Claudio Ciccotti
Era il 19 novembre del 1919 quando la Shakespeare and Company aprì i battenti per la prima volta a Parigi nella Rue Dupuytren, 8. A fondare quella che sarebbe diventata un simbolo della Francia avanguardista per gli artisti americani espatriati fu una donna: Sylvia Beach.
Nancy Woodbridge Beach (questo il suo vero nome) nacque nel 1887 nel Maryland. Secondogenita di tre figlie, Sylvia trascorse i primi anni della sua vita tra i luoghi natali e il New Jersey, trasferendosi poi con la famiglia in Europa e viaggiando spesso per seguire il padre nei suoi incarichi di reverendo presbiteriano.
Nel 1901 la famiglia si trasferì per qualche anno in Francia. Sylvia decise di tornare in Europa altre volte, anche lavorando per la Commissione Balcanica della Croce Rossa. Si trasferì definitivamente in Francia nel 1926 per studiare letteratura francese.
Quella dell’arrivo di Sylvia era la Parigi del fermento artistico e culturale, dell’avanguardia poetica e pittorica. Era la Parigi del surrealismo, del movimento dada, di Gertrude Stein e della compagna Alice B. Toklas, ma anche di Hemingway, Joyce, Picasso, Modigliani, Matisse, Fitzgerald, Gide e Pound.
Per Sylvia Beach fu però anche la Parigi del primo incontro nel 1917 con Adrienne Monnier, la prima donna ad aver aperto una libreria tutta sua in cui fosse concesso il prestito dei libri: La Maison des Amis des Livre. L’intesa con la proprietaria della libreria di rue de l'Odéon, 7 fu immediata. L’una estimatrice dell’America; l’altra innamorata della Francia, che l’aveva accolta come seconda patria.
L’aspetto di Sylvia nascondeva la sua vera indole: la sua forza e il suo coraggio avevano come casa una figura abbastanza piccola e composta. Adrienne invece era sensuale e formosa, amante della cucina e delle gonne. Le due diventarono ben presto amiche e poi amanti per 36 lunghi anni.
Nella libreria di Adrienne erano spesso ospiti artisti che in quegli anni attiravano le attenzioni della critica e del pubblico tra cui André Gide, Paul Valéry e Jules Romains. La stessa Sylvia partecipava agli incontri aperti al pubblico tenuti da questi importanti artisti che nel corso del tempo diventarono suoi amici. Proprio in quegli anni maturò dentro di lei l’idea di poter realizzare in America un progetto parallelo a quello della libreria della sua compagna. Perché non aprire a New York una libreria dedicata alla letteratura francese? Gli affitti estremamente cari per il suo budget di partenza le impedirono di perseguire quell’ambizione ma, spronata da Adrienne, non rinunciò completamente al progetto. Con in sottofondo le note degli spettacoli del teatro di Parigi in Rue Dupuytren, fu inaugurata la Shakespeare and Company.
Quella di Sylvia non era solo una libreria, ma anche centro culturale e artistico, oltre che biblioteca da cui poter prendere in prestito i pezzi della ricca collezione angloamericana esposti. A vegliare sulle buone sorti dell’attività c’era la sagoma del drammaturgo inglese, rappresentato sull’insegna della libreria, diventata nel frattempo il punto di riferimento e rifugio artistico di molti intellettuali del tempo.
Impossibile non lasciarsi ammaliare dai modi gentili della padrona di casa. Lo stesso Hemingway fu colpito dalla sua generosità quando si ritrovò a portare a Hadley un po’ di libri che Sylvia gli aveva concesso in prestito. Quel giorno lui non aveva abbastanza soldi per unirsi ai tesserati della libreria:
“Sylvia had a lively, sharply sculptured face, brown eyes that were as alive as a small animal's and as gay as a young girl's... She was kind, cheerful and interested, and loved to make jokes and gossip. No one that I ever knew was nicer to me.”
Galeotti furono i libri, ma la loro amicizia da allora non ebbe limite. Sylvia credeva nel temperamento e nella decisione da scrittore mostrata da Hemingway. Insieme, con Hadley e Adrienne trascorrevano molto tempo insieme, consolidando un affetto che avrebbe portato con sé al di là di ogni ostacolo.
A fare grande il nome della Shakespeare and Company fu la censura che colpì l’America di quegli anni. La libreria di Sylvia Beach cominciò ad attirare tutte quelle personalità pellegrine che giungevano a Parigi creando una vera e propria colonia americana sulle rive della Senna. Tra questi Francis Scott Fitzgerald, che sulla copia del Grande Gatsby per Sylvia lasciò un disegno che lo ritrae seduto a un tavolo con lei, Adrienne e Joyce. Non mancò di far parte di questo circolo l’animo più sensibile dell’avanguardia parigina, Gertrude Stein, che come gesto di grande stima scrisse per Sylvia una poesia dedicata a lei e al suo negozio, intitolata Rich and Poor in English.
Nel giro di poco, i buoni affari permisero a Sylvia di valutare una nuova sistemazione per la sua libreria, nel frattempo in espansione sia per titoli esposti sia per gli incontri di lettura con il pubblico. Così nel maggio del 192, trasferì la sua attività al numero 12 di rue de l'Odéon, proprio di fronte a quella di Adrienne, con l’entusiasmo di molti suoi amici. Uno tra tutti merita una menzione a parte.
Complice una festa, nell’estate del 1920, Sylvia conobbe li lo scrittore irlandese James Joyce. Tra timidezza e reverenza verso lo scrittore, per Sylvia arrivò la possibilità di fare un salto di qualità in quanto imprenditrice, un passo in avanti nella sua carriera diventando anche editrice. L’autore in quegli anni era concentrato sulla stesura di uno dei suoi libri più celebri e controversi: Ulysses. Il futuro del libro era seriamente compromesso dalla censura e dall’impossibilità di pubblicarlo in America, dove diversi editori rifiutarono l’opera, ritenuta scandalosa e in alcune parti oscena. Nessun editore aveva il coraggio di stamparla. Anche la pubblicazione a puntate sulla rivista The Egoist fu interrotta per timore di conseguenze penali.
Beach si propose allora come deus ex-machina per lo scrittore irlandese. Avrebbe pubblicato a sue spese una prima edizione dell’Ulysses una volta terminato. Nessuna esperienza alle spalle, ma solo grande voglia di rischiare, per amore dell’arte e per amore della letteratura. Contro la censura, Sylvia decide di investire i suoi guadagni in una tiratura di mille copie di Ulysses con la voglia di pubblicarle entro l’autunno del 1921, in tre formati e supporti diversi. Cominciò così un periodo di lavoro intenso, diviso tra la pubblicazione dell’opera dell’autore irlandese e il trasloco nella nuova sede della sua libreria. Non per questo cedette: seppur con ritardo e forte sacrificio economico, Sylvia lasciò la prima copia del libro nelle mani di Joyce il 2 febbraio del 1922. La sfida più grande fu giungere oltreoceano e in questo il supporto dell’amico Hemingway fu prezioso. Grazie a lui, una copia del romanzo all’indice sbarca in America, nascosta nei suoi pantaloni.
"Sylvia carried pollen like a bee. She cross-fertilized these writers. She did more to link England, the United States, Ireland, and France than four great ambassadors combined. It was not merely for the pleasure of friendship that Joyce, Hemingway, Bryher, and so many others often took the path to Shakespeare and Company in the heart of Paris, to meet there all these French writers. But nothing is more mysterious than such fertilizations through dialogue, reading, or simple contact".
Con quel libro dalla copertina blu come il mare e come la bandiera della Grecia in bella mostra nella vetrina della libreria, iniziano gli anni più bui della Shakespeare and Company.
In breve tempo si diffuse la voce della Shakespeare and Company come casa editrice per altri libri colpiti dalla censura tanto che anche Henry Miller si presentò al suo cospetto per chiederle di pubblicare Tropico del Cancro e D.H. Lawrence fece lo stesso per la pubblicazione di L’amante di Lady Chatterley. Non mancarono le lotte alle edizioni pirata dell’Ulysses. Nel frattempo il suo impegno per la pubblicazione dell’opera non venne mai ricompensato: quando a Joyce fu offerto un contratto da 45.000 dollari dalla Random House, dimenticò completamente l’aiuto ricevuto da Sylvia fin ad allora.
A ciò si unì un forte senso di smarrimento: molti degli intellettuali che gravitavano attorno alla sua libreria tornarono in America e molti altri si allontanano per calcare la scena da intellettuali del tempo. Sullo sfondo della grande depressione, la lontananza degli amici e la vicina occupazione nazista le pagine della storia della libreria di Sylvia si tinsero di nero e l'imprenditrice cominciò a lottare seriamente per la sopravvivenza.
Il sostegno degli amici rimasti al suo fianco fu indispensabile.
Primi tra tutti André Gide: saputo che Sylvia era così in difficoltà da essere costretta a chiudere da li a poco l’attività, fondò nel 1936 gruppo di sostenitori della Shakespeare and Company chiamato proprio Friends of Shakespeare and Company. Questo gruppo di scrittori accettò di pagare una tessera dal costo di 200 franchi all’anno per poter partecipare alle attività di lettura della libreria gestita da Sylvia. Le sottoscrizioni erano limitate a 200 posti, il massimo della capienza assicurabile dalla struttura, e permisero a Sylvia di poter mantenere aperta l’attività per altri anni.
Erano però anni carichi di incertezza. A differenza di molti suoi compatrioti, Sylvia non accolse la caduta di Parigi in mano al nazismo nel 1939 fuggendo oltreoceano. Restò in Francia, nella sua libreria a vegliare con sguardo fermo e sicuro sui suoi libri anche di fronte alle guardie naziste in visita alla Shakespeare and Company. Sylvia e Adrienne dovettero affrontare freddo, censure e difficoltà economiche ma lo fecero con estremo coraggio. La stessa Sylvia racconta i suoi incontri con le guardie naziste:
The Gestapo would come and they’d say “You have a Jewish girl – you had – in the bookshop. And you have a black mark against you.” I’d say “Okay, okay.” And they said, “We’ll come for you, you know.” I always said okay to them. One day, they came. (Beach, 1959)
Di fronte alla guardia che volle comprare una copia di Finnegans Wake, il rifiuto di Sylvia Beach fu troppo oltraggioso per passare inosservato. La guardia minacciò di tornare per confiscare tutti i libri della donna e chiudere l’attività. Sylvia si fece subito aiutare da alcuni amici a trasferire i suoi libri in uno degli appartamenti sfitti al piano superiore alla libreria. Ridipinse le pareti e occultò ogni traccia dell’esistenza della Shakespeare and Company. La libreria chiuse per sempre i battenti il 14 giugno 1941.
Passò poco tempo da quell’episodio, quando Sylvia Beach fu deportata in un campo di concentramento nel settembre del 1942 ricavato in uno zoo, ma dopo pochi mesi venne trasferita a Vittel, in Francia, insieme ad altre donne inglesi e americane. Uscita dal campo di concentramento, raggiunse Adrienne in attesa della fine della guerra, tra pochi agi, comfort e soprattutto circondata da pochi affetti.
Parigi venne liberata nel 1944 e rue de l’Odeon fu una delle ultime vie a essere sgomberata dai tedeschi. Quel giorno rimase impresso nella memoria di Sylvia che sentì chiaramente una voce amica chiamarla per la strada: quella di Hemingway.
I heard a deep voice calling: Sylvia!” And everybody in the street took up the cry of Sylvia!” “It’s Hemingway! It’s Hemingway! Cried Adrienne. I flew downstairs: we met in a crash. He picked me up and swung me around and kissed me while people on the streets and in the windows cheered. (Beach:1959)
Hemingway rimase accanto a Sylvia tanto quanto bastò per essere certo che fosse salva prima di cantar definitivamente vittoria sul regime totalitario nazista. La libreria non riaprì mai ma Sylvia le dedicò le sue memorie (Shakespeare and Company, 1959), un racconto della sua biografia dall’infanzia in America fino alla chiusura del circolo letterario.
Sylvia ricevette molti riconoscimenti per la pubblicazione di Ulysses e per aver mostrato il suo supporto e incoraggiamento verso artisti e scrittori emergenti degli anni 20. Morì nel 1962, a 75 anni, nel suo piccolo appartamento sulla libreria in rue de l’Odeon, quella strada dove trovò i suoi tre grandi amori: Adrienne Monnier (morta suicida nel 1955), la Shakespeare and Company e James Joyce.
Il coraggio, la passione e la devozione verso l’arte di Sylvia Beach continuano a vivere ancora oggi in quella libreria che oggi porta proprio il nome Shakespeare and Company. A fondarla, in ricordo della Beach, è stato nel George Whitman. L’uomo, già proprietario di una libreria che aveva modellato a immagine e somiglianza della Shakespeare and Company di rue de l’Odeon, ricevette il benestare di Sylvia Beach per poter rinominare la sua attività Shakespeare and Company. Nel 1964, in occasione del 400esimo anniversario dalla nascita di Shakespeare, Whitman diede alla libreria il nome ereditato, dando inizio a quell’avventura che definì "a socialist utopia masquerading as a bookstore"
Per chi oggi volesse visitare la libreria, la tappa nel tour di Parigi è da fissare in rue de la Bucherie, 37, a Parigi, vicino la riva della Senna. Dalla morte di Whitman nel 2011, a gestire l’attività è sua figlia, Sylvia Beach Whitman, che porta con sé il nome di quella donna il cui temperamento radicale e la forza resistono allo scorrere del tempo, tra le strade di Parigi (e non solo).
In Praise of Sylvia Beach, thehemingwayproject.com (data di ultima consultazione 30/08/2021)
La libraia di Joyce nel cuore di Parigi: Sylvia Beach e “Shakespeare and Company”, turismoletterario.com (data di ultima consultazione 30/08/2021)
Jeanette Winterson remembers George Whitman, theguardian.com (data di ultima consultazione 30/08/2021)
Jeremy Mercer's top 10 bookshops, theguardian.com (data di ultima consultazione 30/08/2021)
Stepping Inside Shakespeare & Co., wordpress.com (data di ultima consultazione 30/08/2021)
Sylvia Beach’s Shakespeare & Company, A Mecca for Contemporary Literature, literarytraveler.com (data di ultima consultazione 30/08/2021)
SIlvia Beach, wikipedia.org (data di ultima consultazione 30/08/2021)
Silvia Beach, enciclopediadelledonne.it (data di ultima consultazione 30/08/2021)
Sylvia Beach's Shakespeare and Company, 1919-1941, shakespeareandcompany.com (data di ultima consultazione 30/08/2021)
Foto: pinterest.it (data di ultima consultazione 30/08/2021)