L’Università di Bologna, a partire dagli anni ’70 del XIX secolo con la cattedra di Edoardo Brizio e fino ad oggi, è impegnata nelle attività di ricerca archeologica nella città etrusca di Marzabotto (in antico Kainua). Per vicinanza alla sede e per la sua storia pluricentenaria, quello di Kainua si configura come lo scavo archeologico identitario dell’Ateneo.
Da oltre trent'anni, la Cattedra di Etruscologia dell'Università di Bologna porta avanti una ricerca scientifica all’avanguardia, in stretta collaborazione con gli enti pubblici responsabili della tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico del territorio. Questa sinergia è diventata un elemento imprescindibile per garantire la sostenibilità di un patrimonio culturale straordinario, assicurando al tempo stesso che esso abbia un impatto reale e significativo sulla società contemporanea.
Guido Achille Mansuelli, da Guida al Museo etrusco di Marzabotto, 1980.
Queste parole aprono il testo dell’atto di donazione allo Stato «del museo e degli scavi etruschi dell’antica città di Misa» da parte del Cav. Adolfo Branca Aria e della Società Anonima Misa, sottoscritto l’8 giugno 1933 e accettato con Regio Decreto n. 812 del 19 aprile 1931.
Il binomio costituito dal museo e dalla città etrusca di Marzabotto otteneva così un riconoscimento anche sul piano amministrativo. La donazione allo Stato giungeva a coronamento di un secolo di ricerche promosse dalla famiglia Aria, condotte non senza spirito di emulazione nei confronti di altre e più note imprese archeologiche che si erano andate realizzando nell’Italia preunitaria, un’attitudine che sembra riecheggiare nel titolo Una Pompei etrusca a Marzabotto nel Bolognese scelto per la prima guida del sito e del museo. Dell’accessione delle antichità di Marzabotto al demanio dava tempestiva notizia Salvatore Aurigemma, tra i firmatari dell’atto di donazione per la Soprintendenza alle antichità dell’Emilia Romagna, sottolineando con solennità dalle colonne de La rivista illustrata del popolo d’Italia il rilievo nazionale dell’avvenimento.
Da quasi un secolo lo Stato gestisce ormai un parco archeologico suggestivamente incastonato nella cornice dell’Appennino bolognese, che rappresenta a ben vedere una delle più rilevanti testimonianze del popolamento antico nell’Italia centro-settentrionale.