Il valore formativo delle narrazioni: il conflitto coniugale nel mito di Medea

Il seminario ha come oggetto le interessanti tesi esposte da Maria Teresa Moscato nel suo ultimo volume "I figli di Medea", che lega la negazione dei figli ad opera della funzione materna al tema del conflitto coniugale e della passione amorosa.

  • Data: 12 DICEMBRE 2022  dalle 9:00 alle 13:00

  • Luogo: Palazzo Marescotti (Salone Marescotti, via Barberia 4 - Bologna)

Il valore formativo delle narrazioni: il conflitto coniugale nel mito di Medea

Seminario

 

 

Organizzato da: Dipartimento delle Arti
In collaborazione con: Uciim - sezione di Bologna
Partecipano: Michele Caputo, Maurizio Fabbri, Maria Teresa Moscato, Gino Ruozzi

 

Il seminario, che si rivolge principalmente a studenti e insegnanti attenti ai processi educativi, prende le mosse dal valore formativo delle narrazioni, sottolineato da Michele Caputo, per poi mettere a fuoco le interessanti tesi esposte da Maria Teresa Moscato nel suo ultimo volume, “I figli di Medea”, in cui la studiosa esplora il mito di Medea e delle sue fonti alla luce di un interesse pedagogico alle vicende narrate. L’autrice mette in relazione la negazione dei figli, ad opera della funzione materna (incarnata e assolta dal padre o dalla madre è inessenziale), con il conflitto coniugale, che si compie a livelli diversi, fino al caso limite della eliminazione fisica del figlio, come accade nelle grandi patologie psichiatriche (per cui si parla appunto di “sindrome di Medea”) di cui spesso abbiamo evidenza nella cronaca dei nostri giorni. In molti di questi casi l’eliminazione del figlio avviene sempre in odio al coniuge, all’altro genitore, ed è resa di fatto possibile da una non percezione del figlio come esistenza autonoma, come vita personale altra da quella dei suoi infelici genitori. Secondo la Moscato il conflitto coniugale agito diventa comunque una forma di “negazione” del figlio, divenuto ostaggio e arma di ricatto reciproco fra i suoi genitori, ridotto nella forma di un “bagaglio” conteso dalla possessività e dal bisogno di entrambi. Il figlio di un conflitto coniugale è sempre minacciato (se non di morte), di una sorta di “prigionia” infinita dentro il confine di una inesauribile contesa, dentro il cielo plumbeo di un risentimento inesauribile. E la fuga gli è resa impossibile da invincibili sensi di colpa che lo risucchiano e lo immobilizzano dentro il conflitto stesso.
Ne discutono con l’autrice due colleghi dell’Alma Mater, Maurizio Fabbri, ordinario di Pedagogia generale, e Gino Ruozzi, ordinario di Letteratura italiana.