Parallelamente allo scavo e allo studio di nuovi settori della città antica la Cattedra di Etruscologia ed Antichità Italiche dell'Università di Bologna è impegnata attivamente anche nello studio dei contesti precedentemente indagati e rimasti ad oggi quasi inediti.
L'acropoli della città di Marzabotto è sicuramente il luogo che più di ogni altro presenta una lunga e complessa storia di ricerca, il cui inizio si colloca contestualmente alla scoperta della città stessa. Nel corso di oltre 150 anni numerosi sono stati quindi gli interventi di scavo, distruzione (dovuti al secondo conflitto mondiale) e restauro condotti in questo luogo, variamente documentati ed editi. Si deve ora a Daniele Vitali e ad Anna Maria Brizzolara il recupero e la sistemazione di tutta la documentazione relativa a questo contesto, dai primi rinvenimenti del 1839 fino allo scavo di Edoardo Brizio passando per la lunga attività e i molti interventi di Giovanni Gozzadini; un lavoro imponente ed importante, confluito nella monografia: L'acropoli della città Etrusca di Marzabotto.
Daniele Vitali si è occupato dei monumenti e delle loro caratteristiche planimetriche e architettoniche, con il recupero preziosissimo di molti dati, spesso determinanti per la ricostruzione e l'interpretazione dei diversi edifici oltre che dell’assetto complessivo di tutta l'area. Anna Maria Brizzolara, invece, si è occupata delle stipi votive riuscendo a ricomporre, attraverso un lavoro molto complesso di comparazione e di scomposizione dei diversi documenti di scavo, i principali nuclei di bronzetti votivi della città etrusca, qui presentati per la prima volta nella loro integralità anche utilizzando alcune preziose fotografie della esposizione museale ottocentesca, anteriori alla distruzione del Museo, che per alcune statuette costituiscono l'unica documentazione disponibile.
Nel corso della preparazione di questo lavoro che riguardava sostanzialmente gli scavi del secolo scorso, la Soprintendenza Archeologica, sotto la direzione di Enzo Lippolis, aveva intanto intrapresoalcuni sondaggi di scavo, destinati inizialmente a piccole verifiche finalizzate al restauro e alla sistemazione dei monumenti, ma poi di fatto notevolmente ampliati al controllo planimetrico e strutturale dei diversi monumenti oltre che alla organizzazione e alla sistemazione complessiva dell'area e dei suoi accessi dalla città. Si tratta di importanti novità sia per la struttura e la funzione di alcuni edifici che per l'assetto generale della "acropoli cittadella" sacra.
Dopo l'acropoli della città, sono forse le necropoli i contesti che più di altri presentano una storia di ricerca più lunga e complessa. Esse furono scavate tra il 1867 ed il 1872, profondamente trasformate dal restauro, i reperti provenienti dalle 170 tombe hanno poi subito nel 1944 ingenti danni causati dall'incendio del museo nel corso del secondo conflitto mondiale. Scavate con metodi ormai superati e solo parzialmente pubblicate nel 1870 per mano di Giovanni Gozzadini (Di ulteriori scoperte nell’antica necropoli a Marzabotto nel Bolognese) l'analisi della delle necropoli della città di Marzabotto ha costituito a lungo un importante lacuna nella conoscenza del sito.
Lo studio della documentazione funeraria della città venne ripreso negli anni '80 del secolo scorso dai professori Sandro De Maria e Giuseppe Sassatelli dell'Università di Bologna, nell'ambito di un vasto progetto di riesame delle scoperte ottocentesche di Marzabotto, avviato dal professor Guido Achille Mansuelli; una ricerca conclusasi poi con il lavoro di tesi di Specializzazione della dottoressa Marinella Marchesi nel 1996.
Se pure con le pesanti lacune di una documentazione di scavo di difficile interpretazione, aggravata dalla presenza di pochi reperti superstiti, il lavoro di analisi ha così permesso di ricostruire la topografia dei sepolcreti, la tipologia delle sepolture, l'uso differenziato dei segnacoli funerari ed in ultima istanza il rituale funerario e la composizione di alcuni corredi, portando alla luce numerose novità riguardanti la sfera sociale e funeraria della città.
La “Porta Nord” di Marzabotto è un settore chiave dell’abitato etrusco, dal momento che si trova tra i due grandi templi urbani – dedicati a Tinia e Uni – scoperti negli ultimi anni dalla Cattedra di Etruscologia dell’Università di Bologna nella parte settentrionale della città. La scoperta della “Porta Nord” avvenne nel 1968, ad opera di Guido Achille Mansuelli, archeologo la cui intensa attività di scavo, tra gli anni ’50 e ’70, ha molto contribuito alla conoscenza di Marzabotto. In un breve contributo pubblicato nel 1969 il Mansuelli dichiarò di aver rinvenuto la porta settentrionale della città etrusca e il terrapieno che la proteggeva. Per tornare a sentir parlare della “Porta Nord” bisogna attendere sino al 2005. In quell’anno, in occasione del convegno “La città murata in Etruria”, vengono infatti promossi scavi di verifica sotto la guida di Luigi Malnati e Paola Desantis. I risultati di queste verifiche confluiranno poi nel 2008 in un articolo curato dallo stesso Luigi Malnati e da Giuseppe Sassatelli: in cui le tracce della porta portate alla luce dal Mansuelli vengono interpretate come tratto di una normale strada cittadina e la presenza del terrapieno viene messa in forte dubbio.
Data l’importanza del contesto nel più ampio quadro delle indagini archeologiche in questo settore della città, si è deciso di riesaminare l’intera questione. Per farlo si è affidata nel 2017 una Tesi di Specializzazione che prendesse per la prima volta in considerazione la documentazione superstite e i numerosi materiali recuperati dallo scavo del 1968. Tale lavoro, effettuato da Matteo Tirtei, ha portato alcune importanti novità. Dall’attento esame della documentazione grafica, infatti, si è potuto capire che il Mansuelli aveva messo in luce un tratto di strada cittadina, orientata in senso N-S e larga 5 m circa; tale strada era stata sottoposta ad importanti lavori che l’avevano, di fatto, coperta e cancellata. Uno di questi aveva comportato il rialzamento del piano di campagna interpretato dal Mansuelli come terrapieno. Grazie ai materiali rinvenuti possiamo dire che i lavori furono effettuati sicuramente dopo la fine del V sec. a.C. L’importanza di questo scavo, dunque, non sta nell’aver scoperto una porta cittadina, bensì nell’aver messo in luce una grande opera di ristrutturazione dell’impianto urbano.
La porta est si colloca nel settore sud-orientale della città e si collega alla plateia D tramite un elemento, che negli anni ’60 dello scorso secolo, ha preso il nome di “canalone d’accesso”. La porta costituisce l’unico accesso monumentale noto presso il sito la città di Marzabotto e collega la necropoli est alla città; nelle immediate vicinanze era presente un’area di culto, legata all’ingresso in città, al passaggio dal “mondo dei vivi” al “mondo dei morti”.
Le prime indagini risalgono agi anni compresi fra il 1867 e il 1873, un periodo di notevole fioritura per l’archeologia nel bolognese. Durante questi anni le figure di spicco che condussero scavi archeologici in questa area furono Filippo Sansoni e Edoardo Brizio. Le loro campagne di scavo portarono alla scoperta della terminazione orientale della plateia D, del “canalone d’accesso”, della porta est e della necropoli est. Negli anni ’30 dello scorso secolo, in occasione di restauri condotti su diversi monumenti della città, come quelli dell’acropoli, anche la porta est fu oggetto di restauro. Nel secondo dopoguerra si aprì una importante stagione di scavi archeologici a Marzabotto, carica di un entusiasmo che coinvolse anche quest’area della città. Nell’estate del 1966, sotto la guida dell’allora Soprintendente alle Antichità dell’Emilia-Romagna, Gino Vinicio Gentili, del prof. Guido Achille Mansuelli e Andreina Tripponi e Luciano Manino, si avviò una campagna di scavo mirata all’esplorazione dell’area est, finalizzata a chiarire la sua relazione con la plateia D, cioè la natura e la funzione del “canalone d’accesso”.
Grazie a queste indagini e a recenti studi, è stato chiarito che il “canalone d’accesso” ospitasse una struttura sostenuta da pali lignei e coperta da tegole, dismessa a seguito di un evento distruttivo, probabilmente un incendio. Inoltre, è stata sottolineata l’importanza del sistema porta-canalone sia dal punto di vista urbanistico-difensivo che da quello cultuale, in virtù della forte aura di sacralità che avvolgeva le porte delle città etrusche. A partire dalla raccolta dei dati ottenuti in occasione dello scavo del 1966, nel 2018 – attraverso due Tesi Magistrali condotte da R. Randolo e P. Tiralongo– si è approfondito lo studio di questo contesto, che ha suggellato l'importante ruolo urbanistico, rituale e, probabilmente, anche difensivo della Porta.
Scavato a più riprese tra il 1952 ed il 1961 il primo isolato della quarta regione della città è comunemente noto in letteratura come "isolato Mansuelli" sulla base del suo più illustre (e per così dire epolino) scavatore: Guido Achille Mansuelli. In quest'area della città, nel corso di quasi 10 anni di ricerche, vennero messi in luce i resti di 6 abitazioni estese trasversalmente ad occupare l'intera insula. Nel corso degli anni compresi tra la scoperta del contesto e la sua prima pubblicazione (nel 1963) le case di questo isolato hanno assunto una particolare importanza negli studi specifici per via della posizione centrale ricoperta nell'abitato e per la della particolare planimetria di alcune abitazioni, avvicinabile alla c.d. casa ad atrio della tradizione romana.
Tuttavia, ad eccezione di una prima e dichiaratamente preliminare pubblicazione sul contesto da parte del Mansuelli, l'area è rimasta fondamentalmente inedita e priva di studi specifici sulla struttura planimetrica e sui materiali ivi rinvenuti. A seguito dell'avanzamento degli studi sulla città di Marzabotto, e soprattutto di quelli sull'edilizia domestica, sono emersi fortemente i limiti delle interpretazioni avanzate negli anni '60, reiteratesi nella letteratura per oltre cinquant'anni in assenza di nuovi dati sul contesto specifico.
Nel 2015, contestualmente al progetto FIR: KAINUA. Restituire, percepire, divulgare l’assente. Tecnologie transmediali per la città etrusca di Marzabotto è stato possibile recuperare una inedita ed ingente mole di documentazione pertinente allo scavo, che ha permesso al professor Andrea Gaucci di approcciare una rilettura di queste abitazioni sulla base di inediti dati di scavo. Dopo questo promettente approccio iniziale, la ricerca è poi continuata grazie ad un dottorato di ricerca, svolto da. Giacomo Mancuso, dal titolo: L'Isolato "Mansuelli" di Marzabotto. Analisi architettonica e studio dei materiali, nel corso del quale è stato possibile ricontestualizzare e studiare integralmente i materiali di scavo, giungendo così ad una prima lettura organica del contesto sulla base dei dati a disposizione.