Francesca Corsetti
Constance Fenimore Woolson fu una scrittrice talentuosa e prolifica: i sei romanzi e le dozzine di racconti pubblicati ne testimoniano la capacità e l’inclinazione nel rappresentare la vita nella sua complessità.
Nata nel 1840 nel New Hampshire, Woolson non ebbe una gioventù facile: molti dei suoi fratelli e sorelle persero la vita da giovanissimi per scarlattina o tubercolosi; aveva una predisposizione alla depressione clinica e una patologia degenerativa dell’udito la rese quasi sorda prima dei trent’anni. Nonostante questo, acquisì fin da giovane il gusto per il viaggio grazie al padre, con cui esplorò i paesaggi e i villaggi pittoreschi del New England.
Nel 1869, lo stesso anno in cui suo padre morì, Woolson inviò il suo primo fascicolo di racconti all’Harper’s Magazine. Le sue opere le assicurarono un successo quasi immediato: i suoi racconti, gli sketch e le poesie apparivano regolarmente anche sul The Atlantic Monthly e sullo Scribner’s Magazine. I suoi primi scritti erano infatti ambientati nella natura della regione dei Grandi Laghi, le cui descrizioni realistiche la collocano nella cerchia dei local-colorist.
Oltre a ciò Woolson era interessata alle figure marginali della società, come le donne non sposate, gli orfani e gli emarginati. Esplorava i limiti e le sfide posti dalle barriere ideologiche di genere e di classe, delineando quegli individui il cui fallimento era rappresentato unicamente dal loro anticonformismo. A questo scopo, Woolson utilizzava come punto di vista quello dell’outsider, cioè dell’estraneo e dello sfavorito.
Ad esempio, nelle storie ambientate nel Sud degli Stati Uniti, leggiamo la storia dalla prospettiva di un abitante del Nord trapiantato in un ambiente e in una cultura estranei. Nelle storie a tema artistico-letterario, invece, il punto di vista è quello di una donna che non è accettata come pari dalla cerchia dominante maschile e maschilista.
Le donne di Woolson sono spesso ambiziose, estranee a qualunque luogo e al tradizionale racconto a tema matrimoniale (marriage plot, ndr.) ma sempre in cerca di un’esistenza indipendente. La vita stessa di Woolson rispecchia quella dei suoi personaggi: l’autrice viveva e scriveva in tanti luoghi diversi tra l’America e l’Europa, rifiutando ogni prospettiva di matrimonio e maternità.
Infatti, l’autrice rimase in America fino alla morte della madre, avvenuta nel 1879. Si spostò quindi in Europa, soggiornando prima in Inghilterra, in Francia e infine in Italia, dove incontrò Henry James nel 1880. Viaggiare era forse un modo di affrontare ed esprimere il conflitto tra la volontà di appartenere alla propria società e sfuggirne: un tema che ricorre spesso nella sua produzione.
In generale, nell’opera di Woolson si possono distinguere in tre fasi differenti: le storie dei Grandi Laghi, la cui produzione è apprezzata per l’accuratezza nella rappresentazione dei luoghi; il periodo meridionale, in cui tratta il tema del razzismo e delle inconciliabili differenze tra Nord e Sud; infine, il periodo Europeo, in cui si allontana dal regionalismo americano tendendo verso il realismo psicologico, una tecnica favorita da Henry James, per cui vale la pena citare racconti come “Miss Grief” e “In Sloane Street”. Il periodo in Europa si è rivelato anche il più produttivo per la stesura di ben cinque dei suoi sei romanzi, cominciando con Anne del 1880.
Più e più volte accade che chi si cimenta a raccontare la vita di Constance Fenimore Woolson lo faccia a ritroso, cominciando dalla fatidica caduta da una finestra di Palazzo Semitecolo a Venezia sulla calle retrostante, accaduta il 24 gennaio 1894. Oppure dall’immagine inquietante dei suoi vestiti: degli abiti neri di seta che galleggiano nell’acqua come grandi palloncini e che l’autore e amico Henry James cercò invano di affogare nella laguna con il remo della sua gondola. Queste immagini, insieme al mistero che aleggia intorno alla relazione con James, sembrano essere i dettagli più interessanti sulla sua storia, impressi nella memoria collettiva più di ogni altro elemento. E allora, è giusto affrontare l’argomento.
Innanzitutto, è doveroso specificare che non si hanno certezze se quella caduta dal terzo piano sia stata volontaria o meno. Numerose sono state le considerazioni persino sull’altezza delle finestre di Palazzo Semitecolo, che si sono rivelate abbastanza basse da consentire una caduta accidentale. Oggi, nella parte inferiore di quelle finestre, vediamo collocate delle inferriate.
Con la sua morte, Woolson viene messa da parte, se non altro per essere ricordata nei decenni successivi unicamente in relazione con altri uomini e per merito degli stessi: Constance Fenimore Woolson, la pronipote di James Fenimore Cooper e la patetica amica, probabilmente innamorata, di Henry James. Per questo, non sorprende che il suo racconto più famoso sia “Miss Grief”, pubblicato sul Lippincott’s Magazine nel 1880, che seppur scritto prima di incontrare Henry James, sia stato spesso interpretato in chiave biografica.
Non c’è dubbio che il legame con James fosse diventato tanto intrigante quanto misterioso: a quanto pare, la loro intimità si rafforzò a tal punto che convennero di distruggere le lettere che si scambiavano. Ne rimangono, oggi, solo quattro.
Tuttavia, fin troppo spesso, nella letteratura e nell’arte, il suicidio femminile è storicamente rappresentato come una reazione a un rifiuto o alla mancanza di attenzioni da parte di un uomo. Basti pensare a Ofelia, suicida per il rifiuto di Amleto, o a Sybil Vane, per quello di Dorian Gray. Neanche Woolson è sfuggita a questa narrazione: Leon Edel, il più importante biografo di Henry James, ha proposto la versione secondo cui Woolson si sarebbe gettata in preda alla disperazione a causa del rifiuto di James.
Anne Boyd Rioux, autrice della biografia Constance Fenimore Woolson: Portrait of a Lady Novelist (2016), ha condiviso alcune sue riflessioni in merito durante la fase di stesura del libro. Dopotutto, individuare la causa del suicidio è ciò che ha provocato grande interesse anche tra i cultori, ma trattare l’argomento può rivelarsi una questione estremamente complessa. Non sorprende che la risposta che si è data, infatti, è che ci sono tante ragioni.
Spostando finalmente l’attenzione da Henry James sulla diretta interessata, vediamo una donna la cui salute peggiorava, che temeva di esaurire le proprie risorse finanziare, che non riusciva più a scrivere: una donna che non vedeva più un futuro per sé. Altre interpretazioni vanno da quello che conosciamo come suicidio razionale a una lettura femminista, come asserzione definitiva della libertà di scelta. Naturalmente, la questione è tanto interessante quanto irrisolvibile. Ciò che conta adesso è riconoscere che, come afferma Boyd, Woolson was no Ophelia, e consentirle almeno in punto di morte di sfuggire alla vanità maschile.
Se Constance Fenimore Woolson è stata un’autrice di successo, allora perché ci siamo dimenticati di lei? Woolson è morta a cinquantatre anni, nel 1894, con una nuova epoca alle porte e un mutamento generale nei gusti letterari. Nella sua biografia, Rioux fa notare come, a differenza dello stesso Henry James, la sua morte prematura non le ha dato modo di né di reinventarsi come modernista, né di vincere alcun premio, come è invece successo con il Premio Pulitzer per Edith Wharton (1921) e Willa Cather (1923).
Morta al volgere del secolo, Woolson è stata sepolta insieme a una generazione passata, quella della narrativa sentimentale e local color di cui faceva parte anche Sarah Orne Jewett. Neppure il grande amico Henry James si è impegnato per conservarne la memoria o per rendere omaggio al suo lavoro, nonostante continuò a essere per lui fonte di ispirazione.
Gli omaggi in seguito alla morte all’autrice arrivarono tempestivi e numerosi da entrambe le sponde dell’Atlantico: Edmund C. Stedman non esitò a comparala a Jane Austen o alle sorelle Brontë, definendola una delle donne più influenti della letteratura americana del secolo; mentre secondo Charles D. Warner, fu una delle prime in America a portare il racconto breve alla sua attuale eccellenza.
Non ci fu, però, alcuna parola compassionevole per lei. Il movente del presunto suicidio si sparse altrettanto repentinamente, individuato nella sua presunta “eccentricità”, un termine in codice per indicarne la pazzia e lo squilibrio mentale. Secondo Rioux, non si era ancora formato un senso di commozione nei confronti dell’artista suicida. L’oblio di Woolson sarebbe dunque una normale conseguenza al suicidio nella società prebellica, dove questo era visto unicamente come sintomo di una mente malata, anziché di una società inadeguata.
Fu Leon Edel a ripresentarla al pubblico negli anni Sessanta, seppur unicamente in relazione a Henry James e con toni decisamente screditanti. I primi studi accademici volti ad avvalorare il suo lavoro arrivarono invece a partire dagli anni Ottanta. Nonostante un lento processo di rivalutazione, c’è ancora molta strada da percorrere per riparare l’offesa nei confronti di una delle scrittrici americane più affermate e talentuose di fine Ottocento.
Constance Fenimore Woolson su lehigh.edu (data di ultima consultazione: 08/03/2024)
Healey, Christina. “The Antiquary and Literary Criticism in the Short Stories of Constance Fenimore Woolson” su jstor.org (data di ultima consultazione: 08/03/2024)
Matheson, Neill. “Constance Fenimore Woolson’s Anthropology of Desire” su jstor.org (data di ultima consultazione: 08/03/2024)
Nelson, Max. “Betrayed by Henry James” su newrepublic.com (data di ultima consultazione: 08/03/2024)
Rioux, Anne B. Constance Fenimore Woolson: Portrait of a Lady Novelist (2016).
Rioux, Anne B. “Reading Woolson’s Suicide” su anneboydrioux.com (data di ultima consultazione: 06/03/2024)
Foto 1 da ettamadden.com (data di ultima consultazione: 08/03/2024)
Foto 2 da thedailybeast.com (data di ultima consultazione: 08/03/2024)