)
Dan Aykroyd | MYmovies, mymovies.it, (data di ultima consultazione: 30/08/2021)
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International Jazz Day | April 30, 2021, jazzday.com (data di ultima consultazione: 30/08/2021)
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Saturday Night Live | History, Cast Members, & Facts, britannica.com (data di ultima consultazione: 30/08/2021)
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'The Blues Brothers', 40 anni fa nasceva il mito di Jake & Elwood, repubblica.it (data di ultima consultazione: 30/08/2021)
The Not Ready for Prime Time Players | Saturday Night Live Wiki | Fandom, snl.fandom.com, (data di ultima consultazione: 30/08/2021)
John Belushi: da outsider a star. Tra luci e ombre ecco la vera storia della vita del grande attore e showman, virginradio.it, (data di ultima consultazione: 30/08/2021)
Come nacque il mito dei Blues Brothers, agi.it, (data di ultima consultazione: 30/08/2021)
WHERE ARE THEY NOW: Every Cast Member of 'SNL', insider.com, (data di ultima consultazione: 30/08/2021)