William Utermohlen: l'immortalità dell'effimero

Francesca Corsetti

William “Bill” Utermohlen è stato un artista americano il cui lavoro ha raggiunto una certa notorietà postuma per la piega particolarmente toccante che ha preso la sua carriera. Attraverso una serie di autoritratti realizzati dopo la diagnosi del morbo di Alzheimer, Utermohlen ci ha regalato un’osservazione intima e inquietante di come il deterioramento cognitivo possa plasmare la percezione di noi stessi.

 


1. Sulla vita, l’arte e la malattia di Utermohlen 

2. Fonti



1. Sulla vita, l’arte e la malattia di Utermohlen 

William Utermohlen nacque nel 1933 a Philadelphia, unico figlio di genitori tedeschi. 

Nel 1951 vinse una borsa di studio per la Pennsylvania Academy of Fine Arts. Dopo il servizio militare nel 1953, viaggiò attraverso Francia, Spagna e Italia, dove sviluppò un affetto profondo e duraturo per le opere di Giotto, Piero della Francesca, Andrea Mantegna e Nicolas Poussin. Nel 1957 si iscrisse alla Ruskin School of Art di Oxford. Nel 1962 si stabilì a Londra, dove conobbe e sposò la futura storica dell’arte Patricia Redmond nel 1965. Allestì la sua prima grande mostra d’arte nel 1969 alla Marlborough Gallery.

L'arte di Utermohlen può essere suddivisa in sei cicli tematici distinti. Il primo, realizzato tra il 1962 e il 1963, comprende le opere mitologiche.

Tra il 1964 e il 1966, invece, iniziò il ciclo ispirato ai 34 canti dell’Inferno di Dante, un progetto ambizioso che lo vide produrre un grande dipinto per ogni canto. Questo secondo ciclo riflette tanto l’influenza dei maestri del Rinascimento quanto quella dell’astrattismo e della Pop Art, e segnò la sua maturazione come pittore figurativo.

Il ciclo successivo, quello dei Mummers (1969-70), raffigura i suo ricordi della Mummers Parade, la parata di Capodanno di South Philadelphia, dal suo esilio londinese. La parata è una delle tradizioni folcloristiche americane più antiche: vi partecipano gruppi mascherati che sfilano e competono in diverse categorie, come danza, musica e recitazione. In una lettera del novembre 1970 (GV Art, London, 2012: 8), Utermohlen scrive:

 

“La parata sta diventando un veicolo per esprimere la mia ansia per le difficoltà che i media ci presentano con un flusso incessante. Le minacce di olocausto, carestia, pestilenza e guerra del Vietnam rientrano tutte nella parata. Trovo che questi problemi si adattino facilmente nella danza affollata, vorticosa e vertiginosa eseguita all'inizio di ogni anno.”

 

Da questo ciclo emerge anche la sua consapevolezza del concetto di distinzione di classe, poiché Utermohlen vedeva la parata come l'unico momento dell'anno in cui i lavoratori portuali che vi partecipavano avevano modo di occupare il centro della città. In effetti, in merito al suo dipinto Old Glory (1970), Utermohlen aveva commentato che, tra le persone non qualificate per combattere, erano proprio loro quelle più comunemente richiamate dalla leva.

Segue, non a caso, la serie War del 1972, ispirata alla guerra del Vietnam. In questo ciclo, spicca l’opera Soldier and Reflection (1972), dipinto commemorativo ai soldati americani morti in guerra. Nel quadro, un soldato morente giace sotto un albero di palma, simbolo del martirio. In questa figura è stata riconosciuta la sua impostazione classica per i riferimenti, nei drappeggi delle uniformi e nella posizione reclinata, all’Orazione dell’Orto di Andrea Mantegna e alla Resurrezione di Piero della Francesca. 

Succedono al ciclo di guerra anche i Nudi del 1973-74 e, infine, i Conversation Pieces del 1989-1991,grandi dipinti di interni, con scene di svago che ritraggono lui e la moglie, talvolta con amici, nel loro nuovo appartamento a Little Venice, a Londra. 

In retrospettiva, queste opere assumono un significato particolare: il tono nostalgico e la percezione distorta dello spazio e della forma umana lasciano trapelare i primi segnali dell’Alzheimer, che sarebbe stata diagnosticato solo nel 1995.

La moglie Patricia ha contestato questa interpretazione, sottolineando che Utermohlen  era solito giocare con le configurazioni spaziali anche in opere molto precedenti. In un’intervista alla rivista STIR, lei stessa affermò che:

 

“è importante collocare William nel movimento post Pop Art. Egli ha adattato la colorazione piatta dei manifesti di quel periodo al suo modo di dipingere. Bisogna sempre ricordare che aveva ricevuto un'educazione artistica classica, era un magnifico disegnatore di stampo classico, ma sempre adattandola allo spazio piatto del modernismo, simile a un poster.”

 

L’ultimo dipinto grande di Utermohlen è intitolato Blue Skies, del 1995. Il dipinto raffigura la reazione dell’artista alla diagnosi dell’Alzheimer: aggrappato al tavolo quasi come fosse una zattera nella desolazione del suo studio blu e giallo. Al National Hospital for Neurology and Neurosurgery era stato incoraggiato dal dottor Martin Rossor e da un infermiere di nome Ron Isaacs a iniziare a disegnare autoritratti. Questi sono stati in seguito ritenuti clinicamente affascinanti, divenendo oggetto di un articolo pubblicato nel giugno 2001 sulla rivista medica The Lancet.

Gli autoritratti mostrano una progressiva astrazione della figura causata dalla graduale perdita della capacità di riconoscersi che sperimentano i pazienti affetti da Alzheimer. Questa condizione è nota come “agnosia” e comporta anche il declino della facoltà di riconoscere degli oggetti.

Non è un caso che il suo stile, accostato dalla stessa moglie all’espressionismo tedesco, venga piuttosto associato in questa tarda fase all’impressionismo, per la lenta scomparsa della precisione nella manualità.

 L’agente rappresentante Chris Boïcos della Chris Boïcos Fine Arts scrisse del suo lavoro:

 

“rivela che anche all'inizio della demenza, e per molti anni dopo, i pazienti possono essere profondamente consapevoli della loro condizione e possono pensare ai propri sentimenti, alle proprie percezioni e ai propri limiti, anche se non possono più esprimerli attraverso il linguaggio. Bill ha continuato a dipingere e disegnare, concentrandosi sempre di più sulle proprie rappresentazioni di sé, per un periodo di 10 anni dall'inizio visibile della malattia, dal 1990 al 2000. Quindi, una persona affetta da demenza rimane un essere pensante e riflessivo e un individuo unico nonostante le apparenze.”

 

Con i riferimenti al contesto sociale contemporaneo, alle opere classiche, al corpo o alla psiche, la produzione artistica di William Utermohlen si configura come un profondo studio della condizione umana. Attraverso un dialogo costante con i grandi maestri del passato e un’ultima e intima riflessione sul proprio declino cognitivo, Utermohlen ha reso il suo lavoro un’indagine universale sulla vulnerabilità e sull’identità umana.



2. Fonti

Illinois Wesleyan University. Pursuing the Ephemeral, Painting the Enduring: Alzheimer’s and the Artwork of William Utermohlen. 2015.

Bahadur, Tulika. “Colourful Conversation Pieces to Dramatic Self-Portraits under Alzheimer’s: The Life of William Utermohlen” su onartandaesthetics.com (data di ultima consultazione 12/09/2024)

GV Art, London. William Utermohlen 1933-2007: A Retrospective. 2012.

Sharma, Manu. “William Utermohlen’s critical works reveal extent of Alzheimer’s disease” su stirworld.com (data di ultima consultazione 12/09/2024)

Immagine 1 da onartandaesthetics.com (data di ultima consultazione 12/09/2024)

Immagine 2 da williamutermohlen.com (data di ultima consultazione: 18/09/2024)

Immagine 3 da onartandaesthetics.com (data di ultima consultazione 12/09/2024)