Manuela Boccaccio
Gli Stati Uniti d’America, da sempre considerati come la terra della libertà e delle pari opportunità, hanno subito grandi mutamenti nel corso dei secoli, tanto che, quello che un tempo era il desiderio di realizzare l’agognato American Dream, oggi è diventato ormai solo un ricordo.
La giornalista, scrittrice e consulente politica Naomi Wolf ha dedicato molti dei suoi approfondimenti a questo tema. Inoltre, grazie al suo primo libro The Beauty Myth, è conosciuta anche come rappresentante di quella che, più tardi, è stata definita la terza ondata del movimento femminista.
Nata a San Francisco nel 1962, Naomi Wolf ha frequentato la Lowell High School, partecipando attivamente ai dibattiti studenteschi. In seguito si è iscritta all’Università di Yale, laureandosi in letteratura inglese nel 1984. Nonostante le difficoltà degli anni universitari, Wolf ha sviluppato le sue abilità di scrittura, affinando le sue capacità e fondando una vera e propria teoria femminista, che ben presto ha posto le basi per il suo primo libro, The Beauty Myth, pubblicato nel 1991. Nel 2015 ha completato il suo PhD in letteratura inglese all’Università di Oxford e la sua tesi è stata il punto di partenza per il libro pubblicato nel 2019, Outrages: Sex, Censorship and the Criminalization of Love.
La passione per la scrittura e la letteratura in generale le hanno consentito di intraprendere la carriera giornalistica nel 1995. Le sue idee avanguardistiche sulla condizione delle donne, sulla politica statunitense e su temi caldi come aborto, guerra e terrorismo, le hanno permesso di collaborare con riviste e giornali quali The Nation, The New York Times, The Wall Street Journal, The New Republic, The Guardian e The Huffington Post.
La forte capacità dialettica l’ha resa anche un’importante attivista e consulente politico. Nel 1996 è stata impegnata nella campagna elettorale di Bill Clinton come consigliera politica, focalizzando l’attenzione sull’impatto che la seconda elezione del Presidente ha avuto, in particolare, sugli elettori di sesso femminile. Così anche durante la campagna di Albert Arnold Gore Jr. per la presidenza nelle elezioni del 2000, Wolf ha studiato efficacemente le tecniche di comunicazione politica migliori per raggiungere il pubblico femminile.
Alla base delle ideologie avanguardiste di Wolf, troviamo sicuramente gli studi di De Tocqueville e Fukuyama. Nel 1831, il filosofo e magistrato francese Alexis De Tocqueville decise di intraprendere un viaggio in America per studiare attentamente il sistema penitenziario americano. Nei nove mesi di permanenza negli Stati Uniti, osservò numerosi aspetti della società civile americana che sintetizzò nel saggio La democrazia in America (1835). Qui, lo scrittore ha riportato tutti gli aspetti positivi e negativi del sistema democratico nella società americana, gettando le basi della sua riflessione sul futuro della democrazia e sui pericoli che, a suo avviso, ne sarebbero potuti conseguire.
Secondo il suo pensiero, la democrazia ha generalmente avuto la tendenza a degenerare in ciò che, in seguito, ha indicato come una sorta di dispotismo addolcito, oppure “tirannia della maggioranza” (De Tocqueville, 1999:257). La preoccupazione più grande era quella che la maggioranza della popolazione avrebbe sottomesso la minoranza, polarizzando l’opinione pubblica a favore di un conformismo che, a lungo andare, sarebbe diventato letale.
Molti secoli dopo, Francis Fukuyama, scrittore e politologo statunitense, nel suo libro The end of History and the Last Man (1992), tornò sullo stesso argomento. Per l’autore, la democrazia stava giungendo alla fine di un lungo processo politico-costituzionale, nel quale si erano automaticamente eliminati modelli alternativi di convivenza politica. Sembrava quasi che la rivoluzione democratica profetizzata da De Tocqueville si stesse compiendo.
Il pensiero e le posizioni politiche di Wolf, in parte, si configurano come una naturale prosecuzione delle riflessioni di De Tocqueville e del suo contemporaneo e sono confluite nella scrittura di The end of America (2007).
Idealmente, la teoria democratica, oggetto anche dello studio di Wolf, si è sviluppata negli ultimi due secoli, seppur lentamente. A partire dalla fine del XIX secolo, si sono affermati i principi fondamentali del sistema democratico, tra cui il suffragio universale.
Il concetto di democrazia definisce, in prima battuta, l’uguaglianza politica all’interno di una comunità, cioè una uguale partecipazione attiva di tutti i cittadini alle decisioni politiche.
Questo rovescia la concezione platonica secondo la quale solo alcuni uomini, i più sapientes, avessero diritto a prendere parte alla vita politica della polis. Questa inversione di rotta parte dal pensiero moderno del filosofo Rousseau, secondo cui la democrazia si fonda sul concetto di libertà, intesa come capacità decisionale da parte degli uomini che scelgono di vivere in una società e che scelgono attivamente le leggi da rispettare.
Alla base della teoria democratica di Wolf, troviamo due forti pilastri: la libertà positiva e il concetto di uguaglianza. Il concetto di uguale libertà è alla base della modernità politica ed è il fondamento delle moderne Dichiarazioni dei diritti. L’assunto che non vi debbano essere rapporti di subordinazione tra individui è strettamente legato all’idea che tutti debbano avere pari opportunità.
Nella storia della filosofia politica si possono annoverare alcuni teorici che hanno individuato una differenza sostanziale tra la libertà umana e quella politica e, in particolare, alla dicotomia tra libertà negativa e libertà positiva. La prima fa riferimento alle teorie del filosofo Thomas Hobbes, e consiste nell’assenza di impedimenti esterni che ostacolino l’uomo a fare ciò che vuole. In questo senso, la libertà è quindi la possibilità di agire a proprio piacimento in tutte le cose non regolate da leggi. Il secondo tipo di libertà, quella politica, pone l’accento su chi deve comandare sugli altri, chi deve essere il fautore delle norme per regolare la società. In questo discorso si fa strada la teoria di Rousseau, per l’appunto, secondo cui gli uomini devono essere autori delle proprie leggi, per poterle rispettare al meglio.
Di pari passo, al concetto di libertà troviamo il principio di uguaglianza, intesa “come uguale considerazione che deve essere data al bene e agli interessi di ciascuna persona” (Dahl, 1989:127). L’uguaglianza diventa dunque la condizione di uno stato che mira al bene di tutti ma, al contempo, è condizione della libertà stessa.
Ed è da questo primo accenno di libertà positiva e dal concetto di uguaglianza che nasce la vera e propria teoria democratica, alla base delle posizioni e degli studi di Wolf.
Nel primo capitolo del pamphlet, Wolf dedica un paragrafo alla riflessione su cosa sia la libertà. La più intuitiva e semplice risposta che fornisce al lettore è quella che qualunque bambino potrebbe dare: “It’s a free country, any American child will say”. La scrittrice riflette sul fatto che soprattutto i bambini, parlando di libertà, non considerano le lotte per la sua conquista intraprese dalle generazioni passate:
“we scarcely consider that that sentence descends to that child from arguments for liberty that date back through generations of Enlightenment-era English and French philosophers, who were trying to work out what ‘a free country’ could possibly look like” (Wolf, 2007:24).
Sembra impossibile, infatti, pensare che quello che al giorno d’oggi è riconosciuto come un diritto vero e proprio, un tempo fosse un privilegio riservato a una piccola fetta di popolazione e che la libertà, così come la intendiamo adesso, è il risultato di un lungo processo storico e filosofico:
“we tend to think of American democracy as being somehow eternal, ever-renewable, and capable of withstanding all assaults”. In questo, Wolf si ricollega alla dicotomia tra libertà e tirannia, ricordando che “the Founders thought, in contrast, that it was tyranny that was eternal, ever-renewable, and capable of withstanding all assaults” (Wolf, 2007:25).
La differenza sostanziale tra democrazia e tirannia è da individuare nel pensiero degli antichi fondatori americani. Così Wolf spiega che non è la democrazia a essere eterna, rinnovabile e capace di resistere agli assalti, bensì la tirannia, dotata indiscutibilmente di una forza maggiore. Da questa piccola introduzione, comincia la riflessione vera e propria del pamphlet.
The end of America: Letter of Warning to a Young Patriot è il libro di Naomi Wolf, pubblicato nel 2007, nel quale la scrittrice sostiene la tesi secondo cui alcuni eventi dei primi anni 2000 hanno dei punti in comune con gli eventi del secolo scorso, tra cui le dittature che hanno preso piede in Germania, Italia, Russia, Cina e Cecoslovacchia. La tesi di Wolf è avvalorata da una serie di parallelismi tra i totalitarismi che imperavano nell’Europa post bellica e la situazione sociale e politica americana a partire dalla presidenza Bush degli anni 2000.
Nel corso degli eventi storico-politici del secolo scorso, Wolf individua dieci passi fondamentali che, a partire da un contesto socio-politico originariamente democratico, portano all’instaurazione delle dittature in Europa. In modo analogo, questi ten steps vengono messi in atto durante l’amministrazione Bush che, contrariamente a quanto affermava nella campagna elettorale, ha posto le basi verso la fine di quella che era universalmente nota come una società aperta. Questo concetto si basa sul pensiero che ogni stato si deve impegnare a rispettare e a non opprimere gli altri paesi e, contemporaneamente, deve promuovere il suo progresso in modo positivo. Per questo, la dottrina Bush ha causato una netta divisione dell’opinione pubblica negli Stati Uniti. Il problema di fondo era nella mancata comprensione del concetto di società aperta, il quale impone necessariamente una distinzione tra la promozione dei valori fondamentali della democrazia e dall’altra parte degli interessi economici degli americani.
La scrittrice evidenzia in questo modo il rischio di vedere la disgregazione della società in cui vive e, di conseguenza, una crescente indifferenza nei confronti di quei valori che sono stati protetti e valorizzati nel territorio americano per oltre 200 anni.
La scrittrice, così, compie un viaggio a ritroso nel tempo, rileggendo gli eventi storici americani ed europei e riportando alla memoria gli echi del passato fino alla storia contemporanea. L’allarmismo di Wolf nasce dalla lezione che la storia le ha dato: a cavallo tra le guerre mondiali, l’equilibrio sociale europeo è stato completamente devastato, e le pressioni provocate dalle istituzioni, dalla guerra, dai danni economici hanno favorito la chiusura di tutte le nazioni. La sua paura più grande è che questo squilibrio possa prendere piede anche negli Stati Uniti.
L’attivista americana trova riscontro della fragilità della democrazia anche e soprattutto nella struttura politico-sociale degli Stati Uniti. A partire dall’evento che più di tutti ha scosso la società americana: l’attentato alle Torri Gemelle nel 2001. L’uso e la dimostrazione di violenza contro gli individui, con lo scopo di sottomettere le istituzioni della società civile, hanno il sapore amaro dell’ideologia antidemocratica per eccellenza.
Wolf riflette sul numero di editori statunitensi che negli anni ’20 erano impressionati dal modo in cui la propaganda fascista era coordinata con l’avanzare del capitalismo. Con la depressione del 1929, l’America subì un forte rallentamento economico perciò alcuni leader cominciarono a guardare con stupore l’apparente ordine sociale delle dittature europee. Tuttavia, la seguente -relativamente rapida- caduta delle dittature in Europa non ha permesso un vero e proprio insediamento in territorio americano, ma, come sottolinea Wolf, guardando la situazione di quegli anni, si è potuto notare una progressiva chiusura degli Stati Uniti, infatti sostiene che “over the past six years we have been watching the United States move closer to becoming a more closed society” (Wolf, 2007:30).
Nella prefazione al libro, la scrittrice spiega il leitmotiv dello stesso sostenendo di non poter ignorare le conseguenze degli eventi che hanno segnato la storia: “I wrote this book because I could no longer ignore the echoes between events in the past and forces at work today” (Wolf, 2007: XI). Il parallelismo tra la situazione americana nei primi anni 2000 e le dittature del secolo scorso appaiono lampanti per la scrittrice. Questo perché la situazione di quegli anni sembrava, e probabilmente lo sembra tuttora, minare costantemente la libertà individuale dei cittadini americani.
Non solo. La riflessione di Wolf coinvolge tutti quei giovani che si sono allontanati da quella che era la visione originaria del concetto di democrazia. Infatti, nei suoi viaggi per il paese, ha incontrato cittadini ben lontani dalle idee dei padri fondatori. Wolf constata che i più si sono dimenticati la definizione stessa di democrazia, che è il sistema governativo che dà il potere proprio al popolo: “in my travels across the country, I have heard from citizens of all backgrounds who fell alienated from the Founders’ idea that they are the ones who must lead; they are the ones who matter” (Wolf, 2007: XII).
È per questo che Wolf fa un invito accorato agli americani affinché agiscano per ripristinare i valori costituzionali di cui si sono fatti portavoce nel corso dei secoli, prima che subiscano lo stesso destino dell’Europa novecentesca. La battaglia americana è una battaglia globale per salvare la democrazia e per spingere tutti gli stati alla cooperazione internazionale. “So it turns out we really are at war -a long war, a global war, a war for our civilization. It is a war to save our democracy” (Wolf, 2007:153). L’invito della scrittrice è volto a ristabilire quei valori democratici dell’America proclamati una volta da De Tocqueville.
Con questo testo Wolf ha cercato di trasmettere il suo messaggio direttamente al popolo americano, nel modo più veloce e diretto possibile. L’impegno di cui si fa portavoce dovrebbe essere a suo avviso lo stesso dei presidenti americani: rispettare e proteggere i diritti di libertà e uguaglianza di uno stato realmente democratico.
Nei vari discorsi e scritti, Wolf ha dimostrato un disprezzo ricorrente per l’esclusione di questi diritti fondamentali da parte dei governi che si sono avvicendati nel corso gli anni.
Tuttavia, non sono mancate le accuse nei riguardi della giornalista statunitense a causa delle sue idee estreme. Inoltre, ci sono state critiche anche per via della lettura e delle analogie tra gli avvenimenti storici -che hanno sconvolto l’umanità- e la società civile statunitense della contemporaneità.
Alexis De Tocqueville, La democrazia in America, Rizzoli, Milano, 1999.
Naomi Wolf, The End of America: Letter of Warning to a Young Patriot, Chelsea Green Publishing, White River Junction, Vermont, 2007.
Robert A. Dahl, La democrazia e i suoi critici, Editori Riuniti, Roma, 1989.
“The End of America”: Feminist Social Critic Naomi Wolf Warns US in Slow Descent into Fascism, Democracy Now (data di ultima consultazione: 28/08/21)
Feminist Naomi Wolf dissects ideal beauty, Straitstime.com (data di ultima consultazione: 28/08/21)
Adviser pushes gore to be leader of the pack, NewYorkTimes (data di ultima consultazione: 28/08/21)
Foto 1 da The Straits Times (data di ultima consultazione: 28/08/21)
Foto 2 da Cultura Estadão (data di ultima consultazione: 28/08/21)