Harold Bloom: il canone occidentale fra tradizione e inclusività

Alberto Luppino

Figura controversa eppure centrale nel panorama intellettuale del Novecento, Harold Bloom ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo della critica letteraria. Noto per aver scritto Il canone occidentale (1994), opera che ha originato accesi dibattiti sul ruolo della tradizione letteraria, sul canone e sull’inclusività, Bloom è stato una figura originale le cui idee continuano a suscitare interesse ancora oggi.

 

1. Harold Bloom: vita e opere
2. L’originalità del Canone occidentale
3. Harold Bloom e le guerre culturali degli anni ‘90
4. Il canone occidentale oggi
5. Il lettore al centro
6. Fonti


1. Harold Bloom: vita e opere

Harold Bloom, nato l’11 luglio 1930 a New York, è cresciuto nel Bronx all'interno di una famiglia di immigrati ebrei che parlava yiddish come lingua madre. Successivamente ha imparato l'ebraico e, solo in un secondo momento, la lingua inglese. La sua precoce passione per la letteratura si è manifestata quando, all’età di dieci anni, si è approcciato alla poesia di Hart Crane. Questa è stata un'esperienza tanto significativa per il suo sviluppo intellettuale da portarlo a equiparare il poeta prematuramente scomparso a figure illustri come Whitman, Dickinson o Eliot.

Dopo aver conseguito la laurea in Lettere Classiche nel 1951 presso l'Università di Cornell sotto la guida di M. H. Abrams, Bloom ha proseguito gli studi a Yale. Qui, ha ottenuto un dottorato di ricerca e maturato idee innovative spesso in contrapposizione con le correnti dominanti del suo tempo, come il New Criticism. Ha iniziato la sua carriera accademica nello stesso ateneo nel 1955, dove è diventato in seguito Sterling Professor in Discipline Umanistiche e, infine, professore emerito. Dal 1988 al 2004, è stato docente di Lingua e Letteratura Inglese all'Università di New York, seppur mantenendo il suo incarico a Yale fino alla sua scomparsa nel 2019. 

Grazie al suo lavoro prolifico e innovativo, oggi Harold Bloom viene ricordato come il più celebre e influente critico letterario del mondo anglofono, avendo contribuito a rendere i classici accessibili e rilevanti per il grande pubblico.

Tra le sue opere più significative ricordiamo: L'angoscia dell'influenza (1973), uno studio in cui espone la sua teoria poetica basata su relazioni paternalistiche fra diversi autori; Rovinare sacre verità (1989), che analizza le connessioni tra la tradizione biblica e la grande letteratura esaminando scrittori come Franz Kafka e Samuel Beckett; Visioni profetiche (1996), che unisce angelologia e letteratura con riferimenti a poeti del calibro di William Blake e Rainer Maria Rilke; Il genio (2002), un'esplorazione della letteratura mondiale attraverso i dieci attributi divini della cabala.

 

2. L’originalità del Canone occidentale

L’opera che ha reso Harold Bloom celebre a livello globale è Il canone occidentale. I libri e le scuole delle età (1994).

In questo libro, Bloom prende in esame ventisei autori che ritiene abbiano contribuito in modo significativo alla cultura occidentale, sia per il valore estetico delle loro opere che per la loro risonanza nella tradizione. Secondo il critico, infatti, un autore può ritagliarsi un posto nel canone solo attraverso la forza estetica, formata da “originalità, conoscenza, capacità cognitiva, esuberanza espressiva e padronanza del linguaggio figurato” (Bloom, 1994:35). 

La selezione di Bloom abbraccia alcuni dei più grandi scrittori occidentali: da Dante e Shakespeare (centri del canone), ai più moderni Freud e Tolstoj, sino ad arrivare a Borges, Neruda e Pessoa. Secondo lui, questi geni avrebbero plasmato la civiltà occidentale attraverso un processo continuo di conflitto con il passato e di dialogo con la tradizione

Il critico paragona il rapporto tra autore e predecessori alla dinamica ambivalente del complesso edipico: proprio come un figlio che lotta per affermare la propria identità contro la figura paterna, lo scrittore deve confrontarsi con l’eredità di chi lo ha preceduto, per forgiare il proprio stile (Abrams, 2019:155). Non a caso, il New York Times Magazine lo ha consacrato come “il critico letterario più originale d’America”.

Tra gli autori presenti nel suo testo, spicca William Shakespeare, a cui Bloom riserva un’attenzione particolare, elevandolo a fulcro del canone occidentale e definendolo “il massimo scrittore che mai conosceremo” (Bloom, 1994:9). Questo non sorprende, considerando che, qualche anno dopo, il critico pubblica Shakespeare. L’invenzione dell’uomo (1998), un’opera in cui analizza l’impronta indelebile del drammaturgo inglese nel modellare la concezione moderna dell’umanità attraverso i suoi personaggi sfaccettati. La capacità di rappresentare la complessità e la mutevolezza dell’essere umano è, secondo Bloom, la caratteristica che distingue Shakespeare dagli altri capisaldi del canone (Bloom, 1994:70).

Nel suo Canone occidentale, non solo celebra i capolavori letterari dell'Occidente, ma lancia anche una critica tagliente agli Studi Culturali emersi a partire dagli anni ‘60. Infatti, accusa la cosiddetta Scuola del Risentimento di aver portato a una degenerazione della critica letteraria. Il termine, coniato dallo stesso Bloom, indica quelle tendenze – come il femminismo, il marxismo e il post-strutturalismo – colpevoli, a suo parere, di aver distolto l’attenzione dal merito artistico autentico delle opere per concentrarsi su interpretazioni che lui considera ipocrite e superflue, riducendo la letteratura a un mero strumento per veicolare ideologie. Il critico afferma che “il movimento all’interno della tradizione non può essere ideologico né mettersi al servizio di un obiettivo sociale, per quanto moralmente ammirevole” (Bloom, 1994:35). 

Le nuove correnti, ispirandosi alle teorie di Lacan, Derrida e Foucault, tenderebbero infatti a politicizzare indebitamente la letteratura, allontanandola dalla sua finalità originaria e portando, quindi, a una balcanizzazione degli studi letterari.

Nonostante Il canone occidentale si focalizzi su ventisei autori chiave, una lunga appendice elenca centinaia di altri nomi ritenuti fondamentali dal critico. La lista sarà poi rinnegata da lui stesso sostenendo che la scrisse sotto l’insistenza dell’editore. Dividendo la storia della letteratura in quattro età, Bloom stila un elenco sorprendentemente più inclusivo rispetto alle aspettative di alcuni detrattori. Se all’interno del libro principale le autrici donne sono solo quattro (Jane Austen, Emily Dickinson, George Eliot e Virginia Woolf), in appendice si trovano autori più diversificati, includendo personalità femminili come Colette, Simone de Beauvoir, Gertrude Stein, Alice Munro e Margaret Atwood.

Con l’introduzione ai secoli XIX e XX (l’Età Caotica), Bloom ribadisce che la selezione di opere e autori non è stata guidata da politiche culturali di alcun tipo. La sua scelta include capolavori del panorama postcoloniale come I loro occhi guardavano Dio (1937) di Zora Neale Hurston e Canto di Salomone (1977) di Toni Morrison, pilastri della letteratura afroamericana, così come Il risveglio (1899) di Kate Chopin, opera fondamentale della prima letteratura femminista, e I figli della mezzanotte (1981) di Salman Rushdie, incentrato sull’indipendenza dell’India.

 

3. Harold Bloom e le guerre culturali degli anni ‘90

Harold Bloom è stato un punto di riferimento per generazioni di studenti e studiosi grazie alle sue teorie innovative sulla critica letteraria e alla sua interpretazione del canone occidentale. Tuttavia, la sua visione ha spesso sollevato questioni riguardanti la validità e l’inclusività del canone stesso, soprattutto in un periodo caratterizzato da una crescente diversità culturale.

Non sorprende che Bloom sia emerso come una figura di spicco durante le guerre culturali degli anni ‘90. Il critico si scaglia contro il concetto di morte dell’autore – introdotto da Roland Barthes e ripreso successivamente, seppur con sfumature diverse, da Michel Foucault –, che riduce l’importanza del creatore dell’opera ai minimi termini. Così come critica ferocemente coloro che vogliono eliminare dal canone tutti i “maschi europei bianchi morti”. Secondo Bloom, il genio dello scrittore è l’elemento cardine della critica letteraria e prescinde da caratteristiche accidentali:

 

“[...] per citarne solo tredici, Omero, Virgilio, Dante, Chaucer, Shakespeare, Cervantes, Montaigne, Milton, Goethe, Tolstoj, Ibsen, Kafka e Proust. Più vitali di voi, chiunque voi siate, questi autori erano indubbiamente maschi e, suppongo, «bianchi». In confronto a qualsiasi autore vivente, non sono tuttavia morti.” (Bloom, 1994:47)


Ad ogni modo, la sua reputazione di difensore dell’egemonia dei “maschi europei bianchi morti” ha scatenato accesi dibattiti, soprattutto dall’ala progressista che auspicava una rappresentazione più inclusiva delle minoranze etniche, religiose e di genere.

Le critiche al Canone occidentale sono giunte anche da voci all’interno del panorama letterario postcoloniale. Tra i suoi detrattori più noti spicca Toni Morrison, scrittrice afroamericana e Premio Nobel per la Letteratura. Morrison contesta l’esclusione di voci diverse ed emergenti, mettendo in luce la necessità di un canone letterario più inclusivo e rappresentativo della diversità globale. Rifiutando di considerare i classici come pilastri immutabili, l'autrice li ritiene, piuttosto, il frutto di processi storici e di dinamiche di potere. Non siamo in presenza di semplici collezioni fisse di opere senza tempo, quanto piuttosto di selezioni influenzate da processi di dominio e di cancellazione da parte di un’élite ristretta. Dal suo canto, Bloom ribadisce, riferendosi alla stessa Morrison, che la letteratura deve essere interpretata in modo apolitico e che non doveva confondere il suo talento con le responsabilità politiche o comunitarie (Neilson, 1996:124). Infatti, secondo il critico “la lettura vera [...] non insegna a diventare cittadini migliori” (Bloom, 1994:557). Piuttosto, la funzione principale del canone è quella di identificare gli autori che erano riusciti a ritagliarsi un posto in quella che definisce “arte della memoria”, raggiungendo l’immortalità letteraria: “il Canone è [...] una misura che cerca di mappare l’incommensurabile” (Bloom, 1994:47).

Secondo Bloom, il concetto di canone è strettamente legato alla temporalità dell’esistenza umana. Questa consapevolezza lo porta a sostenere che l’uomo debba compiere una selezione, durante la sua vita, delle opere letterarie che meritano di essere lette. A tal proposito, Bloom affronta il problema con estrema franchezza:

 

“[...] dobbiamo scegliere: poiché non abbiamo molto tempo, rileggiamo Elizabeth Bishop o Adrienne Rich? Mi rimetto in cerca del tempo perduto con Marcel Proust, oppure tento un’altra rilettura della commovente denuncia di tutti i maschi, bianchi e neri, proposta da Alice Walker? I miei ex studenti, molti dei quali sono ora illustri membri della Scuola del risentimento, affermano di insegnare l’altruismo sociale, che comincia imparando a leggere in modo altruistico. L’autore non ha un io, il personaggio letterario non ha un io e il lettore non ha un io. Dobbiamo forse riunirci sulla riva del fiume con questi generosi fantasmi, liberi dalla colpa delle autoaffermazioni passate, e farci battezzare nelle acque del fiume Lete? Che cosa dobbiamo fare per essere salvati?” (Bloom, 1994:37-38)

 

Nonostante le controversie, il contributo di Harold Bloom al dibattito culturale rimane rilevante ancora oggi. La sua capacità di stimolare una riflessione critica sul valore dei classici ha lasciato un’impronta indelebile nel campo degli studi letterari. Allo stesso modo, le tendenze multiculturaliste hanno aperto la strada a una visione più dinamica e flessibile della letteratura, promuovendo un dialogo continuo sulla sua evoluzione.

4. Il canone occidentale oggi

In un’epoca di continui cambiamenti, l’idea di un canone fisso viene messa in discussione da diverse esigenze. Da un lato, la necessità di rappresentare la crescente diversità culturale della società odierna spinge a includere opere che riflettono esperienze e voci differenti. Dall’altro, il timore è che l’inserimento di opere per mere ragioni di inclusione possa portare a perdere di vista gli elementi essenziali dei capolavori letterari: la loro impronta sulla tradizione occidentale e la loro intrinseca bellezza.

Le correnti multiculturaliste contemporanee si interrogano sulla possibilità che, a più di trent’anni dalla pubblicazione dell’opera di Harold Bloom, non siano emerse opere di sufficiente spessore da meritare l’inclusione tra i capisaldi della società occidentale. Tuttavia, sarebbe più proficuo indirizzare il dibattito su come esso possa adattarsi per includere voci diverse, senza trascurare la sua essenza storica e culturale.

Il dibattito odierno si concentra sull’applicabilità del canone occidentale di Bloom in un mondo in continua e rapida trasformazione. Alcuni dei valori espressi dai protagonisti delle opere letterarie del passato sono notevolmente diversi da quelli attuali e la Scuola del Risentimento continua a promuovere l’esclusione di quelle opere comunemente considerate canoniche che trasmettono valori razzisti o sessisti. Eppure, come sottolinea lo stesso Harold Bloom con la sua teoria dell’ansia da influenza, la letteratura occidentale è caratterizzata da un continuo dialogo intertestuale tra “autori forti”. Il canone, quindi, è soggetto a un’evoluzione e può accogliere nuove opere che si confrontano con la tradizione per arricchirla.

La sfida consiste nel trovare un equilibrio che rispetti la tradizione senza escludere l’innovazione e la diversità. In questo senso, le guerre culturali degli anni ‘90, nate dalla ridefinizione dei programmi accademici, hanno evidenziato la necessità di aggiornare i canoni letterari per renderli più inclusivi. Effettivamente, a distanza di decenni, le opere studiate nei corsi di letteratura sono spesso le stesse di trent'anni fa. L'importanza maggiore si attribuisce agli autori canonici, spesso trascurando il variegato contesto contemporaneo, fondamentale per comprendere la nostra storia e cultura. Bisogna, però, tenere sempre presente il monito di Bloom sull’inserimento di opere per il solo fine di rappresentare le minoranze, che rischia di svilire il concetto stesso di capolavoro letterario.

 

5. Il lettore al centro

Nonostante sia stato spesso considerato un paladino dell’elitismo, il pensiero di Harold Bloom si concentra piuttosto sulla centralità del lettore e sulla sua capacità di riconoscere la qualità di un’opera letteraria, svincolato da condizionamenti ideologici: 

 

La critica estetica ci riporta all’indipendenza della letteratura di fantasia e alla sovranità dell’anima solitaria, il lettore inteso non come individuo nella società, bensì come io profondo, come nostra suprema interiorità.” (Bloom, 1994:17)


Il critico ci mette in guardia dalle lenti fuorvianti di interpretazioni ideologiche che rischiano di snaturare il testo e la stessa esperienza della lettura. In effetti, vivendo in un’epoca dominata dalla correttezza politica, recuperare una lettura incentrata sull’opera in sé diventa ancora più importante. Significherebbe entrare in un dialogo autentico con il testo, lasciandosi guidare solo dalle proprie emozioni e riflessioni, ciò che Bloom definisce “autonomia dell’estetico”.

In un mondo sempre più globalizzato e interconnesso, è difficile credere che il nostro presente non abbia nulla da dire in dialogo con il passato. La chiave per superare questa apparente incapacità di comunicazione con la tradizione sta nell’aprire i canoni letterari a nuove voci, senza rinunciare al rigore della critica letteraria e al giusto riconoscimento del valore artistico

Il dibattito sul canone occidentale nell’era del multiculturalismo è pieno di sfaccettature. Sicuramente non esistono soluzioni facili ma, attraverso un confronto aperto e costruttivo con il passato e una mentalità pronta ad accogliere nuove prospettive, si può trovare un equilibrio per un canone letterario davvero rappresentativo della ricchezza culturale del nostro tempo.

 

6. Fonti

Abrams, M. H.; Harpham, Geoffrey Galt. A Glossary of Literary Terms, Wadsworth Cengage Learning, 2009

Bloom, Harold. Il canone occidentale. I libri e le scuole delle età, BUR, 2008

Neilson, Heather. “A Reflection on the 'Culture Wars': Harold Bloom, Gore Vidal, and the Resistance of the Philistines”, in Sydney Studies in English. Vol. 22 (1996), su openjournals.library.sydney.edu.au (data di ultima consultazione: 29/06/2024)

Did Harold Bloom or Toni Morrison Win the Literary Canon Wars?, su nytimes.com (data di ultima consultazione: 20/05/2024)

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Harold Bloom, su oxfordbibliographies.com (data di ultima consultazione: 03/05/2024)

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Harold Bloom was right to extol great literature, but was often blind to who was neglected, su theguardian.com (data di ultima consultazione: 23/05/2024)

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The big idea: do we need to dismantle the literary canon?, su theguardian.com (data di ultima consultazione: 20/05/2024)

The Tyranny of the Yale Critics, su nytimes.com (data di ultima consultazione: 20/05/2024)

Foto 1 da nytimes.com

Foto 6 da vsliterarian.wordpress.com