Data:
Luogo: DAMSLab/Auditorium (piazzetta P. P. Pasolini 5b, Bologna)
Tipo: La Soffitta
Convegno
a cura di
Antonella Mascio, Roy Menarini, Sara Pesce, Alberto Scandola
Keynotes:
Deborah Jermyn (University of Roehampton, London), Ros Jennings (University of Glouchestershire)
evento trasmesso in live streaming
«Una bellezza inalterabile richiede un trucco altrettanto inalterabile». Così, nel secolo scorso, Edgar Morin ricordava come il canone di bellezza della star classica fosse fondato sulla negazione della vecchiaia. Oggi è in atto invece un processo di revisione del tabù della senescenza. Quella di molte celebrità contemporanee, non solo cinematografiche, è una bellezza umana quanto la nostra e dunque alterabile, esposta ai segni del tempo e della malattia. L’aumento progressivo della speranza di vita, l’invecchiamento della popolazione e i progressi ottenuti nella geriatria, oltre a incentivare gli investimenti nella Silver Economy, hanno posto la questione della terza età al centro dei discorsi sociali, politici e culturali, tanto in Europa quanto nel Nord America. Di fronte all’angoscia della vecchiaia, l’industria dello spettacolo ha reagito incoraggiando le star a veicolare due diversi modelli di comportamento. Da un lato la rimozione, attuata mediante il ricorso alla chirurgia plastica e finalizzata a rivendicare la natura imperitura di valori quali perfezione o normatività dell’aspetto (Michael Jackson), o sex appeal (Catherine Zeta-Jones); dall’altro l’accettazione, praticata mediante l’esposizione di tutto ciò che apparentemente sembrerebbe indebolire il potenziale mitopoietico di una celebrità, come le rughe (da Claudia Cardinale alle gray models di Dove), il decadimento fisico (Helmut Berger), o l’obesità (Gérard Depardieu). Tutto ciò ha anche generato forme di spettacolarizzazione degli eccessi intervenuti sul corpo e un insanabile conflitto con l’ideale cinematografico (Mickey Rourke) .
Il convegno inquadra quindi il tema della vecchiaia nell’ambito dei celebrity studies, considerandone il significato culturale: l’essere prodotto di un ampio spettro di rappresentazioni mediali che pongono al centro il divieto sociale di mostrare un corpo non giovane. Forme narrative e non, industriali o grass-roots, attinenti al cinema come alla moda, allo sport, o alla sfera politica, capaci talvolta di inscrivere il tema dell’invecchiamento in una prospettiva storica sull’industria dello spettacolo, o implicate in dinamiche ludiche a vari livelli. Si pone l’attenzione agli effetti nel pubblico: imitazione, critica, distanza; alle connessioni con nuovi discorsi identitari e passaggi generazionali.