Sara Fabbri
Audre Lorde (1934-1992) fu una pensatrice rivoluzionaria, scrittrice e poeta nera statunitense molto influente tra i movimenti femministi degli anni ‘70. Dedicando la sua vita all’attivismo contro ogni forma di ingiustizia, Lorde era grande sostenitrice dell’idea di una comunità femminile che fosse capace di valorizzare le differenze tanto di classe, genere e sessualità quanto di razza. Lorde sognava un femminismo pronto a riconoscere le disuguaglianze sociali e in cui si ergesse un’interdipendenza di “forze per il cambiamento” perché, affermava “senza comunità, non c’è liberazione” (Lorde 2007:112).
Lorde, che si autodefiniva “nera, lesbica, madre, guerriera, poeta”, era una delle attiviste afroamericane e del Sud che denunciavano il femminismo di seconda ondata. Quest’ultimo, iniziato negli anni ‘60 e della durata di circa due decenni, si ispirava alla teoria femminista liberale, occupandosi maggiormente di politiche legate ai diritti riproduttivi, alla violenza domestica e sul lavoro, e allo stupro. Pertanto, Lorde criticava la generale mancanza di considerazione nel movimento per il modo in cui il genere, la classe sociale o la razza, in una visione intersezionale, potessero contribuire alle disuguaglianze affrontate dalle donne.
Il suo pensiero fu ben delineato nel 1979 quando, invitata a una conferenza per commemorare il 30° anniversario de Il Secondo Sesso di Simone de Beauvoir, Lorde fece un discorso che sarebbe poi stato incluso nella raccolta di saggi The Master’s Tools Will Never Dismantle the Master’s House. Qui, a dimostrazione di ciò che lei definì una certa “persistente arroganza accademica”, Lorde tenne l’unico panel con una prospettiva femminista, lesbica o nera (Lorde 2007:110).
Nel suo discorso, Lorde affermò che le differenze potessero avere una “funzione creativa” per le donne e sottolineò che "l'interdipendenza tra le donne è il cammino verso una libertà che consente al 'Io' di 'essere', non per essere utilizzato, ma per essere creativo" (2007:111). Le differenze, piuttosto che essere considerate debolezze, dovrebbero essere coltivate, ritenute risorse e polarità necessarie entro le quali la nostra creatività può “sprigionarsi come una dialettica" (Lorde 2007:111). Così immaginava, mentre si presentava come speaker del panel “The Personal and Political”.
Difatti, attraverso i suoi famosi saggi e discorsi, Lorde cercò di svelare le dinamiche che componevano la percezione pubblica in relazione alla discriminazione e alle oppressioni affrontate dalle donne di tutte le comunità. Così recitò Audre Lorde al panel:
Il razzismo e l'omofobia sono condizioni reali di tutte le nostre vite in questo luogo e in questo tempo. Incito ciascuna di noi qui a scavare in quel profondo luogo di conoscenza dentro di sé e a toccare quel terrore e quella ripugnanza per qualsiasi differenza che vive lì. Guardate a chi appartiene quel volto. Allora il personale come il politico può cominciare a illuminare tutte le nostre scelte (Lorde 2007:113).
Peraltro, le parole di Lorde nel panel del 1979 si tradussero in realtà quando si impegnò come attivista ad aumentare la visibilità delle donne di colore nella società sia su livello nazionale che internazionale partecipando alla fondazione della casa editrice Kitchen Table: Women of Color Press, nel 1980. La decisione arrivò a seguito di una chiamata con Barbara Smith, anche lei attivista e scrittrice femminista di colore.
La casa editrice, come affermato proprio dalla cofondatrice Barbara Smith, era rivolta a un pubblico composto da “non solo da donne di colore o donne lesbiche di colore, ma dall'intera varietà delle nostre comunità” (Smith 1989:202). Infatti, il nome stesso della casa editrice era un riferimento alle radici storiche e sociali che confinavano le donne a quello che doveva essere il loro posto: la cucina. Come spiegò Barbara Smith: “la cucina è il centro della casa, il posto in cui le donne… comunicano l’una con le altre” (Smith 1989:202).
Per di più, Smith definì il progetto come un obiettivo coraggioso poiché “la maggior parte delle persone di colore [aveva] scelto di lavorare nei propri gruppi separati” (Smith 1989:11). Dunque, per raggiungere un pubblico più ampio e creare un senso di comunità, Kitchen Table Press portava i propri libri a concerti, fiere del libro, conferenze e letture, facendo un particolare sforzo per partecipare a eventi come il Latin American Book Fair, il Asian/Pacific American Heritage Festival in New York, la convention del College Language Association, così come celebrazioni destinate specificatamente a donne di colore.
Inoltre, come Lorde stessa dichiarò in un’intervista con Joseph F. Beam, attivista per i diritti degli omosessuali, per il Blacklight Magazine “sviluppare queste strutture (come Kitchen Table) presenteranno e faranno circolare la nostra cultura” (Lorde 2004:128-9). Pertanto, nonostante la casa editrice smise di operare dopo la morte di Audre Lorde nel 1992, lo stretto legame tra Lorde e Smith permise di dare vita alla prima casa editrice al mondo gestita autonomamente da donne non bianche.
In The Master’s Tools Will Never Dismantle the Master’s House, Audre Lorde suggerisce ripetutamente che solo all’interno di quell’interdipendenza di forze diversamente e tipicamente femminili è possibile generare il potere per cercare nuovi modi di navigare il mondo. Oltre le differenze di razza, età e sesso, Lorde valorizzava tutti gli aspetti dell’identità delle donne, che invitava ad aiutarsi a vicenda. “Senza comunità non c’è liberazione, solo una tregua più vulnerabile e temporanea tra un individuo e la sua oppressione”, affermava, in un tenace tentativo di riunire la moltitudine femminile (2007:112).
Lorde, inoltre, osservava che la comunità non dovesse significare necessariamente un abbandono delle differenze, né un atteggiamento ipocrita che porti a fingere che queste differenze non esistano (Lorde 2007:112). Difatti, Lorde per prima metteva in pratica i suoi principi: nel 1986 invia una lettera di gratitudine all’autrice statunitense e professoressa di studi Afroamericani Barbara Christian. Nella corrispondenza, a comprova del fatto che le luminarie del femminismo nero siano state ispirate le une dalle altre, osserva:
Leggerti è un'esperienza profondamente umiliante. Non avrei mai pensato di vivere abbastanza per vedere il giorno in cui esistessero tali parole. Il fatto che tu le conosca e le scriva mi riempie di piacere, energia e desiderio per il futuro.
Per ultimo, Audre Lorde apprezzava le differenze tra le donne con particolare urgenza, perché secondo lei il futuro del mondo e della società potrebbero dipendere precisamente da quella capacità di tutte le donne di individuare e sviluppare nuove concezioni e di potere. Inoltre, l’intersezionalità tra le donne, ognuna inestricabilmente unita all’altra, avrebbe portato alla ridefinizione dei modelli delle razioni sociali attraverso l’accettazione delle differenze (Lorde 2007:122). Questo marcato femminismo dall’approccio intersezionale si proponeva dunque, in maniera rivoluzionaria, di abbracciare la complessità della società includendo tutto lo spettro delle esperienze femminili.
Amindoni, A. (Gen 21, 2023). "On Audre Lorde". Medium. https://medium.com/@ayomiamindoni/on-audre-lorde-7a69b10d2cca (data di ultima consultazione 29/1/2024)
Correspondence and community: Audre Lorde’s letter to Barbara Christian: Stories of UC Berkeley Library. Stories. (2023, Maggio). https://stories.lib.berkeley.edu/black-feminism/community-1/
Dortch, Hessica (Gen 14, 2021). "Black, lesbian, mother, warrior, poet” AfroNews The Black Media Authority (data di ultima consultazione 29/1/2024)
Hall, Wylie Hall (2004). “Lorde, Audre, in conversation with Joseph F. Beam, Blacklight Magazine, March 1984” in Conversations with Audre Lorde. Mississippi: University Press.
Lorde, Audre (2007). Sister Outsider. Essays & Speeches. New York: Ten Speed Press.
Luciani, Francesca R. (2019). Note filosofiche su Audre Lorde, Carla Lonzi e altre ribelli: alle origini del femminismo intersezionale. Università degli Studi di Bari
Smith, Barbara (1989). "A Press of Our Own: Kitchen Table: Women of Color Press," in Communication at the Crossroads: The Gender Gap Connection, ed. Ramona R. Rush and Donna Allen, pp. 202–3 su jstor.org (data di ultima consultazione 29/1/2024)
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