Natalie Clifford Barney

Claudio Ciccotti

Basterebbe parlare delle sue storie d’amore, del suo rifiuto verso il patriarcato maschilista per poter avere già materiale a sufficienza e parlare di una delle voci più irriverenti del panorama europeo e nordamericano a cavallo tra 1800 e 1900. Natalie Clifford Barney, però, ci ha lasciato molto altro di cui parlare. Scrittrice, commediografa e poetessa, creò un salone letterario che rappresentò un trait-d’union tra la Parigi avanguardista e gli americani espatriati, soprattutto dopo la Prima Guerra Mondiale.

La scrittrice nacque nell’Ohio nel 1876. Il padre Albert discendeva da pionieri del settore ferroviario e anche la madre Alice, ebrea, vantava origini benestanti. Lei prima del matrimonio era stata un’artista attiva per molto tempo anche in Inghilterra, ma il marito l’aveva allontanata dalla vita da pittrice dopo il matrimonio. Prima di lui, la donna era stata promessa a un esploratore, Stanley, sempre in viaggio. La sua famiglia, data l’assenza di lui e la migliore prospettiva di vita per lei con le condizioni economiche di Albert, cambiò ogni piano per la diciassettenne. Albert aveva problemi di alcolismo e lo manifestava in aggressioni costanti verso la moglie, imponendo la sua superiorità maschilista. Andò su tutte le furie scoprendo, anni dopo, una corrispondenza tra Alice e Stanley. La donna con il suo temperamento mite e servile, lo rassicurò di non aveva mai aperto le lettere di Stanley. Quelle scene potevano mettere a tacere Albert ma non lasciavano tranquilla e impassibile Natalie: tutto quello la fece crescere sempre più ribelle e con la consapevolezza che mai avrebbe accettato né di sposare un uomo né i suoi ruoli di predominanza.

L’arte ritornò al centro della vita di sua madre grazie a un incontro con Oscar Wilde nel 1882. Galeotti furono dei bulli in cui Natalie, di appena 5 anni, si era imbattuta e da cui si era salvata proprio per intervento dello scrittore irlandese che l’aveva consolata scacciando i teppisti. Questo episodio definito da Natalie “la sua prima grande avventura” fece conoscere Alice e Oscar Wilde.

Lo scrittore coinvolse la donna in un viaggio a Long Island e le consigliò di rimettere l’arte al centro della sua vita prendendola con maggiore serietà, senza curarsi del volere del marito. Detto fatto: Alice cominciò a studiare nuovamente pittura e promuovere l’arte, cercando di trasmettere questa stessa dedizione alle figlie. Anche per questo incentivò i loro studi in Francia sin da piccole, in una scuola fondata da Mare Souvestre (che ebbe poi una grande influenza anche su Eleanor Roosvelt, in Inghilterra). Questo istituto incoraggiava le giovani studentesse a pensare a se stesse come persone assolutamente indipendenti dal volere delle figure maschili, ad avere un proprio pensiero piuttosto che fare da eco alle idee dei padri o dei futuri mariti.

Natalie s’innamorò perdutamente di Parigi, imparò il francese e nel giro di pochissimo le sue abilità linguistiche furono al pari di un nativo. Quelli furono anche gli anni della consapevolezza: a 12 anni, capì di essere lesbica. Anche se non lo fosse stata -come dichiarò in seguito- vedendo il rapporto tra i suoi genitori, capì bene che non si sarebbe mai sposata.

Rifiutò i corteggiamenti di Bob, un ragazzo che le aveva proposto un matrimonio di convenienza in cui entrambi, sposati, avrebbero potuto condurre ugualmente delle vite separate in cui lei avrebbe avuto la sua protezione dalle insidie della società, ma lei rifiutò. Aveva 17 anni quando nel 1893, incontrò Eva Palmer durante una vacanza nel Maine con la sua famiglia e se ne innamorò. Tornata in Francia per le cure della sorella, insieme a sua madre, Natalie trovò una sistemazione dapprima in compagnia di Eva, poi da sola.

Divenne un nome chiacchierato a Parigi quando nel 1899 ebbe una storia con Liane de Pougy, nota per i suoi costumi semi-mondani nella capitale francese. Natalie la vide per la prima volta in una sala da ballo e decise che l’avrebbe sedotta. Da lì a travestirsi da messaggero d’amore mandato da Saffo il passo fu breve. Spirito diretto e impavido, Natalie fu subito apprezzata da Liane ma la loro storia non era destinata a durare troppo: Natalie era turbata dallo stile di vita condotto dall’amante, avrebbe voluto salvarla ma Liane era a suo agio col suo sex-work tanto quanto per Natalie era normale vivere la sua omosessualità. La rottura non impedì alle due di restare ottime amiche e Liane dopo qualche tempo pubblicò un racconto di successo, proprio sul loro amore chiamato Idylle Saphique. Tutti sapevano che il personaggio principale era ispirato a Natalie. Per quanto lei poi avesse provato a scrivere una sua versione del racconto, non trovò mai un editore disposto a pubblicarla, dietro sua stessa ammissione che il manoscritto non fosse uno dei suoi migliori pezzi. 

In generale, la sua attitudine alla scrittura fu sui generis per il tempo. Fu una scrittrice prolifica, pubblicò cinque raccolte di poesie, tre di epigrammi, due raccolte di saggi, e un romanzo nel 1930, The One Who is Legion, or AD’s After-Life (il suo unico libro in inglese), e tre libri di memorie. La sua produzione letteraria, in tutte le sue forme, si fece portavoce di diversi temi quali il pacifismo, l’omosessualità, il femminismo, e il paganesimo.

Nonostante questa florida produzione letteraria, sembrava non prendere davvero sul serio la letteratura come lavoro, come altri invece avrebbero voluto. Raramente decideva di rivedere le sue opere su indicazione degli editori, perché per lei la migliore produzione era quella che sorgeva di getto dopo l’ispirazione in un determinato momento, mentre i lavori di revisione portavano solo e soltanto all’appiattimento e alla sterilità della scrittura. Questo faceva parte dell’indole di Natalie: non era disposta a scendere a compromessi, né nella sua arte né quando si trattava di ammettere a se stessa e agli altri il suo lesbismo. Questa era una rarità per i tempi, un’attitudine di certo incentivata dal fatto che la sua famiglia fosse abbastanza agiata da permetterle uno stile di vita che non la lasciasse completamente ai margini della società e le desse ampio spazio per vivere lontana dal pregiudizio. Ciò la rese (e rende tutt’oggi) una vera e propria icona del lesbismo occidentale.

Sempre nel 1899, sua madre diede avvio a un Salone incentrato sull’incontro di pittori della scena francese che, per quanto non fu comunque tra i più celebri della capitale, fu ugualmente un importante stimolo per Natalie per comprendere come funzionasse una realtà quale quella del circolo artistico.  

Il giro di boa che portò al nuovo secolo portò con sé un nuovo amore, Renée Vivien, una poetessa simbolista di origini inglesi che si servì dell’eredità lasciatale dal padre per trasferirsi a Parigi, città nota come una delle poche in cui poter vivere la propria omosessualità senza problemi. Non fu di certo una esperienza semplice: Renée abusava di alcolici; Natalie non sapeva scendere a compromessi con la monogamia, incapace di capire perché avrebbe dovuto restare fedele solo a una compagna per volta e perché la società le imponesse necessariamente quel costume. Questo non era sinonimo di poco impegno o interesse da parte di Natalie. Quando Renée la lasciò nel 1901, non le fu facile accettare la fine della loro relazione e le servì molto tempo per riuscire a scacciare dalla mente quello che la poetessa fu per lei.

“Sappho sings in Washington!” gridarono le tesate nel 1900 quando la prima raccolta di poesia di Natalie Quelques Portraits-Sonnets de Femmes venne data alle stampe con le illustrazioni create da sua madre, per nulla interessata al sottotesto saffico. Per quanto lei non nascondesse il suo lesbismo, i suoi genitori furono comunque sorpresi dallo scoprire che lo fosse. Il padre, allertato dalla testata giornalistica, viaggiò fino a Parigi per comprare quante più copie potesse della raccolta e distruggerle. L’uomo era sempre stato turbato dallo spirito artistico della moglie e per lui con quell’episodio si andava ben oltre il tollerabile. Le donne della sua famiglia mettevano a dura prova il suo maschilismo: la figlia Laura abbracciò una religione diversa da quella che lui le aveva imposto, seguita poi dalla stessa Alice. Quasi come se lo stress e l’alcol agissero insieme, minando alla sua tranquillità, l’uomo morì nel 1902, lasciando Natalie economicamente indipendente.

Questo le permise di aprire un suo Salone, incentrato sulla presenza di artisti e performer femminili, tra cui Mata Hari, ingaggiata una volta per vestire i panni di Lady Godiva e cavalcare un destriero bianco per un suo spettacolo. Inizialmente le attività del circolo si svolsero presso la casa dove si era stabilita con Eva, subito dopo essere tornata dagli Stati Uniti, ma dopo che il suo proprietario le impedì una rappresentazione teatrale scritta da lei sulla morte di Saffo, decise di trasferirsi.

Trovò una nuova sistemazione nel 1909 con un giardino in cui fece costruire un piccolo tempio greco dove poter radunare tutti i partecipanti agli incontri del Salone ogni venerdì. Lesbiche, femministe della nuova generazione e autori provenienti da ogni dove: pian piano il pubblico e gli affezionati al circolo divennero sempre più eterogenei.

A trovare accoglienza nel Salone di Natalie furono grandi nomi della Parigi avanguardista, da Gertrude Stein a Colette, da Ezra Pound a F. Scott Fitzgerald, per poi passare a Truman Capote (che definì il Salone come cross between a chapel and a bordello”), Marcel Proust e T. S. Eliot, Andre Gide, Sinclair Lewis e Isadora Duncan.

Joan Shenkan descrisse il Salone di Natalie come un luogo dove:

 

"lesbian assignations and appointments with academics could coexist in a kind of cheerful, cross-pollinating, cognitive dissonance".

 

Natalie aveva grandissime doti di intrattenitrice e sapeva tenere le redini della situazione con destrezza, sia che si fosse trattato di una cena intima sia di un incontro con decine di presenti, scegliendo accuratamente i suoi ospiti per creare delle cerchie artisticamente suggestive e da contaminare. Era nota come “l’Amazzone”, un nomignolo datole dal poeta Remy de Gourmont, per la sua preferenza a cavalcare cavalcioni piuttosto che in sella, ricordando perciò le donne care alla mitologia greca.

Il Salone di Natalie resistette allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, diventando un punto di riferimento per l’azione anti militare e pacifista, sulle ceneri della Belle Époque. Durante quel periodo Natalie si legò alla pittrice Romaine Brooks, cominciando una delle relazioni più lunghe della sua vita, grazie soprattutto alla volontà di entrambe di configurarsi come una coppia in cui entrambe fossero libere di legarsi anche ad altre donne. Questo legame le tenne strette per ben 50 anni. In quel periodo conobbe e si legò anche a Élisabeth de Gramont, nota ai più come Duchessa Rossa, in quanto discendente del Re Enrico IV e fervida sostenitrice del socialismo.

Per tutti gli anni Venti, l’appuntamento con il Salone di Natalie il venerdì fu al centro di grande interesse sociale, soprattutto nel 1927 quando, in opposizione alla Académie Française che rifiutava di ammettere donne all’interno del suo consiglio di autorità letterarie, Natalie definì una sua accademia femminile. Non era davvero una istituzione, quanto il simbolo concreto della voglia di Natalie di rendere giustizia e onore a tutte quelle donne che invece venivano ignorate dall’establishment francese maschile, come accadeva in quegli anni con Gertrude Stein e Colette oppure con scrittori che avevano scritto di lesbismo e temi femminili, includendo anche Djuna Barnes, Mina Loy e Rachilde. Tutte queste personalità racchiudevano dentro di sé interessi culturali differenti e anche pensieri non sempre affini, ma il merito di Natalie fu quello di tenere queste anime artistiche insieme, in un circolo il cui tema centrale era meramente il valore dell’arte a tutto tondo.

Il più grande riconoscimento che forse arrivò mai a Natalie Clifford Barney fu quello di Radclyffe Hall che nel suo romanzo The Well of Loneliness aveva tracciato un quadro del lesbismo tanto realista da essere bannato dalla Gran Bretagna. Nel romanzo alla figura principale basata sull’autrice, infelice e tormentata dalla sua identità lesbica, fa da contraltare una donna ispirata a Natalie, forte e coraggiosa nell’accettare il suo lesbismo, che diventa un modello di accettazione della propria natura.

Il romanzo divenne un bestseller underground in America, da cui poi delle copie riuscirono a giungere nella madrepatria della scrittrice superando la messa la bando. Raramente i libri celebrati nel circolo di Natalie furono tradotti in inglese ma il romanzo della Hall ebbe questa fortuna diventando uno di quei pochi libri ad avere il coraggio di parlare di un amore che spesso si preferiva tenere taciuto e nascosto, senza un nome.

Il periodo tra le due Guerre vide Natalie alle prese con una relazione molto difficile. Dolly Wilde, nipote dello scrittore irlandese che aveva conosciuto da bambina, era più giovane di lei di circa venti anni ed era assuefatta da uno stile di vita autolesionista, dipendente da alcol e droga. Natalie cercò di salvarla dalle sue dipendenze e sollevarla dalla sua depressione senza successo. La rottura avvenne più o meno con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e la diagnosi del tumore al torace di Dolly Wilde. La giovane donna morì successivamente nel 1941 per un’overdose di pillole per il sonno.

Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Romaine e Natalie si trasferirono in Italia. La fuga non servì a mettersi al riparo dal regime totalitario: l’Italia si unì all’Asse nel 1940 e per due lesbiche (di cui una di discendenza ebrea) la situazione non era di certo delle migliori. Natalie fu costretta a scrivere saggi antisemiti e a favore del fascismo, per salvarsi, ma fece attenzione a non permettere mai la loro pubblicazione. Con l’occupazione dell’Italia da parte della Germania nel 1943 e l’inizio delle deportazioni nei campi di concentramento, si servì della sua nazionalità americana non solo per salvare lei e la sua compagna ma anche i suoi vicini.

La fine della Guerra le permise di tornare a Parigi lasciandosi però alle spalle Romaine, decisa a restare in Italia. Riprese l’attività del suo Salone, circondata da personaggi dell’avanguardia parigina come Capote o Alice B. Toklas, e continuò la sua tradizionale Women’s Academy, in cui accolse Marguerite Yourcenar, inclusa successivamente come prima donna nella storia all’interno dell’Accademia Francese.

Natalie morì nella sua casa parigina all’età di 95 anni.

La seconda ondata di femministe mancò nel riconoscere a lei e alle prime pioniere il giusto merito nel percorso di autodeterminazione femminile. Molto di lei resta nelle opere in cui alcune autrici, lesbiche e non, del suo Salone l’avevano celebrata, tra cui Djuna Barnes e  Lucie Delarue-Mardrus. Fu proprio di Lucy il ritratto di Natalie più vivido e accurato forse lasciatoci in eredità:

 

Perverse…dissolute, self-centered, unfair, stubborn, sometimes miserly…a genuine rebel, ever ready to incite others to rebellion…capable of loving someone just as they are, even a thief…

 

Sitografia

 

A Scene at Long Beach, da oscarwildeinamerica.org (data di ultima consultazione: 15/08/2021)

Natalie Barney, da brooklynmusem.org (data di ultima consultazione: 15/08/2021)

Natalie Barney, An American Amazon, da elizabethkmahon.com (data di ultima consultazione: 15/08/2021)

Natalie Clifford Barney, Queen of the Paris Lesbians, da headstuff.org (data di ultima consultazione: 15/08/2021)

 

Immagini

 

Foto 1 da wikipedia.org (data di ultima consultazione: 15/08/2021)

Foto 2 da wikipedia.org (data di ultima consultazione: 15/08/2021)

Foto 3 da theparisreview.org (data di ultima consultazione: 15/08/2021)

Foto 4 da pinterest.at (data di ultima consultazione: 15/08/2021)

Foto 5 da pinterest.it (data di ultima consultazione: 15/08/2021)

Foto 6 da headstuff.org (data di ultima consultazione: 15/08/2021)