Maria Antonietta Bertacco
Girato nel 2015 per la rete televisiva americana HBO, il film Bessie ricostruisce la storia di una cantante diventata famosa negli anni Venti e Trenta non soltanto per la sua voce, ma anche per il coraggio dimostrato in un’epoca in cui regnava la segregazione razziale. Ancora oggi Bessie Smith è considerata un mito per molti musicisti: star come Aretha Franklin, Billie Holiday, Nina Simone, Janis Joplin e Norah Jones hanno tratto ispirazione da lei.
Il film di Dee Rees, regista originaria di Nashville, tempio della musica country, e allieva di Spike Lee, ne ripercorre la carriera, dagli inizi a fianco del fratello in spettacoli di varietà fino al successo raggiunto dopo enormi sacrifici. La protagonista è l’eclettica Queen Latifah, cantante e conduttrice televisiva americana che vanta una lunga carriera cinematografica iniziata nel 1991 in “Jungle Fever” di Spike Lee. Al suo fianco recitano Michael K. Williams (“12 anni schiavo” del 2013 e “Gone baby gone” del 2007) nel ruolo del marito della protagonista, e il premio Oscar Mo’Nique nelle vesti di un’altra leggenda del blues: Ma’ Rainey.
Il film comincia con una scena in stile onirico, in cui Bessie canta di fronte a un pubblico che la acclama a gran voce, mostrando come l’artista nutrisse la propria anima con l’energia che le donava la gente.
Da questo sogno si passa a una scena reale che riprende un momento piuttosto triste della sua vita quando, tornando a casa dopo un concerto, trova solo una dimora vuota di affetti. Questa sensazione di solitudine la riporta con un flashback alla sua difficile infanzia, quando la sorella Viola teneva il cibo sotto chiave per evitare che i fratelli mangiassero dalla dispensa, data la scarsità di risorse economiche.
Infatti, Elisabeth Smith, nata a Chattanooga il 15 aprile 1984, aveva vissuto in una baracca con una sola stanza insieme alla madre, al padre, tre fratelli e tre sorelle. I suoi genitori e due fratelli morirono quando lei era molto piccola. La sorella più grande, Viola, si occupò del resto della famiglia assumendo spesso e volentieri degli atteggiamenti duri, costretta dalle condizioni di miseria in cui si trovavano.
Nei suoi ricordi mostrati nel film, la sorella era molto cattiva e avida nei suoi confronti, negandole ogni forma di affetto. Anzi, in diverse scene viene mostrata molto violenta sia psicologicamente che fisicamente, come se si divertisse a maltrattarla e a ricordarle di essere orfana e sola al mondo. Un modo per sottolineare la mancanza di cure e di affetto in cui era cresciuta l’artista.
All’epoca Bessie cantava agli angoli delle strade e davanti ai saloon in quartieri malfamati, accompagnata dal fratello Andrew alla chitarra. A 10 anni la piccola cominciò a esibirsi nelle case di gioco e bordelli di Chattanooga, città famosa per la sua grande linea ferroviaria. Qui subì un abuso in cambio di qualche soldo. Questa situazione di degrado è rappresentata da una delle prime scene del film in cui Bessie è appartata in un vicolo buio e sporco dietro al teatro dove doveva esibirsi, con un ubriacone del posto. Quando l’uomo inizia ad avere atteggiamenti violenti e prepotenti nei suoi confronti, con l’intenzione di approfittare sessualmente della giovane, Bessie raccoglie un pezzo di vetro da terra e lo ferisce. Poi sale sul palco e comincia a cantare, come se quello che era appena successo fosse normale e all’ordine del giorno.
In città arrivavano spesso compagnie artistiche e nel 1910 una di queste ingaggiò il fratello Clarence come comico, inserendo anche la sorella Bessie come ballerina di tip tap. In queste circostanze conobbe Ma’ Rainey, famosa cantante blues che, oltre a insegnarle tutti i trucchi del mestiere, la mise per la prima volta sul palco come cantante e ne fece la sua amante.
Molte scene del film, in particolare quelle che riguardano questo primo periodo della carriera di Bessie, ci permettono di leggere come negli anni Venti del secolo scorso la condizione degli afroamericani, imposta dai bianchi anche in campo artistico, tendesse a spingerli verso una sottomissione priva di contraddittorio. Il test del sacchetto ne costituisce la testimonianza più significativa: nei casting per gli show si avvicinava al volto dell'aspirante performer un sacchetto di carta marroncino e se il colore del volto era più scuro il candidato veniva automaticamente scartato.
Ben presto la giovane riuscì a mettere in ombra la sua mentore e si mise in proprio. Così iniziò una carriera che la vide divenire in breve tempo l’ “imperatrice del blues”. Dietro le quinte degli spettacoli, però, la sua vita fu segnata dal tormentato rapporto con suo marito Jack Gee. Infatti, nonostante Bessie fosse una donna molto forte e sicura di sé, il maschilismo e il razzismo dell’epoca non le permettevano di ribellarsi agli abusi e ai maltrattamenti di quest’uomo, che si legò a lei per sfruttarla il più possibile economicamente.
Per una donna afroamericana che non faceva sconti né ai bianchi del sud né a quelli del nord, la carriera nello show business avrebbe potuto essere più difficile che per altre. Bessie aveva però dalla sua parte una seduttività vincente che la vedeva attiva anche sul piano sessuale, sia con uomini che con donne. Le sue canzoni poi non erano quasi mai 'solo' canzoni ma manifesti di una condizione socio/esistenziale. Infatti, possiamo vedere in una scena del film, come l’artista non si facesse intimorire dalla sua condizione di donna afroamericana, rispondendo a tono e in maniera intelligente alle provocazioni di alcuni borghesi bianchi di New York che si definivano progressisti, ma non perdevano occasione per sminuire gli afroamericani.
Su tutto domina un'infanzia da orfana e il tormentato rapporto con la figura sostitutiva di quella materna. Bessie sentì così con forza l'esigenza di una maternità propria che la natura le negò spingendola all'adozione. Anche questa opzione però non si rivelò risolutiva a causa delle continue liti col marito. In seguito infatti le tolsero la custodia del bambino.
Se durante gli anni Venti la sua musica spopolò ed ebbe gran seguito, perché il blues avvicinava i bianchi e i neri abbattendo barriere, presto però i gusti del pubblico presero un'altra piega. Negli anni Trenta la moda musicale cambiò e gli affari per la cantante cominciarono ad andare sempre peggio. Il declino di Bessie Smith fu in parte conseguenza della crisi economica e del crollo di Wall Street, che nel biennio 1930-31 mise in ginocchio il mercato dei Race Records e cancellò le attività artistiche in cui la cantante era cresciuta. Solo nel 1933 John Hammond, produttore che scoprì anche la magnifica Billie Holliday, la volle per un’incisione destinata al mercato britannico. Nella scena del loro primo incontro possiamo notare la grande ammirazione che il giovane Hammond nutrisse per l’artista e la diffidenza di quest’ultima nei confronti dell’ennesimo uomo bianco che sembrava volesse solo sfruttarla.
Grazie a questa incisione, Bessie Smith tornò in studio più volte per collaborare con diversi artisti jazz internazionali e a girare con piccole compagnie. Il finale del film non coincide con la fine della vita della cantante. Infatti, l’ultima scena mostra Bessie in compagnia di Richard Morgan, il suo vecchio contrabbandiere di gin che intanto era diventato suo marito. La coppia è seduta a guardare le colline all’orizzonte nelle campagne del Mississippi e a domandarsi cosa ci sia oltre. Sembra come se l’intenzione della regista, attraverso questa scelta, fosse quella di rendere immortale l’artista e la sua eredità musicale, rappresentata dalle numerose esibizioni live all’interno della pellicola.
Nella realtà invece, il 26 settembre 1937 si compì il suo tragico destino. Era in macchina sulla strada che portava a Clarksdale, sul Delta del Mississippi, con alla guida suo marito. Si scontrarono con un grosso camion e per lei non ci furono speranze: Bessie Smith morì dissanguata durante il tragitto verso l’ospedale mentre tutti gli altri rimasero illesi.
Per diversi anni fu messa in giro la voce, avvalorata da attivisti politici e anche da Janis Joplin, che la cantante fosse morta a causa dell’odio razziale e che il personale infermieristico bianco si fosse rifiutato di curarla per la sua pelle nera. Più tardi si è appurato che era stata prelevata in ritardo dall’ambulanza e trasportata direttamente all’ospedale per gente nera, dove non era giunta in tempo perché si trovava lontano dal luogo dell’incidente, che invece era vicino a un ospedale per gente bianca. Quindi anche svelando la verità, la situazione non cambia molto. Per quasi quarant’anni anni la cantante non ebbe una lapide sulla sua tomba perché il marito si dichiarò nullatenente. Venne anche fatta una colletta, ma lui si intascò i soldi raccolti e scappò.
Solo nel 1970, grazie a una sua vecchia amica e all’adorazione di Janis Joplin (che continuava a dire agli amici di voler saldare un misterioso debito), Bessie ebbe la sua lapide, nel cimitero di Mount Lawn, in Pennsylvania. Su questa vi è incisa la frase: “La più grande cantante blues del mondo non smetterà mai più di cantare.”
Bessie Smith è stata una musicista che ha segnato un’epoca e illuminato tante artiste che l’hanno seguita. Un temperamento e un’intimità controversa che hanno fatto da base all’espressività, alla potenza e alla sua forza interpretativa. Per il suo repertorio ripescò melodie tratte dalla ricca tradizione afroamericana, rielaborandole attraverso il filtro della sua forte personalità. Il suo consenso di pubblico fu inaspettatamente trasversale negli stati meridionali dove era molto apprezzata anche dal pubblico bianco.
Film come “Bessie” ci permettono non solo di riscoprire un repertorio musicale che rischia di perdersi col tempo, ma anche di conoscere le storie di artisti che, attraverso la loro musica e alla loro forte personalità, hanno aperto la strada a una lotta civile continuata per tutto il secolo scorso e che è ancora oggi necessaria per abbattere le discriminazioni.