Consegna dei Premi di studio dedicati alla memoria di Sandra Sabattini

Conosciamo gli Alumni vincitori del premio di studio Lions Rimini Host Sandra Sabattini e le lore storie di impegno sociale

Pubblicato il 07 giugno 2024

Lo scorso martedì 4 giugno, nel contesto dell’Antica Drogheria Spazi di Rimini, sono stati consegnati i Premi di studio in ricordo dell’Alumna Sandra Sabattini, studentessa della Facoltà di Medicina all’Università di Bologna scomparsa prematuramente all’età di 22 anni, travolta da un’auto nel maggio del 1984. Il premo si rivolge ai laureati e alle laureate dell’Università di Bologna che come Sandra si sono distinti per meriti accademici coniugati a esperienze di impegno sociale.

Sandra Sabattini realizza giovanissima la sua vocazione cristiana mostrando una sensibilità particolare verso i bisogni dei più poveri e delle persone disabili e negli anni universitari alterna lo studio al volontariato in una comunità terapeutica per tossicodipendenti. Il 6 marzo 2018, Papa Francesco le attribuì il titolo di venerabile e nel 2021 si è concluso il processo di beatificazione.

Questa seconda edizione ha premiato gli Alumni Jacopo Tosi e Francesca Bordoni, rispettivamente al primo e secondo posto, che hanno voluto condividere con la Community le loro storie in un'intervista.

Guarda il video della premiazione su NewsRimini.

ritratto Jacopo Tosi

Chi è Jacopo Tosi?

Dopo una triennale ed una magistrale completamente immerso nello studio delle scienze antropologiche ho realizzato quanto l’avvicinamento e l’approccio con questa disciplina sia stato per me liberatorio che mi ha consentito di incanalare la mia curiosità insaziabile in un percorso professionale che mi legittima oggi a porre quelle tante, talvolta “troppe”, domande. Il Servizio Civile svolto in Perù durante la magistrale, poi, mi ha dato l’opportunità di mettermi in gioco sul campo. È proprio lì che è nata la mia passione per la difesa dei diritti umani e il supporto alle lotte sociali dei popoli indigeni.

Conoscevi la storia della beata Sandra Sabattini? Quale aspetto ti ha più colpito della sua storia?

In quanto mia conterranea conoscevo la storia di Sandra Sabattini ma è stato proprio in occasione del premio istituito dal Lions Club Rimini Host e dall’Almae Matris Alumni Association che ho avuto modo di approfondirne la storia. Quello che mi colpisce delle persone come Sandra Sabattini è il compromesso totale dimostrato nei confronti delle cause sociali di chi vive ai margini della società. L’esempio che ci viene dato da queste persone eccezionali sembra voglia ricordarci che, parafrasando Italo Calvino, è sempre possibile trovare chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, ed è nostro dovere farlo durare, dandogli lo spazio d’azione necessario.

 Cosa significa per te ricevere questo premio?

Ricevere questo riconoscimento ha un enorme valore per me, oltre a darmi un segnale positivo che attendevo da anni. Mi ha permesso di constatare che sia l’Università che la società civile sono ancora attente a riconoscere e pronte a premiare l’impegno sociale e politico dei loro studenti e cittadini.  Oggigiorno, c'è la tendenza a dare particolare rilevanza ai progressi compiuti in ambito tecnico e scientifico che, per quanto fondamentali, rappresentano solo uno aspetto delle complesse società in cui viviamo.

Qual è stata la sfida più grande che hai affrontato durante il percorso accademico e personale? Come l’hai superata?

Gli anni accademici sono stati tutt’altro che spensierati poiché, senza scadere in auto vittimismi, le discipline demo-etnoantropologiche nel nostro Paese  non godono della dignità e del riconoscimento che, a mio parere, meritano. Ciò comporta precarietà professionale e un’incertezza diffusa riguardo alle possibilità concrete di una loro applicazione pratica.

Per quanto riguarda la mia storia personale, la chiave di volta è stata la partecipazione ad un progetto del Servizio Civile Universale in Perù, che mi ha dato al tempo stesso la possibilità di conoscere ed appassionarmi a un campo di applicazione della mia disciplina fornendomi il tempo necessario per fare un’esperienza professionale oltremodo soddisfacente.

 C'è qualcuno a cui ti ispiri quotidianamente o che vorresti ringraziare?

Vorrei sicuramente ringraziare Luca Jourdan e Stefania Spada, rispettivamente il mio relatore e la mia correlatrice durante la scrittura della tesi magistrale. È grazie al loro supporto ed entusiasmo che sono riuscito poi a trasformare il progetto di tesi in un vero e proprio libro pubblicato dalla ONG per cui lavoravo in Perù. Allo stesso modo vorrei ringraziare i miei colleghi peruviani, che saranno per me una fonte perpetua di ispirazione tanto professionale quanto umana. Infine, vorrei ringraziare in maniera speciale le leader e i leader indigeni, così come i membri delle loro comunità, che hanno condiviso con me le loro storie di vita dandomi una fiducia che fino a quel momento non pensavo nemmeno di meritare. Li definisco maestri di resistenza capaci di scolpire, attraverso le lotte sociali di cui sono protagonisti, il loro grido di protesta nella storia.

 Quale impatto sociale speri di avere con il tuo lavoro?

Ciò che mi auguro è di continuare a rendermi utile alle cause sociali, politiche ed economiche dei popoli indigeni facendo loro da tramite, in modo tale che gli enormi sforzi e le infinite sofferenze a cui sono costretti, così come i saperi ancestrali custoditi e le formidabili capacità di resilienza dimostrate, possano diffondersi anche all’interno della nostra società, togliendoci il privilegio di sentirci parte di un altro mondo che niente ha a che fare con loro.

 Pensi che fare volontariato rappresenti un valore aggiunto a livello personale e professionale?

Assolutamente sì, e non saprei dire quale dei due aspetti valorizzi di più. Penso che quando si fa un’esperienza che ti gratifica quotidianamente attraverso l’impegno profuso in una causa che si ritiene intimamente giusta, la crescita professionale si intrecci in modo talmente fitto con quella personale fino al punto che diviene difficile distinguerle.

 Consiglieresti ai giovani della tua età questa scelta di vita o anche solo per un breve periodo? Se sì per quali ragioni?

 Senza pensarci due volte! Non solo perché personalmente ho tratto dalla mia esperienza una quantità enorme di benefici ma lo suggerisco anche come una sorta di atto di "ribellione". In una società che ci vuole sempre più performanti e che detta tempi sempre più rapidi, prendersi del tempo per fare un’esperienza simile può aiutare a capire meglio chi siamo e cosa vogliamo fare davvero delle nostre vite.

 In che modo studiare all’Università di Bologna ha influenzato il tuo percorso di vita?

 All’Università e alla città di Bologna devo e la mia formazione personale e umana avvenuta dentro e fuori le aule dell’Università di Bologna e per questo non posso che essere eternamente grato. Sono stato positivamente influenzato dall’ambiente universitario e dai collettivi studenteschi presenti in città, da sempre attenti e sensibili alle cause sociali di chi lotta contro forme di oppressione.

 Cosa significa per te essere un Alumnus dell’Università di Bologna?

Mi rende orgoglioso far parte di una rete di colleghi che stimo e con i quali posso scambiare esperienze e idee in modo tale da poter innescare un processo di condivisione dei saperi, oltre che a fungere da stimolo reciproco.

 Quali sono i tuoi piani o obiettivi futuri?

Partirò a breve per la Colombia con una ONG che tenta di tutelare gli spazi politici di cui si servono prevalentemente le popolazioni contadine ed indigene del paese per ottenere giustizia rispetto alle violazioni dei loro diritti commesse dall’esercito e dai gruppi paramilitari. Mi piacerebbe anche continuare a fare ricerca sui meccanismi di autodifesa sviluppati dai popoli indigeni per tutelare le loro terre ancestrali dagli abusi commessi da agroindustrie, imprese petrolchimiche ed economie illegali, dando quindi seguito al libro che ho pubblicato l’anno scorso "Las guardias indígenas amazónicas. Experimentos de autoprotección en el camino hacia la autonomía de los pueblos originarios en la Amazonía peruanamore".

 

 

 

Chi è Francesca Bordoni?

Ho 25 anni, sono nata e cresciuta a Rimini. Fin dai primi anni delle superiori ho avuto desiderio di viaggiare e scoprire il mondo. Ho studiato al Liceo Classico Giulio Cesare e poi ho scelto la facoltà di Medicine and Surgery di Bologna che nell’anno accademico 2017-2018 apriva il corso per la prima volta. Io e i miei compagni ci siamo sentiti un po' dei pionieri in questa avventura. Ho studiato per tutto il quinto anno a Bruxelles, e rientrata in Italia ho conseguito la laurea con una tesi in Chirurgia Generale, con votazione 110 e Lode e con Menzione d’Onore - fa strano solo a dirlo!  A novembre ho iniziato la specializzazione in Chirurgia Generale, a febbraio ho deciso di licenziarmi per partire come medica volontario presso l'ospedale Mama Asha in Perù per conto dell’Operazione Mato Grosso (ONG).

Cosa significa per te ricevere questo premio?

Sono molto onorata di ricevere questo premio e sono felice di poter raccontare la mia storia per fare conoscere a quante più persone possibili la realtà che sto vivendo ora, che è fatta di gratuità e servizio anche se non ho mai pensato stessi facendo qualcosa di speciale.  Su questo aspetto ha probabilmente influito l'essere circondata da persone che da sempre dedicano il proprio tempo agli altri, a partire dai miei genitori.

Qual è stata la sfida più grande che hai affrontato durante il percorso accademico? Come l’hai superata?

Nei mesi successivi al rientro dal Belgio una serie di problemi personali e familiari si sono sovrapposti con l’ultima sessione d'esame e mi sono dovuta confrontare con la stesura di una nuova tesi in una nuova materia. In questo periodo difficile le amicizie si sono rivelate fondamentali. I miei amici, che all'epoca erano anche miei coinquilini, mi hanno sostenuta con un amore fortissimo e non mi sono mai sentita sola. Sapere che loro credevano in me, ha fatto sì che potessi crederci anche io. Ascoltavo spesso musica Raeggeton mentre ero in casa e capitava che loro si unissero a me in balletti improvvisati piuttosto che lamentarsi del volume troppo alto! Ho inoltre compreso l'importanza di dedicare del tempo a sé stessi per questo non ho mai interrotto lo sport e la palestra.

C'è qualcuno a cui ti ispiri quotidianamente o che vorresti ringraziare?

Mi sento di ringraziare sicuramente la mia famiglia, che mi ha accompagnata in tutti questi anni. Mi ha dimostrato affetto lasciandomi libera di vivere la mia vita come meglio credevo, facendomi fare i miei errori con la certezza che potevo contare sempre su di loro nel momento del bisogno. Vorrei ringraziare anche i miei amici dell’Università, che oggi posso chiamare amici di vita. Gli anni universitari sono stati così belli e pieni di gioia soprattutto grazie a loro! Vorrei inoltre aggiungere un pensiero per Michela Murgia, la sua libertà e il coraggio con cui ha vissuto fino all’ultimo tutta la sua vita sono una grandissima ispirazione per me.

Quale impatto sociale speri di avere con il tuo lavoro?

Adesso che mi trovo in un ospedale sperduto a 3400 metri di altezza sulle Ande Peruviane, posso dire che l’impatto sociale del nostro lavoro è subito visibile. I nostri pazienti sono poveri, vestono abiti tradizionali e le signore indossano quattro o addirittura sei gonne, una sull’altra, portano tutte il cappello sopra i lunghi capelli neri raccolti in una treccia. Per loro, che nella maggior parte dei casi parlano solo Quechua, questo ospedale rappresenta la speranza di essere curati senza prima passare dalla farmacia a comprare dei guanti e tutto l’occorrente per la visita come avviene negli altri ospedali del Paese. Noi qua accogliamo tutti, i prezzi per le visite e le medicine sono irrisori e se qualcuno non può permetterselo non fa differenza. A volte capita che i pazienti ci “paghino” con patate, mais, pannocchie, avocado o quello che hanno nel campo.

Pensi che fare volontariato rappresenti un valore aggiunto a livello personale e professionale?

Lavorare come medica volontaria qua, significa non avere a che fare con la burocrazia che c'è in Italia e questo si tramuta in più tempo da dedicare ad ogni paziente che lo necessita. Vuol dire anche non avere orari ma ti permette di vivere il lavoro come un servizio. Personalmente lo vivo come un modo per restituire tutti i privilegi di cui ho goduto in questi anni. Non siamo retribuiti quindi tutto il tempo dedicato al lavoro e ai pazienti è un dono ma essere libera di esercitare la mia professione mi fa sentire comunque una privilegiata e non sento mancare nulla.

Consiglieresti ai giovani della tua età questa scelta di vita o anche solo per un breve periodo? Se sì per quali ragioni?

La consiglierei a tutti quelli che hanno il desiderio di conoscere un modo diverso di fare il medico. Io ero partita per restare solo due mesi, ho poi deciso di fermarmi per sei mesi per riuscire a vivere appieno non solo il lavoro in ospedale ma tutta la comunità che c’è attorno e che permette all'ospedale di esistere.

In che modo studiare all’Università di Bologna ha influenzato il tuo percorso di vita?

Bologna ha fatto da sfondo ai mei anni universitari, e credo di averla vissuta appieno. A Bologna ho conquistato la mia indipendenza e ho potuto esplorare che persona volessi essere quando non mi conosceva nessuno. Sono davvero soddisfatta del corso di studi scelto, in cui eravamo solo 60 studenti provenienti da tutti gli angoli del mondo. L’università mi ha permesso di conoscere tante persone diverse da me e alcune di loro sono diventate davvero parte integrante della persona che sono ora. Non posso parlare di me senza parlare di Maria, Vincenzo, Cecilia, Francesca.....

Cosa significa per te essere Alumna dell’Università di Bologna?

La parola Alumna porta con sé la nostalgia degli anni dell’università, che per me sono stati davvero bellissimi. Se potessi tornare indietro prolungherei ancora un po' quel periodo.

Quali sono i tuoi piani o obiettivi futuri?

Dopo un inverno molto pesante dal punto di vista lavorativo sento di dover ricaricare le batterie e fermarmi un po'. Una volta rientrata in Italia inizierò la specializzazione nel 2025, ma mi prendo ancora del tempo per decidere.