L'America delle illustrazioni di Norman Rockwell

Sara Fabbri

Debuttando nel settembre 1913 con la celebre copertina Scout at Ship's Wheel sulla rivista Boy’s Life, Norman Rockwell (1894–1978) è passato alla storia come pittore e illustratore particolarmente emblematico del panorama popolare statunitense. Grazie a una collaborazione di quasi cinquant’anni con la rivista The Saturday Night Post, le opere di Rockwell costituiscono il prezioso patrimonio culturale di un uomo che, grazie ai temi trattati e alla risonanza del suo lavoro, fu al contempo figlio e padre della sua epoca.

 

1. Breve biografia di Norman Rockwell

2. Le opere più rappresentative di Rockwell

3. Rockwell e The Problem We All Live With 

4. Fonti

 

1. Breve biografia di Norman Rockwell

Norman Rockwell nacque il 3 febbraio 1894 a New York City, da Jarvis Waring Rockwell e Anne Mary "Nancy" (nata Hill) Rockwell e aveva un fratello maggiore di un anno e mezzo. All'età di 14 anni, Rockwell lasciò la scuola superiore per trasferirsi alla Chase Art School. Successivamente, frequentò la National Academy of Design e, infine, la Art Students League.

Il suo primo importante lavoro artistico arrivò a 18 anni, con l’illustrazione del libro di Carl H. Claudy, Tell Me Why: Stories about Mother NatureDopo questo incarico, Rockwell fu assunto come artista per la rivista Boys' Life. Ai tempi, la sua paga era di 50 dollari al mese per una copertina completa e un set di illustrazioni di storie. 

 Alla giovanissima età di 19 anni, Rockwell divenne l'editore artistico di Boys' Life, pubblicato dai Boy Scouts of America. Mantenne questo lavoro per tre anni, durante i quali dipinse diverse copertine, a partire dalla sua prima pubblicata su una rivista, Scout at Ship's Wheel, apparsa sul numerodi settembre 1913 di Boys' Life. 

Due anni dopo, all’età di 21 anni, si trasferì con la famiglia a Rochelle, New York. Qui si ritrovò a condividere uno studio con il disegnatore Clyde Forsythe, che lavorara per The Saturday Evening Post. Con il suo aiuto, Rockwell riuscì a far recapitare alla testata giornalistica la sua prima copertina di successo, Mothers’ Day Off, che uscì nel maggio del 1916. 

Rockwell è oggi ricordato soprattutto per le illustrazioni di vita quotidiana che creò per la copertina dello stesso The Saturday Evening Post, nel corso di una collaborazione di quasi cinque decenni. Tuttavia, il sucesso di Rockwell si estese fino alla creazione di copertine per numerose celebri riviste quali Country Gentleman, Leslie's Weekly, Judge, Peoples Popular Monthly e Life magazine.

 

2. Le opere più rappresentative di Rockwell

È difficile riassumere lo stile di Rockwell e delle sue caratteristiche predominanti, specialmente nel quadro della sua lunga collaborazione con il The Saturday Evening Post. Certo è che ottenne un grande successo sin dagli albori: nel primo anno per il suo lavoro con il Post i suoi dipinti finirono incopertina otto volte. In totale, Rockwell fu l’autore di oltre 323 copertine originali solo per il Post.

Tuttavia, un filone principale della sua produzione lo si può ritrovare nella serie che dipinse nel 1943, durante la Seconda Guerra Mondiale. I quattro dipinti furono completati nel corso di sette mesi e risultarono in una sua perdita di peso di oltre 6kg. La serie fu ispirata da un discorso di Franklin D. Roosevelt, in cui il politico descriveva e articolava le Quattro Libertà dei diritti universali. Rockwell ottenne dunque l’intuizione per le sue quattro opere: Freedom from Want, Freedom of Speech, Freedom of Worship e Freedom from Fear. Rockwell usò la famiglia di costruttori navali Pennell di Brunswick, nel Maine, come modelli per due dei suoi dipinti. Tutte e quattro le opere furono pubblicate nel 1943 da The Saturday Evening Post. 

Gli anni successivi di Rockwell furono costellati di progetti vari: creò opere d'arte per diverse pubblicità di brand noti, fra cui Coca-Cola, Jell-O, General Motors, Scott Tissue, tutte con un ruolo prominente in una società sempre più omologata e di massa. Dopodiché, negli anni ‘40, traendo ispirazione dall'arte americana di un secolo prima, Rockwell rivolse la sua attenzione alla questione etnica. Nel 1946, infatti, firmò una lettera lodando una confraternita dell'Università del Vermont per aver accettato un membro nero e mostrò più interesse che mai nel raffigurare afroamericani nella sua arte. Tuttavia, sulla copertina del Post, gli afroamericani potevano essere raffigurati solo in ruoli subordinati o secondari. 

The Saturday Evening Post, che secondo il New York Times "probabilmente ha avuto più influenza sulla vita culturale dell'America" di qualsiasi altra voce, e di conseguenza il lavoro di Rockwell, divennero un'istituzione e contribuirono ad appianare le potenziali differenze culturali e sociali dirompenti in un’epoca in cui ancora vigeva la segregazione razziale (Greenhill 2007:75). Il Post mostrava al suo pubblico target di classe media bianca ciò che desiderava vedere di più: una visione mitica che celebrava "i valori degli uomini comuni—la domesticità accogliente, un senso dell'umorismo, una fede nella decenza e nel buon senso, una fede nell'impresa libera" (Ibid). L'immaginario delle copertine della rivista fu cruciale per il suo successo nel promuovere questi valori, pur al contempo permettendo una progressiva integrazione della figura più emarginata (ai tempi, l’afroamericano).

 

3. Rockwell e The Problem We All Live With 

L’artista e illustratore di riviste Norman Rockwell è dunque principalmente conosciuto per le sue immagini idilliache della vita americana del ventesimo secolo. Tuttavia, il suo lavoro acquistò un nuovo senso e direzione negli anni '60, quando fu assunto dalla rivista LOOK. Per quest’ultima produsse il suo famoso dipinto The Problem We All Live With, un commento visivo sulla segregazione e il problema del razzismo in America

Il dipinto infatti ritrae Ruby Bridges che, a soli sei anni, nel 1960, si trovava costretta a essere scortata dagli U.S. Marshals per poter frequentare la scuola elementare dei bianchi nel New Orleans

Il dipinto raffigura il coraggioso cammino di Ruby verso la scuola in quel giorno di novembre. Ruby segue fedelmente e a testa alta quegli uomini senza volto - le fasce gialle ci rivelano che sono marescialli federali - passando davanti a un muro imbrattato di graffiti razzisti e dal succo di un pomodoro lanciato. La tela è presentata in modo che lo spettatore si trovi all'altezza di Ruby e veda la scena dalla sua prospettiva.

Il dipinto di Rockwell, creato pochi anni dopo che Ruby fece il suo fatidico ingresso a scuola, fu realizzato all'apice del Movimento per i Diritti Civili. Ad oggi è considerato un simbolo cruciale di quella lotta. Bridges non incontrò mai Rockwell ma, da adulta, apprezzò la sua decisione di raccontare e rendere pubblica la sua storia: 

Ecco un uomo che aveva fatto molti lavori, dipingendo immagini di famiglie, e improvvisamente decise questo è quello che farò... è sbagliato, e dirò che è sbagliato... il semplice fatto che [Norman Rockwell] abbia avuto abbastanza coraggio per affrontare la situazione e dire farò una dichiarazione, e lo fece in modo molto potente... anche se non ho avuto l'opportunità di incontrarlo, lo lodo per questo.

In conclusione, è più che lecito affermare che l'arte di Norman Rockwell sia stata e sia tuttora amata in un modo che va oltre la semplice analisi dei suoi soggetti e del suo stile. Come affermato dalla studiosa Wanda Corn nella postfazione di Coming of Age (2006:25), negli ultimi decenni gli storici dell'arte hanno esteso le loro competenze di analisti visivi a nuovi ambiti. Ora, volgono lo sguardo anche a pubblicità, film di Hollywood, cartoni animati e illustrazioni popolari. Tutto ciò è particolarmente visibile nel caso di Norman Rockwell, la cui influenza sulla cultura americana è senza dubbio degna di nota. La sua capacità di catturare l'essenza dello spirito americano non solo ha aiutato a plasmare l'immaginario collettivo, ma ha anche fornito un prezioso contributo alla comprensione del nostro passato e presente culturale. Rockwell non fu solo un artista: fu un narratore visivo la cui opera continua a riflettere valori, sogni e aspirazioni che trascendono le generazioni.

 

4. Fonti

Bogart, Michele (2007). “Norman Rockwell, Public Artist,” in The Arts of Democracy: Art, Public Culture, and the State, ed. Casey Nelson Blake. Philadelphia: Univ. of Pennsylvania Press. , 51, 52, 55–56, 63n29.

Corn, Wanda (1988), “Coming of Age: Historical Scholarship in American Art,” Art Bulletin 70,

no. 2, ed. Mary Ann Calo.

Doss, Erika (2011). “Makes Me Laugh, Makes Me Cry: Feelings and American Art”. American Art, University of Chicago Press, pp. 2-8 su jstor.org (data di ultima consultazione: 1/8/2024)

Greenhill, Jennifer A. (2007). “The View from Outside: Rockwell and Race in 1950”. American Art, Vol. 21, No. 2 (Summer 2007), pp. 70-95 su jstor.org (data di ultima consultazione: 1/8/2024)

Meyer, Richard (2005). “Mind the Gap: Americanists, Modernists, and the Boundaries of Twentieth‐Century Art”, American Art, Vol. 18, No. 3, pp. 2-7 su jstor.org (data di ultima consultazione: 1/8/2024)

Segal, Eric J. (1996). “Norman Rockwell and the Fashioning of American Masculinity”. The Art Bulletin, Vol. 78, No. 4, pp. 633-646 su jstor.org (data di ultima consultazione: 1/8/2024)

 

Foto

Foto 1 da commons.wikimedia.org 

Foto 2 da mfah.org

Foto 3 da kennedy-center.org 

Foto 4 da “The View from Outside: Rockwell and Race in 1950” di Greenfield p.76