La bioarcheologia è una branca dell'archeologia ambientale che si occupa dello studio dei resti organogeni, animali e vegetali, recuperati in un contesto archeologico. Da oltre 15 anni la Cattedra di Etruscologia e Antichità Italiche dell'Università di Bologna ha fatto della bioarcheologia uno dei temi di ricerca privilegiati nell'ambito dello studio della città etrusca di Marzabotto.
Già a partire dalla riapertura degli scavi a Marzabotto, nel 1988, la Cattedra di Etruscologia e Antichità Italiche ha concentrato numerosi sforzi nell'analisi dei resti faunistici rinvenuti in corso di scavo. L'analisi dei dati archeozoologici della Casa 1 della Regio IV, Insula 1 è stata condotta dal Professor A. Curci dell'Università di Bologna che da oltre dieci anni cura l'analisi di questo tipo di reperti e che ha formulato negli anni numerose considerazioni sull'economia animale del sito.
Dai dati complessivi della Casa 1 si evince come l’economia animale di Marzabotto sia legata in maniera pressoché esclusiva all’allevamento dei principali mammiferi domestici: suini, ovicaprini e bovini. Questi animali nell’insieme rappresentano più del 90% dei tipi attestati in tutti i contesti esaminati. Dal punto di vista prettamente economico Marzabotto rispecchia la tendenza, rilevabile nei principali centri dell’Emilia orientale nel V sec. , ad un incremento dell’economia fondata sull’allevamento specializzato dei suini. A questo proposito è stato ipotizzato un modello economico di tipo urbano che prevedesse l’importazione di suini dal territorio circostante per il necessario approvvigionamento carneo. Per quanto riguarda gli altri mammiferi domestici attestati a Marzabotto, questi sono costituiti da rari resti di equidi e da quelli di cane. Il cavallo e l’asino, fin dalla loro prima comparsa nei contesti archeologici italiani risultano sempre poco attestati dal punto di vista quantitativo, in quanto generalmente non allevati per fini alimentari ma per la cavalcatura e il trasporto. La loro rarità lascia supporre, inoltre, che costituissero verosimilmente un bene economicamente importante ed in possesso soltanto di una parte della comunità. I mammiferi selvatici, e conseguentemente le testimonianze dell’attività di caccia, sono rappresentati soprattutto dal cervo i cui resti, però, risultano in gran parte riconducibili allo sfruttamento del palco per scopi artigianali; questi resti infatti potrebbero essere stati raccolti nei boschi quale materia prima per ricavarne strumenti, piuttosto che provenire da animali effettivamente cacciati.
Nel corso degli scavi più recenti condotti dalla Cattedra di Etruscologia e Antichità Italiche dell'Università di Bologna nell'area del tempio di Uni si sono rinvenute le tracce di un rituale di defunzionalizzazione incentrato sulla deposizione di tre olle (1178, 1179 e 1180), contenenti resti di offerte del cibo utilizzato nel corso del rituale. L'interpretazione del contesto, presentata da E. Govi agli Annali Faina del 2017 si è arricchita dell'analisi dei resti bioarcheologici eseguita da M. L. Carra dell'ArcheoLaBio dell'Università di Bologna.
Le analisi carpologiche chiariscono che le olle olle contenevano frammenti di cereali, purtroppo non determinabili nella specie, legumi (lenticchie e fave), frutta (nocciolo e uva) e resti di erbacee spontanee. Il contenuto però è stato differenziato tra i vasi e tenendo conto della posizione delle olle. Infatti l'olla inserita nella lacuna del muro conteneva tutti questi elementi e anche frammenti di guscio d'uovo; quella posta all'esterno dello spazio sacro ha restituito cereali ma per lo più tracce di vite, che pernumero e stato dei resti fanno pensare al vino nel quale sono rimasti residui della spremitura; invece quella collocata all'interno dell'area sacra conteneva quasi solo cereali in quantità contenuta. Lo stato di conservazione carbonizzato dei resti carpologici può essere ricondotto alla cottura degli alimenti e alla preparazione di pasti. A queste offerte di cibi sono associate in tutte e tre le olle anche parti carnee, testimoniate da pochi ossi, alcuni dei quali combusti: si tratta di piccole e selezionate porzioni con uno scarso apporto carneo, essendo in tutti e tre i casi resti di falangi, di coste e di un dente. Le specie animali rappresentate sono maiale, bovino e ovicaprino. Infine nell'olla esterna al muro era presente anche una conchiglia.
Le analisi condotte sul contenuto delle olle hanno pertanto contribuito a meglio qualificare il contenuto dei vasi e con esso l'atto rituale perpetrato al momento della modifica delle strutture.