The Office, 20 anni dopo: come la serie ha ridefinito la cringe comedy

Alberto Luppino

Il 24 marzo 2005, il pilot di The Office (U.S.) debuttò per la prima volta su NBC. La serie britannica creata da Ricky Gervais e adattata da Greg Daniels per il suo approdo oltreoceano, si è sin da subito imposta come un punto di riferimento per la cringe comedy – genere che trasforma il disagio in comicità. Con il suo umorismo imbarazzante, personaggi indimenticabili come Michael Scott o Dwight Schrute, e situazioni al limite dell’assurdo, The Office ha segnato un’epoca e conquistato generazioni di fan. Cosa ha reso la serie un simbolo della commedia contemporanea, in un mondo in cui il senso dell’umorismo è in rapida evoluzione?

 

1. La cringe comedy: l’arte del disagio secondo The Office

2. La tensione dell’imbarazzo: il ruolo della telecamera fissa e il silenzio

3. Michael Scott: il genio inconsapevole della cringe comedy

4. L’apice del cringe humor: gli episodi più iconici

5. Oltre il disagio: la (im)perfezione umana in The Office

6. Fonti

 

1. La cringe comedy: l’arte del disagio secondo The Office

The Office nasce dal genio creativo di Ricky Gervais e Stephen Merchant, ideatori della versione britannica, e viene adattata per il pubblico americano da Greg Daniels, noto anche per il suo lavoro su serie di successo come I Simpson e Parks and Recreation.

In onda dal 2005 al 2013, la sitcom segue le esilaranti vicende dei dipendenti della Dunder Mifflin, un’azienda cartiera della Pennsylvania, e mette in scena un umorismo politicamente scorretto che ha saputo conquistare sia il pubblico che la critica. Non a caso, The Office ha ottenuto numerosi riconoscimenti, tra cui due Screen Actors Guild Awards, un Golden Globe e cinque Primetime Emmy Awards. Ancora oggi si conferma come una delle serie più apprezzate sui principali siti di recensioni cinematografiche.

Il successo di The Office non si limita, però, ai premi e all’apprezzamento del pubblico: la serie ha definito e portato al massimo livello la cringe comedy, un format che trova la chiave per il suo umorismo proprio nel disagio personale e nelle situazioni imbarazzanti vissute dai suoi protagonisti, spesso ignari della ridicolizzazione a cui si espongono. Questo tipo di comicità genera nello spettatore un’esperienza ambivalente in cui, ai momenti di fastidio autentico, si sovrappongono esplosioni di risate inaspettate.

Facendo ricorso agli stilemi del mockumentary (genere che imita lo stile di un documentario, ma con contenuti spesso satirici e ironici, ndr.), The Office rende le interazioni tra i personaggi surreali e, al tempo stesso, molto realistiche. Questo amplifica il disagio sociale che caratterizza figure come Michael Scott (Steve Carell) o Dwight Schrute (Rainn Wilson), trasformandoli in icone indimenticabili e, al contempo, inquietanti nella loro familiarità.

 

2. La tensione del cringe: il potere della telecamera e dei silenzi in The Office

The Office non è stata la prima serie a sperimentare con il falso documentario, ma è sicuramente quella che ha trasformato questa scelta stilistica in un marchio distintivo

La troupe che riprende senza mai intervenire gioca un ruolo fondamentale nel creare intimità tra lo spettatore e il mondo della sitcom. Ogni inquadratura sembra insinuarsi negli spazi privati dei protagonisti e catapulta il pubblico all’interno di un ufficio che, all’apparenza, sembra solo un luogo di lavoro banale e monotono. Eppure, grazie alla presenza costante delle telecamere, questa routine si trasforma in un terreno fertile per il disagio e l’umorismo.

Secondo Ash Atalla, produttore della serie, il fulcro della cringe comedy sta tutto nella pressione che i personaggi avvertono sotto l’occhio implacabile dell’obiettivo. Nella vita reale, di fronte a una situazione imbarazzante, possiamo sempre distogliere lo sguardo. Qui no: la camera rimane lì, fissa, testimone impietosa di ogni silenzio scomodo e di ogni errore di valutazione.

Ed è proprio grazie a questo meccanismo che i personaggi prendono vita e acquisiscono autenticità. L’ufficio, con le sue dinamiche assurde e i momenti di puro imbarazzo, diventa un palcoscenico surreale dove tutto è amplificato. Ogni pausa, ogni sguardo in camera – come quelli iconici di Jim Halpert (John Krasinski) – crea un filo diretto con il pubblico. Jim non è un impiegato qualunque: è il nostro complice, che rompe la quarta parete per condividere il nostro stesso stupore e disagio. In questo gioco di sguardi e silenzi, la telecamera non è più un solo espediente narrativo, ma una presenza attiva che modella la comicità stessa. Non c’è via di fuga: ogni momento di disagio è catturato senza filtri e trasforma la tensione in risate liberatorie.

 

3. Michael Scott: il genio (inconsapevole) della cringe comedy

Al centro di questo meccanismo c’è Michael Scott, il regional manager della filiale Dunder Mifflin di Scranton. La sua totale mancanza di autoconsapevolezza lo spinge in situazioni al tempo stesso disastrose ed esilaranti. Vive in un universo sociale che sembra non comprendere i suoi comportamenti inappropriati e le sue battute fuori luogo – come il celebre “that’s what she said” (“è quello che ha detto lei”, ndt.) – le quali generano momenti di imbarazzo ma che, pur essendo esilaranti, nascondono anche una profonda fragilità. Questa frase, usata per trasformare qualsiasi affermazione innocente in un’allusione sessuale, è l’emblema del suo umorismo infantile e della sua incapacità di leggere il contesto. Dietro le sue uscite più goffe, come quando dichiara “Preferirei essere temuto o amato? Facile. Entrambi. Voglio che le persone abbiano paura di quanto mi amano”, si cela un disperato bisogno di approvazione. In questo senso, è l’antieroe perfetto, capace di farci ridere e, allo stesso tempo, provare compassione per lui.

La sua incapacità di cogliere le dinamiche sociali si riflette nelle sue relazioni disfunzionali, sia con i colleghi che con le donne che cerca di corteggiare. Michael è sempre pronto a trasformare anche le situazioni più innocenti in battute imbarazzanti che rendono l’aria ancora più tesa e scomoda, anziché alleggerirla. È un uomo che parla per sentito dire e che interpreta la realtà secondo stereotipi sociali e luoghi comuni. La serie sfrutta questa mancanza di consapevolezza per amplificare il disagio, giocando sulle reazioni frustrate ma passive dei suoi colleghi, che oscillano tra il disagio e il totale disinteresse.

Eppure, nonostante i suoi errori e la sua goffaggine, c’è qualcosa di irresistibile in Michael Scott. La sua fragilità emotiva e il suo bisogno di affetto ci fanno provare empatia nei suoi confronti. In un mondo che lo considera inadeguato, Michael si sforza sempre di dimostrare il contrario, cercando di farsi voler bene da tutti, senza però riuscire mai a capire veramente come fare. È proprio questa sua innocenza e ignoranza che lo rendono, paradossalmente, un personaggio che resta nel cuore di chi lo guarda.

 

4. L’apice del cringe humor: gli episodi più iconici

Grazie alla combinazione di una scrittura brillante e interpretazioni magistrali da parte dei suoi protagonisti, The Office ha regalato alcune delle scene più memorabili della cringe comedy. Bastano pochi episodi per dimostrare come la serie sia riuscita a sfiorare l’insopportabile per quanto il livello di imbarazzo sia alto.

Un episodio che sicuramente rimarrà nella memoria collettiva è Caccia ai gay (Gay Witch Hunt, S3E1), dove Michael Scott, dopo aver scoperto che Oscar (Oscar Núñez) è gay, cerca di mostrarsi un capo aperto e progressista. Tuttavia, nel suo tentativo di fare la cosa giusta, trasforma la situazione in un circo di imbarazzo. Il culmine arriva quando, davanti a tutti i dipendenti, Michael costringe Oscar a un abbraccio e lo sorprende con un bacio per dimostrare a tutti di non essere omofobo.

Poi c’è l’episodio I pargoli di Scott (Scott’s Tots, S6E12), in cui Michael si trova a fare i conti con una promessa fatta anni prima: si era impegnato con un gruppo di bambini dicendo che avrebbe pagato loro il college, ma nel frattempo non ha messo da parte un soldo. Il momento del confronto, pieno di tensione, diventa un disastro totale, con Michael che cerca di rimediare peggiorando la situazione e rendendo ogni attimo sempre più difficile da guardare.

Non si può dimenticare A cena da Michael (Dinner Party, S4E13), un episodio che è diventato un vero e proprio simbolo del cringe. Michael e Jan (Melora Hardin) invitano alcuni colleghi a casa loro per una cena che si trasforma presto in un incubo sociale. La tensione palpabile tra i due e la continua spirale di disagi emotivi fa di questa serata il terreno perfetto per il cringe.

Anche gli altri personaggi della serie hanno il loro ruolo nel far lievitare il livello di disagio: Dwight Schrute, con il suo comportamento esagerato e il suo senso della giustizia tutto particolare, porta ogni situazione a un nuovo livello di surrealismo; Jan Levinson, con la sua lotta tra il bisogno di controllo e la fragilità psicologica; o, ancora, Andy Bernard (Ed Helms), che alimenta il cringe con le sue reazioni eccessive, dalle urla alle crisi emotive.

 

5. Oltre il disagio: l’umanità in The Office

Ciò che rende The Office più di una semplice sequenza di situazioni imbarazzanti è la sua capacità di bilanciare il cringe humor con momenti di sorprendente umanità. Dietro ogni silenzio scomodo e ogni gaffe di Michael Scott si nasconde una vulnerabilità che lo rende un personaggio complesso e, per certi versi, commovente. Nonostante tutte le sue assurdità, Michael si preoccupa davvero per i suoi dipendenti, anche se il suo modo di dimostrarlo è spesso fuori luogo.

Allo stesso modo, la serie esplora le difficoltà e le ambizioni di personaggi come Jim e Pam (Jenna Fischer), la cui relazione si sviluppa nel corso delle stagioni e offre un contrappunto emotivo alla comicità più sfrenata. Persino Dwight, con la sua rigidità e il suo egocentrismo, mostra momenti di profondità inaspettata, rendendolo uno dei personaggi più amati dello show. Insomma, la Dunder Mifflin di Scranton parte come luogo di noia, ignoranza e malcontento ma, col tempo, si trasforma in una famiglia imperfetta, capace di accettare difetti e stranezze.

All’inizio, Michael Scott è il boss peggiore che si possa desiderare: egocentrico, inopportuno e spesso insopportabile. Episodio dopo episodio, la sua complessità viene a galla rivelando, dietro la sua ignoranza snervante, una paura universale: la solitudine. La magia di The Office sta proprio qui: ci fa ridere delle nostre stesse insicurezze, facendoci empatizzare con personaggi che, seppur esagerati, risultano reali.

Anche anni dopo il finale, The Office continua a conquistare il pubblico. Nel 2020 è stata la serie più vista su Netflix, dimostrando quanto sia ancora amata. Il binge-watching nell'era dello streaming ha permesso a una nuova generazione di spettatori di scoprire la sitcom e apprezzarne la cura nei dettagli, come i tanti easter egg nascosti.

Sui social media, meme e citazioni di The Office sono ovunque. Segno che la serie non solo fa ridere, ma ha lasciato un’impronta duratura. E forse il motivo è proprio questo: dietro la cringe comedy, The Office ci mostra che, nonostante le nostre stranezze, possiamo comunque trovare il nostro posto nel mondo.

 

6. Fonti

Bailey, Justin, “Shows that Shape Us: The Office”, su Dordt Digital Collections (data di ultima consultazione: 19/01/2025).

From the King of Comedy to People Just Do Nothing: why the 'cringe com' reigns, su The Guardian (data di ultima consultazione: 09/02/2025).

The Comedy of Cringe, su The Village Voice (data di ultima consultazione: 19/01/2025).

The Craft Behind Cringe Comedy: Analyzing ‘The Office’, su A.I. in Screen Trade (data di ultima consultazione: 19/01/2025).

The Office (American) - The 100 Best TV Show of All-TIME, su Time (data di ultima consultazione: 19/01/2025).

“The Office” is a shining example of cringe comedy done right, su CatlinSpeak (data di ultima consultazione: 19/01/2025).

‘The Office’ Was by Far the Most-Streamed TV Show in 2020, su Variety (data di ultima consultazione: 09/02/2025).

 

Foto 1 da The Buffalo News

Foto 2 da Hall of Series

Foto 3 e in copertina da La scimmia pensa

Foto 4 da Dunderpedia: The Office Wiki

Foto 5 da Decider