“Into the Wild” e il rapporto tra l’uomo e la natura

Maria Antonietta Bertacco

Il rapporto tra uomo e natura può essere considerato sotto diversi aspetti, perché questa, per l'uomo, funge da habitat, fonte di nutrimento, di energia, di armonia e pace, ma anche di pericolo. Questo rapporto, però, è cambiato nel corso della storia. L’antropocentrismo infatti ha portato ad assoggettare la natura sempre di più, anche nel caso delle politiche ambientaliste.

Nonostante ciò, negli ultimi anni si sta facendo sempre più strada la consapevolezza che l’uomo sia parte integrante del sistema natura e non a dominio di esso. In particolare, nei giovani si sta diffondendo anche la necessità di avvicinarsi maggiormente alla natura autentica e selvaggia e di allontanarsi dalla società (più artificiosa e avida). Tra loro ci sono diversi artisti contemporanei che incarnano al meglio questo sentire comune, come Jon Krakauer e il suo Nelle terre estreme (1996) trasposto al cinema con Into the Wild (2007), diretto da Sean Penn.

 

1. Into the Wild

2. Rapporto tra uomo e natura

3. La Wilderness

4. L'uomo è natura

5. Sitografia

 

1. Into the Wild

Una storia di vita emblematica del bisogno dell’uomo di ritrovare un rapporto più stretto e intenso con la natura è raccontata dal libro Nelle terre estreme di Jon Krakauer, pubblicato nel 1996, e dal suo adattamento cinematografico Into the wild, diretto da Sean Penn e uscito nel 2007. 

Si tratta del racconto della vita del ventiduenne americano Christopher McCandless, un promettente neolaureato di famiglia borghese nei primi anni ‘90. La sua inquietudine, dovuta sia al complicato rapporto con la famiglia sia all’influenza delle letture di autori come Thoreau e London, ma anche la sua volontà di separarsi da una società capitalista, lo portano a girovagare per due anni nell’occidente degli Stati Uniti e nel Messico settentrionale. Krakauer presenta il giovane come una figura ascetica che intraprende una vita da nomade alla ricerca di se stesso. Il suo viaggio si conclude in Alaska, dove infine muore per aver mangiato delle bacche velenose.

Christopher McCandless

Il viaggio di Christopher è caratterizzato da un sincero disprezzo verso il denaro (emblematica la scena del film nel quale lo brucia) e soprattutto da un profondo odio verso la società consumistica e capitalistica del ventesimo secolo. Chris all’inizio del suo viaggio vede l’uomo come un essere dormiente, offuscato dalla sua continua ricerca dei beni materiali che lo appagano dandogli l’illusione della felicità. Con il passare del tempo, sia a causa del suo progressivo distacco dalla società e, contemporaneamente, del suo avvicinamento alla natura, diventa un vero e proprio misantropo.

All’inizio del suo viaggio decide di cambiare identità con lo pseudonimo di Alexander Supertramp, spinto dal desiderio di libertà assoluta e alla ricerca di se stesso. Durante il suo tragitto verso l’Alaska incontra tanti personaggi che gli lasciano qualcosa e lo segnano nel profondo: una coppia hippie dai sani principi gli fa da seconda famiglia; un giovane trebbiatore del South Dakota gli permette di lavorare per un periodo nei suoi campi; Tracy, una giovane cantante hippie si invaghisce di lui; infine, Ron, un anziano veterano chiuso nei suoi ricordi gli procura tutto il necessario per andare in Alaska. Così Chris la raggiunge e si immerge nella sua natura con un’emozione indescrivibile

Si rende così conto che la felicità non è nelle cose materiali ma nei sentimenti e nei rapporti con gli altri, con se stesso e con la natura. Passati cinque mesi di vita estrema nelle terre selvagge, alloggiando in un vecchio autobus abbandonato e nutrendosi di carne di animali e bacche, Chris decide di tornare a casa. In questo periodo sembra aver raggiunto una pace interiore e sembra esser pronto a rientrare nella società e a riabbracciare la sua famiglia. Proprio quando decide di porre fine al suo viaggio, mangia per errore delle bacche velenose che lo porteranno a una lenta e dolorosa morte. A questo punto scrive su un libro che aveva vicino in quel momentola felicità è vera solo quando è condivisa”, rimettendo in discussione tutte le sue scelte passate.

Christopher McCandless

Per quanto riguarda l’adattamento cinematografico, il regista di Into the Wild è stato in grado di raccontare con semplicità la storia del ragazzo senza farlo apparire come un eroe moderno. Sean Penn infatti non riporta la vicenda seguendo un ordine cronologico, ma facendo continuamente uso di flashback. L’intenzione è stata quella di restare il più possibile fedele a quello che Chris McCandless ha fatto, visto e pensato. Un’impostazione che ha anche influenzato lo stile del film, mescolando immagini di grande bellezza, come paesaggi mozzafiato, con un realismo più crudo, quasi come se fosse un documentario.

Il regista voleva dare al film un tono e un’atmosfera che lo rendessero il più vero possibile, mescolando attori e non-attori, e utilizzando per gli esterni i luoghi autentici del viaggio di Chris. La pellicola viene raccontata esclusivamente dalla sorella del protagonista, Corinne McCandless, che ripercorre la vita del fratello sia nei momenti prima della laurea sia durante il suo viaggio, citando anche alcune frasi tratte dai libri preferiti di Chris. Invece, l’autore del libro, per narrare la storia, utilizza articoli di giornali e interviste, includendo anche alcune esperienze personali - in contrapposizione al film che si concentra esclusivamente sul protagonista.

La colonna sonora del film è, oltre a essere un vero e proprio capolavoro, il primo album da solista di Eddie Vedder, frontman dei Pearl Jam: grazie al brano “Guaranteed” (2007) Eddie si è anche aggiudicato il Golden Globe per la Migliore Canzone Originale. Vedder incise da solo 11 brani brevi, ma arrangiati con grande efficacia. Su tutti spicca “Society” (2007), il cui testo potrebbe sembrare scritto di pugno da Chris McCandless. La connessione con il brano è forte, tanto che Eddie Vedder si chiede, all’interno della canzone, quale sia stato il processo che ha portato gli uomini a cedere a una società dedita continuamente all’avidità, che provoca soltanto disagi e odio tra gli uomini.

La scelta di McCandless è qualcosa di raro nella storia, dal momento che lasciare tutte quelle determinazioni di una società, all’interno della quale viveva con grande benessere, non è certamente banale. Eppure, la sottolineatura di Eddie Vedder è importante in tal senso e fa comprendere quale sia la reale natura delle cose: “finché non avrai tutto, non sarai libero”, scrive il cantante dei Pearl Jam.

Magic Bus

La necessità sempre maggiore delle persone di avvicinarsi alla natura o di allontanarsi dalla società contemporanea risulta evidente anche dal fatto che, dopo l'uscita del film, molti avventurieri amanti della natura hanno ripercorso le tappe del viaggio di Chris, per raggiungere il luogo dove il ragazzo è deceduto, quasi come fosse un pellegrinaggio per arrivare al bus dove ha vissuto i suoi ultimi mesi. Tuttavia, per molti, l’emulazione si è trasformata presto in realtà, tanto che l’impresa ha mietuto vittime e messo in pericolo tanti altri. Solo nel 2019, infatti, sono stati portati in salvo cinque turisti italiani che rischiavano di morire congelati. Il Magic Bus, come lo chiamava Chris, è stato appeso a due cavi e trasportato verso un luogo sicuro dalle autorità dell’Alaska.

 

2. Rapporto tra uomo e natura

La natura è da sempre avvertita dagli esseri umani come una forza irrazionale, affascinante e distruttiva allo stesso tempo. Nell’antichità, gli elementi e i fenomeni naturali venivano identificati con le varie divinità pagane e gli uomini cercavano di piegare al proprio volere la loro forza, esorcizzandone il terrore attraverso riti e sacrifici. Gli eventi naturali però, per quanto catastrofici, costituivano fonte di fascino e di attrazione per gli esseri umani, da sempre interessati al dominio del potere.

Durante questo primo periodo dell’umanità, l’essere umano è, nei confronti della natura, come un bambino che si rapporta con un genitore molto severo, dal quale è terrorizzato ma, allo stesso tempo, magneticamente attratto. Questa paura non ha limitato però le azioni dell’uomo, anzi, lo ha spronato a comprendere sempre di più la natura e a cercare di spiegare le sue dinamiche, attraverso leggi scientifiche sempre più precise e rigorose.

Natura inquinata

Da qui, il tentativo del genere umano di assoggettare la natura: il progresso scientifico si sviluppò fino a sfociare, nell’Ottocento, nella rivoluzione industriale. La potenza della natura venne utilizzata dall’uomo per il proprio profitto e si arrivò anche ai tentativi di andare oltre la natura stessa. 

Gli autori del Romanticismo utilizzarono un termine per esplicare questo tentativo dell’uomo di superare le forze della natura: sublime, ovvero un dualismo tra la tacita ammirazione di fronte all’immensa potenza naturale e la volontà di agire per oltrepassare quel limite, che si presentava tendente all’infinito

Anche se i Romantici ritenevano inutile il progresso scientifico, in quanto vano tentativo di superare i limiti naturali, avevano comunque compreso l’impulso che spingeva gli scienziati a oltrepassare la natura e rinchiuderla all’interno di regole fisse. Un esempio viene portato da Mary Shelley con Frankenstein (1818): nel tentativo di creare la vita, il protagonista muore, distrutto dalle conseguenze del suo gesto, cercando di dominare qualcosa di incontrollabile.

Oggi l’uomo considera la natura una fonte inesauribile per migliorare le proprie condizioni, non curandosi di distruggere un bene assai prezioso anche per se stesso, dimentica che agisce su un sistema delicato e che spesso sono proprio le sue azioni a causare catastrofi immani. 

 

3. La Wilderness

Nella cultura europea la natura è da sempre profondamente connessa all’operato umano, all’interno di un rapporto millenario piuttosto stretto e “addomesticato”. Nel continente americano invece, il concetto di natura viene più spesso inteso come qualcosa di selvaggio e autentico. Wilderness è un termine emerso in territorio americano nel diciassettesimo secolo, quando i pionieri fecero esperienza di una natura non civilizzata e non ruralizzata, ormai scomparsa da secoli in Europa, che ai loro occhi apparve desolata e desolante.

Orso natura selvaggia

Secondo la definizione di un atto emanato dal Congresso degli Stati Uniti nel 1964, per wilderness si intende una data porzione di territorio popolata di animali allo stato selvatico, in cui predomina la natura, in contrasto con le aree dove l’uomo e la sua opera hanno modificato il paesaggio. In pratica, un territorio protetto che può rappresentare una risorsa di tipo scientifico, educativo ed estetico.

Tuttavia oggi, l’idea di wilderness è strettamente associata a quella di ecologia e di ambiente, anche se ci sono diverse correnti di pensiero riguardo al fatidico rapporto tra uomo e natura. Qualcuno, infatti, afferma che si debba ragionare non soltanto in termini ambientali, con progetti di salvaguardia, ma anche economici, di sostenibilità in rapporto al mercato, riconfermando l’antropocentrismo dominante. Altri invece, sostengono che al concetto di wilderness appartienga anche un sentimento di esasperato individualismo che non esclude la misantropia, un rifiuto della società ipertecnologica, spingendo a un ritorno, ideale o fattuale, alla selva primitiva.

Ai nostri giorni, certe propensioni possono condurre a delusioni pericolose. Nella natura selvaggia non si improvvisa, come hanno dimostrato negli ultimi anni imprese di dilettanti che si sono concluse tragicamente, perché la natura autentica non perdona.

Wilderness

Il moderno concetto di wilderness parte invece dal principio di tutela: impedire il consumo di massa dell’habitat naturale, pena la sua irrimediabile trasformazione. Tuttavia, questa nuova forma di trascendentalismo non è contraria all’utilizzo degli spazi protetti e non esclude a priori la caccia. Le convinzioni anti-caccia e la scelta di un animalismo vegetariano sono, in realtà, estremamente in disaccordo con il pensiero wilderness, che in questo si distacca dal pensiero ecologista e le considera inadeguate, postmoderne e artificiose. Inoltre, ricreare artificialmente un ambiente selvaggio potrebbe risultare una contraffazione, trasformare la natura in uno spettacolo mummificato o in una sua patetica caricatura a uso del turista. 

 

4. L’uomo è natura

La nozione di natura è quindi cambiata nel corso della storia: da antagonista da conquistare nell’antichità si è arrivati a concepirla, almeno in teoria, come sistema di cui fa parte anche l’essere umano. La natura è preziosa per l’umanità, come vediamo nella storia di Chris, non solo per lo sfruttamento pratico delle sue risorse, ma anche come mezzo per riconnettersi alla sua vera essenza naturale. L’uomo, però, deve realizzare che essa è una forza indipendente e autogestita e qualunque azione umana volta a dominarla sarà seguita da fenomeni naturali che ristabiliranno l’equilibrio. Di conseguenza l’uomo dovrebbe contribuire sempre di più in maniera pragmatica (e non solo a parole) a preservarla e impedirne la trasformazione esclusivamente a vantaggio di se stesso.

 

5. Sitografia

Eddie Vedder: la storia di Society, colonna sonora del film Into the Wild, su r3m.it, (data ultima consultazione: 11/10/2022)

Eddie Vedder e la colonna sonora di Into The Wild, su stonemusic.it, (data ultima consultazione: 11/10/2022)

Filosofia selvatica. Una rivisitazione del pensiero Wilderness, su scienzaefilosofia.com, (data ultima consultazione: 11/10/2022)

Into the Wild: l’isolamento del misantropo come ritorno allo stato di natura di Rousseau, su ilsuperuovo.it, (data ultima consultazione: 11/10/2022)

Into the Wild - Nella natura selvaggia, su spacetravelers.com, (data ultima consultazione: 11/10/2022)

Into the Wild: Ritorno alla Natura o Separazione Fatale Dalla Propria Natura?, su ilsapere.org, (data ultima consultazione: 11/10/2022)

Into the Wild - Soundtrack, su lifegate.it, (data ultima consultazione: 11/10/2022)

Nelle terre estreme, su web.archive.org, (data ultima consultazione: 11/10/2022)

Wilderness e Umanesimo, su rivistanatura.com, (data ultima consultazione: 11/10/2022)