Audre Lorde: il potere della parola tra arte e politica

Claudio Ciccotti

Audrey Geraldine Lorde. Questo è il nome completo di battesimo di una delle più grandi personalità della poesia americana lesbica, femminista e nera del ‘900. Restia alle etichette e alle definizioni, da bambina vede nel suo nome e nella sua pronuncia una imposizione che non sente propria. Ecco quindi che è alle prese con il primo di una serie di battesimi, scegliendo di chiamarsi Audre Lorde.

 

1.Audre Lorde: un battesimo lungo tutta una vita
2. Tra poesia e saggistica: arte e ideologia di Audre Lorde
3: Zami: il trauma di una donna forte
4. Contro il binarismo: Audre Lorde e il womanism
5. Bibliografia

 


1. Audre Lorde: un battesimo lungo tutta una vita

Audre Lorde nasce il 18 Febbraio 1934 a Harlem, New York, ultima di tre sorelle, da genitori di origine caraibica. Miope e quasi al limite della cecità, cresce ascoltando i racconti della madre, che le insegna a leggere e scrivere quando aveva 4 anni. 

I genitori di Audre, alle prese con gli affari, per sopravvivere ai tumulti della Grande Depressione, sono particolarmente assenti nella sua infanzia. Quando presenti, le fanno avvertire il carico di regole ferree a cui attenersi rigidamente. I rapporti con la madre sono particolarmente difficili, così come riportato in una delle sue poesie, "Story Books on a Kitchen Table", della raccolta Coal (1976). La madre, pur di origini caraibiche, non ha una carnagione scura, come quella della figlia. Seppure questo nella sua posizione sociale sia sempre stato un bene, nel rapporto con la figlia invece non lo è: così Audre viene a conoscenza di cosa significhi essere diversa in qualche modo da chi la circonda. Il rapporto genitori-figli è uno dei temi che nella sua produzione artistica troverà maggior respiro. In particolare ritroviamo la figura della madre, vista come donna priva di affetto, che ha cercato di reprimere la personalità di sua figlia per renderla conforme al resto della società, schiacciando invece la sua unicità.

Sono proprio queste anaffettività e discriminazioni a modellare l’animo di una Audre che, bambina, si chiude in se stessa e non sviluppa doti comunicative particolarmente spiccate. L’incontro con la poesia la salva e le permette di entrare in connessione con la realtà circostante. Così a ogni domanda Audre risponde recitando poesie e, quando quelle che conosce non bastano più a rappresentare in suo mondo interiore, l’animo artistico originale si risveglia in lei. A tredici anni compone la sua prima poesia, pubblicata sulla rivista Magazine e capisce che il potere della parola le avrebbe permesso di creare dei ponti, mettendola in contatto con altri outsider come lei.

Nel 1951 finisce il suo percorso di studi presso il Hunter College High School e nel 1954 trascorre un anno presso la National University of Mexico, un periodo che descriverà successivamente come un anno di affermazione di sé e di rinascita. Se da una parte prende coscienza della sua identità artistica di poeta, dall’altra afferma il suo orientamento sessuale in quanto lesbica. Carica di questa nuova consapevolezza, torna a New York, frequenta il Hunter College e lavora come bibliotecaria presso alcune scuole pubbliche, mestiere che svolge anche successivamente fino al 1968, mentre approfondisce i suoi studi alla Columbia University. Nel frattempo, nel 1962 sposa però Edward Rollins, da cui avrà due figli e da cui divorzia nel 1970.

Nel 1968 da alle stampe la sua prima raccolta letteraria, The First Cities. Questo è per lei un anno molto importante, sempre nella definizione di un’identità complessa e delicata. Trascorre un anno presso il Tougaloo College del Mississippi. Scopre la sua vocazione per l’insegnamento avendo trovato un ottimo riscontro dagli studenti. Grazie a loro nasce in lei un particolare attivismo politico, diventando sensibile alle cause combattute proprio da quegli studenti contro le disuguaglianze sociali. Dal lato artistico, affina molto la sua tecnica e diventa ancor più cosciente del suo potenziale, che emerge vivamente nella seconda raccolta di poesie Cables to Rage (1970). Durante l’esperienza di Toungaloo conosce anche Frances Clayton, che le resta accanto come compagna di vita per vent’anni. 

L’impegno artistico e la sua lotta personale per essere un esempio per gli outsider e mettersi in contatto con loro hanno una delle loro più evidenti manifestazioni nella collaborazione con il Women's Institute for Freedom of the Press (WIFP), un’associazione editoriale no-profit che si occupa attivamente di aumentare le connessioni interpersonali non solo tra le donne, ma anche tra le donne e un pubblico più vasto, tramite l’utilizzo di specifici media di genere.

La sua carriera nell’universo dell’educazione e della formazione continua con l’insegnamento, dapprima presso il John Jay College of Criminal Justice, in cui ha lottato per la creazione di un dipartimento focalizzato sui black studies, e successivamente presso il Hunter College. Gli studi universitari la vedono attiva sul fronte della produzione letteraria ma anche dell’attivismo nella comunità omosessuale del Greenwich Village.

Partecipando al convegno World Women's Conference a Copenhagen nel 1980, Audre incontra Dagmar Schultz che la invita a trascorrere un anno come insegnante presso la Free University of Berlin nel 1984. Nella sua esperienza berlinese, Audre porta con sé il rifiuto delle etichette e della marginalizzazione che comportano, e trasmette questo messaggio alle donne di origine africana a Berlino, iniziandole a un vero e proprio movimento di presa di coscienza. Ancora una volta Audre sperimenta la forza della parola come giusto mezzo per fronteggiare la violenza e resistere attivamente alle discriminazioni. L’impatto di questa parentesi berlinese è tanto forte da ispirare lo stesso Dagmar Schultz alla realizzazione del documentario Audre Lorde: The Berlin Years 1984-1992.

Audre Lorde convive per 14 anni della sua vita con un tumore da cui cerca di salvarsi con forza e coraggio anche sottoponendosi alla mastectomia del seno. Questo la spinge a focalizzarsi maggiormente sulla sua vita e sulla sua scrittura, da cui nasce The Cancer Journals, che ha vinto il Gay Caucus Book of the Year Award nel 1981, indetto dalla American Library Association.

Il suo animo determinato e la sua indole combattiva non bastano: il tumore torna più forte a colpirla e il 17 novembre del 1992 muore a St. Croix a soli 58 anni, dove si era trasferita con il suo ultimo amore, Gloria I. Joseph. Durante una cerimonia africana prima della sua morte, Audre cambia il suo nome in Gamba Adisa, l’ultimo dei suoi battesimi: “guerriera: colei che ha reso noto il suo significato”.

 

2. Tra poesia e saggistica: arte e ideologia di Audre Lorde

La produzione poetica di Audre ha incluso nel corso del tempo varie tematiche, affrontate con consapevolezza sempre maggiore, tanto artistica quanto identitaria. 

In particolare, nella sua produzione ha trattato molto il tema della diversità declinata in varie forme, dall’etnia alla condizione sociale, fino a quella di genere, sia tra individui sia calandosi nella dimensione del singolo. Nel farlo è partita proprio da una sua definizione di se stessa come un “continuum of women” e “concert of voices within herself”.

Il perenne rifiuto all’essere etichettata riflette quella sua voglia di essere trattata come persona piuttosto che essere declinata in base a caratteristiche stereotipiche. Vuole essere solo lei a definire se stessa e lo fa scegliendo accuratamente le parole che meglio riescono a veicolare la sua identità: lesbica, nera, madre, guerriera, poeta.

In tutta la sua produzione poetica, costantemente pubblicata in varie testate dagli anni ‘60 in poi, affida al potere della parola anche la sua ideologia politica e il suo impegno civile, ora schierandosi a favore di movimenti femministi in senso ampio, ora a favore dell’indipendenza politica di molte nazioni, ora contraria alla guerra e alla discriminazione etnica promuovendo invece il rispetto per i diritti civili dei popoli.

Se la raccolta del 1968, The First Cities, trasmette tutta la sua identità di donna nera, con estrema introspezione, nella sua seconda raccolta di poesie del 1970, Cables to Rage, emergono le tematiche di una Audre più matura, che quindi riflette sull’amore, sul tradimento e sulla difficoltà nel crescere i bambini. Proprio questa raccolta serba al suo interno la prima vera e propria presa di coscienza della sua omosessualità.

Gli anni passano, aumenta la consapevolezza di Audre, aumenta la profondità a cui scende nell’affrontare le tematiche esplorate fino a quel momento. Nel 1973 da alle stampe From a Land Where Other People Live, nominato per il National Book Award per la poesia. La raccolta mostra la sua personale battaglia sia con l’identità sia con la rabbia verso le ingiustizie sociali, evidenziando una forte solitudine proprio nel momento in cui, dialogando con se stessa, cerca di fare i conti con cosa significhi essere una donna afro-americana, ma soprattutto una donna, una madre, un’amica e una amante. La riflessione diventa collettiva quando, dopo aver fatto svegliare il lettore, lo costringe a leggere la realtà attraverso i suoi occhi di bambina che ha sofferto la crisi e le restrizioni, nonché gli occhi di una donna impegnata poi a combattere per i suoi diritti civili. Lo fa con una pubblicazione del 1974, New York Head Shop and Museum

Tutte le pubblicazioni di Lorde ebbero successo e raggiunsero molti degli outsider a cui lei mirava, ma a consacrare il suo nome tra quelli delle personalità più influenti del Black Art Movement fu Coal, raccolta di poesie pubblicata nel 1976. Coal include le poesie delle prime raccolte pubblicate, in cui emergono sempre più i temi a lei cari e che nel mentre, esplorati nel dettaglio e con sempre maggiore acume. Questi temi sono le cause della sua battaglia artistica e politica: lo scontro con le ingiustizie razziali, la sua celebrazione della differenza etnica partendo dalla sua consapevolezza di donna nera, e la sua costante voglia di spingere altre donne a considerare la loro esperienza di vita con intersezionalità.

Nella produzione poetica ritroviamo anche il suo risveglio sessuale e di genere. Ad aiutarla è stata proprio il potere della parola poetica, che le ha permesso di dialogare in modo migliore con se stessa, arrivando a definizioni e comprensioni di sé sempre più approfondite e segnate da veri e propri battesimi.

In Sister Outsider (1984) vede nella poesia quel mezzo attraverso cui riuscire a dare un nome a quello che nome ancora non ha, permettendo quindi di entrare in dialogo con questo qualcosa, esplorandolo in profondità e con coraggio. Il naming permette di dialogare con le nozioni collettive e personali, entrando in rapporto dialettico con il mondo, dando nuova significazione e nuovo valore ai fenomeni e alle realtà di cui si prende coscienza. È proprio questo quello che Audre fa nella sua produzione artistica, in particolare anche nella scrittura di raccolte prosastiche. The Cancer Journals (1980) e A Burst of Light (1988) esplorano e riflettono il modo in cui Audre entra in contatto con i significati antropologici e sociologici di temi come la morte, la paura della mortalità dell’individuo, la vittimizzazione in opposizione alla sopravvivenza a un evento mortale come il suo cancro, e la forza interiore che ne deriva per concedersi un nuovo inizio.

 

3: Zami: il trauma di una donna forte

Tutto questo è il riflesso della sua condizione fisica: nel 1978 Audre si sottopone a una mastectomia al seno per la rimozione di un tumore e rifiuta l’intervento di medicalizzazione che le avrebbe permesso di avere una protesi. La protesi è una maschera che Audre non può tollerare. Le permetterebbe di coprire una ferita dell’anima, una ferita di cui invece lei è fiera, perché le permette di mostrare ad altre donne con lo stesso male che si può lottare, si può trovare nuova forza e vigore, e si può essere ancora donna nonostante una mastectomia. La protesi, per Audre, è solo il frutto della misoginia del mondo maschilista che vuole imbrigliare tutto in schemi rigidi di categorizzazioni, rifiutando con paura tutto quello che non si riesce a inserire o rigetta di essere inserito nel binarismo di genere.

 

“Avevo ormai visto la morte in faccia, che lo riconoscessi o no, e ora avevo bisogno di sviluppare la forza datami dalla sopravvivenza. La protesi offre un vuoto conforto: "Nessuno noterà la differenza". Ma è proprio questa differenza che io, voglio affermare, perché l’ho vissuta, e sono sopravvissuta, desidero condividere questa forza con altre donne. Se dobbiamo trasformare il silenzio che circola il cancro al seno in linguaggio e azione contro questo flagello, allora il primo passo è far diventare visibili le une alle altre le donne che hanno subito la mastectomia. Perché silenzio e invisibilità vanno a braccetto con l’impotenza. Nell’accettare il mascheramento della protesi, noi donne con un seno solo proclamiamo di essere creature insufficienti, che dipendono da una finzione.” (Lorde, 2013:71-2)

 

Messaggi forti come questo, dal punto di vista dell’empowerment del singolo, si caricano anche di espressione politica, nel suo impegno all’abbattimento delle differenze di genere e sesso nella società misogina del tempo.

I suoi antagonisti politici provano più e più volte a screditare il suo impegno e il suo messaggio, soprattutto in atti di risonanza pubblica, come ad esempio svelare agli occhi dei suoi studenti il suo orientamento di genere. È in quel momento che lei decide cosa fare, servendosi del potere della parola e cercando di trasmettere un insegnamento a chi la circonda: “The only way you can head people off from using who you are against you is to be honest and open first, to talk about yourself before they talk about you.” "Your Silence Will Not Protect You", è il componimento che raccoglie questo messaggio: la parola ha un enorme potere e va sfruttato sapientemente.

Sempre la presa di coscienza ne fa da padrona in un’opera prosastica di Audre, Zami: A New Spelling of My Name (1982) in cui l’oggetto di studio personale è l’identità di genere, accompagnato a un nuovo battesimo, che etimologicamente rivela la nuova forza di Audre: Zami è una parola che a Carriacou, piccola isola caraibica, indica le donne che lavorano insieme come amiche e amanti. Si tratta di un diario, un racconto, un monologo che tocca un arco di tempo che va dalla sua infanzia negli anni della lunga depressione, fino alla fine degli anni ‘50.

L’auto-mito-biografia non nasconde nulla della durezza con cui affronta la presa di coscienza di sé e il rafforzamento della sua identità attraverso la cronologia degli eventi della sua vita.

In Zami, Audre pone l’accento sul razzismo e sul sessismo, vedendoli come due elementi che pervadono violentemente e totalmente la vita di chi li subisce, devastandone la psiche e gli affetti. Nonostante ciò, ci si pone in relazione con questi due problemi solo a livello pubblico, mentre a detta di Audre è proprio nel campo degli affetti che dovrebbero essere rivendicati i diritti umani.

Zami indaga il trauma provocato dalla definizione da parte di altri, quella definizione dispregiativa e negativa che rende la vita difficile, indurendo le persone, confondendole e spogliandole della capacità di tenerezza, confronto e conforto. La dimensione pubblica della discriminazione, tanto fisica quanto verbale e con gesti di disprezzo pubblico, spinge le sue vittime a negare la discriminazione e minimizzare l’umiliazione, proprio come successe ai suoi genitori o alle sue compagne lesbiche nella giovinezza.

Da questo punto di vista è molto importante la parentesi messicana del 1954 vissuta dall’artista, sia per come vedrà da allora in poi gli altri americani, sia per un primo raffronto su come, persino tra i progressisti, l’omofobia interiorizzata impedisse ogni discorso e ogni presa di coscienza politica riguardo la sessualità.

Sopravvivere al trauma del sessismo e del razzismo non è semplice. Non lo è nemmeno per chi, forte come lei, sopravvive all’America misogina e omofoba del maccartismo. La profonda analisi del sé condotta da Audre durante la sua vita l’ha sempre posta in una condizione di estrema consapevolezza, assolutamente restia a farsi definire dagli altri a senso unico e porsi sempre fuori dalle categorizzazioni. Una vera e propria outsider, scomoda per la società misogina degli anni ‘50 e ‘60, anni durante i quali appartenere a un gruppo era sinonimo di protezione e sopravvivenza nella lotta identitaria, Audre Lorde sceglie di restare da sola: dalla sua analisi delle dinamiche di gruppo ha ben capito come il meccanismo dell’inclusione/esclusione in base alle somiglianze e all’aderenza a certe maniere, idee e abbigliamento, funzioni in maniera oppressiva e limitante e non rende immuni dall’odio di sé.

Zami affronta tutto questo e, proprio partendo dal significato di questo nuovo nome, possiamo comprendere ancora di più il messaggio veicolato dalla scrittrice in Sister Outsider: Essays and Speeches (1984). In questa pubblicazione Audre si focalizza sulla necessità di comunicare al mondo le esperienze di vita e le battaglie dei gruppi marginalizzati, in particolar modo le donne afroamericane e tutto il genere femminile.

Indirizzandosi direttamente a loro, le invita a trovare un terreno comune su cui lottare e cercare di diventare visibili a quante più persone possibili, in una società assolutamente repressiva e discriminante. Laddove un sistema patriarcale e razzista vede nelle differenze qualcosa da combattere e reprimere, le donne, a detta di Audre, devono vederci la fonte della loro forza e il coraggio di esistere nel mondo, creando una comunità che abbraccia le differenza portando finalmente alla liberazione dagli schemi. 

E cosa può aiutare più di qualsiasi altro mezzo, se non ciò che ha già aiutato Lorde e ha rappresentato il medium di salvezza maggiore per lei? La parola, ancora una volta, riveste una importanza assoluta, anche quando si ha paura di essere marginalizzati e oppressi. Ma Lorde è categorica e sprona a farlo:

 

"The transformation of silence into language and action is a self-revelation, and that always seems fraught with danger." (“The Transformation of Silence into Language and Action” in Sister Outsider: Essays and Speeches, Ten Speed Press, 2007, 40–44).

 

La gente ha paura, ma tacere non fa bene, non fa smettere l’oppressione:

 

"We can sit in our corners mute forever while our sisters and ourselves are wasted, while our children are distorted and destroyed, while our earth is poisoned; we can sit in our safe corners mute as bottles, and we will still be no less afraid." (ibid.)

 

Sulla scia di questa sua presa di posizione senza mezze misure che nel 1980, insieme a Barbara Smith and Cherríe Moraga, fonderà Kitchen Table: Women of Color Press, la prima casa editrice americana per donne di colore.

 

4. Contro il binarismo: Audre Lorde e il womanism

L’intera produzione di Lorde rifiuta categoricamente le discriminazioni multiple che pervadono la nostra società, partendo soprattutto dallo scomodo binarismo di genere e sessuale tra uomini e donne.

Sebbene il movimento femminista abbia visto nella contrapposizione uomo-donna una ragion d’essere, per Audre non deve perdersi di vista come all’interno della stessa compagine femminista vi sia molta differenza, per orientamento di genere, sessuale, etnico, culturale in senso ampio, tra le stesse donne. Diversi fattori contribuiscono a rendere ciascuna diversa dall’altra all’interno del gruppo: dall'etnia alla classe sociale; dalle generazioni allo stato di salute. Oltre ai già menzionati genere e sesso.

Nel documentario di Ada Gay Griffin e Michelle Parkerson's dal titolo A Litany for Survival: The Life and Work of Audre Lorde, Lorde riassume perfettamente questa idea di molteplicità e come tutti combattiamo delle battaglie su più fronti, in una vita che non può assolutamente quindi essere ingabbiata in continue classificazioni dicotomiche: 

 

"Let me tell you first about what it was like being a Black woman poet in the '60s, from jump. It meant being invisible. It meant being really invisible. It meant being doubly invisible as a Black feminist woman and it meant being triply invisible as a Black lesbian and feminist". (Griffin, Ada Gay; Michelle Parkerson. "Audre Lorde", BOMB Magazine Summer 1996)

 

In un suo saggio del 1984, "The Master's Tools Will Never Dismantle the Master's House", Lorde accusa il movimento femminista, di origine bianca, di non tenere in considerazione le differenze etniche al suo interno e di portare avanti in questo modo il patriarcato e il sessismo della società in cui si combatte. Rifiutando di riconoscere queste differenze, il movimento femminista previene qualsiasi reale forma di cambiamento definitivo nella società. Nel farlo, il paragone di Lorde non lascia margine a dubbi e perplessità: le donne bianche che non vedono nell’etnia un tema da abbracciare nella lotta di genere sono, come gli uomini bianchi, i primari agenti dell’oppressione sociale.

Audre scrive nel suo saggio "Age, Race, Class, and Sex: Women Redefining Difference," tratto da Sister Outsider: Essays and Speeches:

 

"Certainly there are very real differences between us of race, age, and sex. But it is not those differences between us that are separating us. It is rather our refusal to recognize those differences, and to examine the distortions which result from our misnaming them and their effects upon human behavior and expectation. [...] As white women ignore their built-in privilege of whiteness and define woman in terms of their own experience alone, then women of color become 'other'." (pp-114-123)

 

Lorde, quarantanove anni, nera, madre di due figli, femminista, lesbica e socialista, è considerata qualcosa di diverso, scomodo se vogliamo, agli occhi di un patriarcato e di una società eterosessuale capitalista. Lorde è qualcosa di deviato, altro, inferiore. Lei però non rinuncia alle sue istanze, a quello per cui combatte fieramente. La sua ideologia si allontana sempre di più da quella del femminismo così come vissuto ampiamente dalle sue contemporanee per avvicinarsi, invece, al womanism, che permette alle donne nere di affermare e celebrare pienamente e con consapevolezza il loro colore e la loro cultura in un modo estraneo al femminismo. 

Questo per Lorde deriva anche dalla storia dell’Europa Occidentale che condiziona la gente a rintracciare differenze in modo semplicistico, rifiutandole in toto o copiandole in parte. Lorde non può accettarlo. Per questa ragione è inevitabile che si avvicini al womanism, termine coniato dall’autrice e poeta Alice Walker proprio con la voglia di distinguere le donne nere e le altre minoranze rispetto all’etnia bianca. 

Il femminismo è un insieme di movimenti e ideologie che condividono l’obiettivo comune di definire, stabilire e raggiungere l’uguaglianza politica, economica, culturale, personale, giuridica per le donne. Questo, però, imponendo una semplicistica opposizione tra uomo e donna, non fa che escludere concetti di razza e genere dai fattori alla base delle differenze in un gruppo. Il womanism include gli obiettivi del femminismo ma va oltre i suoi limiti.

Nella sua accezione sicuramente più stretta, questa corrente di pensiero si forma in risposta ai sempre più dilaganti stereotipi razziali nel movimento femminista. In un senso più ampio, invece, può essere interpretata come una prospettiva di cambiamento sociale basata sui problemi quotidiani e le esperienze di vita delle donne di colore e delle donne delle altre minoranze demografiche. Può essere interpretata, inoltre, come una prospettiva che cerca in modo più ampio delle metodiche per sradicare completamente le ineguaglianze per tutte le compagini demografiche della società, non solo le donne di colore, con un vero e proprio approccio socialista ed egualitario.

Una delle critiche sicuramente più frequenti alla corrente in quanto tale è l’assenza di principi e discussioni sulla sessualità. In questo senso Lorde si avvicina alla corrente, cercando di rafforzarla, diventando un simbolo per molte altre donne, nella contrapposizione al femminismo dell’epoca.

Altra critica spesso mossa al womanism è la poca capacità di individuare l’omosessualità all’interno della comunità. Infatti, molto poco di tutta la letteratura del movimento si pone in dialogo con la compagine omosessuale. Anche Lorde ha sottolineato questo aspetto indicando come spesso la necessità di unione, in realtà, si trasformi in una necessità di omogeneizzazione, quindi di appiattimento delle differenze:

 

"A fear of lesbians, or of being accused of being a lesbian, has led many Black women into testifying against themselves". 

 

Contrariamente a questo, Audre ha alle spalle un percorso di presa di coscienza della propria identità sessuale tale da non poter restare impassibile a quella restrizione. Con una apertura ideologica come la sua e una così forte consapevolezza di sé, Audre non poteva che essere eletta a modello di forte impatto per la società lesbica e per le minoranze in generale, oggi come allora.

 

5. Bibliografia

Lorde, Audre; Sister Outsider: Essays and Speeches. Crossing Pr; Reprint edizione (2013)

Griffin, Ada Gay; Parkerson, Michelle. A Litany for Survival: The Life and Work of Audre Lorde (1995)

Griffin, Ada Gay; Parkerson, Michelle. "Audre Lorde", BOMB Magazine (Summer 1996)

 

Immagini

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