Ricomporre The Waste Land: Death by Water

Jacopo Norcini Pala

Penultimo appuntamento sulle innumerevoli simbologie e riferimenti che costellano il più celebre poema di T.S. Eliot, a cura di Jacopo Norcini Pala. Finora, nel nostro percorso di esplorazione degli impervi cunicoli di The Waste Land, è stato impossibile non utilizzare quantomeno le note fornite dallo stesso Eliot per farsi strada in alcuni dei passaggi più oscuri del poema. 

Le difficoltà in Death by Water emergono fin dalla mancanza di queste: il breve componimento di carattere lirico nasconde il proprio significato, offrendo una miriade di possibili riflessioni postume che non trovano mai riscontro. È probabilmente la parte più strettamente “magica” tra tutti i versi di Eliot, offrendosi come risposta misticamente efficace a quella invocazione che chiudeva The Fire Sermon. Ogni parola del frammento, se analizzata, potrebbe risultare in una esplosione frattale di significati: un congegno instabile, che prepara al giudizio finale di What the Thunder Said; un'eco di simboli che si ripropongono ora senza soluzione di continuità ma che, come i tarocchi sul tavolo dell'indovina, rimangono legati da una fitta trama di interpretazioni.

 

1. Il taglio e la moneta

2. Salvezza ed eternità

3. Uno scherzo di cattivo gusto?

4. Bibliografia

 

1. Il taglio e la moneta

Proprio di frammento bisogna parlare, dato che il “miglior fabbro” Ezra Pound è stato il principale responsabile di questa evanescente traccia: le bozze di Eliot infatti riportavano, come introduzione a quello che probabilmente è divenuto uno dei più famosi passaggi di tutta l’opera insieme all’incipit, una lunga sezione riguardante il naufragio di una nave, preludio dell’inevitabile conclusione e della morte di Phlebas, marinaio protagonista del segmento. 

Venendo dunque all’analisi del testo, ci ritroviamo subito in una situazione straniante: Phlebas è un fenicio, la popolazione pre-ellenica che storicamente viene reputata come la prima nella storia a stabilire rotte commerciali. Un altro tempo e un altro luogo rispetto alla Londra post-bellica, in pieno fermento industriale. Eppure, il nostro protagonista è, come quasi ogni altra figura umana nel Waste Land, poco più di uno scheletro. L’ipotetico mercante è infatti morto da quindici giorni in un naufragio e osserva la propria trasformazione fisica e spirituale con lo stesso impassibile sguardo di perle che ci era stato presentato in maniera criptica da Madame Sosostris in The Burial of the Dead.

Quella che segue è una serie di brevi immagini che si oppongono tra di loro, muovendosi dall’alto verso il basso e seguendo il ritmo delle onde: i gabbiani, le correnti sottomarine, il profitto e la perdita. Proprio sulla base di quest’ultima dicotomia, non è azzardato intavolare una breve parentesi sulla rilevanza dei temi economici di questo passaggio. D’altronde, Death by Water è passato sotto l’occhio del già citato Pound, che si era prefisso con i Cantos, che verranno pubblicati solo qualche anno dopo The Waste Land, di rappresentare l’intero sapere umano, dalla mitologia fino alle scienze più recenti quali l’economia.

Il passaggio del naufragio, nell’etica del poeta modernista, aveva acquisito un retrogusto eccessivamente tardoromantico (una caratteristica che comunque non riesce a essere mai totalmente isolata dai poemi di Eliot) ed era stato quindi eliminato definitivamente. A causa di questa fascinazione i teni del commercio e del denaro come interazione umana per eccellenza appaiono evidenti in Death by Water: basti pensare alla maniera in cui questi, appena accennati da Eliot nelle altre sezioni del poema, quasi a causa di una repulsione per l'oggetto in questione, ora vengano messi in primo piano. Phlebas è molto meno umano del suo corrispettivo moderno, il Mr. Eugenides di The Fire Sermon. Sembra quindi più che appropriato tralasciare l'aspetto umano per concentrarsi su quello esistenziale e sociale.

 

2. Salvezza ed eternità

L’incipit di Death by Water è quindi straniante fin dalla caratterizzazione del suo personaggio e dalla presentazione dei suoi temi: e probabilmente è questo l’effetto desiderato dall’autore, visto che nonostante il tema apparentemente macabro, la morte dall’acqua è un passaggio di redenzione. La condizione di Phlebas non è, come una visione giudaico-cristiana potrebbe lasciar intendere, una fine dell’essere. Tutto questo viene appunto ribadito dal fatto che ci è possibile osservare coi suoi occhi e i suoi pensieri quello che accade attorno al suo cadavere. 

La trasformazione personale avviene sempre e solamente quando siamo immersi, anche contro la nostra stessa volontà, nel vortice dei cambiamenti, e solo così possiamo smettere di essere quei non-umani che provocavano il terrore in Eliot mentre si avvicendavano per le strade di Londra. Il passaggio in questione appare quasi come una rinascita non solo spirituale ma persino fisica (He passed the stages of his age and youth), una trasmutazione degna di Ovidio. Altrettanto interessante da notare come la replica delle abitudini fenicie, dalla reiterazione ostentata delle rotte commerciali alle norme di navigazione, si ponga quindi in antitesi all’imprevedibile varietà degli avvenimenti naturali sottomarini, in cui le correnti spostano e si formano solo in virtù di condizioni certamente incontrollabili e quasi inesplicabili all’essere umano.

Allo stesso modo, la routine della catena alimentare animale, dal pesce più piccolo a quello più grande, viene sconvolta dalla morte improvvisa, innaturale e probabilmente violenta di Phlebas. Forse questa vuole essere una denotazione di come, a differenza di altri animali già apparsi in The Waste Land, l’uomo sia l’unica specie capace di spingersi oltre ai propri ambienti, i propri schemi comportamentali e i propri istinti. Il muoversi sull’acqua, azione immediatamente riconducibile ad atti cristologici, costituisce in sé uno sconfinamento al di là dei limiti umani, una inconscia e allo stesso tempo necessaria volontà di cambiamento e di scoperta di sé e dell’Altro.

La coscienza della propria e altrui mortalità diviene quindi un ulteriore strumento di confronto e di rivelazione, sulla quale è possibile basare codici, formalità e riti che portano inevitabilmente, secondo Eliot, al declino: solamente l’esperienza diretta del fenomeno riesce a liberarci di queste costrizioni. A conferma di questo imprevisto rovesciamento del ruolo della morte, sommo stato di cambiamento per l’uomo, basti considerare come Death by Water si chiuda in maniera quasi uroborica, lasciando intendere un ciclo continuo di morte e resurrezione. Il giovane marinaio al quale il misterioso narratore predica l’insegnamento, in virtù del potere magico delle parole a cui avevamo accennato nell’introduzione, riesce a ricostituire una figura di un Phlebas ancora in vita, di un altro speranzoso ingenuo pronto a spingersi sui mari, incurante del pericolo del cambiamento.

 

3. Uno scherzo di cattivo gusto?

L’avvertimento suona in ogni caso estremamente enigmatico: cosa dovrebbe considerare il novello avventuriero, ricordando Phlebas? Alcune interpretazioni rovesciano totalmente il senso della sezione, ipotizzando un guizzo parodistico di Eliot: in quest’ottica, il tono, la forma e il contenuto sarebbero in realtà una pesante canzonatura, molto più vicina a Pound, dei temi del classicismo. Lo schema ritmico così formale e preciso, effettivamente, suona alieno nel mare confuso di The Waste Land, e pare ricordare le parabole cristiane con la loro morale irreprensibile e stringente: ma, a differenza di figure come il Re pescatore, Cristo, o l’Appeso, la redenzione e il cambiamento sono impossibili per i comuni mortali come Phlebas e, implicitamente, il lettore. Il fatto che il fenicio sia morto solamente da due settimane diviene quindi un’amara riflessione sull’impossibilità e sull’ubiquità di fuga dalla morte e dell’inutilità del pensiero escatologico. 

Proprio perché lo sguardo di Phlebas rimane in fondo al mare, Eliot ammonisce il lettore invitandolo a considerare l'eternità della propria anima e l'assoluta incertezza nella possibilità di essere salvati da questo perenne limbo. In questa sede preferiamo distaccarci da questa teoria, in quanto crediamo che cozzi profondamente col pensiero Eliotiano, che rimane sì scettico delle credenze religiose e fortemente deluso dalla cristianità intesa come rito apotropaico svuotato del suo significato originale, ma non per questo meno affascinato, quando non speranzoso, nella possibilità della salvezza e della redenzione.

La lettura che relega Phlebas al ruolo di morto appare come fortemente limitante in una costruzione poetica in cui ogni parola può essere in realtà qualcos’altro. Sembra ancor più strano che questo Marinaio Annegato non debba essere considerato in relazione alle parole della chiromante imbonitrice e sbeffeggiata, col suo fear death by water che assume forme quasi invitanti quando pronunciato da un personaggio come il suo nell’animo dell’autore. L’oscuro avvertimento di Death by Water continua quindi a perseguitare il lettore: se What the Thunder Said riesce nel gravoso compito di rispondere a tante delle domande sormontate durante la lettura del poema, la vicenda di Phlebas rimane un oggetto ignoto e proteiforme che difficilmente riuscirà mai a uscire, come il protagonista della sezione, da un'eterna, immutabile cristallizzazione. 

 

4. Bibliografia  

Eliot T.S., The Waste Land, 1922

 

Foto 2 da thewastelandgajj.weebly.com (data di ultima consultazione: 29/08/2021)