Maria Antonietta Bertacco
Il 15 gennaio 1929 nasce ad Atlanta, capitale della Georgia, Martin Luther King, uno dei maggiori leader del movimento dei diritti civili degli afroamericani. Attivista, politico e pastore protestante, si è sempre esposto in prima persona per abbattere ogni tipo di pregiudizio etnico nella società americana degli anni cinquanta e sessanta, predicando la resistenza non violenta, come alternativa più valida e sicura alla rassegnazione passiva e alla reazione violenta. A lui sono state dedicate diverse produzioni artistiche e culturali, tra cui biografie, film, discorsi pubblici, monumenti. Tra questi citiamo il film Selma - La strada per la libertà.
Particolarmente rilevanti nella sua lotta per i diritti civili sono state le tre marce di protesta da Selma a Montgomery, in Alabama, nel marzo del 1965, esplose come una delle tante manifestazioni per il diritto di voto degli afroamericani negli stati del sud, dove allora non avevano alcun rappresentante nei seggi e nei tribunali.
La prima marcia ebbe luogo il 7 marzo 1965, data poi nota come Bloody Sunday (domenica di sangue), perché i 600 attivisti che stavano marciando furono attaccati dalla polizia armata di manganelli e gas lacrimogeni, mentre attraversavano il ponte Edmund Pettus. La seconda, avvenuta il martedì seguente, venne definita il Turnaround Tuesday (il martedì dell'inversione di marcia), perché i 2500 manifestanti tornarono indietro dopo l'attraversamento dello stesso ponte, dopo un accordo con le autorità. Dopo l’assassinio per mano dei segregazionisti di James Reebs, pastore bianco di Boston che aveva partecipato alla seconda marcia, il giudice federale Johnson si espresse in favore dei partecipanti, riconoscendo che il Primo Emendamento della Costituzione degli Stati Uniti sanciva loro il diritto a manifestare e che non poteva essere abrogato dallo stato dell’Alabama. Così, domenica 21 marzo, circa 8000 persone iniziarono la marcia e nel corso dei giorni successivi si aggiunsero sempre più manifestanti, scortati da circa 4000 tra poliziotti, soldati, agenti dell’FBI e dell U.S. Marshall. Arrivarono a Montgomery il 24 marzo e all’Alabama State Capitol il 25, quando ormai erano in 25000. Lì Martin Luther King tenne uno dei suoi discorsi più intrisi di ispirazione e speranza.
Una rievocazione di questi eventi trova spazio nel film Selma - La strada per la libertà, uscito nel 2014, diretto da Ava DuVernay, la prima donna afroamericana ad aver ricevuto una nomination ai Golden Globe e al Critics Choice Awards come miglior regista, proprio per questo film. Brad Pitt e Oprah Winfrey sono gli illustri e influenti produttori della pellicola e David Oyelowo è l’attore britannico di origini nigeriane che interpreta magistralmente l'attivista Martin Luther King, portando alla luce l’essenza del suo personaggio. Nel ricreare la voce parlante di King, Oyelowo resiste all’utilizzo di ghirigori predicatori, tipici delle sue prediche, conservando quelle cadenze per le effettive scene di discorso. Viene messo in risalto un King piuttosto stanco di tutto il peso dei movimenti sulle spalle, ma che poi va a unire questa stanchezza al senso di sfida, all’umorismo, alla forza e all’intelligenza strategica. Ne esce il ritratto di un uomo complesso e imperfetto, la cui fede lo salva dalla totale disperazione.
In Selma incontriamo per la prima volta il King di Oyelowo nel dicembre del 1964, cercando di sistemarsi la cravatta in una stanza d’albergo a Oslo, mentre si prepara a ricevere il Premio Nobel per la Pace. King è preoccupato di sembrare un po’ “sballato” ma a bilanciare le sue turbe interviene sua moglie Coretta. Mentre ascoltiamo King parlare dei “perduti la cui morte spiana il nostro cammino”, la regista Ava DuVernay taglia la scena con una commovente evocazione dell’attentato alla chiesa di San Battista (avvenuto un anno prima, nel 1963) che uccise quattro bambine, passando poi ad Annie Lee Cooper, interpretata da Oprah Winfrey, cittadina di Selma, a cui viene negato in maniera beffarda il diritto di voto da un arrogante impiegato suprematista. Così, in maniera compatta ed economica, DuVernay introduce il suo film: con una giustapposizione di intimità familiare e violenza istituzionale, tensione tra vita personale e vita politica e sempre viva interazione tra storia e contemporaneità.
Le scene seguenti mostrano Martin Luther King alla Casa Bianca, dove chiede al Presidente di promuovere una legge che vada a bandire le pratiche di voto discriminatorie. Tom Wilkinson interpreta un Lyndon B. Johnson, trentaseiesimo Presidente degli Stati Uniti, piuttosto irritato dalla richiesta di King e sostiene che il diritto è già “tecnicamente” sancito dal Civil Rights Act, “my proudest moment” (il mio momento pieno di orgoglio, ndr). Senza alcuna promessa di sostegno dai corridoi del potere, King se ne va, determinato a portare la battaglia per le strade di Selma.
In seguito, Selma accende i riflettori proprio su queste strade, dove si consuma la battaglia per i diritti tra la comunità discriminata e le autorità: King viene preso a pugni in faccia non appena giunge a Selma; alcune donne sono picchiate e arrestate (famosa è la foto di Cooper mentre viene malamente trattenuta da quattro poliziotti); molti giovani ragazzi vengono colpiti a bruciapelo dalle autorità (la morte di Jimmy Lee Jackson viene ricostruita in maniera spaventosa nel film); poliziotti a cavallo, armati di manganelli e gas lacrimogeni, caricano la folla in un bagno di sangue sul ponte Edmund Pettus, riservandoci una scena di grande ispirazione frutto del direttore della fotografia, Bradford Young.
Selma è un film pieno di emozione, che punta a suscitare rabbia, tristezza e ispirazione negli spettatori, a volte anche nella stessa scena, a sottolineare che umorismo e dolcezza non hanno qui il compito di ammorbidire gli orrori commessi, cedendo il passo al politicamente corretto. È un film dal quale possiamo continuamente trarre ispirazione, per portare avanti ancora oggi la marcia di Martin Luther King e la sua lotta a favore dei diritti civili. Film come Selma tengono viva la fiamma della lotta alla discriminazione della comunità afroamericana e di colore in generale, memori dell’impegno civile di personalità come King e Parks, eredità oggi raccolta dal recente movimento internazionale e intersezionale Black Lives Matter (#BLM).