Servendosi, sul piano interpretativo, di un’analisi di sfondo che riguarda la cronaca di due quotidiani nazionali nell’arco temporale dei 34 anni precedenti, sono considerate le notizie nei media locali cartacei su 60 casi di femminicidio, tentato femminicidio o presunto femminicidio nel triennio 2015-2017 (non tutti avvenuti in Puglia, ma presenti nella cronaca locale perché alcuni dei soggetti erano originari della regione). Inoltre, sui 5 casi più notiziati sono analizzate le news televisive locali e i commenti nelle pagine Facebook dei medesimi media. L’analisi rileva alcune caratteristiche specifiche: a) tendenza a utilizzare tratti retorici positivi per parlare della vittima, specie quando la si incontra nei ruoli che “normalmente” ci si attende, come ad esempio brava ragazza, brava mamma, brava donna, brava compagna di vita; b) propensione a caratterizzare psicologicamente sia la vittima, in termini di solito positivi, sia l’omicida, ricorrendo ai cliché dell’”uomo malato” o reso “fragile” dall’amore, ponendo talora l’accento sull’escalation di violenza dell’uomo “malato”, a cui diventerebbe agevole accostare la tacita stigmatizzazione di una donna troppo fragile per riuscire a denunciarlo; c) spesso, considerazione dell’atto violento come il tragico epilogo di una degenerazione dell’amore, specie quando è la donna a decidere di abbandonare l’uomo; d) una sorta di sacralizzazione della scena del crimine nei casi in cui il racconto giallo del classico caso poliziesco prende il sopravvento; e) presenza di voci locali a cui viene data parola (in luogo della vittima che tende a scomparire), distinguibile in “comunità dell’odio”, quando inveisce contro la donna o contro l’assassino, e “comunità dell’amore”, quando esprime sentimenti di pietas soprattutto verso di lei.