Susanna Luppi
Joseph Beuys è tra gli artisti più significativi e atipici del XX secolo, difficilmente classificabile all’interno di una sola corrente artistica e più volte accostato al Minimalismo, alla Performance e al Concettuale.
Di origine tedesca, Beuys è interessato al potere antropologico dell’arte e cerca un rapporto di collaborazione col prossimo attraverso una poetica imperniata sul rapporto tra uomo e natura, dai tratti sciamanici e intimisti. In questo senso, spicca I like America and America likes me (1974), performance in cui per tre giorni l’artista ha condiviso una stanza con un coyote in cattività. Se questa esperienza si fa veicolo per eccellenza di un sottotesto saturo di implicazioni politiche e ambientali, l’azione impegnata di Beuys prosegue nel tempo, evolvendosi in scultura, atti partecipativi e sperimentazioni con il gruppo Fluxus.
Alcuni episodi della vita di Joseph Beuys, prima del suo approccio all’arte performativa, sono motivo di speculazione poiché sembrano architettati per dare un’interpretazione quasi mitologica alla nascita del Beuys artista. In tutti i casi, iniziamo dal principio.
Joseph Beuys, nato il 12 maggio 1921 a Krefeld (Germania), manifestò fin da giovane interesse per le arti musicali (suonava il violoncello e il pianoforte) e pittoriche (visitava frequentemente lo studio di Achilles Moortgat, pittore e scultore fiammingo).
Anche la scienza lo affascinava, tanto che durante il Bücherverbrennungen di Kleve (rogo di libri organizzato dai nazionalsocialisti a Kleve nel 1933, ndr.) si dice che avesse rimosso dalle fiamme Systema Naturae di Carl von Linné. Tuttavia, non mancò un avvicinamento alle file del Terzo Reich e il 1936 sancì l’ingresso dell’artista nella Gioventù Hitleriana.
Negli anni successivi fece parte della Luftwaffe (forze aeree militari tedesche) dove fu inizialmente reclutato come operatore radio e, in seguito, come pilota di bombardiere in picchiata. L’esperienza della guerra turbò profondamente Beuys, sia sul piano fisico che psicologico: l’artista riportò cinque ferite gravi e fu internato per nove mesi in un campo di prigionia britannico a Cuxhaven, esperendo in prima persona l’orrore della guerra e l’abominio del pensiero nazista.
In seguito, Beuys riconobbe lucidamente l’atroce gratuità di quel conflitto, contrapponendolo al significato di guerra (polemos) del pensiero eracliteo, secondo cui “Polemos è il padre di tutte le cose”, da intendersi in relazione alla dottrina dei contrari: il conflitto sta alla base di ogni cosa poiché regola il rapporto di interdipendenza tra due concetti opposti.
“I suppose this is what Heraclitus meant when he said ‘War is the father of everything’. But this war had a different meaning. It was a totally alienated and ignoble struggle of brute force and vested interest.” (Tisdall, C., Joseph Beuys, p. 12)
Un evento in particolare fece da spartiacque nel pensiero di Beuys: l’incidente aereo avvenuto nel 1943. Durante un’operazione militare in Russia, l’aereo dell’artista fu abbattuto e si schiantò sul fronte di Crimea, nei pressi di Znamianka, allora Freiberg Krasnohvardiiske Raion. E qui, il Beuys nazista resta seppellito tra i rottami del suo areo mentre il Beuys artista prende simbolicamente vita attraverso un rito di guarigione e rinascita spirituale che si tramuterà in vero e proprio mito delle origini. In seguito alla caduta, sostiene infatti di essere stato salvato da un gruppo di nomadi tartari, i quali lo avrebbero ricoperto di grasso animale e avvolto in pelli di feltro, antiche pratiche della loro medicina tradizionale:
“I remember voices saying 'Voda' (Water), then the felt of their tents, and the dense pungent smell of cheese, fat, and milk. They covered my body in fat to help it regenerate warmth, and wrapped it in felt as an insulator to keep warmth in." (Tisdall, C., Joseph Beuys, p. 13)
Il grasso e il feltro saranno in futuro due elementi chiave della poetica di Beuys, da interpretare nella loro funzione di atti salvifici in grado di rivoluzionare la società.
La cifra stilistica che accompagna Joseph Beuys nella sua evoluzione artistica va via via definendosi attraverso l’uso di materiali non convenzionali per affrontare questioni di dominio collettivo (come umanesimo, filosofia sociale e antroposofia), ma pur sempre filtrata dal vissuto personale dell’artista.
In grado di racchiudere i detti elementi è sicuramente I like America and America likes me (1974), performance tra le più celebri a livello mondiale.
Avvenuta presso la René Block Gallery di Soho (New York), l’esibizione – nota anche con l'epiteto Coyote – vide l’artista condividere una stanza chiusa da inferriate (trasformata dunque in cella) con un coyote selvatico. Fin da subito, è chiaro che la performance va interpretata come un rituale.
Essa inizia infatti in aeroporto, quando Beuys fu avvolto in coperte di feltro e trasportato alla galleria su un'ambulanza a sirene spiegate. Giunto alla gabbia, l’artista entra accompagnato dai suoi canonici oggetti (il bastone da passeggio e la coperta di feltro) con l’aggiunta di un triangolo musicale. Intanto, la Block era stata accuratamente preparata: una recinzione metallica divideva l’area, trasformandola in una spaziosa gabbia; nell'angolo più a sinistra stazionava un letto di paglia e, sparsi nel locale vi erano alcune copie del Wall Street Journal, una torcia accesa, due coperte di feltro e un recipiente per l'acqua.
Beuys trascorse tre giorni, per la durata di otto ore ciascuno, nella gabbia e riuscì in modo molto naturale a stabilire una comunicazione con l’animale, senza incidenti di percorso. Gesti tanto semplici quanto simbolici, come lanciare ripetutamente guanti di pelle, o il suono cadenzato del triangolo, hanno creato una dinamica di scambio che ha suscitato l’interesse di entrambe le parti. Alcune volte, bastava che si avvolgesse nel feltro per destare l’interesse del coyote. Altre volte si scambiavano sguardi perplessi. Altre ancora i due riposavano sul pavimento, distanti, ma in pace. Una famosissima fotografia ritrae l’uomo e il coyote assorti nel guardare fuori da una bassa finestra, l’uno accanto all’altro tra le sterpaglie del letto di paglia. Al termine della performance, Beuys, ancora avvolto nel feltro, ritornò a casa nello stesso modo in cui era venuto.
Il rito compiuto da Beuys alla René Block è un gesto terapeutico e sciamanico, una scultura sociale attraverso cui tenta di guarire le ferite psichiche della società occidentale.
Questa era l’epoca della guerra del Vietnam, ennesima bruttura umana che divideva il suolo statunitense in sostenitori e contrari, trascinando con sé un disorientamento culturale.
Un paese la cui coscienza era già compromessa dal popolo bianco che opprimeva da secoli le popolazioni indigene, immigrate e minoritarie. Da qui, la scelta del coyote.
Mitologicamente e biologicamente, il coyote è un sopravvissuto e un esempio di cambiamento evolutivo. Particolarmente caro ai nativi, nel coyote confluiscono innumerevoli racconti, tutti differenti, ma in grado di tessere un comune mito della creazione.
In sostanza, è il simbolo di un’identità ancestrale condivisa.
Per i nativi, il coyote è innanzitutto un trasformatore, un agente di cambiamento che porta ordine nel caos e caos nell'ordine. È uno spirito trickster, amante dello scompiglio, ma non dei confini. Nelle tradizioni del Nord America occidentale il coyote ricopre il doppio ruolo di eroe culturale e di imbroglione. Le sue connotazioni sono estremamente sfaccettate, tanto da assimilare in un unico animale caratteri che nel retaggio occidentale appartengono a diverse divinità (dalla dualità di Loki all’insegnamento prometeico).
Mentre i coloni occidentali hanno sempre visto il coyote come un “intruso”, un predatore aggressivo da sterminare, Beuys ha saputo leggere l’animale, identificandolo con lo spirito delle popolazioni native. In questo senso, l'America doveva fare i conti con il coyote per alleviare il suo trauma. Stando alle parole del critico David Levi Strauss, Beuys ha cercato di affrontare nella società americana “lo scisma tra l’intelligenza nativa e i valori meccanicistici, materialistici e positivisti europei”.
A un livello ancora più sottile, il titolo I Like America and America Likes Me, Beuys rivelava sia un debito con lo slogan pubblicitario dell’Uncola, sia la consapevolezza della sinistra cordialità con cui l’America accoglie gli stranieri sulle sue coste.
Nella sua performance, Beuys utilizza un sistema linguistico di sua creazione, relativo alle proprie idee metafisiche altamente individualizzate. Per comprendere la sua opera è necessario uscire dalla gabbia formale, e considerarla nella sua totalità, analizzando la complessità delle sue articolazioni, dall’attenzione per il sociale alle implicazioni spirituali, in modo da comprendere la vera motivazione del suo agire e la finalità della sua arte.
È una luce inafferrabile, distante ma rassicurante, come il tocco di uno sciamano.
Come un’utopia.
“Se vogliamo ridefinire e riformare la società, bisogna tenere a mente quest’idea – ossia, che ogni opera deriva dall’arte –, perché inciderà anche sulle questioni economiche, toccando i diritti umani e legali." (J. Beuys, Cos’è l’arte? p. 19)
Poli, F. (a cura di), Arte Contemporanea. Le ricerche internazionali dalla fine degli anni ‘50 a oggi, 2013, Electa;
Beuys, J., Harlan V. (a cura di) Cos’è l’arte?, 2015, Castelvecchi;
Tisdall, C. (a cura di), Joseph Beuys, 1979, New York, The Solomon R. Guggenheimn Foundation, consultabile in archive.org (data di ultima consultazione: 05/05/24);
Kerenyi, K., "The Trickster in Relation to Greek Mythology," in Radin, P., The Trickster: A Study in American Indian Mythology, 1972, New York;
Dreiss, J., Joseph Beuys, Arts Magazine 1974-09: Vol 49 Iss 1, in archive.org (data di ultima consultazione: 05/05/24);
Chi è Joseph Beuys? in beuys.abaq.it (data di ultima consultazione: 05/05/24);
La rivoluzione siamo noi in artecinema.com (data di ultima consultazione: 05/05/24);
When Joseph Beuys locked himself in a room with a live coyote in artsy.net (data di ultima consultazione: 05/05/24);
Joseph Beuys in coppejansgallery.be (data di ultima consultazione: 05/05/24);
American Beuys "I Like America & America Likes Me" in neugraphic.com (data di ultima consultazione: 05/05/24);
100 anni dalla nascita di Joseph Beuys. Le 10 opere più note dell’artista in artribune.com (data di ultima consultazione: 05/05/24).
Foto 1 da proa.org
Foto 2 da artecinema.com
Foto 3 da ekphrasis.it
Foto 4 da austinfitmagazin.com