Inseguendo un futuro orgastico: "Il Grande Gatsby" e l'illusione del Sogno Americano

Rebecca Milanesi, Andrea Vallone

Il 10 aprile del 1925 viene pubblicato uno dei più celebri romanzi della letteratura statunitense: Il Grande Gatsby. Nonostante una prima ricezione piuttosto fredda da parte del pubblico e di una porzione della critica, il romanzo di Fitzgerald si impone col tempo come grande classico della letteratura americana e mondiale. L’opera ha ottenuto oramai un tale successo che i termini “Gatsby” e “Gatsbyesque” sono entrati nel parlato dell’inglese statunitense col significato di “stravagante”, “romantico”, “idealista (o speranzoso)”. A testimoniare l’enorme fortuna del romanzo, inoltre, vi sono i numeri delle vendite: ogni anno, vengono vendute nel mondo circa cinquecentomila copie di Il Grande Gatsby; una cifra quasi quattro volte più alta rispetto a quella delle vendite delle altre opere di Fitzgerald messe insieme.


Il Grande Gatsby è divenuto un libro iconico ed emblematico di un’epoca: quella della Jazz Age, così denominata dallo stesso Fitzgerald, degli anni ’20 del Novecento a cavallo tra le due guerre mondiali. Il romanzo rappresenta efficacemente la grande crescita economica di quegli anni, fatti di sfarzi, eccessi e stravaganza evidenti nelle numerose feste su cui si costruisce la trama. La Jazz Age, tuttavia, è anche un’epoca di grandi stravolgimenti, di immigrazioni (che minano, per esempio dal punto di vista di Tom, “la pura” razza bianca americana), di tensioni e di grande incertezza: tutte componenti strutturali del testo. Soprattutto, però, Il Grande Gatsby si pone come uno dei migliori ritratti dell’illusione del sogno americano e della sua evanescenza, oltre a rappresentare, nel protagonista, uno dei caratteri più romantici della letteratura.

 

1. "Trimalchio on the West Egg": genesi di Gatsby
2. "It is like nothing i’ve ever read before": stesura del romanzo e prima ricezione
3. Gli anni ruggenti della Jazz Age
4. "Something new": struttura, personaggi e stile
5. Il peso simbolico di Daisy
6. Colori e cenere
7. Conclusioni
8. Bibliografia e sitografia

1. "Trimalchio on the West Egg": genesi di Gatsby

Dagli scambi epistolari con l’editore Maxwell Perkins, sappiamo che Fitzgerald comincia a pianificare la scrittura del romanzo dalla primavera del 1922. L’autore, dunque, impiega tre anni per comporre il testo, investendo in esso tutte le sue energie creative. Come si evince dalle lettere, Fitzgerald porta avanti il progetto con grande determinazione e con la volontà di dare vita a un romanzo nuovo, che rappresentasse un’assoluta novità all’interno del panorama letterario statunitense. In una lettera del luglio 1922 indirizzata a Perkins, afferma, infatti: «I want to write something new – something extraordinary and beautiful and simple, intricately patterned» (Bruccoli and Duggan: 112).

Ripercorrendo la produzione letteraria di Francis Scott Fitzgerald, ci si imbatte più volte in personaggi che ricordano il vissuto o i tratti psicologici di Gatsby.

Una prima bozza del protagonista si trova nel racconto Winter Dreams (Sogni d’inverno), scritto nel 1922. Il lettore nel racconto riconoscerà i tratti di una personalità molto simile a quella di Gatsby nel personaggio di Dexter, ex-caddy arricchito, nel suo amore puro per Judy, prototipo di Daisy, e nel matrimonio di quest’ultima con un uomo che beve e la tradisce. Ci sono altri echi di Gatsby, seppur meno espliciti, in un altro racconto, Absolution (Assoluzione), del 1924. Questo testo, come racconta l'autore in una lettera del 1934 indirizzata a John Jamieson, doveva essere un approfondimento sull’infanzia dell’uomo, idea poi scartata da Fitzgerald, per poter lasciare un alone di mistero intorno all’uomo del West Egg.

L’idea iniziale dell’autore era fin da subito, infatti, di intitolare il libro Trimalchio on the West Egg (Trimalcione nel West Egg), ispirandosi al noto personaggio del Satyricon di Petronio. Sono molti gli elementi che ricordano il liberto dell’opera classica: il riscatto da una condizione di povertà, gli eventi mondani con grande affluenza di persone simili tra loro, l’inarrestabile scorrere del tempo e l’incombenza della morte che perseguitano (e infine sopraffanno) il personaggio. Sono altrettante, però le differenze, prima fra tutte la profondità d’animo dei protagonisti. Mentre le conversazioni apparentemente alte dei banchetti di Trimalcione sfociano sempre nel grottesco o nel ridicolo, Gatsby non partecipa quasi mai alle proprie feste, che sono infatti organizzate solo per poter raggiungere Daisy, la “luce verde al di là del pontile” a cui lui anela da sempre.

Il moderno Trimalcione pensato da Fitzgerald si trova dunque catapultato in una realtà fatta di apparenze e che riflette appieno il clima culturale e sociale degli Anni Ruggenti americani, specialmente a New York.

 

2. "It is like nothing i’ve ever read before": stesura del romanzo e prima ricezione

La stesura di Il Grande Gatsby, tuttavia, è piuttosto travagliata. Nel 1923, Fitzgerald rallenta il lavoro sul romanzo per dedicarsi alla produzione dell’opera teatrale The Vegetable. Questa risulta un fallimento e conduce l’autore a focalizzarsi con una determinazione ancora maggiore sulla stesura del libro, che viene profondamente modificato.

Come fa sapere a Perkins nella primavera del 1924, Fitzgerald riscrive completamente metà del romanzo nell’autunno del 1923 e incappa in diverse difficoltà strutturali, nel tentativo di creare un’opera il cui effetto di mistero dipendesse tanto da quanto espresso sulla pagina scritta, quanto dalle informazioni omesse, dal non-detto. L’autore porta a termine una prima versione del romanzo nell’estate del 1924, ma continua a lavorare al testo e compie diverse modifiche, anche su suggerimento dell’editore Maxwell Perkins, prima della pubblicazione nell’aprile del 1925. Le revisioni riguardano la frammentazione delle informazioni sulla vita di Gatsby, che di conseguenza risulta ancora più enigmatica, e soprattutto la quasi totale riscrittura del sesto e settimo capitolo, incluso il confronto tra Gatsby e Tom Buchanan al Plaza Hotel. Portate a termine tali modifiche, il romanzo è finalmente pronto per fare il suo esordio nel contesto letterario americano.

Tuttavia, nonostante le grandi aspettative di Fitzgerald, la ricezione da parte di pubblico e di una buona parte della critica è inizialmente fredda. Solo le recensioni di Lilian C. Ford e di Gilbert Seldes, comparse rispettivamente sul Los Angeles Sunday Times e sulla rivista The Dial, lodano il romanzo come apice della carriera di Fitzgerald. Gran parte della critica, invece, pur riconoscendo la qualità stilistica del testo e la sua peculiare elusività, legge Il Grande Gatsby come un semplice aneddoto sulla realtà americana di quegli anni. Nonostante il gradito apprezzamento di T.S. Eliot, che giudica il lavoro come il primo passo in avanti del romanzo statunitense dai tempi di Henry James, Fitzgerald è profondamente deluso dallo scarso successo del suo testo. Con il passare degli anni, però, dopo la morte dell’autore nel 1940, Il Grande Gatsby viene rivalutato, sino a entrare nell’immaginario collettivo ed essere riconosciuto come un classico intramontabile.

 

3. Gli anni ruggenti della Jazz Age

Sebbene fosse stato spesso interpretato come un testo rappresentante l’America del primo dopoguerra, Il Grande Gatsby, oltre a essere un minuzioso ritratto della Jazz Age, è un testo molto più ricco e complesso le cui tematiche derivano dagli enormi cambiamenti sociali che interessano gli Stati Uniti già dal termine della guerra di secessione.

Negli anni successivi al conflitto civile si mettono in moto dei mutamenti radicali e devastanti. In questo periodo di stravolgimenti, per esempio, Henry Adams vede il crollo delle istituzioni e degli ideali che erano stati, sino ad allora, dominanti. A fine ‘800, gli Stati Uniti si stavano rapidamente trasformando da società prevalentemente agraria in una nazione industrializzata: le città divengono sempre più estese, centri di quella nuova ricchezza che attira un numero maggiore di migranti in cerca di lavoro e di una nuova vita. Nasce una nuova classe sociale urbana e operaia e si entra, di fatto, nella società di massa. Molti americani restano alienati da tali cambiamenti e nascono tensioni tra la tradizionale classe media e i numerosi migranti che tentano di guadagnarsi una posizione nella nuova società, arrivando a realizzare il tanto ambito Sogno Americano. In questo clima di mutamenti così destabilizzanti si inserisce, inoltre, la Prima Guerra Mondiale. Il conflitto lascia un solco profondo in una società già provata e non fa che alimentare quel senso di alienazione e disorientamento vissuto da tanti cittadini americani. La Jazz Age, che Fitzgerald fa iniziare con le rivolte del maggio del 1919, è quindi un’epoca di decadenza in cui queste tensioni rompono i tradizionali confini tra classi sociali e in cui emerge una nuova ondata di milionari, tra cui lo stesso Gatsby, mal vista dalla vecchia classe dirigente.

L’autore nel libro fa luce sugli aspetti culturali caratteristici del primo dopoguerra e lo fa presentando una serie di contrasti attraverso gli occhi di Nick Carraway, giovane del Midwest trasferitosi nella grande metropoli e vicino di casa di Gatsby. Nel testo c’è un continuo confronto tra gli ideali romantici di Jay Gatsby sull’amore, il coraggio e il riscatto, e i mezzi con cui ha fatto successo. Questi vengono tenuti sempre nell’ombra sia dai protagonisti che dal narratore interno, creando una collisione tra l’eroe del romanzo e gli uomini arricchiti che calpestano le vie del quartiere finanziario, che hanno come unico obiettivo accumulare denaro per soddisfare il loro materialismo superficiale. Più volte nel romanzo, infatti, viene sottolineata da Nick l’enorme differenza tra un “noi”, lui e Gatsby, e un “loro” dellarotten crowd, i businessmen sopracitati che incarnano tutto ciò che, secondo il narratore, c’è di volgare e basso nel mondo.

Gli Anni Ruggenti, pur sembrando a prima vista un’onda inarrestabile di ottimismo e risveglio culturale, nascondevano molti punti oscuri.
Le macchine che sfrecciano per le vie della metropoli lo fanno in modo sregolato, tant’è che in una delle scene cruciali del romanzo il lettore assiste a un omicidio stradale che viene risolto fuggendo dal luogo del delitto e dimenticando l’accaduto.

I giganteschi occhi azzurri del dottor T.J. Eckleburg che vegliano sulla periferia della città si contrappongono all’apparente cecità morale dei cittadini americani dell’epoca che, come i partecipanti delle feste di Gatsby, ignorano l’incombente crisi economica e politica che sta per travolgere il mondo occidentale.
Nick sottolinea, inoltre, la sua impossibilità a inserirsi e il forte senso di alienazione che deriva dal mondo che gli sta intorno, incredibilmente affascinante e terribile al tempo stesso: “Ero dentro e fuori, contemporaneamente incantato e respinto dall’inesauribile varietà della vita” (67).

I cambiamenti di quegli anni riguardano, di fatto, tutto il mondo occidentale e il testo di Fitzgerald è senza dubbio influenzato da opere quali The Decline of the West di Oswald Spenser e The Waste Land di T.S. Eliot. La descrizione della Valle delle Ceneri, per esempio, pare particolarmente ispirata dai panorami aridi e desolati presenti nel poema di Eliot; allo stesso modo, nelle parole di Daisy «Cosa faremo questo pomeriggio, e domani, e i prossimi trent’anni?» (144) riecheggiano i versi «What shall we do tomorrow/ What shall we ever do?» (100) di The Waste Land. Tra le tante influenze, si possono annoverare anche quelle di Conrad e di John Keats, ma Il Grande Gatsby resta un romanzo molto originale. È l’oscuro ritratto di un uomo che si muove in un’epoca di tensioni fedelmente rappresentate, ma Gatsby è, in fondo, un personaggio tipologico e senza tempo, che rappresenta la schiacciante delusione causata dallo scontro tra realtà e grandi speranze.

 

4. "Something new": struttura, personaggi e stile

Tra i tanti aspetti che rendono unico Il Grande Gatsby, uno dei più originali è senza dubbio la struttura. Il romanzo è organizzato secondo una serie di misteri che rimangono irrisolti e che ci vengono presentati da un narratore anch’egli disorientato, Nick Carraway. Non va dimenticato, infatti, che il testo è il tentativo di Nick di comprendere, o quantomeno dare un senso, agli avvenimenti accaduti l’estate precedente (rispetto all’inizio del suo racconto). Nick prova a ricomporre i frammenti di un puzzle nella speranza di arrivare a un’interpretazione di Gatsby e di fatti che sono rimasti per lui un enigma e che si pongono come misteri anche al lettore. Il meccanismo narrativo usato da Fitzgerald è tipico dei racconti di Conrad, per esempio di Lord Jim, in cui Marlowe tenta di ricostruire la storia di Jim per comprendere misteri rimasti irrisolti. Nel Grande Gatsby, tuttavia, persino Nick, il narratore stesso, è in qualche modo misterioso.

Ne risulta un romanzo la cui struttura non è un mero ornamento formale ma parte essenziale del significato del testo. L’organizzazione frammentaria dell’opera è la prima espressione dell’elusività e del mistero di tutta la vicenda, definita tanto dal detto quanto, soprattutto, dal non detto, dalle omissioni e da fugaci suggestioni. Già in apertura, il romanzo pone al lettore diversi interrogativi non solo su Gatsby, ma su anche Nick: perché il narratore è così coinvolto nella storia di Gatsby, se questo rappresenta per lui tutto ciò che è degno di sincero disprezzo, come afferma? Il lettore cerca risposta a questa e a tante altre domande che sorgono sin dall’inizio, ma il romanzo si sviluppa proprio su questi enigmi, come quello sulle origini di Gatsby, irrisolti sino alla fine.

Il testo avanza secondo ripetizioni di azioni e costruzioni verbali, nonché secondo una successione di feste in cui azione e personaggi sembrano fluttuare come alla deriva, preda di onde e senza una meta precisa. Fitzgerald adopera più volte lo stesso termine drift (“vagare”) per tratteggiare i personaggi e descriverne il vagabondare, i movimenti quasi passivi e senza scopo. I protagonisti del romanzo sono a loro volta molto originali: sono rappresentati per frammenti e, spesso, solo abbozzati. Lo stesso Fitzgerald riconosce di non aver mai visto con chiarezza l’annebbiato ritratto di Gatsby, sebbene paradossalmente questo diviene, dopo la rivelazione della sua storia, l’individuo più distintivo del testo e quello con un fine, o quantomeno un sogno, da perseguire.

Gli altri protagonisti della vicenda sono egualmente indistinti e presentati per frammenti e interruzioni. Tom è forse l’unico personaggio più chiaro del romanzo, un perfetto rappresentante del suo mondo determinato a preservare la purezza della “razza nordica e un rappresentante di quella classe tradizionalmente ricca in cui Gatsby non potrà mai entrare, poiché resta «Mr nobody from nowhere» (Mr. Nessuno dal Nulla).

5. Il peso simbolico di Daisy

Daisy, al contrario, è un altro personaggio enigmatico del romanzo. Per Gatsby, rappresenta il Sogno Americano, quell’agglomerato di ricchezza, di mistero e avventura romantica che lui brama e tenta di catturare. Ciò che il lettore apprende di Daisy è sempre filtrato dal punto di vista di Gatsby, eppure è la sua voce che risuona maggiormente nel testo, una voce «full of money» come la definisce il protagonista, e che esprime anche il senso di disorientamento e angoscia del romanzo, quando si chiede, per esempio cosa fare durante la giornata: «What’ll we do with ourselves this afternoon?». Per il lettore, Daisy resta un punto interrogativo: non è chiaro se ami Gatsby o l’idea di fedele adorazione che questo le mostra, così come risulta misterioso il suo affetto per Tom.

Fitzgerald carica Daisy di un tale peso simbolico, che il personaggio sembra rimanerne schiacciato, impossibilitato ad avere una sua volontà. Ella è quasi passiva, quando si esprime nella scena al Plaza Hotel, non viene ascoltata e la sua personalità resta spesso fredda e distante come la luce verde che si riflette sul pontile della sua casa. Lo stesso Gatsby, forse, non ama tanto Daisy quanto l’idea che lei rappresenta, quel Sogno Americano che a contatto con la realtà si sgretola e si rivela solo un’illusione irraggiungibile. Gatsby la riveste di così tanti significati simbolici da uccidere Daisy in quanto donna, da non vederla come personaggio vivo ma come mera personificazione di un sogno da raggiungere per completare il proprio percorso di crescita e trovare il suo destino.

Come un miraggio che si dissolve non appena afferrato, l’illusione rappresentata da Daisy agli occhi di Gatsby va in frantumi nella scena al Plaza Hotel, quando il protagonista pensava ormai di averla recuperata. Il risveglio da questo sogno è talmente brusco da condurre Gatsby, successivamente all’incidente causato proprio da Daisy, per mano di Wilson, alla morte simbolica. Per Nick, il modo in cui Daisy reagisce agli eventi del Plaza Hotel, insieme alla telefonata a Gatsby mai effettuata, sono un tradimento nei confronti di quell’uomo che egli considera come il più grande sognatore romantico. Nick, però, vede Daisy secondo lo stesso filtro di Gatsby: anch’egli riconosce la voce della donna non come amorevole e viva, ma banalmente piena di soldi. Nick, come Gatsby, interpreta Daisy non tanto come un individuo, ma come una proiezione della propria immaginazione, romantica sì, ma probabilmente immatura.

Anche Nick, del resto, è un personaggio a dir poco sfuggente. L’intera storia, dopotutto, è la sua versione dei fatti, il suo tentativo di dare un senso a quegli avvenimenti. La sua presenza nel romanzo, sia come narratore e ancora di più come personaggio, è ambigua. Il lettore può dunque mettere in discussione la veridicità e l’obiettività di una tale narrazione, inevitabilmente distorta. La relazione tra Jordan e Nick, per esempio, sembra una riproduzione di quella tra Daisy e Gatsby, ma Nick non vi investe più di tante energie e per la maggior parte del tempo appare come stregato, tanto da non ricordarsi nemmeno del giorno del suo compleanno. Anche il suo è un ritratto sfocato e impressionista.

6. Colori e cenere

Il romanzo presenta anche forti contrasti cromatici: come afferma Franca Cavagnoli nel suo saggio “La morte del sogno” (2011), Il Grande Gatsby è una rapsodia in blu, giallo e grigio” (Cavagnoli La morte del sogno: 35). Alle sfumature del giallo dell’oro e della materia che domina le vite frenetiche dei protagonisti, viene infatti affiancato il blu, che in base al contesto può simboleggiare la malinconia, la purezza degli ideali del protagonista o il colore del mare che lo divide dalla luce verde al di là del pontile. A questi colori ricchi di simbologia, viene contrapposto il grigio, che domina le vite degli abitanti della periferia e la Valle di Ceneri.

Discarica a cielo aperto alle porte della metropoli, la Valle delle Ceneri è l’effetto collaterale dello stile di vita dei personaggi dell’opera e del sistema a cui appartengono: il loro consumismo sfrenato e materialismo incosciente si riflette nella cenere che si impossessa della terra e dell’aria di questa landa desolata, dove si muovono come formiche altre vite frenetiche e disperate.

 

“[...] è una valle di ceneri, un fondo irreale dove le ceneri crescono come il frumento in alture e colline e giardini grotteschi; dove le ceneri prendono la forma di case e comignoli e volute di fumo e, infine, con uno sforzo trascendentale, gli uomini grigio cenere che si muovono offuscati e come già sbriciolati nel pulviscolo” (Cavagnoli La morte del sogno: 75).

 

La Valle di Ceneri, la casa vuota di Gatsby al termine di ogni festa, la stessa morte di quest’ultimo, incorporano nella propria essenza il senso di disperazione, l’incombenza della rovina e del fallimento del consumismo che caratterizzeranno il secolo successivo. Il corpo esamine di Gatsby è simbolo di un sogno, quello capitalistico ed economico tipicamente occidentale, destinato a cadere in continuazione e rialzarsi con fatica sempre maggiore e risultati sempre più deludenti.

 

7. Conclusioni

personaggi e lo stile, quasi poetico e basato su ripetizioni e simbolismi, con cui sono rappresentati sono dunque ulteriori aspetti che rendono Il Grande Gatsby un romanzo rivoluzionario. A fare del romanzo un classico che va al di là della raffigurazione di un’epoca di tensioni, sono tuttavia i suoi significati. Questi, come la struttura e i personaggi, sono sfuggenti ed è per questa ragione, in fondo, che tanti lettori tornano al testo e ne sono attratti: non esiste una lettura esatta, che possa fornire le soluzioni di tutti i misteri presenti nel romanzo.

Il Grande Gatsby è tante storie in una: è la storia di una nazione che vive gli stravolgimenti di inizio ‘900, la narrazione della promessa del Sogno Americano. È la vicenda di Gatsby, un uomo che spera ancora nella romantica possibilità di riportare in vita il passato; di recuperare il momento in cui, baciando Daisy 5 anni prima, «the incarnation was complete» e gli si svela per un attimo una visione spirituale e religiosa ormai perduta. Proprio in quel momento Gatsby riveste Daisy di questo significato, la eleva a simbolo di un sogno che in qualche modo concilia una spiritualità passata con la promessa di ricchezza della nuova vita americana.

Alla fine, Nick arriva alla conclusione (offerta al lettore già all’inizio, ma enigmaticamente) che Gatsby era pulito e che è rimasto vittima dei suoi stessi sogni, in un certo senso. Il finale, tuttavia, ci rivela che le speranze di Gatsby sono quelle di chiunque, dopotutto. Sono quelle che provarono anche i marinai olandesi alla vista del Nuovo Mondo, immaginandone le infinite e illusorie possibilità. Sono quelle che provano tutti coloro che sperano in quel «orgastic future» che Gatsby ha tanto inseguito. In ultima analisi, è questo il fascino che rende Il Grande Gatsby un grande classico: l’immagine dell’individuo che, nonostante tutto, spera nell’avvenire e naviga controcorrente alla ricerca del proprio destino e della felicità.

 

8. Bibliografia e sitografia

The Letters of F. Scott Fitzgerald, ed. Andrew Turnbull (New York: Scribner’s, 1963).

Dear Scott/Dear Max: The Fitzgerald-Perkins Correspondence, ed. John Kuehl and Jackson R. Bryer (New York: Scribner’s, 1971).

Correspondence of F. Scott Fitzgerald, ed J. Bruccoli and Margaret M. Duggan with Susan Walker (New York: Random House, 1980).

F. Scott Fitzgerald: A Life in Letters, ed. Matthew J. Bruccoli (New York: Scribner’s, 1994).

Jackson R. Breyer (ed.), The Critical Reputation of F. Scott Fitzgerald: A Bibliographical Study (Hamden, Conn. : Archon, 1967).

J. Bruccoli, New Essays on The Great Gatsby (New York: Cambridge University Press, 1985).

Franca Cavagnoli, “La morte del sogno” in F. Scott Fitzgerald, Il Grande Gatsby (Milano: Feltrinelli, 2011).

T.S. Eliot, La Terra Desolata, a cura di Alessandro Serpieri (Milano: Bur Rizzoli, 2014).

F. Scott Fitzgerald, Il Grande Gatsby (Milano: Feltrinelli, 2011).

Tony Tanner, “Prefazione” in The Great Gatsby (London: Penguin, 2001).

The Great Gatsby’ by the numbers, Usatoday.com  (data di ultima consultazione: 09/04/2021)

 

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