L’arte per la vita: il realismo della Ashcan School

Francesca Corsetti

Nel cuore pulsante di una New York di fine Ottocento, un piccolo gruppo di artisti da Philadelphia diede vita a una rivoluzione artistica documentando la realtà urbana, alienante e degradante della metropoli, in tutta la sua cruda autenticità

 

1. Robert Henri e Gli Otto

2. La Ashcan School e il realismo urbano della metropoli

3. Fonti


1. Robert Henri e Gli Otto

La storia della Scuola Ashcan comincia con quella del suo fondatore. Robert Henri studiò en plain air alla Pennsylvania Academy of the Fine Arts di Philadelphia, per poi spostarsi a Parigi. Dopo un periodo di formazione tra le due sponde dell’Atlantico, rientrò in America per insegnare alla Philadelphia School of Design for Women, adottando uno stile completamente diverso. 

Henri incoraggiava ogni artista a essere un reporter metropolitano: per lui, il compito dell’artista andava oltre l’osservazione delle tendenze da una distanza obiettiva, per immergersi nella stessa realtà urbana. Spronava gli studenti a superare le divisioni tra arte alta e arte popolare, creando opere che parlassero del presente, ma con la qualità duratura di un dipinto tradizionale. A Philadelphia, le sue idee attrassero l’interesse di alcuni illustratori: la particolarità della Scuola Ashcan era proprio quella di non essere nata da un gruppo di artisti propriamente detti. 

Era il 4 aprile 1907 quando sei artisti si riunirono nello studio di Henri per discutere l’idea di organizzare una mostra. Dopo numerosi incontri, discussioni e un contributo di cinquanta dollari da parte di ciascuno di loro per l’affitto della galleria, il progetto di concretizzò. La mostra si sarebbe tenuta a New York. In una lettera del 14 maggio, Henri scrisse alla madre: 

 

"È stato deciso che a febbraio Davies, Sloan, Glackens, Luks, Prendergast, Shinn, Lawson e io terremo una mostra di circa cinque quadri ciascuno presso le Macbeth’s Galleries. La notizia è già apparsa sui giornali. La Macbeth’s Gallery è ora – la sua nuova sede – la migliore galleria della 5th Avenue per una mostra di questo tipo.” (Homer, 54)

 

Nasce così The Eight, gli otto, il nome della mostra e del gruppo che diede il via a una delle correnti artistiche più importanti del ventesimo secolo americano. Come si legge nei diari di Henri e di John Sloan, il nome non fu dato dagli artisti stessi. Lo si trova per la prima volta in un articolo firmato da Frederick J. Gregg sull’Evening Sun del 15 maggio 1907, probabilmente per accorciare il nome che altri giornalisti avevano affibbiato al gruppo, come gli Otto Pittori Indipendenti, o gli Otto Secessionisti, o ancora la Società degli Otto. 

La mostra catturò subito l’attenzione del pubblico. Infatti, The Eight fu organizzata in opposizione alla mostra della National Academy of Design, che si teneva annualmente ogni primavera e indirizzava il gusto artistico popolare. Ebbe, infatti, un grande successo: Henri scrisse in una lettera che la galleria era piena tanto quanto ci si aspetterebbe per una mostra dell’accademia, mentre Sloan scrisse nel suo diario che, l’8 febbraio 1908, circa trecento persone entravano in galleria ogni ora, con almeno ottanta persone sempre al suo interno. 

Seppur con qualche critica verso il loro fantomatico radicalismo, la mostra fu tanto sensazionale quanto scioccante. Nei loro dipinti, ma anche litografie e illustrazioni, gli artisti si concentrarono sulla raffigurazione della realtà newyorchese, con un occhio di riguardo verso il suo lato più scuro, gli eventi politici e le condizioni sociali

Ciò nonostante, il gruppo espose soltanto quell’unica volta a New York nel 1908. Negli anni successivi, gli otto artisti hanno perseguito interessi artistici diversi. Si riunirono in quest’unica occasione per manifestare un’avversione comune all’accademismo dominante, abbracciando temi socialmente impegnati. 

Era chiaro che il gruppo non fosse legato da alcun credo o scuola artistica. In una bozza di una lettera all’editore David H. Dodge del 1907, Henri elogiava l’individualità stilistica degli altri membri del gruppo, nonostante si fossero avvicinati a temi simili:

 

“Hanno lavorato per anni sviluppando e producendo sulla stessa linea in cui si trovano ora, ognuno molto diverso dall'altro - nessuna unità in nessun culto della pittura - simili solo in quanto tutti concordano che la vita è il soggetto e che la visione e l'espressione devono essere individuali.” (Homer, 59)

 

In particolare, Davies, Prendergast e Lawson avevano uno stile diverso dai cosiddetti “Philadelphia Five”, elemento che ha spesso portato a trascurarli nel considerare l’importanza storica dell’esibizione. I cinque artisti di Filadelfia, noti per le loro scene urbane senza veli, diventeranno invece noti con il nome di Ashcan School.

 

2. La Ashcan School e il realismo urbano della metropoli

La Ashcan School emerge in un periodo e in un contesto di grande cambiamento sociale ed economico negli Stati Uniti. In questi anni, New York si stava evolvendo a metropoli. Nel 1885 veniva innalzato il primo grattacielo (il Washington Building), segno tangibile di una modernità incombente. L'industrializzazione e l'urbanizzazione stavano trasformando il panorama del paese, portando alla crescita delle città e all'aumento delle disuguaglianze sociali.

Immigrazione di massa, cultura del consumo, disuguaglianze sociali: lo scenario di una New York sempre più caotica di fine dell'Ottocento non è stato solo uno sfondo, ma un vero e proprio protagonista nelle opere degli artisti visivi americani, in particolare degli impressionisti e realisti. 

Entrambi i movimenti rifiutavano l’attenzione meticolosa alla tecnica e ai soggetti fittizi dell’accademia di pittura, ma in maniera differente. Gli impressionisti americani, rifacendosi a quelli francesi, rappresentavano paesaggi e scene intime della vita quotidiana della classe media, utilizzando la luce naturale, pennellate rapide e una tavolozza dai colori vivaci.

Sfidando l’ormai tradizionale preferenza accademica dell’arte per l'arte, che aveva dominato l’establishment artistico americano per molti decenni, gli artisti realisti della Ashcan School, sostenevano piuttosto il credo di Henri dell’art for life’s sake, l’arte per la vita e, per estensione, per la società

Il loro stile era ispirato Velázquez, Goya e Rembrandt, di cui Henri aveva ammirato la grande forza drammatica. Questa era originata non tanto dal rispetto dei colori e della luce naturali, quanto dall’uso dei forti contrasti per enfatizzare certi aspetti dell’esperienza visiva. Per Henri, era questo l’antidoto perfetto. Dai maestri europei avevano ripreso le tonalità scure e il contrasto intenso tra luce e ombra, la pennellata espressiva e le forme per così dire “calligrafiche”, da poter effettuare al volo, come avevano sempre fatto in qualità di illustratori.

New York di fine Ottocento e inizio Novecento divenne un centro traboccante di materiale grezzo per una moltitudine di storie e immagini. Seguaci di Walt Whitman, gli artisti Ashcan si interessavano al dinamismo delle strade, osservavano il bello così come la miseria, e l’arte realista forniva loro il linguaggio espressivo più adatto. Scegliendo di rappresentare le zone inesplorate e mai ritratte della città, come la Lower East Side, questi artisti documentano e mostrano al grande pubblico i problemi legati alla povertà urbana e all’immigrazione. Il loro stile è stato per questo definito realismo urbano o anche realismo giornalistico. Infatti, per quanto fossero immersi nella realtà newyorchese per documentarla, non si posero mai come critici o fautori di una riforma sociale.

Tuttavia, nonostante si impegnassero a documentare gli aspetti negativi dell’esistenza urbana delle classi più povere, i realisti stessi conducevano una vita piacevolmente borghese. Evitando i disordini civili nelle strade e tensioni di classe, i loro dipinti non sono mai così diretti o inquietanti come quelle delle loro controparti europee o delle immagini riformiste di fotografi americani come Jacob Riis, per quanto anche lui venga incluso nel grande ombrello della scuola Ashcan. Ne è un esempio lo scatto One of four Pedlars Who Slept in the Celler of 11 Ludlow Street Rear (Uno dei quattro venditori ambulanti che dormivano nella cantina all'11 di Ludlow Street Rear, ndt.) 

La spinta avanguardista della Ashcan School, tuttavia, comincia già a tramontare nel 1913. È la volta dell’Armory Show, la mostra internazionale di arte moderna svoltasi a New York, Boston e Chicago. L’Armory Show presentò al pubblico quegli autori che tutt’oggi ricolleghiamo alle avanguardie moderniste: vennero esposte opere di artisti come Henri Matisse, Pablo Picasso, Marcel Duchamp, oltre al fatto che venne dato molto più spazio ad artisti internazionali, che a quelli americani. 

Negli anni Trenta del Novecento, il lavoro degli Otto fu tuttavia recuperato e rinvigorito con la pubblicazione del volume Art in America in Modern Times (1934), nato da una collaborazione tra il Museum of Modern Art e l’American Federation of Arts. In questo libro viene riportato per la prima volta il nome “Ashcan School per indicare la prima generazione di realisti americani. Il nome, che significa letteralmente “spazzatura”, molto probabilmente deriva dagli stessi detrattori di Henri, che avevano definito il suo stile “the garbage can school of painting,” cioè la scuola di pittura del bidone della spazzatura. 

Nonostante il nome, i realisti della Ashcan School costituiscono un tassello fondamentale nel panorama culturale statunitense insieme alla controparte letteraria naturalista, con le produzioni di Stephen Crane, Theodore Dreiser e Frank Norris. La prima e unica mostra degli Otto, infatti, viene oggi considerata uno spartiacque nella storia dell’arte americana. 



3. Fonti

Corbett, David Peters. “Ashcan Perspectives” su jstor.org (data di ultima consultazione: 16/06/2024)

Homer, William. “The Exhibition of “The Eight”: Its History and Significance” su jstor.org (data di ultima consultazione: 16/06/2024)

“The Eight” su britannica.com (data di ultima consultazione: 16/06/2024)

Winberg, Barbara. “The Ashcan School” su metmuseum.org (data di ultima consultazione: 16/06/2024)

Yao, Chen. “The Urban Spectacle: New York City, Impressionist Painting, and the Ashcan School” su jstor.org (data di ultima consultazione: 16/06/2024)

Foto 1 da artlex.com (data di ultima consultazione: 16/06/2024)

Foto 2 da americanyawp.com (data di ultima consultazione: 16/06/2024)