Le aree della città

Acropoli

Il complesso di edifici sacri che si trova sull'acropoli della città etrusca sorge su un pianoro che domina dall'alto e da ovest l'abitato, dal quale lo separa un dislivello medio di c.a. 15 metri.L'acropoli era collegata all'abitato tramite la plateia B (oggi solo parzialmente scavata), che in quel punto avrebbe assunto una decisa pendenza per coprire il dislivello e raggiungere le pendici dell'acropoli stessa.

Attualmente sul terrazzo sono visibili i resti di cinque edifici (convenzionalmente contrassegnati con le lettere A-E), in parte restaurati nella seconda metà dell'Ottocento e in seguito agli eventi bellici della seconda guerra mondiale.

Tempio A. Si trova situato all'estremità occidentale del terrazzo e risulta gravemente danneggiatao a causa della realizzazione di una strada d'accesso al parco di Villa Aria. Dell'edificio rimane solo il tratto perimetrale dell'angolo nord-ovest, costituito da blocchi parallelepipedi di travertino su fondazioni in ciottoli a secco. Sulla base dei rinvenimenti più recenti si è ipotizzato potesse essere un tempio periptero su podio, con cella centrale e pronao.

Podio-altare B. Il più antico edificio dell'acropoli, denominato B, è un podio quadrato realizzato in ciottoli a secco e provvisto di scala di accesso e pozzo centrale. Nel corso degli scavi ottocenteschi a lato del podio fu rinvenuta una vasca rivestita di tegole, poi demolita, e in fondo al pozzo (profondo 6 metri), ossa di animali sacrificati. Tali caratteristiche lo identificano come un mundus, un pozzo-altare riservato al culto delle divinità infere e in particolare a Dis-Pater.

Tempio C. Ad ovest del podio-altare B si colloca il grande tempio C, di cui restano parte delle fondazioni in ciottoli. La planimetria originaria del tempio, individua un edificio di tipo tuscanico, a pianta quadrangolare con tre vani contigui nella parte posteriore, profondo pronao con doppio ordine di colonne nella parte anteriore e muri perimetrali  che avvolgono la struttura fino alla fronte.

Podio-altare D. Grande podio-recinto a cielo aperto a pianta pressoché quadrata ed accessibile a sud tramite una scalinata di cinque gradini. Il podio presenta una struttura in ciottoli a secco con rivestimento esterno in travertino modanato.

Tempio E. Si conserva solamente una porzione della struttura, addossata alle pendici del terrazzo ed inizialmente interpretato come muro di contenimento della collina. Le esplorazioni più recenti hanno invece individuato altri tratti murari ed hanno permesso di ricostruire la pianta di un grande tempio a pianta rettangolare.

Santuari Urbani

Gli scavi condotti dalla Cattedra di Etruscologia e Archeologia italica dell'Università di Bologna (Prof.ssa Elisabetta Govi) dal 2008 ad oggi hanno portato alla luce i resti di un'area sacra costituita da due templi e da alcune strutture funzionali allo svolgimento delle pratiche di culto.

 

Santuario di Tinia

Il tempio, perfettamente inserito nel tessuto urbano, testimonia una progettazione unitaria con la città regolare e pianificata, occupando in larghezza l'intera estensione di un isolato. L'area sacra (il themenos) era delimitata da un muro di cinta, volto a isolare lo spazio consacrato del santuario da quello della città; l'accesso principale avveniva attraverso un ingresso monumentale (propileo) rivolto verso la plateia B. Sul margine orientale e sud orientale dell'area si sono rinvenuti i resti di edifici funzionali al culto e di un pozzo. Al centro del themenos si trovava un grande tempio periptero consacrato a Tinia, la somma divinità degli Etruschi ed avvicinabile allo Zeus greco o al Giove latino; la paternità del tempio a questa divinità si deve ad una iscrizione di dedica graffita sul fondo di un'olla. 

Si tratta di un tempio periptero a pianta rettangolare orientato in senso nord-sud, con sei colonne sui lati lunghi, quattro sulla fronte e cinque sul retro. La disparità del numero delle colonne sui lati corti dipende dall'allineamento delle colonne anteriori con i muri della cella, per consentire una libera visione della facciata, mentre sul retro venne aggiunta una colonna in più per garantire una maggiore stabilità alla struttura. L'edificio misura 35,5 x 21,75 m, era sopraelevato su un podio delimitato da un muro perimetrale in opera quadrata in travertino, di cui si sono conservate scarse tracce; sulla fronte una poderosa scalinata, della quale restano tracce dei contrafforti laterali in travertino, consentiva l'accesso al pronao. La cella è suddivisa in un profondo pronao in antis ed adyton bipartito sul retro. 

 

Santuario di Uni

Gli scavi più recenti (e tutt'ora in corso) da parte dell'Università di Bologna (Prof.ssa Elisabetta Govi) hanno recentemente rivelato la presenza di un secondo tempio e di diverse strutture di ambito sacro ad est di quello dedicato a Tinia. La divinità tutelare di questo secondo tempio può essere identificata con Uni (equivalente alla Hera greca, o alla Giunone romana), paredra di Tinia nel pantheon etrusco.

Questo tempio è di tipo "tuscanico", secondo la definizione data da Vitruvio a questa categoria architettonica peculiare del mondo etrusco e assunta diffusamente anche dal mondo romano. Il tempio misura 19,14 m in larghezza e 25,70 in lunghezza, in un rapporto di 1,34 tra i lati, con una proporzione pari a 4,46:6, vicina a quella di 5:6 canonizzata da Vitruvio per il tempio tuscanico. I muri perimetrali laterali probabilmente proseguivano verso sud, a delimitare una scalinata probabilmente estesa quanto la fronte dell'edificio. Solo lo scavo potrà verificare la correttezza di questa ipotesi. A differenza del tempio periptero, il cui modello è greco è esemplificato dal colonnato continuo che circonda la cella centrale, il tempio tuscanico presenta tre celle allineate e chiuse sul retro, affacciate su uno spazio porticato, il pronao, con doppia fila di colonne. Evidenti in questo tipo di tempio la prospettiva visiva solo frontale e il principio della assialità, valorizzato anche dalla presenza di un podio, che lo isola dallo spazio circostante. 

Lo scavo del tempio di Uni, e degli edifici ad esso connessi è ancora in corso da parte dell'Università di Bologna, in regime di concessione da parte del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (concessione n. 12233-P del 07.05.2018).

Le abitazioni

La città di Marzabotto fornisce una delle migliori documentazioni per lo studio dell'architettura domestica etrusca; le diverse unità abitative messe in luce in più punti del pianoro offrono una variegata panoramica delle diverse tipologie abitative in uso.

Le case della regio IV, insula 1, che affacciano sulla plateia A (c.d. Isolato Mansuelli), presentano uno sviluppo trasversale, occupando l'intera lunghezza dell'isolato. Le singole unità abitative risultano piuttosto ampie rispetto alla media dell'abitato di Marzabotto e di altri contesti etruschi coevi ed occupano mediamente una superficie di 800 mq. La maggior parte delle abitazioni sembrano caratterizzate dalla presenza di ampi cortili, talvolta ghiaiati, nei quali si ritrovano frequentemente i pozzi per attingere l'acqua. In alcuni casi sono rintracciabili all'interno delle abitazioni tracce di produzione artigianale, perlopiù ceramica e meno frequentemente metallurgica. Per la posizione preminente all'interno dell'abitato, la notevole estensione e la conformazione planimetrica delle case, così come per i materiali di pregio rinvenuti nel corso dello scavo è ragionevole pensare che tali abitazioni fossero occupate dall'élite cittadina; elementi simili sembrerebbero caratterizzare anche gli edifici presenti sul lato opposto della strada (regio III, insula V), per ora solamente indagati per mezzo di prospezioni geofisiche.

La casa 1 della regio IV, insula 2 presenta uno sviluppo differente rispetto alle vicine abitazioni del c.d. isolato Mansuelli). Ubicata nel settore di testa dell'isolato, la casa risulta delimitata a nord dalla plateia B e ad est ed ovest da due stenopoi, mentre il confine meridionale risulta di non facile attribuzione. Elemento che sembra aver contribuito in maniera determinante alla conformazione planimetrica della casa sono gli spazi destinati alle attività artigianali, preponderanti rispetto a quelli attribuibili a funzioni residenziale. Numerose sono infatti le tracce relative alla produzione della ceramica e dei laterizi, a partire dall'estrazione dell'argilla in grandi buche successivamente colmate, per passare poi alla depurazione della stessa in grandi vasche, all'essiccazione dei prodotti ed infine alla loro cottura all'interno di fornaci. Emerge quindi come l'edificio, accanto ad una funzione residenziale (ben testimoniata da alcuni elementi tradizionali dell'articolazione planimetrica) rivestisse un ruolo importante nella produzione ceramica e dei laterizi di copertura. 

Uno sviluppo planimetrico ancora differente sembra caratterizzare le abitazioni della regio V, insula 3. Qui gli scavi hanno permesso di mettere in luce 6 distinte unità abitative caratterizzate anche in questo caso dalla compresenza di vani con funzione residenziale e di aree destinate ad attività produttive di tipo metallurgico. Le installazioni produttive, per quanto più modeste rispetto alla fonderia dell'insula 5, regio V, sembrano comunque testimoniare un'intensa attività di fusione del bronzo.

Le aree produttive

All'interno del tessuto urbano della città si trovano poi diverse aree produttive, tra cui certamente le maggiori sono costituite dalla "Grande Fornace" della Regio II e dalla Fonderia della Regio V.

La Grande fornace 

Nella Regio II, Insula 1, la parte settentrionale dell'abitato, sono stati rinvenuti i resti di una grande fornace adibita alla produzione di ceramiche e laterizi e databile già a partire dalla fine del VI secolo a.C. All'interno dell'impianto si riconoscono tre distinti settori: l'area di lavorazione dell'argilla, l'area destinata all'essiccazione dei prodotti in attesa della cottura (a cielo aperto, ma protetta da una tettoia) e l'area occupata dai forni veri e propri. Fra gli oggetti prodotti nella fornace sono stati rinvenuti diversi elementi architettonici, vasellame e oggetti d'uso quotidiano e domestico, coppi, parapetti per i pozzi ed elementi per le condutture dell'acqua. Infine, essendo la fornace posta nell'isolato adiacente (seppur separato dalla plateia A) a quello dove sorge il tempiodi Tinia, si pensa che gran parte degli elementi costitutivi il tetto del tempio e i doni votivi ad esso destinati siano stati prodotti proprio in questo luogo

Fonderia

Nel centro della città (Regio V, Insula 5) sorge una fonderia, adibita alla lavorazione del ferro e alla fusione del bronzo. La particolarità della posizione di questa struttura, centrale rispetto all'impianto urbano, denota la spiccata vocazione artigianale della città etrusca già a partire dal VI secolo a.C., periodo a cui risalirebbe l'edificio. Sono state individuate tre fasi di vita della fonderia: la prima risalirebbe al VI secolo a.C; nel V secolo a.C. la struttura sarebbe stata ampliata, coni numerose infrastrutture; infine una massiccia ristrutturazione avrebbe interessato l'edificio a partire dalla fine del V secolo a.C.

L'analisi delle scorie di lavorazione trovate all'interno della fonderia testimoniano l'attività prevalente di lavorazione del bronzo per la produzione di oggetti come vasellame, fibule, statue votive ed ex-voto (dalla forma di parti anatomiche quali braccia, piedi e gambe). Poiché non è attestata l'esistenza di giacimenti minerari nella zona, è da ipotizzare un'importazione dei minerali necessari (soprattutto rame) dall'Etruria tirrenica.

Le Necropoli

Le due necropoli si dispongono a nord e a est dell’impianto urbano, fuori dalle porte urbane. Entrambe sono costituite da due nuclei principali di tombe separati nel mezzo da una strada extraurbana che collegava Marzabotto-Kainua da una parte con Felsina (necropoli nord) e dall'altra con l'Etruria tirrenica (necropoli est).

Le tipologie di tombe attestate nelle necropoli si riducono fondamentalmente a tre: tombe a cassone, tombe a pozzetto e tombe a fossa. Le prime sono tombe rettangolari costituite da lastre di pietra e infossate nel terreno. All'interno dei singoli cassoni venivano deposte le ceneri del defunto, probabilmente avvolte in un drappo di tessuto, assieme al corredo funerario. La tomba veniva poi coperta da una lastra, in piano oppure a doppio spiovente. Le tombe a pozzetto presentavano invece una forma circolare scavata nel terreno, le cui pareti erano rivestite da uno strato di ciottoli disposti a secco. Nella tomba veniva disposto un vaso contenente le ceneri del defunto, assieme agli oggetti del corredo funebre. Contrariamente ai due precedenti tipi di strutture nelle tombe a fossa il rituale funerario non è l'incinerazione, ma bensì l'inumazione. La tomba, di forma rettangolare, aveva le dimensioni poco più grandi di quelle del defunto ed era scavata nel terreno; le pareti venivano rivestite di ciottoli a secco.

Gli elementi del corredo funerario sono sia di produzione locale che di importazione e sono costituiti per lo più da reperti in terracotta e in bronzo, come vasellame, statuette, cimase di candelabri ed altri oggetti riferibili alla sfera del banchetto e del simposio. Tutte le tombe sono monosome, ovvero accolgono le spoglie o le ceneri di un defunto. È attestato un solo caso, nella necropoli est, di una tomba a fossa che conteneva i resti di tre corpi inumati.

La presenza delle sepolture veniva segnalata per mezzo di segnacoli. La maggioranza di questi era costituita da semplici ciottoli fluviali di forma ovoidale e raramente appena sbozzati. Le sepolture più eminenti presentavano però segnacoli più elaborati, talvolta realizzati in materiali pregiati, come ad esempio il marmo).