Daniela Bruno
Thomas Nast, tedesco di origine e americano di adozione, è riconosciuto come il padre del fumetto statunitense.
Nast è nato a Landau, in Germania, nel 1840. Figlio di un musicista socialista, è cresciuto in un contesto familiare dalle forti spinte ideologiche. Suo padre infatti, in contrasto col governo tedesco, lasciò Landau, arruolandosi prima su di una nave francese e successivamente su di una americana.
La famiglia Nast è riuscita a riunirsi soltanto nel 1849 a New York.
1. Nast e il Frank Leslie’s Illustrated Weekly
2. Repubblicani e Democratici
3. Uncle Sam
4. Babbo Natale
5. Peggio della schiavitù
6. Bibliografia e sitografia
1. Nast e il Frank Leslie’s Illustrated Weekly
Le propensioni artistiche del giovane Nast non hanno trovato intralci: la sua famiglia ha assecondato fortemente le predisposizioni al disegno del ragazzo, che si è rivelato da subito abile nell’uso della matita. Nast nutriva una vera e propria ossessione per l’arte, che sentiva come strumento necessario a leggere la realtà. I suoi disegni, infatti, non appaiono come oniriche rappresentazioni di chi cerca nell’arte una fuga dai mali umani. Piuttosto, sono intrisi di storia e critica sociale. Non è un caso che l’artista abbia cominciato la sua carriera con le caricature: disegni semplici che esagerano tratti fisici, celando, dietro l’estremizzazione estetica, significati umoristici e dissacratori.
Frank Leslie, pioniere del giornalismo illustrato, è stato il primo a riconoscere in Nast un prodigio di tecnica e acume, assumendolo appena quindicenne, nel 1855, come vignettista per il suo Frank Leslie’s Illustrated Weekly. Al fianco di Leslie, Nast non solo ha cominciato a perfezionarsi come professionista, ma anche a radicalizzare le sue idee politiche e a riconoscere soprusi e malaffari che impregnano New York e l’America in quel periodo.
2. Repubblicani e Democratici
Il sodalizio artistico tra Nast e il Weekly fu intenso e proficuo. È proprio in questo contesto che Nast ha partorito alcune tra le sue opere dissacranti. Tra le prime, spicca l’illustrazione di un elefante che simboleggiava il partito repubblicano. A capo del partito, nel 1870, c’era Ulysses Grant, temuto dagli americani per le sue tendenze dispotiche. Il pachiderma disegnato da Nast è rappresentato mentre fugge, in procinto di cadere in un burrone dove lo attendono inflazione e caos. La didascalia recita: “il voto repubblicano”. L’intuizione di Nast resiste ancora oggi nelle fila del partito repubblicano, che lo ha adottato ribaltando i significati originali, esaltando intelligenza e dignità dell’animale come caratteristiche proprie.
In questi giorni, durante le campagne politiche del partito democratico americano, compare come mascotte nelle pubblicazioni anche il simbolo di un asino. Non tutti sanno che anche questo legame tra i democratici e l’asinello esiste grazie a T. Nast. Era il 1828: negli Stati Uniti si stava tenendo la campagna elettorale per la Casa Bianca e il democratico Andrew Jackson era fortemente attaccato dai suoi oppositori per le sue posizioni populiste. Veniva descritto come un asino, pigro e ignorante. Nast, utilizzó questo episodio in uno dei suoi fumetti molti anni dopo, nel 1870, per rappresentare una fazione anti-militarista dei democratici con cui era in disaccordo. La portata dell’illustrazione di Nast si è rivelata enorme e ha colpito il pubblico a stelle e strisce a punto tale da riuscire a farla resistere nell’immaginario sociale ancora oggi.
Nast fu definito The President Market, per aver polarizzato l’opinione pubblica a tal punto da imporre con i suoi disegni il risultato di almeno sei elezioni presidenziali, tra il 1864 e il 1884.
3. Uncle Sam
C’è la mano di Nast anche nella celebre icona di zio Sam, la cui figura è spesso associata ai reclutamenti militari della prima guerra mondiale, eppure il celebre dito puntato e lo sguardo intimidatorio del vecchio americano, aveva già più di un secolo di vita alle spalle.
Fu la guerra del 1812 con il Regno Unito a diffondere l’immagine dello zio Sam dell’immaginario contemporaneo. La tradizione vuole che i soldati in servizio a New York ricevessero i viveri in alcuni barili marchiati con le iniziali U.S. (United States). L’esercito però ricollegò quelle iniziali al fornitore di carne, Samuel Wilson, scherzosamente ribattezzato Uncle Sam, non essendo la sigla U.S. molto diffusa tra i cittadini.
La storia si diffuse in fretta e i soldati cominciarono a pensare a Uncle Sam come all’uomo che forniva loro da mangiare, decidendo dunque del loro sostentamento e della loro sopravvivenza.
Le prime icone di Uncle Sam lo ritraggono con un lungo vestito a stelle e strisce, con un copricapo bianco e senza barba. Nel dopoguerra, Nast ha regalato al paese un’immagine definitiva del vecchio Sam: fisicamente asciutto, alto, con lo sguardo saggio e il celebre copricapo che rimanda allo storico cappello di Abraham Lincoln. Ancora una volta, Nast è stato capace di imprimere sulla carta interi immaginari, comuni agli americani, solleticandone memorie storiche e patriottismo.
4. Babbo Natale
L’abilità artistica di Nast fu trasversale e sorprendente. È incredibile come sia riuscito a immergersi nella storia del suo paese, rivendicando la libertà di disegnarne le storture e allo stesso momento, come sia stato in grado di restituirgli delle icone di fanciullezza e innocenza.
Nast solidarizzò con ferocia disarmante con le classi sociali meno abbienti ed è proprio pensando agli ultimi e agli indifesi che ha dato vita a una figura colossale dell’infanzia di ogni bambino: Babbo Natale.
Per creare questo iconico personaggio, Nast si è ispirato alla figura di San Nicola di Bari. Il Vescovo italiano, infatti, era già noto per i suoi atti di gentilezza e carità, ma Nast ha attribuito alla figura religiosa un carattere nuovo e di facile comprensione.
Lo spirito oppositivo del disegnatore lo ha portato a esprimersi sempre con cattiveria nei confronti del mondo ecclesiastico, spesso ha dipinto i vescovi cattolici come coccodrilli che dal fiume attaccano i giovani studenti. Proprio il suo essere restio nei confronti dei valori religiosi ha portato Nast a spogliare il suo personaggio del cattolicesimo, dandogli soltanto tratti rincuoranti, con il fine di infondere gioia nei bambini, a cui quel personaggio era destinato.
Prima di Nast, Babbo Natale era rappresentato come un uomo alto e molto magro, con barba lunga e baffi, con gli occhi severi e poco rincuoranti. Nel 1890 fu pubblicata per la prima volta una raccolta delle sue vignette su Babbo Natale: Christmas drawings for the Human Race. Nell’introduzione si legge:
«Queste immagini si appellano non a supportare una particolare denominazione religiosa o un partito politico, ma alla delizia universale nel più felice dei giorni festivi, amato dalle più tenere tradizioni domestiche. Il Natale è la festa di tutti; ma è soprattutto la giornata dei bambini. Le fantasie grottesche e ariose dell’infanzia che si aggrappano a Babbo Natale, come il buon genio del Natale, sono riprodotte su queste pagine».
5. Peggio della schiavitù
Una delle vignette più iconiche di Nast è intitolata Peggio della schiavitù, in cui è ritratta una famiglia nera disperata perché la loro casa è stata bruciata per mano di due membri del Ku Klux Klan e della White League, ritratti felici dei loro ignobili gesti. Ancora Nast ha tenuto alle cause sociali degli oppressi, volendo dare loro voce attraverso carta e penna, infischiandosene del pensiero dominante. Nast è sempre rimasto un uomo integro e fedele a se stesso.
Ciò comportò anche svariati problemi durante la sua prolifica carriera, durante gli anni ‘70 dell’Ottocento, il mondo dell’editoria era in fermento: la tecnologia rendeva la stampa a colori più veloce; Nast fu costretto a cambiare la sua tecnica artistica, adeguandosi all’incisione fotochimica. Questo influenzó negativamente il suo disegno.
Oltre a questi problemi tecnici, a Nast è stato chiesto spesso di essere meno crudele e intransigente nella critica politica, anche perché i lettori avevano cominciato a esigere letture meno faziose. Se durante la Guerra Civile, il fermento e la violenza erano rappresentative della rabbia popolare, alla fine dei tumulti gli americani sentivano il bisogno di tranquillità, un sentimento che a Nast era ignoto.
Il sodalizio con i giornali andò via via perdendosi e Nast smise di regalare agli americani le sue vignette satiriche, ritirandosi, in vecchiaia, ad una placida vita solitaria.
Nonostante gli ostacoli e lo scorrere del tempo, Nast non è rimasto indietro: ha cercato con forza di adattarsi ai tempi nuovi; con fermezza e decisione, ha portato avanti la sua lotta silenziosa ma rivoluzionaria.
Persone come Nast hanno segnato con forza il destino di un paese intero, trascinandone le lotte per il bene comune, andando controcorrente e spesso soffrendo le conseguenze.
In giorni grigi come quelli che stiamo vivendo, le opere di Nast devono regalare la speranza che ci sia sempre qualcuno pronto a rendere visibile chi soccombe, a non tacere davanti ai potenti, con la violenza della grafite e del foglio bianco - strumenti innocui ma tanto letali quanto sovversivi.
6. Bibliografia e sitografia
J. Chal Vinson, Thomas Nast Political Cartoonist, University of Georgia Press, Paperback edition, 2014
T. Nast, Christmas drawings for the human race, New York Harper & brothers, 1890
B. Justice, T. Nast and the Public Schocken of the 1870s, History of Education Quarterly Vol. 45 No. 2, 2005