Le indagini archeologiche condotte dal 2013 nell'area adiacente al tempio periptero dedicato al sommo dio Tinia hanno portato alla luce un altro tempio, conservato solo al livello delle possenti fondazioni realizzate con ciottoli di fiume e con macigni di arenaria collocati negli angoli dell'edificio in tal modo armati. Salgono così a cinque i templi della città, tre costruiti sull'acropoli e due in area urbana.
Prospezioni geofisiche e sondaggi condotti negli anni '90 del secolo scorso dalla Soprintendenza per i Beni archeologici dell'Emilia Romagna avevano individuato nella Regio I un monumentale edificio con planimetria non precisabile, di cui si era intuito il carattere pubblico. Le indagini sistematiche condotte tra il 2013 e il 2015 dall'Università di Bologna sotto la direzione di E. Govi nella Regio I, insulae 4a-4b hanno consentito di chiarirne lo sviluppo planimetrico, la destinazione sacra e l'inquadramento cronologico. Resta da definire la relazione topografica dell'edificio monumentale con lo spazio circostante, obiettivo delle prossime campagne di scavo. Lo stato di conservazione delle strutture pertinenti all'edificio sacro purtroppo è apparso gravemente compromesso dai lavori agricoli di età moderna e dalla sistematica azione di depredazione dei materiali costruttivi, certamente riutilizzati nella locale edilizia ottocentesca e dei primi del novecento. Tuttavia le fosse di spoliazione delle fondazioni murarie dell'edificio e i resti conservati dei muri hanno restituito la planimetria di un tempio tuscanico a tre celle orientato a sud. Rispetto al tempio periptero il nuovo tempio è arretrato verso nord e, sebbene non sia ancora possibile chiarire la configurazione dell'intera area compresa tra i due edifici di culto, è certo che uno stenopos più largo del consueto li divideva ed è probabile che anche il tempio tuscanico fosse circoscritto da un muro di temenos, di cui si sono intraviste le tracce.
A differenza del tempio periptero, il cui modello è greco ed è caratterizzato dal colonnato continuo che circonda la cella centrale, il tempio tuscanico presenta tre celle allineate e chiuse sul retro, affacciate su uno spazio porticato, il pronao, con doppia fila di colonne. Evidenti in questo tipo di tempio la prospettiva visiva solo frontale e il principio della assialità, valorizzato anche dalla presenza di un podio, che lo isola dallo spazio circostante.
L'eccezionalità del rinvenimento si comprende non solo nell'ambito degli studi dedicati alla città, che ora mostra una forma urbana meglio definita, con una fascia settentrionale votata al sacro tra acropoli e Regio I, ma anche nel quadro più ampio dell'urbanistica e dell'architettura templare dell'intera Etruria. La notevole estensione della pars antica, di fatto un pronao doppio, e la lunghezza dello spazio antistante le celle corrispondente alla lunghezza della pars postica, sono tratti distintivi del progetto architettonico del tempio. I confronti planimetrici e dimensionali istituibili per il nuovo tempio di Marzabotto rimandano all'Etruria meridionale, in particolare a Cerveteri e Vulci, ambito verso il quale d'altra parte indirizza anche il tempio periptero. Ne emerge un complesso quadro di relazioni culturali tra Marzabotto e l'Etruria tirrenica che interessano le competenze tecnologiche applicate all'architettura del sacro, un settore specializzato per il quale è ormai assodata la circolazione in Etruria di saperi e di maestranze.