SUBSIDENZA

  

Con il termine subsidenza ci si riferisce al risultato finale di un complesso insieme di processi naturali e antropici che provocano un abbassamento verticale dei suoli, con oscillazioni annuali che variano tra 1 millimetro a qualche centimetro.

 

 

 La subsidenza naturale ha le sue cause principali nella struttura geologica e geomorfologica del territorio, con evoluzioni millimetriche molto lente, misurabili in tempi storici (talvolta geologici), e distribuite su scala per lo più regionale. I processi che provocano la subsidenza naturale sono:

  • fenomeni tettonici profondi (orogenesi, attività vulcanica o sismica);
  • trasformazioni chimico-fisiche dei sedimenti;
  • compattazione naturale dei suoli;
  • oscillazioni del livello di falda.

Secondo un recente studio a cui hanno partecipato anche l'Università di Padova e gli Istituti del Consiglio Nazionale delle Ricerche per la Protezione Idrogeologica (CNR-IRPI) e di Geoscienze e Georisorse (CNR-IGG), il territorio italiano è fortemente interessato dal fenomeno della subsidenza. Le aree maggiormente a rischio sono il Veneto, l’Emilia Romagna, la Toscana, la Campania, la Puglia e la Calabria. Lo studio ha inoltre evidenziato che, a causa del fenomeno della subsidenza, circa 200 km della costa adriatica settentrionale si trovano attualmente al di sotto del livello del mare e ciò provoca una maggiore suscettibilità di questi territori alle inondazioni (Herrera-García et al. 2021).

Ad amplificare le conseguenze negative della subsidenza naturale è l’azione dell’uomo. La subsidenza antropo-indotta è dovuta principalmente all’estrazione di fluidi dal sottosuolo. A seguito del prelievo, la pressione originaria del fluido sotterraneo diminuisce, causando una compattazione del sottosuolo con conseguente abbassamento della superficie. La subsidenza indotta dall’uomo ha generalmente tempi più brevi (nell’ordine di qualche decina di anni) e molto più limitata dal punto di vista territoriale; questo però provoca effetti molto più consistenti sull’ambiente e richiede delle azioni mirate di controllo e gestione. Nel territorio dell’Emilia-Romagna, le estrazioni di fluidi dai suoli hanno incentivato la subsidenza naturale a partire dagli anni ´50, fino a raggiungere valori massimi tra gli anni ´60-´80.

Coinvolgendo proprietà intrinseche del territorio, la subsidenza naturale non può essere fermata, ma solo tenuta sotto controllo: a tale scopo, alla fine degli anni ’90, la Regione Emilia-Romagna, assieme ad ARPAE, ha attivato una rete di monitoraggio specifica, allo scopo di valutare le fluttuazioni del fenomeno (Rete regionale di monitoraggio della subsidenza - vedi sotto). Diverso è il discorso per la subsidenza antropica, oggetto di forte attenzione da parte delle Autorità locali, regionali e nazionali. La Legge n. 845 del 10 dicembre 1980 (Protezione del territorio del Comune di Ravenna dal fenomeno di subsidenza) fu uno dei primi provvedimenti nazionali che affrontavano il problema della subsidenza antropica, in un’ottica di mitigazione del fenomeno: la normativa richiama infatti interventi di difesa delle coste e degli abitati e divieti specifici all’estrazione delle acque di falda. A questo intervento specifico per il territorio ravennate, fece seguito, qualche anno dopo, la Legge 183/89 che indicava specificatamente la subsidenza antropo-indotta tra le cause del dissesto idrogeologico. Più recentemente, il Decreto Legislativo 152/2006, contenente norme specifiche di tutela ambientale, inserisce le opere di contenimento della subsidenza tra i fenomeni per i quali è richiesta la realizzazione di appositi piani di programmazione e attuazione degli interventi. A livello europeo, la Direttiva europea IPPC per la prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento (96/61/CE) prevede, a fronte del rilascio dell’autorizzazione integrata AIA, la descrizione dei fenomeni di subsidenza nell’area di interesse, al fine di limitarne gli effetti.