La lotta per i diritti civili di Thurgood Marshall

Sara Fabbri

Thoroughgood ThurgoodMarshall (2 luglio 1908 - 24 gennaio 1993) fu un avvocato e giurista americano che si battè per i diritti civili, servendo come giudice associato della Corte Suprema degli Stati Uniti a partire dal 2 ottobre del 1967. Nominato dal 36esimo presidente Lyndon B. Johnson, fu il primo giudice afroamericano della Corte Suprema e rimase in carica fino al 1991. È ricordato in particolare come una tra le figure di spicco che portarono alla  fine della segregazione razziale nelle scuole pubbliche americane. 

 

1. Breve biografia 

2. Il caso Brown v. Board of Education 

3. La carriera alla Corte Suprema

4. Fonti 

 

1. Breve biografia

Nato a Baltimora, nel Maryland, da Norma e William Canfield Marshall, Marshall Junior frequentò la Lincoln University e la Howard University School of Law. 

Seguire i casi legali era uno degli hobby del padre e spesso Thurgood lo accompagnava in tribunale per osservare i processi. Marshall raccontò della relazione paterna, affermando:

Non mi disse mai di diventare un avvocato, ma mi trasformò in uno... Mi insegnò come discutere, sfidò la mia logica su ogni punto, facendomi provare ogni affermazione che facevo, anche se stavamo discutendo del tempo.

Gli scrittori Goldman e Gallen, autori di Thurgood Marshall: Justice for All sottolineano l'importante influenza che ebbe su di lui il preside della Howard University Law School, Charles Hamilton Houston. 

Nel 1935, Houston, che aveva lasciato Howard per diventare consulente speciale per la National Association for the Advancement of Colored People (NAACP), iniziò a intentare una serie di cause legali contro le scuole di specializzazione segregate. Nel frattempo, Marshall aprì un suo studio legale a Baltimora, ma presto si unì a Charles Hamilton Houston, il suo ex mentore, alla NAACP di New York. Infatti, l’anno successivo, Houston convinse l'organizzazione a nominare Marshall come assistente consulente speciale. Marshall definì questo sviluppo "la svolta della mia vita" (Rowan, 1993:70).

Pertanto, prima del suo servizio giudiziario, fu un avvocato che lottò per i diritti civili, guidando il Fondo per la Difesa Legale e l'Educazione della NAACP. Dapprima Houston e Marshall si ritrovarono a lavorare insieme al caso di segregazione Missouri ex rel. Gaines v. Canada ma, dopo che Houston tornò a Washington, Marshall prese il suo posto come consulente speciale della NAACP, diventando direttore-consulente del neonato Fondo per la Difesa Legale e l'Educazione della NAACP.

Partecipò a numerosi casi storici della Corte Suprema riguardanti i diritti civili, tra cui Smith v. Allwright, Morgan v. Virginia, Shelley v. Kraemer, McLaurin v. Oklahoma State Regents, Sweatt v. Painter, Brown e Cooper v. Aaron. 

Il suo approccio ai casi di segregazione enfatizza l'uso di dati sociologici per dimostrare che la segregazione era intrinsecamente iniqua. Inoltre, Marshall favorì un'interpretazione robusta del Primo Emendamento in decisioni come Stanley v. Georgia, e sostenne il diritto all'aborto in Roe v. Wade e altri casi. 

Vinse 29 dei 32 casi di diritti civili che sostenne davanti alla Corte Suprema, culminando nella storica e cruciale decisione del 1954 della Corte nel caso Brown v. Board of Education, che cambiò la vita di milioni di Americani abolendo la dottrina "separati ma uguali" e dichiarò incostituzionale la segregazione nell'istruzione pubblica.

 

2. Il caso Brown v. Board of Education

Marshall si rese conto che era necessario “qualcosa di simile a una rivoluzione nel diritto costituzionale", una rivoluzione che avrebbe comportato un atto di legislazione giudiziaria contraddistinta da una filosofia di attivismo estremo (citato in Kelly, 1961:167). Con questa visione in mente, Marshall si dedicò alla lotta contro le disuguaglianze razziali, in particolare nell'istruzione pubblica, dove vedeva la segregazione come una delle forme più insidiose di discriminazione.

La discriminazione a livello delle scuole elementari e secondarie e nei distretti scolastici si estendeva alla qualità delle strutture, al numero di insegnanti, alla disponibilità di trasporti e ai requisiti di ammissione. 

Gli studenti neri che desideravano frequentare la scuola superiore dovevano superare un esame e, di norma, solo la metà di coloro che si qualificano venivano ammessi all'unica scuola superiore nera del distretto, alla quale dovevano recarsi a proprie spese.

Marshall riconobbe fin dall'inizio che per ottenere pari opportunità era prima necessario rovesciare la dottrina del “separati ma uguali di Plessy v. Ferguson (1896). Paradossalmente, la decisione Plessy affermava persino che le leggi che consentono, e in alcuni casi impongono, la separazione delle razze in luoghi dove potrebbero entrare in contatto non implicano necessariamente che una razza sia inferiore all'altra (citato in Grossman & Wells, 1972:315).

Il culmine degli anni di servizio di Marshall fu il caso Brown del 1954, che considerò poi il caso più importante della sua carriera. Il caso, che presto si trasformò come una sfida a largo raggio contro la segregazione nelle scuole pubbliche, coinvolse gli avvocati del Fondo in azioni collettive in cinque diversi sistemi scolastici per Linda Brown, un'alunna nera residente a Topeka nel Kansas che si vide rifiutare l'iscrizione in una scuola bianca in prossimità del suo domicilio e si dovette iscrivere a una scuola nera distante più di un chilometro. Il padre di Linda Brown contestò il rifiuto in tribunale. Si trattò di un'azione collettiva: numerosi ricorsi riferiti agli stessi fatti furono raggruppati in un'unica causa e il nome Brown era semplicemente il primo in ordine alfabetico.

Il ricorso era sostenuto, e nei fatti organizzatodall'NAACP, che ribadiva che i bambini neri segregati si sentissero difatti come inferiori ai bianchi. L'uso di questa strategia portò il giudice Warren a concludere che questa percepita inferiorità del gruppo nero potesse compromettere la motivazione dei bambini stessi a imparare, rallentando il loro sviluppo educativo. Di conseguenza, la segregazione legale avrebbe ostacolato il progresso educativo e mentale dei bambini neri, privandoli di alcuni dei vantaggi che avrebbero potuto ottenere in un sistema scolastico integrato razzialmente (citato in Grossman & Wells 1972:326).

Se comunque considerassimo le azioni di Thurgood Marshall limitatamente alla sua vittoria in Brown v. Board of Education del 1954, la sua eredità culturale sarebbe stata comunque di elevata importanza. Così importante che Marshall non aveva bisogno di una nomina alla Corte Suprema per raggiungere la grandezza e notorietà. Non sarebbe troppo affermare che l'Alta Corte aveva più bisogno di Thurgood Marshall di quanto lui avesse bisogno della Corte. C'era molto di più nell'uomo oltre a questo caso, sia prima del 1954 che dopo. Tuttavia, non è sbagliato vedere l'enorme successo di Brown come una metafora della sua vita ed estrapolare da questo caso rivoluzionario la visione di Marshall sull'America. 

Come ricorda il giornalista e scrittore afroamericano Louis Lomax:

Sarebbe impossibile per una persona bianca comprendere cosa accadde nei cuori dei neri quel lunedì. Un ardente segregazionista lo ha chiamato "Lunedì Nero." Aveva ragione, ma per motivi diversi da quelli che avanzava: quello fu il giorno in cui vincemmo; il giorno in cui prendemmo le leggi dei bianchi e vincemmo la nostra causa davanti a una Corte Suprema interamente bianca, con un avvocato nero, Thurgood Marshall, come nostro principale consulente. E ne fummo orgogliosi. (1963:84)

 

3. La carriera alla Corte Suprema

Nel 1967, probabilmente alla luce della sua prolifica carriera da avvocato per i diritti civili, Johnson nominò Marshall per sostituire il giudice Tom C. Clark alla Corte Suprema

Nonostante la sostenuta opposizione dei senatori del Sud, fu confermato con un voto di 69 a 11. La Corte a cui fu nominato, chiamata la Corte Warren, aveva una maggioranza liberale costante, e la giurisprudenza di Marshall era simile a quella dei suoi leader: il Presidente della Corte Suprema Warren e il Giudice William J. Brennan Jr..

L'aspirazione di Thurgood Marshall era quella di una società morale che richiede alla nazione di accettare la realtà storica e originale che gli afroamericani fanno parte del patrimonio dell'America tanto quanto i bianchi, poiché hanno combattuto e sono morti nella rivoluzione americana. Pertanto, il legame immaginato da Marshall è uno che unisce la nazione in una missione comune, una che assicura giustizia per tutti sotto la promessa del Quattordicesimo Emendamento.

Sia Marshall l'avvocato che Marshall il giudice chiamarono a una:

[...] missione comune, nientemeno che fare giustizia perché il sistema legale che lega il tessuto sociale della nostra nazione in difficoltà minacciava non solo di distruggere l'eredità dell'America, ma l'America stessa (Clay 2001:51).

Come spiegò nel 1991 lo scrittore William J. Daniels, l’approccio di Marshall alla giustizia era caratterizzato da un realismo giuridico in stile Corte Warren. Nei suoi pareri dissenzienti sempre enfatizza i diritti individuali, una fondamentale equità, le pari opportunità e la protezione della legge, la supremazia della Costituzione come incarnazione di diritti e privilegi, e come la Corte Suprema dovesse dare un senso al concetto stesso di diritti costituzionali. D'altronde, la giurisprudenza di Marshall era pragmatica e si basava sulla sua esperienza concreta come avvocato e come afroamericano.

Marshall era un patriota incrollabile e il suo obiettivo era preservare la nazione. Infatti, ciò che gli Stati Uniti ricevettero da Thurgood Marshall si trova in ciò che rappresentava come avvocato e come giurista. Questa posizione è rivelata nei suoi atti, nelle sue arringhe, nelle sue opinioni giudiziarie e nei suoi dissensi, e in altre dichiarazioni pubbliche. È dunque evidente che la sua eredità si estende non solo all'eliminazione delle varie forme di discriminazione razziale, ma anche a un’iniziale effettiva rimozione delle barriere all'uguaglianza di opportunità per tutti i cittadini.

 

4. Fonti 

Daniels, William J. (1991). "Justice Thurgood Marshall: The Race for Equal Justice". The Burger Court: Political and Judicial Profiles. Urbana, Illinois: University of Illinois Press. pp. 212–237 su archive.org 

Delon, Floyd G. (1994). “Brown v. Board of Education at 40: A Commemorative Issue Dedicated to the Late Thurgood Marshall”, The Journal of Ngro Education, vol. 62, no. 3, pp. 278-288 su jstor.org 

Goldman, R.L.; Gallen, D (1992). Thurgood Marshall: Justice for All. New York: Carroll & Graf Publishers

Grossman, J. B., & Wells, R. S. (1972). Constitutional law and judicial policy making. New York: Wiley

Kelly, A. H. (1961). “An inside view of Brown v. Board of Education”. United States Senate Committee on the Judiciary, Hearings on the nomination of Thurgood Marshall, 85th Congress, 1st session (pp. 167-176). Washington, DC: U.S. Government Printing Office.

Lomax, L. (1963). The Negro revolt. New York: Signet.

Smith, J. Clay (2001). “Fighting for a Moral Society”, Negro History Bulletin, vol. 64, no. ¼, pp. 49-51 su jstor.org

Rowan, Carl T. (1993). Dream Makers, Dream Breakers: The World of Justice Thurgood Marshall. Boston: Little, Brown, and Company. 

Vasillopulos, Christopher (1994). “Prevailing Upon the American Dream: Thurgood Marshall and Brown v. Board of Education”, The Journal of Negro Education, vol. 63, no. 3, pp. 289-296 su  jstor.org 

Marshall, Thurgood (1987). "The Constitution: A Living Document." Howard Law Journal, vol.

30, no. 4, pp. 915-920. HeinOnline. 

Foto 

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