Dell'utilità e il danno dell'algoritmo per la vita. Dell'artificialità intelligente e del potere

Isabella Consolati discute "Contagious Architectures. Computation, Aesthetics, and Space" di Luciana Parisi.

  • Data: 24 GIUGNO 2021  dalle 17:30 alle 19:30

  • Luogo: Diretta streaming sulla pagina Facebook @Algoritmopotere

Dell'utilità e il danno dell'algoritmo per la vita. 

Dell'artificialità intelligente e del potere

Ciclo di seminari

A cura di: Maurizio Ricciardi e Raffaella Baritono

evento online
Il seminario avrà luogo sulla piattaforma Zoom, in diretta streaming sulla pagina Facebook @Algoritmopotere

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Scopo del ciclo di seminari è quello di discutere gli ambiti in cui l’algoritmo e più in generale le tecnologie digitali stanno diventando il criterio fondamentale organizzativo e simbolico delle forme sociali e di potere. È nostra intenzione fare dei seminari di discussione, quindi non necessariamente con specialisti dei diversi ambiti che verranno attraversati. Si tratta piuttosto di porre domande a determinati testi, per discutere insieme dei problemi che essi suscitano. Dal punto di vista pratico ogni seminario prevede la lettura ragionata di alcuni testi da parte di una relatrice o relatore e una successiva discussione.

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A partire dal campo disciplinare dell’architettura digitale, Luciana Parisi propone una filosofia della computazione nella quale gli algoritmi non sono contenitori di istruzioni, ma entità performanti e attuali che selezionano, valutano, trasformano e producono dati. La tesi portante del libro è che questa esistenza non virtuale ma attuale degli algoritmi nella progettazione degli spazi di vita e dell’ambiente dell’interazione sociale non segni l’avvento di un’era di controllo totale e la riduzione della vita a un codice. Al contrario, ciò comporta la proliferazione di elementi incomputabili, indeterminati, infiniti incamerati nello stesso funzionamento degli algoritmi: «randomness has become the condition of programming culture» (IX).

Nel contesto di quella che Parisi definisce cibernetica di terzo livello, l’algoritmo non è più semplicemente capace di modificarsi sulla base di feedback esterni, ma ha raggiunto un nuovo livello di prevedibilità, cioè è in grado di riscrivere le regole in base alle quali è stato programmato includendo l’emersione di novità. Questa tesi produce una serie di conseguenze che oltrepassano l’ambito dell’architettura digitale e investono il rapporto tra umano e macchinico, la concezione dello spazio-tempo, e il rapporto tra pensiero e realtà.

L’intento è quello di affermare una concezione non antropomorfica del pensiero e superare la contrapposizione tra umano e non-umano, attribuendo la qualità più squisitamente umana quale il pensiero speculativo agli algoritmi. Il pensiero è del resto radicalmente slegato dalla coscienza, benché non dall’esperienza che, sempre seguendo Whitehead, smette di essere una prerogativa esclusivamente umana e viene estesa a ogni componente della realtà. Una mossa che distingue Parisi anche dalle filosofie del post-umano: il problema non è ricondurre il pensiero all’immanenza del continuum tra natura e cultura, ma averne una nozione ancora più astratta. Riconoscendo un modo del pensiero nel funzionamento degli algoritmi si ammette infatti un tipo di pensiero che non è né trasparente, né completamente intelligibile.