Tesi di laurea sui temi di ricerca dell'Osservatorio
Tesi di laurea magistrale in Comunicazione Giornalistica, Pubblica e d'Impresa, Alma Mater Studiorum Università di Bologna [Relatrice: Saveria Capecchi, Correlatrice: Marzia Vaccari]
La violenza di genere è una grave violazione dei diritti umani, radicata nelle dinamiche di genere patriarcali. In Italia, nel 2023, sono state 115 le donne vittime di femminicidio, di cui quasi il 45% perpetrato da partner attuali; questo dato evidenzia come molto spesso la violenza si consumi tra le mura domestiche e venga agita dai partner o ex partner, togliendo spazio all’immaginario stereotipato della violenza agita dallo sconosciuto nel vicolo buio durante la notte.
Nonostante decenni di campagne di sensibilizzazione e interventi legislativi, la comunicazione sulla violenza di genere resta limitata e frammentata: gran parte, infatti, dei messaggi comunicativi si concentra sulle sopravvissute e non, mentre gli uomini vengono relegati ad una dicotomia stereotipata nel ruolo di “mostri” o “salvatori”, senza affrontare le radici culturali e sociali della violenza.
Questo lavoro di tesi segue due percorsi principali: sette interviste semi-strutturate condotte con esperte/i sul tema della violenza di genere, operatori e operatrici di Centri Antiviolenza (CAV) e Centri per Uomini Autori di Violenza (CUAV), e un’analisi di contenuto di 16 campagne italiane con target protagonista e co-protagonista maschile, mirate alla sensibilizzazione principalmente di chi agisce o potrebbe agire con violenza.
Le interviste hanno permesso di raccogliere una varietà di opinioni e prospettive, evidenziando lacune significative nelle campagne attuali, spesso relegate a momenti simbolici come l’8 marzo e il 25 novembre. Al contrario, gli esperti e le esperte intervistati/e hanno sottolineato l’importanza di una comunicazione costante nel tempo, capace di sensibilizzare il pubblico maschile e di stimolare una riflessione critica sulle dinamiche di potere e privilegio che perpetuano la violenza.
I risultati dell’analisi delle campagne, invece, mostrano una prevalenza di messaggi stereotipati che perpetuano una visione dicotomica della mascolinità. Sono stati individuati da 5 frames quali “l’invisibilizzazione dell’uomo”, “l’educazione maschile alla non violenza”, “solo se è una donna a te vicina”, “da uomo a uomo”, e infine “l’uomo non violento” che è il frame che più si avvicina agli esempi di buone pratiche, caratterizzati da un linguaggio inclusivo e dall’adozione di immagini e messaggi rivolti agli uomini in modo costruttivo. Queste iniziative, sebbene ancora limitate, rappresentano un primo passo verso un cambio di paradigma necessario.
Le conclusioni propongono un cambio di paradigma che decostruisca stereotipi, favorisca una mascolinità critica e riflessiva, e stimoli un dialogo costruttivo tra i generi, facendo leva sul concetto di responsabilità anziché di colpa del singolo individuo, coinvolgendo in maniera diretta gli uomini nella rappresentazione delle campagne e chiedendo loro feedback, e aumentando il coordinamento degli enti promotori delle campagne per migliorare lo scambio di buone pratiche. Solo attraverso strategie comunicative più inclusive sarà possibile affrontare le radici culturali della violenza e promuovere una trasformazione collettiva e sistemica delle dinamiche di genere.
Tesi di laurea in Comunicazione Giornalistica, Pubblica e d'Impresa, Alma Mater Studiorum Università di Bologna [Relatrice: Saveria Capecchi, Correlatrice:Pina Lalli]
Il tema della parità di genere, in particolare in riferimento al rapporto tra uomini e donne, si configura come uno degli argomenti più importanti non solamente per quanto riguarda i movimenti e le lotte femministe, ma è parte di un ampio discorso pubblico all’interno della realtà contemporanea.
Alla base della nostra società esiste una gerarchia sociale tacita, il cui ordine viene garantito anche attraverso l’uso della violenza. Storicamente, infatti, la figura della donna è stata concepita come un inesorabile subalterno dell’uomo, in termini di ruoli ricoperti, ma anche di aspettative sociali e opportunità ad essa riservate.
Il tema della corporeità rappresenta un elemento chiave nella costruzione della subordinazione femminile, analizzato facendo riferimento a Michel Foucault e al concetto di corpo docile. Il corpo delle donne, infatti, si configura come un terreno in cui agiscono forze sociali e culturali, che limitano l’autodeterminazione femminile e stabiliscono norme e criteri di giudizio più restrittivi rispetto agli uomini.
La tesi in particolare cerca di indagare in che modo le narrazioni mediatiche riproducano forme stereotipate e racconti sbilanciati o parziali in riferimento alla trattazione della violenza estrema contro le donne. Il femminicidio non ha a che vedere con il tasso di criminalità, né con aspetti come il livello di istruzione o gli indicatori di benessere economico, al contrario rappresenta un fenomeno trasversale e sistemico, le cui basi affondano nell’impianto societario di disuguaglianza tra uomini e donne. Si prendono in esame a tal fine due casi di femminicidio.
Il primo caso preso in analisi all’interno dell’elaborato è quello che ha coinvolto Manuela Petrangeli, assassinata dall’ex compagno, mentre il secondo concerne il femminicidio di Maria Campai da parte di un ragazzo di 17 anni conosciuto online.
Attraverso l’analisi di questi due case studies, si è evidenziato come la narrazione giornalistica spesso adotti un linguaggio sensazionalistico e colpevolizzante nei confronti delle vittime, perpetuando stereotipi e contribuendo a distorcere la percezione sociale del fenomeno. I risultati ottenuti, infatti, mostrano come la spettacolarizzazione degli elementi macabri, nonché la riproposizione di frames narrativi erronei che contestualizzano la vicenda come un evento localizzato, o che stabiliscono un fallace collegamento tra l'amore e la violenza o tra altri elementi contestuali, si ritrovino in pressoché la totalità delle narrazioni prese in riferimento.
In questo senso, la promozione di una narrazione più imparziale e attenta alle tematiche di genere diventa un obiettivo centrale, non soltanto in termini di correttezza deontologica, ma anche in funzione del ruolo di influenza che le produzioni mediatiche esercitano sull’opinione pubblica.
Tesi di Laurea Triennale in Sviluppo e Cooperazione Internazionale, Alma Mater Studiorum Università di Bologna [relatrice P. Lalli]
La ricerca quantitativa e analitica sui femminicidi avvenuti in Italia nel 2021, realizzata in collaborazione con l’Osservatorio di ricerca sul femminicidio, ha rivelato un’ampia percentuale di vittime con 65 o più anni, sul totale delle vittime del 2021. Per questo motivo, l’elaborato riporta i dati raccolti e si concentra in particolar modo sull’analisi dei casi di geronto-femminicidio, per identificarne caratteristiche e specificità.
Dopo un iniziale tentativo di definizione operativa di femminicidio, vengono illustrati i risultati emersi dalla raccolta statistica, fornendo un quadro dettagliato sulla violenza di genere estrema in Italia e le sue caratteristiche principali nell’anno di riferimento. La rilevazione ha individuato 122 donne vittime di omicidio volontario. Da questi 122 casi per l’analisi sono stati eliminati gli 8 casi con perpetratore donna e i 2 casi di donne scomparse sulle cui morti non è stato possibile reperire notizie ulteriori. Le donne vittime di femminicidio in Italia nell’anno 2021 sono state dunque 112.
L’analisi si concentra, inizialmente, sul confronto tra i femminicidi delle donne più anziane e quelli di tutte le fasce d’età, per evidenziare in che modo il fattore dell’età si interseca con la discriminante del genere. Successivamente vengono riportate delle considerazioni sulla natura dei geronto-femminicidi, osservando le possibili cause culturali, legate ad una ineguale divisione dei ruoli di cura e a una visione della donna anziana e malata come improduttiva, all’interno di una società altamente performativa e ageista.
L’ultimo aspetto che viene considerato è la copertura mediatica e il framing utilizzato più comunemente dalla stampa nazionale per trattare questi casi, che spesso vengono ignorati dalla cronaca o presentati come “tragedie familiari”, addirittura “omicidi altruistici”, e quasi mai come femminicidi.
Tesi di LM Comunicazione Giornalistica, Pubblica e d'Impresa, Alma Mater Studiorum Università di Bologna [Relatrice Saveria Capecchi (Unibo), Correlatrice: Tania Arriaga Azacarate (Universisad del Paìs Vasco)].
Il presente elaborato affronta il tema della comunicazione giornalistica italiana e spagnola relativa ai femminicidi dei due periodici generalisti più letti nei due Paesi: Il Corriere della Sera e La Repubblica nel caso dell’Italia, e El País e El Mundo nel caso della Spagna.
L’obiettivo della prima parte del lavoro è fornire un quadro teorico sui due macroelementi che caratterizzano la ricerca: la violenza di genere e la comunicazione giornalistica della stessa. Nel farlo, si è posta particolare attenzione alle differenze presenti tra i due Paesi analizzati, sia a livello di dati ma anche relativamente al differente sviluppo del cosiddetto ‘gender regime’ e alla deontologia.
La seconda parte dell’elaborato è dedicata al lavoro di analisi dei metodi e dei linguaggi comunicativi adottati dalle testate giornalistiche selezionate. A tale scopo, è stato selezionato un corpus di 80 articoli relativi ai femminicidi perpetrati durante il trimestre settembre-novembre 2023. Il capitolo si conclude con considerazioni scaturite dalla comparazione dello stile comunicativo dei due Paesi. Un aspetto emerso con particolare evidenza è il fatto che mentre in Italia c’è la tendenza a romanzare e spettacolizzare la vicenda, in Spagna i toni appaiono più equilibrati, lo stile più informativo, anche ‘raggruppando’ i casi in un unico articolo. Così facendo si fornisce una visione complessiva del fenomeno, che non rimane un singolo caso isolato e che spesso viene in modo esplicito imputato ad una 'violenza machista. Nella sezione finale della tesi si è scelto di arricchire il lavoro con un breve capitolo che presenta il progetto della rivista bilbaina Pikara Magazine, una realtà controcorrente che si configura come un ottimo esempio di giornalismo femminista.
Il lavoro di ricerca è stato svolto in parte anche all’estero, a Bilbao, nell'ambito di un programma di scambio Erasmus+
Tesi di laurea in Scienze Politiche Sociali e Internazionali, Alma Mater Studiorum Università di Bologna [relatrice S. Vezzadini]
La tesi analizza la violenza di genere intesa come fenomeno di origine patriarcale, frutto di un sistema di organizzazione sociale basato sulla prevaricazione dell’uomo sulla donna e del mantenimento di tale stato di subalternità, assicurato grazie alla proliferazione e diffusione di stereotipi e pregiudizi circa ruoli di genere predeterminati. Parlare di violenza di genere nell’attuale mondo digitalizzato richiede, inoltre, una presa di coscienza del fatto che l’evoluzione dei mezzi informatici vada di pari passo con lo sviluppo e l’aumento di forme di violenza attuabili online, le quali colpiscono principalmente le donne. Si passa dunque in rassegna la letteratura che descrive le caratteristiche specifiche della Cyber Violence Against Women and Girls, i suoi elementi di continuità con la violenza di genere offline, l’estensione del fenomeno e le sue conseguenze nella vita delle vittime che la subiscono. L’illustrazione del caso di Dalia Aly, una giovane ragazza che da anni denuncia la violenza subita nella diffusione non consensuale di un video intimo che la ritraeva, mette in luce come le misure istituzionali di prevenzione e di contrasto alle forme di violenza di genere esercitate online risultino ad oggi inadeguate e inefficaci, nonostante le conseguenze gravi che comportano per le vittime,
mentre gli abusanti, i diffusori ed i fruitori rimangono impuniti. Le vittime non trovano risposta neppure nei vari ambiti sociali a cui appartengono: la vittimizzazione secondaria comporta una colpevolizzazione e stigmatizzazione nei loro confronti invece che verso gli abusanti. Rischiano di perdere autosufficienza economica, contatti con la propria rete sociale, salute psico-fisica, mettendo talora a rischio anche la propria vita nel momento in cui la donna non veda altra via d'uscita se non il suicidio.
Le misure di prevenzione e di contrasto alle forme di violenza di genere esercitate online risultano dunque inadeguate ed inefficaci, anche a causa di scarsa consapevolezza all'interno delle istituzioni. Nonostante la recente innovazione legislativa prevista nel cosiddetto Codice Rosso, che ha introdotto nell’ordinamento italiano il reato di condivisione non consensuale di materiale intimo, la pena prevista non sembra per ora adempiere la sua funzione di deterrenza, ma soprattutto gli abusanti, i diffusori ed i fruitori rimangono troppo spesso impuniti o non perseguiti in maniera convinta. Di fatto, ancora oggi, come mostra il caso di Dalia, la prima reazione che corre drammaticamente spontanea è colpevolizzare la vittima, che - si pensa o si d ce - non avrebbe dovuto farsi ritrarre in posizioni intime: gli uomini - si sa - sono predatori e dunque... la vittimizzazione secondari trova anche negli inquirenti facile strada, mentre amici, conoscenti e colleghi di lavoro finiscono per condividere e dunque perpetrare tale condanna della vittima confermando il danno di reputazione da essa subito.
Tesi di laurea in Scienze Politiche Sociali e Internazionali, Alma Mater Studiorum Università di Bologna [relatrice: S. Vezzadini]
Quando una donna è vittima di violenza maschile, spesso si ritrova sotto la lente d’ingrandimento delle forze dell’ordine, i quali pongono a quest’ultima quesiti essi stessi rappresentanti una violenza aggiuntiva. Ancora, nel racconto a familiari e amici dell’accaduto, è frequente questi assumano lo stesso atteggiamento delle agenzie di controllo formale o, quando per assurdo “va meglio”, dovranno subire commenti e valutazioni del proprio agire, non di rado mascherati da ipotetiche buone intenzioni. È quindi proprio dall’attitudine delle agenzie di controllo formale ed informale che nasce un ostacolo al già difficile percorso di stabilizzazione della, ora duplice, vittima: all’equazione già ardua del crimine subito si aggiunge una nuova incognita, quella del trattamento che le sarà riservato da parte di ogni figura con la quale si interfaccerà nelle tappe successive alla vittimizzazione primaria, quindi le indagini, il processo, gli interrogatori e via dicendo. Dalle forze dell’ordine, ai giudici, agli avvocati, agli psicologi, ai giornalisti di cronaca, ognuna di queste figure può gravare su una moltitudine di sfaccettature della vita della vittima.
La tesi, oltre a una illustrazione della letteratura esistente sulla vittimologia, prende in esami alcune ricerche su processi giudiziari e alcuni titoli giornalistici che disvelano l'uso di linguaggi e argomentazioni di tipo sessista, volti a individuare soprattutto le presunte responsabilità della vittima la quale, essendo donna, avrebbe stereotipicamente il dovere di regolare o tenere a freno il desiderio maschile o di riconoscere subito il partner violento. Ad esempio, si mette in luce, nel caso del racconto processuale, il possibile squilibrio tra la richiesta del sistema giudiziario di racconto, e la comprensibile incapacità o avversione nel riviverla da parte di una donna che abbia vissuto anche il trauma di vedere progressivamente sfumare le aspettative fiduciarie nei confronti di un partner rivelatosi violento. Oppure l'utilizzo di campi di riferimento derivati da ruoli stereotipici, in cui l'esercizio di violenza appaia connesso a momenti cosiddetti d'impeto scatenati da reazioni non "giustificabili" da parte della donna all'interno di una sorta di litigiosità di coppia, più che come vero e proprio atto violento maschile. Anche in alcuni esempi di cronaca la tesi nota il meccanismo di vittimizzazione secondaria utilizzato per individuare gesti d'impeto sollecitati dal comportamento femminile o crimini sessuali derivanti da comportamenti ritenuti stereotipicamente provocatori. L'auspicio, duque, è che maggiore attenzione al linguaggio e ai riferimenti culturali utilizzati riesca a minare dalla base una piramide di violenza nei confronti delle donne derivante anche dall'invisibile persistere di pregiudizi su predeterminate aspettative di ruolo di genere.
Tesi di Laurea in Scienze Politiche Sociali e Internazionali, Alma Mater Studiorum Università di Bologna [relatrice: S. Vezzadini]
La tesi analizza i temi della violenza domestica e le risposte che ad oggi si è in grado di offrire ai suoi protagonisti. In particolare, si è cercato di confrontare quanto previsto dalla giurisdizione mondiale, internazionale e nazionale, con maggior riguardo per la realtà italiana, con ciò che si realizza a sostegno e supporto delle vittime ma anche esempi d pratiche volte a rieducare gli autori delle violenze. La bibliografia alla quale si è fatto riferimento include testi concernenti la violenza domestica, ma anche siti di associazioni, strutture, organizzazioni e organi politici. Inoltre, sono state condotte 4 interviste ad altrettanti testimoni privilegiati, impegnati in attività di contrasto alla violenza domestica nei territori di Bologna e provincia di Modena. Due sono in particolare i focus delle politiche di contrasto individuate: il percorso volontario di informazione e formazione per gli uomini maltrattanti, da un lato, e l'assistenza nei centri antiviolenza per le donne vittima di violenza, dall'altro.
Tesi di LM in Comunicazione giornalistica, pubblica e d'impresa, curriculum Giornalismo e media digitali, Università di Bologna [relatore P. Lalli, corr. C. Capelli]
Il tema della narrazione del femminicidio risulta denso di interrogativi. Mantenendo come base lo studio e la narrazione della violenza contro le donne, e, nello specifico, del femminicidio, la forma di violenza più estrema, questa ricerca propone un focus su un genere di narrazione che si discosta apparentemente da quelle che sono le routine giornalistiche della cronaca nera, ovvero il podcast true crime.In particolare, l'analisi si propone di esplorare il tipo di cornice narrativa (frame) utilizzata dai podcast true crime a proposito del femminicidio e le differenze rispetto alla cronaca nera. La letteratura sul tema mostra che nel racconto del femminicidio la cronaca tende ad utilizzare un linguaggio che, per avvicinarsi a quelle che suppongono essere le rappresentazioni dei pubblici, fa riferimento anche a stereotipi che inseriscono l’uomo e la donna all’interno di determinati ruoli sociali. Inoltre, di rado ci si sofferma in modo puntuale sulla vittima, sulla sua storia e sulle violenze che può aver vissuto, privilegiando invece aspetti che riguardano maggiormente il perpetratore. Si tende cioè a rappresentare il singolo femminicidio come un evento a sé stante, non come esito estremo di un percorso di violenza legato alle disuguaglianze di genere. Il podcast è un formato narrativo nuovo, diffusosi soprattutto a partire dal 2018 e particolarmente seguito nel caso dei true crime. Ne bbiamo quindi analizzato 4 che con impostazione differente raccontano casi di femminicidio molto diversi tra loro: Demoni Urbani, con le storie di Giulia Ballestri, uccisa dall’ex marito, ed Ernestina Beccaro, uccisa dal marito, Dpen Crimini con la vicenda di Melania Rea, anch’essa uccisa dal marito, The Life of a Killer- cronache di follia, con la storia di Elisa Claps, uccisa da un amico invaghitosi di lei, e Polvere che analizza la vicenda dell’omicidio di Marta Russo. Oltre a narrare le vicende così come vengono rappresentate dai podcast, la ricerca offre un confronto fra le diverse tecniche di narrazione proposte dai quattro podcast, per approfondire, nello specifico, come viene rappresentata la vittima e se, in questo senso, quali differenze possano essere individuate rispetto alla cronaca giornalistica dei quotidiani. Innanzitutto, ogni canale presenta una propria modalità di narrazione che permette a chi ascolta il podcast di identificarlo nell’immediato. Polvere, che riguarda un caso di omicidio non intimo, conduce un’analisi prettamente investigativa, finalizzata alla ricerca del vero colpevole. Demoni urbani narra casi già risolti soffermandosi sugli aspetti emotivi e sulle storie di vita delle donne, per mettere in luce il femminicidio come fenomeno sociale. D’altra parte, The life of a killer – cronache di follia, pur approfondendo anche la storia e la vita della vittima, concentra la narrazione su elementi che riguardano l’intrattenimento. Anche Dpen Crimini, seppur adottando una differente modalità di narrazione attraverso l’assenza di montaggio e suoni, segue la stessa tendenza, soffermandosi su aspetti particolarmente macabri e soprattutto sul killer, approfondendo la sua storia e il tipo di relazioni interpersonali che aveva.
il termine femminicidio non trova alcun spazio in due dei 4 podcast (Dpen Crimini e The Life of a killer – cronache di follia). La tendenza - e lo si nota soprattutto nel caso di Dpen Crimini e The life of a killer – cronache di follia, è quella di preferire elementi e aspetti della vicenda particolarmente scabrosi, gravi, spostando ancora una volta l’attenzione dalla vittima al carnefice, portando la narrazione ad esclusivo intrattenimento. Tuttavia, emerge il podcast Demoni Urbani che all’opposto, pur utilizzando come slogan il lato oscuro della città e raccontando quindi, la vicenda dal punto di vista del killer, assume una posizione diversa. Utilizza termini specifici per inquadrare il fenomeno, oltre a dedicarvi numerose puntate, cercando di porre l’accento e denunciare il femminicidio quale problema sociale, che deve essere preso in carico e risolto anche con una sensibilizzazione che riguarda gli uomini e gli stereotipi di genere in generale accostando, pertanto, l’intrattenimento all’informazione.
Si può dire, quindi, che nonostante una tendenza all’intrattenimento, nel caso del podcast true crime stanno emergendo anche realtà che pur mantenendo lo stile emozionale tipico del true crime puntano anche ad un’informazione volta a promuovere sensibilità sociale. Il podcast true crime, si presenta, quindi, come uno strumento dalle numerose potenzialità in questo senso.
Master's Dissertation in Global Cultures. History and Oriental Studies, University of Bologna [supervisor P. Lalli, co-supervisor P. Rudan]
Violence against women takes different forms and directions which can be subsumed under the wide category of gender based violence. From work environments to the domestic sphere, the phenomenon of violence against women keeps perpetuating itself through physical, psychological and economic forms of aggression. These attitudes towards women are already radicalized in our society, maintaining inequalities and discriminations alive in the public sphere. What about the private one? The reports presented on the website of the Italian National Institute of Statistics (ISTAT) show that 13,6% of women have experienced physical or sexual abuse by a partner or ex partner in life at least once.1 Violence against women in domestic environments and - specifically- intimate partner violence and femicides are spreading more than ever, deeply changing society.
Starting from a deep look into gender violence and its multiple forms as a social, psychological and cultural phenomenon, the aim of this thesis is to focus on domestic and Intimate Partner Violence implications and, then, on social and political side effects of the COVID-19 pandemic. Dates and statistics by relevant institutional surveys and governmental policies implemented against the emergency of domestic violence and violence against women in general will be taken into account to have a look at the structural shortcomings of politics as well. For of course violence against women is a social and cultural problem that needs to be redefined through a political direction, starting from the spreading out of values like inclusivity, equality and no gender discrimination. The global pandemic has strongly highlighted the weaknesses of welfare policies in dealing with the health emergency in general and with everything it has exacerbated. The extent of the phenomenon of women victims of violence is one important aspect that will be dealt with here, trying to focus as well on all the struggles of politics and institutions in the management of this emergency. Reports like the one from D.i.Re are crucial to maintain a constructive interaction with the political institutions that have dealt and are dealing with the phenomenon of violence against women. The European directives on the management of gender-based violence during the global pandemic have been a fundamental part of the handling of the question and - although in Italy a series of strategies and policies have been put in place - NGOs and aid services have pointed out that there are still too many contradictions in the bureaucratic processes to implement them. In this regard, research, surveys and data collection by associations and anti-violence shelters, which have and must have the important role of urging political institutions, is even more important. Those in charge of concretely handling and work with women victims of violence and their families, should have a major political agency and influence in the decision making process concerning the treatment and mitigation of violence against women, especially the one occurring in intimate relationships and domestic environments.
The necessity for a strong and lasting system that works well in ordinary as well asin extraordinary times is maybe the key point when dealing with policies to contrast violence against women. As what the Pandemic mostly showed were the already present structural lacks of politics and Institutions that with the global health emergency strongly surfaced. In light of this, it is important and worthwhile to give space in this work to the direct experience of anti-violence shelters and to their activities within the national territory. In particular there will be a focus on the center Casa delle donne per non subire violenza onlus- Bologna, very active both on the political and social levels in the city of Bologna and in the whole region of Emilia Romagna. At the same time, in order to frame the general asset of anti-violence shelters and their work in Italy, numbers and figures of all other help services that had been active before and during the pandemic, and that are still coping with the consequences and side effects of violence against women, will be considered.
According to a survey conducted by ISTAT-CNR in 2017, in Italy there are in total 338 anti- violence shelters specialized in supporting women victims of violence; the centers recognized by the regions and reported to the Department for Equal Opportunities as eligible for funding as they adhere to the State-Regions agreement signed in 2014 are 253. The remaining 85 shelters are not recognized, meaning that - as reported before in this work - they cannot have access to regional and state funds. Therefore, there are 1.2 centers/services for every 100,000 women aged 14 years and older. The average figure is uniform between the North and the Center, and is higher in the South where there are 1.5 anti-violence centers/services per 100,000 resident women. For what concerns the evaluation of anti-violence shelters’ work and activities, it has been reported that more than 90% of active shelters offer excellent basic services such as welcome interview, orientation and accompaniment to other services in the area, psychological and legal counseling. Furthermore, it was found that is a good offer of the service of accompaniment to work integration/work autonomy, especially from the help services that are not part of the State-Regions agreement (96,5%); it was detected as well a good offer of safe accommodation such as secret and first-level shelter homes, especially from centers adhering to the State-Regions agreement (85.7%). Anyway, a problematic area has been reported in the emergency (or first aid) reception offered by 63.6% of the specialized services, due to the lower presence of anti-violence shelters offering this support in Central Italy compared to the North and the South. In conclusion, it should be recalled that the anonymity and privacy of the women who turn to the help services are ensured by the presence of more than 80% of support with operators who share a code of ethics on confidentiality, professional secrecy and anonymity.
In the last part of the work space has been given to Casa delle donne per non subire violenza Onlus of the city of Bologna. It is taken into consideration the experience of the center during the lockdown with its services and shelter houses for women escaping from violence. By the way of an interview to a social worker in this shelter, she observed that court orders for the removal of abusive men have decreased significantly during the health emergency was perhaps the most striking finding: those orders of removal were important acts to allow women and children to go back to their everyday life, but the Pandemic made all the process to obtain them slower. Another important aspect she showed was certainly the fact that many contacts to Casa delle donne were lost at the end of the year of the lockdown, showing that somehow the pandemic, in its acute phase, inhibited requests for help. Yet, the issues of the difficulties in isolating women in the shelter, or the fact that many women had to be told by the workers to resist violent episodes during the lockdown and to find home remedies, were other key aspects that reduced the offer of places for women in emergency.
All of this essentially displays the fact that violence shelters need the support of institutions and citizens to resume their vital functions with dignity and with the funds they are entitled to. Because they are fundamental realities for everyone, and not only for the women and children who are taken in. Their cooperation with territorial social services and other institutions is proof that they play a significant role in the network of services to citizens, both women and men.
Tesi di laurea in Scienze politiche, sociali e internazionali, Università di Bologna [relatrice C. Capelli]
Come è stata descritta la violenza di genere durante il periodo del lockdown? L'agenda setting e il framing dei quotidiani sono stati influenzati dalla crisi pandemica nella narrazione del tema? Questa tesi punta a fornire alcune risposte a queste domande analizzando 42 articoli suddivisi tra il 2019 e il 2020 del quotidiano locale trentino l'Adige. I risultati mostrano come i paradigmi tradizionali ancorati alla struttura patriarcale della società abbiano prevalso nella tematizzazione degli episodi di violenza contro le donne anche nel periodo di lockdown. Inoltre, l'agenda setting del giornale ha risentito dell'avvento della pandemia, ed è stata monopolizzata dal tema della saluta pubblica, con una diminuzione significativa del numero di articoli riferiti a casi di violenza di genere.
Tesi di laurea in Scienze della comunicazione, Università di Bologna [relatore P. Lalli]
La tesi cerca di approfondire alcuni aspetti del femminicidio considerandolo un fenomeno complesso e sfaccettato. Il primo capitolo illustra la storia del termine e i dati generali che caratterizzano il fenomeno in Europa e poi, in modo più specifico, in Italia. La seconda parte è dedicata ad un'analisi di caso: il femminicidio di Nadia Orlando, così come presentato nella cronaca di tre differenti formati mediatici (cronaca nei quotidiani online, nazionali e locali, tre trasmissioni di infotainment televisivo - Amore criminale, Detto fatto, e una puntata dedicata di Tagadà - e i messaggi che utilizzavano come hashtag i nomi dei due protagonisti su Twitter). Ne merge un quadro che rileva l'esigenza di un percorso culturale ancora lungo: se la cronaca tende a non mettere a fuoco né a spiegare come si arrivi a questo atto estremo quale esito di un percorso di disgugaglianza di genere, e tantomeno ritiene doveroso dire a una donna come uscire dalla violenza, le trasmissioni televisive invece di approfondire il problema privilegiano aspetti di entartainment ad esempio sopravvalutando gli aspetti individuali di sottomissione o ricostruendo uno scenario di paura impotente. A tratti su Twitter si incontrano alcuni appelli che invitano alla riflessione, ma le caratteristiche della piattaforma con i suoi brevi messaggi non hanno permesso approfondimento.
Tesi di LM in Semiotica, Università di Bologna [relatore F. Marsciani, correlatrice P. Lalli]
La ricerca svolta intende analizzare etnosemioticamente le strade ritenute meno sicure del centro storico di Bologna, per meglio comprendere le rappresentazioni di sicurezza-insicurezza su cui tendono a basarsi le giovani donne nell’abitare lo spazio pubblico.Essendo una tematica legata anche all’aspetto culturale della nostra società, che ancora oggi è condizionata da un sistema patriarcale di fondo, si è ritenuto opportuno analizzare il contesto sociale che si pone da sfondo alla questione. Per questa ragione nel primo capitolo si discutono due aspetti estremamente condizionanti della attuale società: le politiche securitarie e la colpevolizzazione della vittima. L'elaborato mostra, in effetti, come entrambi contribuiscono direttamente alla percezione del pericolo da parte delle ragazze intervistate. Inoltre, per avere un quadro più completo del contesto sociale nel quale viviamo si riportano i dati relativi le indagini sulla sicurezza delle donne effettuate dall’Istat nel 2005 e 2014, per cercare inoltre di comprendere come sia cambiata la questione negli anni.
Il secondo capitolo illustra invece ii dati rilevati sia attraverso una ricerca rivolta mediante questionario autosomministrato online ad un campione di convenienza di 108 donne con età compresa tra i 18 e i 30 anni residenti o domiciliate a Bologna sia un'analisi dei dati relativi al le denunce depositate in questura, oltre che una rapida illustrazione della controversa applicazione Wher che costituisce una comunità di supporto e consiglio circa la sicurezza delle strade di varie città, inclusa Bologna. Nel’ultimo capitolo si conduce quindi un'lanalisi etnosemiotica delle strade che sono risultate meno sicure dall’intreccio delle risposte ottenute attraverso il questionario, alcune interviste aperte, le valutazioni dell’applicazione e i dati delle denunce.
La domanda d’analisi che muove questo lavoro di ricerca è la possibile presenza di una soluzione a questo stato di costante preoccupazione che le donne sono costrette a vivere attraversando lo spazio pubblico. Una soluzione che possa tener conto delle molteplici variabili coinvolte, dall’utilizzo dello spazio alla percezione del genere femminile nella società; in grado di evitare determinismi e modifiche comportamentali da parte delle donne.
L’intreccio tra la sociologia e l’etnosemiotica, con le rispettive metodologie, si è mostrato vincente per trattare ed esaminare la tematica della sicurezza delle donne sotto più aspetti. La sociologia si è rivelata necessaria per comprendere il punto di vista delle ragazze che abitano la città di Bologna. Abbiamo visto che la paura e la preoccupazione delle ragazze nell’attraversare le strade del centro storico di Bologna sono collegate a diversi fattori: il sistema patriarcale ancora fortemente condizionante l’attuale società e le retoriche securitarie contribuiscono a rafforzare la percezione di pericolo nelle donne in quanto sesso debole, da dover difendere. Lo spazio pubblico e le pratiche sociali su di esso hanno un forte impatto sulla percezione di pericolo: l’illuminazione, l’assenza di persone, la presenza di persone definite “poco raccomandabili”. Ma soprattutto la preoccupazione è riducibile alla presenza di persone estranee, principalmente durante la fascia serale-notturna, di sesso maschile. Inoltre, la preoccupazione delle ragazze intervistate appare essere una conseguenza di esperienze passate; di fatti il 65,7% delle rispondenti dichiara di aver subìto almeno un’esperienza negativa mentre percorreva le strade di Bologna. Dal catcalling, alla molestia fisica, tutti eventi che, oltre a condizionare la loro percezione, hanno definito i loro comportamenti futuri sullo spazio pubblico. Appurato che lo spazio pubblico sia il principale motivo di preoccupazione da parte delle donne, l’utilizzo dell’etnosemiotica è divenuto centrale per l’analisi delle strade, sia per la struttura e l’organizzazione spaziale che per le pratiche sociali attuate su di esse. Comprendere come lo spazio è organizzato, e come questo viene abitato è punto fondamentale per definire, successivamente, soluzioni che possano essere mirate a contrastare il problema e che non si riducano a modificare i comportamenti e le abitudini delle donne. Così come non è stata definita una sola causa, di conseguenza non sarà definibile una sola soluzione. Per riuscire a contrastare il problema della sicurezza delle donne nello spazio pubblico sarà, quindi, necessario attuare più azioni mirate che possano migliorare la questione sotto tutti gli aspetti vincolanti. Educazione, urbanizzazione, giurisdizione sono solo alcuni dei settori che necessitano di comprendere il problema e lavorare per includere il genere femminile.
Tesi di laurea in Sviluppo e cooperazione internazionale, Università di Bologna [relatrice P. Lalli]
Il fenomeno della violenza di genere e nello specifico violenza maschile contro le donne è un fenomeno che ha acquisito recente consapevolezza e visibilità e viene oggi riconosciuto dalla comunità internazionale come violazione dei diritti umani. I casi violenza maschile contro le donne si verificano soprattutto nell’ambito di relazioni intime e, nonostante sia un fenomeno sempre più esteso e abbia di recente maggiormente attirato l'attenzione dei media, rimane comunque in gran parte sommerso e sottostimato nei dati ufficiali. Infatti, molte donne non ritengono utile denunciare e quindi rendere istituzionalmente visibile il fenomeno. .
Le ragioni principali per cui una donna è portata a non denunciare le violenze subite sono spesso legate a modelli culturali che rendono difficile riconoscere socialmente determinati atti maschili come violenti, al timore di subire ritorsioni o comportamenti vendicativi senza che le forze dell'ordine possano proteggere a sufficienza o alla sensazione di essere mal giudicate e quindi portare a provare sensi di colpa o di vergogna per la propria condizione di vittima. La tendenziale sfiducia nell’autorità giudiziaria o delle forti pressioni che emergono all’interno della sfera familiare e/o collettiva possono quindi essere determinanti.
L’obiettivo dell'elaborato è mettere in luce l’attività svolta dalle Forze dell’Ordine nelle operazioni di Polizia Giudiziaria, concentrandosi in particolare sul ruolo della Polizia Locale, mostrando anche come gli operatori vivono tali esperienze. Il primo capitolo illustra le attività della Polizia Locale e i compiti della Polizia Giudiziaria.Il secondo descrive il Progetto Europeo “Protasis -Police Training Skills” dedicato alla Polizia Locale e sviluppato in linea con le priorità di Daphne, all’interno dei finanziamenti della DG Justice dell’Unione Europea.
Il terzo capitolo analizza le testimonianze espresse sul loro lavoro da alcuni agenti e ufficiali di polizia.
Tesi di laurea in Scienze Politiche Sociali e Internazionali, Università di Bologna [relatrice S. Capecchi]
La tesi affronta il tema dei diritti delle donne in Afghanistan e il tipo di narrazione presente nelle testate giornalistiche italiane al ritorno dei talebani nell'agosto 2021. Nel primo capitolo parte dal contesto storico per analizzare i cambiamenti nel processo di emancipazione femminile dal 1880 fino alla conquista del paese da parte dei talebani nel 1996, focalizzandosi sia sugli esponenti politici che hanno permesso di portare ad una minore disuguaglianza di genere nel paese, sia sulla negazione totale dei diritti delle donne, avvenuta durante il regime talebano, mostrando come la loro concezione di donna sia entrata in contrasto con la generale ideologia islamica. Nel secondo capitolo si analizzano i diversi tipi di risposta rilevabili nei quotidiani italiani nel momento della riconquista talebana, osservando lo spazio dedicato alle donne afghane e comparandoli fra loro per individuarne le differenze.
Tesi di laurea in Scienze Politiche, Sociali e Internazionali, Università di Bologna [relatrice P. Lalli]
La tesi illustra l’analisi del caso di femminicidio di Cristina Maioli, avvenuto il 4 ottobre 2019, la cui trattazione mediatica e giudiziaria presenta molti aspetti interessanti e diverse criticità, a partire dal fatto che nel processo di primo grado gli verrà negata tale qualificazione. A riguardo si prendono in considerazione gli articoli di cronaca dedicati al caso e il testo di motivazione della sentenza, che confermano da una parte l’importanza che l’argomento ha ormai assunto, dall’altra rivelano le criticità insite al percorso verso il riconoscimento del suo status di problema sociale.
Tesi di laurea in Scienze politiche, sociali e internazionali, Università di Bologna [relatore P. Lalli]
Si analizzano le principali tappe politico-sociali con cui si è affrontata la disuguaglianza di genere nell’ordinamento della Repubblica di San Marino e come le diverse norme nonché il dibattito su di esse influenzino le organizzazioni, la stampa e le istituzioni.
Nel 2022 sarebbe bello poter dire che finalmente è stata raggiunta la parità di genere e che la vita in Repubblica sia estremamente appagante come può sembrare ad occhi esterni: la verità è che, anche se nel ventunesimo secolo sono stati fatti numerosi passi avanti, ancora le donne che vivono in questa piccola realtà non sono riuscite a portare a termine tutte le lotte che hanno iniziato a combattere dalla metà del secolo scorso. Fra queste, una menzione importante riguarda l’interruzione volontaria di gravidanza, il diritto di trasmissione della cittadinanza ai figli e la partecipazione politica, da sempre emblema del gender gap presente anche negli stati più evoluti.
L’elaborato, suddiviso in tre capitoli, parte da una ricostruzione storica delle tappe attraverso cui le donne sammarinesi hanno ottenuto il diritto di voto attivo e passivo; segue una analisi dei primi anni successivi a quando è stato concesso al genere femminile di partecipare alla vita pubblica, e di come essa si sia ampliata per arrivare agli schieramenti politici come oggi sono composti. Il capitolo si conclude con le informazioni ricevutegarzie ad un'intervista con Carlotta Andruccioli in relazione alla sua esperienza di governo, che ha fornito un arricchimento fondamentale per capire cosa significa essere una politica nel microstato.
Il secondo capitolo riguarda la lotta delle sammarinesi, guidate da UDS come comitato promotore, per liberalizzare l’interruzione volontaria di gravidanza, attraverso un referendum propositivo, vinto a fine settembre 2021, che ha portato a compimento la lotta delle sammarinesi, iniziata nel secolo scorso, per vedersi riconosciuto il diritto a scegliere del proprio futuro, con una legge nuova, innovativa e al passo con la storia.
Infine, l’ultimo capitolo riguarda la violenza di genere e i metodi di contrasto, attraverso le leggi promulgate e le campagne di informazione per la cittadinanza, principalmente per i più piccoli nelle scuole, nel tentativo di prevenire il fenomeno purtroppo diffuso anche a San Marino. Si analizza poi un caso, avvenuto nella primavera del 2022, per vedere come sia stato trattato dalla cronaca locale dato che proprio il trattamento mediatico sia un punto critico importante per la conoscenza sociale del fenomeno, come nella vicina Italia.
Tesi di laurea in Scienze Politiche, Sociali e Internazionali, Università di Bologna [relatrice S. Capecchi]
Le persone tendono ad utilizzare categorie generalizzate, gli stereotipi, per comprendere il mondo, che altrimenti sembrerebbe indecifrabile. I ruoli sociali che consideriamo “femminili” o “maschili”, quindi, non sono altro che costruzioni sociali soggette a mutamento. Nel corso del tempo si è modellata una relazione biunivoca tra media e realtà sociale: questi ultimi, essendo il prodotto della società, possono concorrere a rallentare o mettere in atto cambiamenti sociali attraverso le immagini che veicolano. Nonostante le numerose politiche adottate per ridurre il divario di genere, la parità tra i sessi non è stata ancora raggiunta e sul piano culturale tende a prevalere ancora la confort zone offerta dagli stereotipi, come possiamo notare dal modo in cui le donne vengono mostrate nei media. Pertanto, è necessaria un’azione alla base del processo di formazione degli stereotipi: bisogna puntare sull’educazione alla diversità e all’inclusività, alla comunicazione di genere e alla parità.
Tesi di laurea in Comunicazione e media contemporanei per le industrie creative, relatore M. Deriu, correlatore G. Balestrazzi, Università degli Studi di Parma
La tesi indaga il tema della violenza sulle donne e come essa tenda ad essere giustificata nella nostra società. Ciò che è emerso dai dati raccolti dall’ ISTAT è che nel nostro paese il 44% delle donne tra i 15 e i 65 anni avevano dichiarato nel 2014 di aver subito almeno una molestia nella loro vita, nonostante non tutte siano state denunciate, per motivazioni diverse: paura di ritorsioni, timore di non essere creduta, isolamento e mancanza di autonomia economica ecc. A queste motivazioni si può aggiungere il rischio di subire una cosiddetta “vittimizzazione secondaria”. La vittimizzazione secondaria, o colpevolizzazione della vittima, è il secondo livello di violenza che la vittima subisce. Questo avviene ad esempio da parte delle istituzioni attraverso la banalizzazione, la trascuratezza e le imprecisioni delle misure di tutela alla vittima; da parte dei media attraverso una comunicazione ripetitiva che, oltre a empatizzare con l’aggressore, favorirebbe una rappresentazione romanticizzata della violenza; da parte della società attraverso la stigmatizzazione sociale della vittima a cui spesso non si crede o le si attribuisce una qualche responsabilità per la violenza subita. Il fenomeno trae origini da stereotipi diffusi, specie nel Mezzogiorno (report Istat del 2018). Queste semplificazioni stereotipiche sono spesso un fattore determinate per la vittimizzazione secondaria, poiché proiettano sulle donne aspettative di comportamenti che si presume debbano essere irreprensibili; quando la vittima non rispetta tali aspettative allora ci rifiutiamo di riconoscerla come una vera vittima, finendo per colpevolizzarla.
Nell’analizzare il problema della vittimizzazione secondaria ho fatto ricorso al mezzo fotografico. Ho realizzato un progetto fotografico sul caso di una donna che mi ha aperto le porte di casa sua e fornito la sua preziosa testimonianza. Ella è stata infatti vittima di un tentato femminicidio da parte dell’ex compagno di origine straniera, che la mattina dell’11 maggio 2021 alle cinque e mezza del mattino si arrampicò sull’edificio palazzo in cui abitava la donna, riuscendo a entrare in casa sua con l’intento di ucciderla. Durante la colluttazione, perse la vita il figlio, che era intervenuto per difendere la madre. L’assassino era stato lasciato dalla ex compagna che lo aveva anche denunciato per stalking, ottenendo un’ordinanza restrittiva contro di lui.
Il progetto è nato per mostrare che, nonostante la premura della donna di proteggere la sua famiglia e se stessa, alcuni commenti sui social si sono invece espressi contro di lei (anche a distanza di un anno dal fatto). Alcuni media e alcuni politici hanno riportato il fatto di cronaca evidenziando in primis la nazionalità dell’aggressore e in secondo luogo la differenza di età tra quest’ultimo e Paola. Insomma, i soliti stereotipi, certo, ma nella tesi si sottolinea il ruolo dei media e la responsabilità del giornalista nel rappresentare la violenza sulle donne. Un’informazione corretta costituisce una parte importante di qualsiasi impegno educativo e formativo. Per dare un esempio di comunicazione visiva a mio parere ben fatta, ho esposto il progetto Livin’ with the enemy di Donna Ferrato, una fotoreporter che ha documentato forse per prima la violenza domestica nell’America degli anni ‘80.
La vittima, dunque, rischia di essere sottoposta a vittimizzazione secondaria dei media ma anche dei professionisti istituzionali come giudici, avvocati, personale delle forze dell’ordine. Gli stereotipi possono infatti arrivare fino alle aule di tribunale in cui spesso alle testimonianze della vittima sono attribuiti aggettivi che ne mettono ad esempio in dubbio la credibilità e stabilità emotiva, talora senza considerare la difficile situazione in cui si trova una persona che ha subito violenza.
Eppure, sembra che in Italia da questo punto di vista si sia ancora molto indietro. Esistono preziose iniziative di formazione per i professionisti ma, si rileva nella tesi, occorre fare di più e anche nella formazione stimolare pensiero critico puntando su una comunicazione dialogica, che stimoli l’attenzione, il confronto e l’elaborazione riflessiva.
Tesi di laurea in Scienze Politiche, Sociali e Internazionali [relatrice P. Lalli]
La tesi si propone di analizzare se e come siano cambiati i modelli di mascolinità e femminilità rappresentati nella lunga saga dei film su James Bond, in rapporto ai cambiamenti sociali intervenuti dagli anni Sessanta ad oggi. La scelta è dunque caduta su un oggetto culturale noto al grande pubblico, diffuso globalmente e con una presenza sulla scena di oltre sessant’anni: su James Bond, il personaggio creato dallo scrittore britannico Ian Fleming, sono stati liberamente realizzati ben 25 film, dal 1962 al 2022. La tesi individua tre fasi principali, che vedono progressivamente mutare, almeno in parte, gli stereotipi maschili e femminili presentati attraverso i vari personaggi.
Tesi di laurea in Scienze della comunicazione [relatrice P. Lalli]
La violenza contro le donne ha radici profonde, si irradia in maniera silenziosa e studiarne le caratteristiche aiuta a consoceree meglio il fenomeno per capire come contrastarlo. Nella tesi si catalizza l'attenzione sugli ultimi sette mesi del 2021, poiché sono stati i primi di semi-llibertà dopo nel varie forme di restrizione e lockdown legate alla pandemia Covid-19. Si è quindi ricostruita la storia di cronaca, il capitolo finale di sessantasei vite, sessantasei donne, uccise anche grazie a norme patriarcali persistenti che in questo momento di massima allerta sanitaria si segnalano in modo specifico e troppo spesso indisturbato. Come punto di partenza ci si basa sulle prime informazioni fornite nella sezione 27°ora del Corriere della Sera, approfondite ricercandone la cronaca in vari siti online. Seguendo l'impostazione metodologica della ricerca coordinata da Lalli e illustrata anche nel sito dell'Osservatorio di ricerca sul femminicidio dell'Università di Bologna, oltre a fornire indicazioni sulle caratteristiche principali di vittima ed assassino negli eventi rilevati, si mostra il tipo di notiziabilità dei casi di femminicidio sul Corriere della Sera cartaceo. Nell'ultima parte del lavoro, ci si sofferma inoltre a finalità comparativa su un approfondimento qualitativo della narrazione di cronaca di due casi di femminicidio con protagonisti e protagoniste molto giovani, uno accaduto nel 2020 e l'altro nel 2021.
Tesi di LM in Comunicazione pubblica e d'impresa, Università di Bologna. Relatore P. Lalli, Correlatore A. Mattoni
La ricerca mira a mettere in luce la rilevanza mostrata anche dai dati Unodc della violenza domestica maschile contro le donne, e del fenomeno del “femminicidio” in Turchia. Offre inoltre un approfondimento specifico sulle pratiche di attivismo femminista digitale. In particolare si analizzano i post del profilo Instagram di una ONG turca che si occupa dei diritti delle donne, KCDP (la piattaforma "Fermeremo i Femminicidi"), collocandoli nel contesto di determinate battaglie femministe volte in Turchia a contrastare alcune prese di posizione governative, come ad esempio la decisione di abbandonare la Convenzione di Istanbul.
Tesi di laurea in Scienze della Comunicazione, Università di Cagliari [relatore E. Ilardi].
La tesi riporta alcuni dati relativi ai casi di femminicidio in Italia nel periodo 2018-2019, facendo riferimento a fonti diverse e frutto di rielaborazioni derivanti da approcci differenti. Gli interrogativi che l'elaborato pone all'attenzione riguardano il legame prevalente di tali crimini con il contesto domestico e familiare, e quindi la dipendenza da un contesto socioculturale in cui ancora forti sono le disuguaglianze tra uomini e donne Si chiede anche se non occorra cercare di comprendere meglio le implicazioni che derivano dalla distribuzione ineguale dei centri di servizio e di supporto per le donne vittime di violenza, ad esempio ipotizzando che le differenze dei tassi di femminicidio fra le varie regioni (e in particolare la Sardegna) - più o meno significative in questo o quell'anno di riferimento - possano, specie in contesti rurali, dipendere anche dalla minore presenza di politiche sociali attive nel contrasto alla violenza maschile contro le donne. Infine, la tesi auspica un investimento collettivo, sia degli uomini sia delle donne, in termini di educazione, cambiamento culturale, mobilitazione dei vari media, al fine di prevenire quella lunga catena di violenze che portano spesso all'esito fatale del femminicidio: «la lotta al femminicidio in Italia non può essere affidata solo alle donne. Il cambiamento dev’essere condiviso da tutta la società. Per questo, la cultura è un veicolo fondamentale di contrasto: scuola, educazione familiare, istituzioni e media hanno il compito di trasmettere il messaggio che la parità non è una conquista bensì un diritto umano e che il femminicidio non ha giustificazioni o moventi passionali né può trovare alibi di nessun tipo».
Tesi di laurea in Scienze Politiche Sociali e Internazionali, Università di Bologna, Relatore P. Lalli
La tesi si focalizza su un periodo particolare, l'anno del lockdown dovuto alla pandemia Covid-19, periodo nel quale si registra una diminuzione generale del numero complessivo di omicidi, ma non altrettanto di quelli con vittime femminili, che proprio nei mesi di chiusura arrivano a costituire fino al 70-80% di tutti gli omicidi, mostrando come la costrizione a casa abbia reso ancor più evidenti il fenomeno e la difficoltà ulteriore delle donne di cercare saluto. Si rilevano e si descrivono le caratteristiche peculiari di tali femminicidi cercando anche di confrontarle con quelle del triennio precedente.
Tesi di laurea in Scienze Politiche, Sociali e Internazionali, Università di Bologna, Relatore P. Lalli
Nell'anno della pandemia l'85% delle donne uccise lo sono state per violenza domestica, e nel 58% da partner o ex partner. La tesi analizza i 27 articoli dedicati a 32 dei 67 intimate partner femicides rilevati nella versione online principale quotidiano italiano, pre rintracciarne il tipo di notiziabilità e le principali cornici di significato con cui sono stati raccontati questi eventi criminosi, in un momento in cui la cronaca giornalistica era impegnata soprattutto sul tema della pandemia.
Tesi di laurea in Scienze della Comunicazione, Università di Bologna, Relatore P. Lalli
La visibilità del femminicidio non riguarda solo i mass media ma anche i canali che sempre più stanno coinvolgendo i pubblici giovanili e non. In particolare la tesi si basa sull'analisi di uno dei canali Youtube dedicati al "true crime": Se ne è selezionato uno, curato da una influencer donna, per soffermarsi sul modo in cui è stata realizzata una sorta di reportage su tre casi di femminicidio, cercando di verificare se e come assumessero caratteristiche distintive rispetto alla cronaca giornalistica o rispetto agli altri "true crimes" presenti sul medesimo canale.
Tesi di LM in Comunicazione pubblica e d'impresa, Alma Mater Studiorum Università di Bologna [relatrice S. Capecchi, correlatrice P. Lalli]
L’indagine si è focalizzata sulla copertura mediatica di tre diversi casi di violenza maschile: il caso in cui è coinvolto Alberto Genovese, imprenditore accusato di stupro di una ragazza di 18 anni il 10 ottobre 2020, il femminicidio di Elisa Pomarelli ad opera di Massimo Sebastiani il 25 agosto 2019 e l’episodio in cui furono accusati a Firenze due – ora ex – carabinieri - per aver violentato due giovani donne nel settembre 2017. Il primo caso ha fatto rilevare una copertura totale di 84 articoli presenti negli archivi online di tre testate giornalistiche italiane; il femminicidio di Elisa Pomarelli 64 articoli in tre testate; infine 148 sono stati su 4 testate gli articoli dedicati allo stupro delle giovani donne.
Tale indagine ha mostrato specifiche analogie tra le narrazioni giornalistiche e, in alcuni casi, qualche differenza.
Il caso di Genovese, ha riscosso un’attenzione mediatica abbastanza elevata, collegabile all’alto status dell’accusato: si sono susseguiti articoli non solo sui suoi successi imprenditoriali, ma anche sui festini che organizzava, le droghe che vi circolavano e le persone che orbitavano attorno a lui. In questo caso, tanti dettagli sulla sua vita sociale hanno ostacolato comprensione e riflessione sul tema - cruciale - della volenza maschile.
Il femminicidio di Elisa Pomarelli ha registrato non solo una certa difficoltà giornalistica nel descrivere il rapporto tra la vittima e l’assassino, persino presentandolo come «amoroso» o «passionale» quando tale non era, ma anche un approccio superficiale nel rispettare i dati personali della vittima, pubblicando informazioni sul suo orientamento sessuale a pochi giorni dal ritrovamento del cadavere.
Infine, il caso della violenza esercitata sulle due giovani a Firenze ha avuto una risonanza mediatica ampia, con un alto numero di articoli che hanno coinvolto anche personaggi pubblici e istituzionali intervistati in merito al comportamento dei due carabinieri. La versione delle vittime è invece passata in secondo piano, inficiata anche dalla pubblicazione di notizie potenzialmente false, non verificate né rettificate dai giornali, tese a far vacillare l’attendibilità della loro denuncia agli occhi dell’opinione pubblica.
Per quanto riguarda il contenuto, le strategie narrative utilizzate hanno fatto un uso massiccio dello storytelling e dell’infotainment, mutuando elementi di spettacolarizzazione e intrattenimento. In generale, infatti, gli articoli sono stati inseriti in un contesto «crime», prendendo spunto da racconti gialli o thriller. In tal modo, si è dato spazio a elementi narrativi che hanno distolto l’attenzione del lettore dalla più rilevante contestualizzazione di genere. Ne è derivata anche una tendenza a presentare gli eventi in modo tale da realizzare una stigmatizzazione delle vittime, attribuendo una responsabilità, presentandole come «poco attendibili», o descrivendo soprattutto eventuali condizioni psicofisiche contingenti.
È evidente che proprio questa strategia implica per il lettore la difficoltà di collegare il singolo evento al fenomeno più vasto e diffuso della violenza di genere, poiché esso è trasformato da situazione sistemica in avvenimento stra-ordinario. Solo nel caso della violenza di stupro da parte dei due ormai ex-carabinieri, grazie alle interviste a personalità pubbliche e istituzionali, il racconto ha teso a preservare uno stile più rigoroso e asciutto.
Infine, per riflettere sui modi diversi su cui il racconto giornalistico può interrogarsi, la tesi ha intervistato la presidente dell’associazione GiULiA – Giornaliste unite libere e autonome – e ne ha illustrato le attività, specie in riferimento al Manifesto di Venezia da loro promosso, volto a sollecitare una comunicazione giornalistica spoglia di stereotipi e pregiudizi che possano ledere la dignità delle vittime di violenza di genere. In questo modo, si può auspicare che il giornalismo possa non solo restituire al lettore un’immagine meglio contestualizzata della violenza contro le donne, ma che esso stesso diventi uno strumento per contrastarla.
[ .pdf 131Kb ]
Tesi di laurea in Scienze Politiche, sociali e internazionali, Alma Mater Studiorum Università di Bologna [relatrice P. Lalli]
L'elaborato compara le modalità di narrazione utilizzate nella stampa locale e in quella nazionale a proposito della cronaca di 26 casi di femminicidio, per complessivi 25 eventi, avvenuti in Toscana nel triennio che va dal 2015 al 2017 (in un evento sono state uccise due donne, rispettivamente la moglie e la figlia del perpetratore). Il filo conduttore verte sul diverso tipo di notiziabilità dei casi, per comprendere cosa spinga la cronaca giornalistica a portare alla luce determinati eventi rispetto ad altri. Inoltre, sono stati individuati due casi (tra i 26 analizzati) che hanno attirato l'attenzione pubblica della cronaca per diversi mesi. A tale proposito, abbiamo cercato di comprendere se fossero individuabili variabili in grado di indicare cosa rendesse un caso di femminicidio più notiziabile rispetto ad un altro. Solo metà dei casi rilevati sono stati trattati anche nella cronaca nazionale dei 4 quotidiani presi in esame dalle ricerca PRIN sul femminicidio. Tendono ad influire sulla notiziabilità nazionale variabili talora intrecciate fra loro: l'età della vittima (l'uccisione di donne anziane non è evocata dalla cronaca nazionale e comunque trattata più brevemente anche in quella locale), l'epilogo del crimine (quando ad esempio l'assassino si suicida), la relazione vittima-assassino (l'uccisione della sex worker non è trattata sul piano nazionale, mentre lo è ampiamente il caso dell'amante; fa notizia sul piano nazionale l'uccisione da parte di conoscenti e, rispetto all'ambito domestico, tendono ad essere lievemente più notiziati i casi in cui l'assassino è il figlio rispetto a quando l'assassino è o è stato un partner).La cronaca locale, nel racconto, si sofferma maggiormente sui dettagli che rendono i luoghi e le informazioni più vicine al lettore e dunque riconoscibili nella prossimità. Due casi hanno attirato molto spazio anche in ragione dell'intreccio complesso delle indagini e dei personaggi implicati: l'uccisione di una giovane donna americana da parte di un amante occasionale e una vicenda di scomparsa e poi macabro ritrovamento di una donna giovane uccisa dall'ex partner. Infine si è rilevato se e quando siano stati riportati dalla cronaca anche gli esiti dei processi che vedevano imputati gli uomini per l'omicidio volontario di mogli, madri o conoscenti; si è in effetti riscontrata anche qui una differenziazione, non solo in ragione dei tempi diversi delle indagini e delle procedure processuali, ma anche rispetto alle caratteristiche della vittima.
Tesi di LM in Comunicazione pubblica e d'impresa, Alma Mater Studiorum Università di Bologna [relatrice P. Lalli, correlatrice C. Gius]
La tesi cerca di comprendere quando e come il tema della denuncia sia usato all’interno della cronaca giornalistica nei casi di femminicidio. In particolare, si analizzano gli articoli comparsi nei seguenti quotidiani italiani: la Repubblica, il Quotidiano Nazionale, il Corriere, il Giornale. Il corpus di analisi è stato estratto dalla più più ampia ricerca PRIN relativa al femminicidio, selezionando soltanto i casi in cui fosse presente nel resoconto giornalistico il tema della denuncia e limitando l'analisi al primo articolo pubblicato. Il corpus così costituito è formato da 79 articoli relativi a 52 casi di femminicidio avvenuti in Italia tra il 2015 e il 2017 compreso.
L’analisi si è soffermata sui diversi modi in cui è stata tematizzata e rappresentata la denuncia da parte della donna vittima di violenza. Lo studio individua 4 cornici principali attraverso cui la cronaca riporta il tema: frame procedurale, victim blaming, institutional blaming e frame di vittimizzazione.
©Copyright 2024 - ALMA MATER STUDIORUM - Università di Bologna - Via Zamboni, 33 - 40126 Bologna - PI: 01131710376 - CF: 80007010376 - Privacy - Note legali - Impostazioni Cookie