Alberto Luppino
Pubblicato per la prima volta nel 1948 sulle pagine del New Yorker, La lotteria di Shirley Jackson è uno dei racconti più conosciuti e discussi della letteratura americana. All’apparenza una storia leggera e quasi festosa, il racconto si trasforma rapidamente in un’esperienza inquietante, lasciando i lettori attoniti e sconvolti.
Al momento della pubblicazione sul New Yorker nel contesto post seconda guerra mondiale, La lotteria ottenne un impatto immediato sul pubblico e scatenò una tempesta di reazioni, tra lettere indignate e persino richieste di cancellare l’abbonamento alla rivista. Infatti, Jackson affronta temi disturbanti come la violenza collettiva e l’obbedienza cieca a tradizioni ormai prive di significato. Con una narrazione che inizia in modo bucolico, il racconto gioca con le aspettative del lettore, per poi svelare, in un crescendo di suspense, una realtà agghiacciante. È proprio questo contrasto tra l’atmosfera iniziale e l’epilogo scioccante che rende La lotteria un’opera indimenticabile, ancora oggi al centro di discussioni e analisi.
La storia è ambientata in un piccolo villaggio del New England, in una calda giornata di giugno. Ogni anno, i residenti si riuniscono per la tradizionale lotteria, un evento che sembra innocuo e festivo. Pagina dopo pagina, però, per il lettore diventa chiaro che nessuno vuole vincere la lotteria. Tra i personaggi spicca Tessie Hutchinson, madre di famiglia, che inizialmente sembra indifferente all’evento. Tuttavia, quando la sua famiglia estrae il biglietto contrassegnato, e adesso temuto, denuncia l’ingiustizia della tradizione. Le sue proteste, però, cadono nel vuoto: la comunità comincia a lapidarla, compresi i suoi familiari, lasciando il lettore con un senso di orrore profondo.
La narrativa di Jackson è costruita con straordinaria semplicità. Con un linguaggio diretto e dettagli quotidiani, l’autrice crea un mondo all’apparenza normale, dove la violenza si cela dietro la tradizione. Con un ritmo lento e misurato, il racconto cattura il lettore con scene familiari che rendono ancora più scioccante la violenza finale.
Jackson descrive un’ambientazione pittoresca, una giornata estiva con fiori che “sbocciavano a profusione” e l’erba “di un verde smagliante”, in cui gli abitanti del villaggio si muovono come se quella fosse una giornata come altre. I bambini raccolgono pietre, gli uomini discutono del meteo e del raccolto, le donne scambiano qualche pettegolezzo. L’atteggiamento casuale degli abitanti maschera la violenza imminente – il che rende il racconto ancora più inquietante. L’ambientazione di un villaggio ordinato e civile amplifica il contrasto con la brutalità della lotteria, preservando le aspettative del lettore. Nulla appare esplicitamente minaccioso fino alle ultime righe: l’orrore si insinua silenzioso, per esplodere nel finale inaspettato.
La prospettiva del narratore rispecchia perfettamente quella degli abitanti: la lotteria sembra solo una delle “attività civiche” che conduce Mr Summers, così come le danze o il club per adolescenti. Man mano che la storia si sviluppa, Jackson fornisce piccoli dettagli che accrescono l’inquietudine e iniziano a suggerire che, in effetti, qualcosa non va. Prima che inizi la lotteria, i residenti si tengono a distanza dalla scatola nera, esitano quando Mr Summers chiede loro aiuto e parlano dell’estrazione come se fosse un compito arduo. La lotteria è tesa, aspetto che per molti potrebbe derivare dal desiderio di vincere. Solo quando Tessie Hutchinson grida “Non vale, non è giusto”, il lettore si rende davvero conto della violenza latente che pervade l’intero racconto.
La lotteria non è soltanto un racconto dell’orrore, ma rappresenta una denuncia contro l’accettazione acritica della tradizione. Sebbene gli abitanti del villaggio preservino passivamente l’usanza e conservino frammenti del passato, ignorano il significato originario della tradizione. Solo la violenza rimane intatta: “I paesani avevano dimenticato il rituale e perduto la cassetta nera originaria, ma ricordavano ancora l’uso dei sassi”.
Perpetuata senza interrogarsi sul suo significato, la lotteria diventa una critica al conformismo e alla mancanza di empatia collettiva. Jackson mette in luce come atti di violenza immotivata, se sostenuti dalla tradizione o dalla cultura, diventino sistemici. Il rito funge così da specchio per pratiche storiche e sociali, come il maccartismo, le persecuzioni religiose o razziali e altre forme di oppressione sistemica.
Questa resistenza al cambiamento è incarnata dal personaggio del Vecchio Warner, che rappresenta la voce della vecchia generazione. Per lui, ciò che è sempre stato fatto deve continuare, senza eccezioni: “una lotteria c’è sempre stata”. Denuncia con fermezza chiunque suggerisca di rinunciare alla lotteria, inveendo soprattutto contro i giovani che, a suo avviso, rischiano di far tornare la comunità alla preistoria perché “non gli va bene niente”. Jackson evidenzia così il potere coercitivo delle tradizioni, radicate non per il loro significato, ma per la paura del cambiamento e la forza del conformismo. Tutti gli abitanti partecipano al rito, inclusi i genitori che danno ai propri figli piccole pietre da lanciare, dimostrando come il villaggio intero sia complice dell’orrore. In questo modo, nessuno si assume la piena responsabilità dell’omicidio – un aspetto che, secondo Jackson, rappresenta la spiegazione più convincente del motivo per cui una tradizione tanto barbarica riesca a sopravvivere nel tempo.
La brutalità umana mascherata da tradizione è uno dei fulcri centrali della critica di Shirley Jackson. La lotteria non è altro che espressione del conformismo, che legittima la violenza quando è sostenuta da norme sociali. Gli abitanti del villaggio non si oppongono al rito, non perché lo condividano, ma perché il peso della tradizione li rende incapaci di mettere in discussione ciò che considerano inevitabile. È un meccanismo che normalizza la violenza e la trasforma in un atto ordinario e accettato.
Jackson sembra anticipare alcune riflessioni successive sul male collettivo e sulla capacità delle persone comuni di compiere atti disumani senza alcuna riflessione morale. Basti pensare al concetto di “banalità del male” trattato da Hannah Arendt nell’omonimo saggio (1963), in cui la filosofa riflette come persone comuni possano diventare strumenti di atrocità sotto specifiche condizioni. Questo tema trova sconcertanti conferme negli esperimenti psicologici condotti nel ventesimo secolo. Gli studi di Stanley Milgram dimostrarono come individui comuni fossero pronti a infliggere dolore agli altri sotto il peso dell’autorità, mentre Philip Zimbardo, con il suo esperimento della prigione di Stanford, mise in evidenza la rapidità con cui le persone interiorizzano ruoli di potere o subordinazione, fino ad assumere comportamenti sadici o remissivi. La dinamica del villaggio di Jackson è una rappresentazione narrativa di questa indole: un’intera comunità partecipa alla violenza senza mettere in discussione la necessità o la moralità. In effetti, l’autrice preannuncia il modo in cui avremmo iniziato a comprendere gli eventi più crudeli del ventesimo secolo, come i campi nazisti o le società comuniste, che dipendevano proprio dal tradimento da parte del vicino più insospettabile.
L’attributo aggiuntivo che Jackson associa al tema dell’umanità contro l’umanità, e che rende la vicenda ancora più inquietante, è la casualità che regola il sacrificio. La scelta della vittima non dipende da colpe specifiche o da un ordine sociale razionale, ma da un sorteggio che rende tutti potenzialmente colpevoli. Questa imprevedibilità riflette l’universale brutalità umana: non importa chi viene scelto, ma che la violenza sia compiuta. In questo modo, Jackson sottolinea l’assurdità e la disumanità insite nell’uomo:
“Speravo che, ambientando un rito antico particolarmente brutale nel presente e nel mio villaggio, avrei scioccato i lettori con una drammatizzazione grafica della violenza insensata e della disumanità nelle loro stesse vite.”
L’ambientazione contemporanea, quasi banale, del racconto trasforma un rito sacrificale in un elemento di narrativa realista, creando un cortocircuito che evidenzia come la violenza sia una costante della natura umana. Non a caso, Jackson ha ricevuto critiche dall’antropologo Alfred Kroeber, che definì il trapianto di un rito primitivo in un contesto moderno privo di giustificazione. Tuttavia, proprio questa scelta mette in luce il vero messaggio della storia: il male non è un fenomeno straordinario, ma una qualità universale, inevitabile e incomprensibile dell’umanità.
Quella di Jackson è una potente allegoria sociale che invita i lettori a riflettere sul controllo comunitario, la violenza ritualizzata e i meccanismi che regolano le dinamiche collettive. Il rito della lotteria si configura come uno strumento per rafforzare l’ordine all’interno della comunità. Randy Bobbit osserva che il sacrificio non è solo un atto simbolico, ma un mezzo per garantire la stabilità sociale. Così, il villaggio si trasforma in un microcosmo sociale, dove la lapidazione assume il ruolo di sfogo collettivo e di coesione (Bailey, 2014:37). Anche attraverso la lente girardiana, la comunità ha bisogno di un capro espiatorio per liberare l’aggressività repressa e prevenire conflitti interni, come ben rappresentato in La violenza e il sacro (1972). In questo processo, competizione e risentimento si risolvono solo identificando una vittima innocente (Bailey, 2014:39).
I temi centrali di La lotteria trovano eco in numerose opere contemporanee che riflettono sul conformismo e sulla violenza istituzionalizzata.
Con la sua rappresentazione disturbante di una comunità che accetta ciecamente un rito brutale, il racconto di Shirley Jackson risuona in distopie come Hunger Games (2008) di Suzanne Collins, dove il sacrificio umano è trasformato in spettacolo per mantenere l’ordine sociale. Entrambe le opere mettono in luce la normalizzazione della violenza: in Hunger Games, la violenza è una forma di intrattenimento che rende il pubblico complice di un sistema in cui giovani vite sono sacrificate; in La lotteria, il rito brutale è accettato come parte di una tradizione consolidata, senza fare domande.
Oltre a una critica alla tradizione, La lotteria e Hunger Games offrono riflessioni sulla disumanità collettiva. La necropolitica del Capitol, in Hunger Games, che decide chi vive e chi muore, riecheggia l’ipocrisia della comunità di Jackson, dove l’orrore della violenza si cela nella banalità della routine.
La lotteria continua a sollevare interrogativi profondi sui lati oscuri della società: il potere delle tradizioni; la normalizzazione della violenza; l’ipocrisia del perpetuare le brutalità nascondendole sotto il velo della normalità. L’opera ci sfida a riflettere sul nostro conformismo e sulle pratiche sociali che accettiamo senza mai metterne in discussione il senso o la giustizia.
L’eredità di Jackson risiede proprio nella sua capacità di rivelare come la violenza, spesso camuffata da consuetudine, possa corrompere il tessuto morale di una comunità, mentre ricorda al lettore l’importanza di esaminare le proprie responsabilità come individuo nella società.
5. Fonti
Bailey, Ted, “Sacred violence in Shirley Jackson’s The Lottery”, in British and American Studies, vol. XX, 2024, pp. 37-42.
Jackson, Shirley, La lotteria, Adelphi, 2007.
Jackson, Shirley, The Lottery, 1948, su The New Yorker (data di ultima consultazione: 02/11/2024).
Smith, William Connor, Encountering Violence in the Spectacle of Suzanne Collins' The Hunger Games, University of Washington, 2014, su University of Washington (data di ultima consultazione: 03/11/2024).
Analysis of 'The Lottery' by Shirley Jackson, su ThoughtCo (data di ultima consultazione: 30/11/2024).
Literary Analysis: The Normalcy of Violence in Shirley Jackson’s “The Lottery”, su The Writing Post (data di ultima consultazione: 30/11/2024).
“The Lottery” Letters, su The New Yorker (data di ultima consultazione 30/11/2024).
Milgram experiment, su Britannica (data di ultima consultazione 02/12/2024).
The Banality of Evil and Shirley Jackson's "The Lottery" , su Hannah Arendt Center - Bard College (data di ultima consultazione: 30/11/2024).
Foto 1 e in copertina da ABC
Foto 2 da Medium
Foto 3 da Sull'orlo della psicologia
Foto 4 da An Agitation of Mind