Daniela Bruno
Ron Kovic nasce a Ladysmith (Wisconsin) il 4 luglio 1946. Cresciuto in una famiglia di fede cattolica e molto patriottica, primo di cinque fratelli, trascorre un’infanzia tranquilla prima in Wisconsin e poi nei pressi di New York. Non è uno scolaro particolarmente studioso ma si dimostra il migliore nello sport: il baseball e il football sono la sua più grande passione da bambino e infatti sogna di poter diventare un campione sportivo in una di queste discipline. Ron è sempre stato legato alla sua famiglia e al suo paese, infatti essere nato il 4 luglio (giorno in cui si celebra l’Indipendenza Americana, ndr) gli riempie il cuore di orgoglio.
Il 22 novembre 1963 Ron Kovic è davanti alla televisione come tutti i cittadini americani quando scopre che il presidente Kennedy è stato assassinato a Dallas. L’America è sconvolta e al diciassettenne Kovic sembra di aver perso un amico. Questo evento lo colpisce profondamente e influenzerà le sue scelte future. In quella stessa primavera, infatti, si diploma e, dopo aver ascoltato un discorso dei Marines nella sua scuola, decide di arruolarsi.
Questo discorso improntato al coraggio e alla lealtà spinge Ron a sopportare le umiliazioni e le fatiche della fase di addestramento. Sognava da sempre di essere un campione e un eroe, e sentiva che i suoi sogni di gloria si sarebbero finalmente realizzati impugnando un’arma in difesa del suo amato paese. Nel 1965 si offre volontario per essere inviato in prima linea in Vietnam e, dopo ventidue spedizioni di ricognizione, Kovic diventa sergente. Con l’aumentare delle responsabilità, aumenta anche l’orgoglio, a punto tale che per lui la guerra al Viet Cong era giusta e necessaria, perché serviva a proteggere l’America dal nemico comunista - lo dicevano i giornali e il Presidente, quindi, si convinse che doveva essere vero per forza.
Il 20 gennaio 1968, durante un pattugliamento con la squadra, Kovic e i suoi rimangono impantanati in un combattimento contro le truppe vietnamite. Abbandonato dalla maggior parte del suo reparto, viene colpito da una pallottola 7,62 al piede sinistro, per poi essere raggiunto da un altro proiettile nella colonna vertebrale, che lo lascia paralizzato dalla vita in giù. Viene soccorso da un commilitone che lo trasporta a bordo di un elicottero e, dopo un breve ricovero in un ospedale da campo, viene curato nel Queens. Ron Kovic dunque torna a casa dopo il Vietnam, cambiato dentro e fuori, consapevole di cominciare una vita nuova.
È in ospedale che Ron cambia idea e atteggiamento nei confronti della guerra e del suo paese. La sua stanza gli sembra un surrogato della guerra, un posto sporco in cui tutto è dolore e sofferenza. Non è più autonomo e questo lo induce a una profonda depressione che non terminerà neanche una volta uscito dall’ospedale. Non riesce a comunicare i suoi sentimenti alla famiglia e tutto il suo sforzo in guerra gli sembra essere stato vano. Il dolore e l’incapacità di essere compresi vengono anestetizzati dall’alcol, mentre del marine fiero e vittorioso sembra che non sia rimasto nulla.
Ron Kovic soffre di alcolismo e depressione: la notte è tormentato dagli incubi della guerra e la sua vita gli pare finita; un maggiore gli ha messo una stella al petto ma in città tutti lo guardano con una certa pena negli occhi; le sue azioni eroiche non sono esistite per nessuno e, anche se la guerra in Vietnam continua, sembra che gli americani non si rendano conto di quale spreco di vite umane sia in atto. È attraverso il dolore che Ron Kovic diventa un attivista e un fervente pacifista.
Un lungo percorso di riabilitazione morale e l’aiuto di alcuni veterani restituiscono a Ron un senso nuovo della vita. Il sogno dell’eroe che lo ha accompagnato per tutta l’infanzia lascia spazio a nuovi ideali, non contro gli Stati Uniti, ma contro la guerra e contro lo spreco di vite umane per conto di un governo che non sembra neanche accorgersi della morte e del dolore. I reduci sono uomini che hanno perso, non possono essere considerati degli eroi, perchè non rispecchiano quell’ideale di uomo forte, che non viene scalfito da nulla e torna in patria vincitore. Ron non aveva vinto ma non era neanche morto, la sopravvivenza con un handicap fisico lo rendeva misero agli occhi dei concittadini e, al contempo, invisibile per le istituzioni.
Il suo primo vero dibattito pubblico contro la guerra è nel 1970. Da quel momento Ron diventa inarrestabile, viene arrestato più di dodici volte per protesta politica. Nel 1976 pubblica il suo libro Nato il 4 luglio. Il libro farà in poco tempo il giro del mondo e nel 1989 il regista Oliver Stone produce un film che ha Tom Cruise come protagonista. Il film è fedele al libro e ne mantiene anche il titolo.
Il libro di Ron Kovic racconta del cambiamento radicale di un uomo. Nella vita non è raro che crollino delle certezze per far spazio a nuove verità ma, quando questo cambiamento avviene per mezzo di una pallottola in guerra, la vita di un uomo assume un inedito valore sociale. Ron ha combattuto, ha commesso stragi che lo perseguitano ancora nelle notti insonni, è stato spezzato prima dalla guerra e poi da una società a cui non è interessato il suo sacrificio. Eppure ha saputo convertire il dolore e la sua condizione in lotta politica, per esorcizzare il malessere e per restituire al Ron bambino il sogno di essere un eroe, con dei tratti diversi da ciò che immaginava, ma comunque un eroe.
Il racconto della vita di Kovic è un monito per non ripetere gli stessi errori. Probabilmente non sarà la vita di un ex marine in sedia a rotelle a cambiare le sorti del mondo e delle guerre future ma senza dubbio rappresenta l’esempio tangibile di quanto certi meccanismi sociali possano influenzare l’esistenza di ognuno.
Da bambino sognava di essere un campione negli sport, amato e riconosciuto da tutti; durante la guerra sognava di essere un eroe ma è soltanto dopo il Vietnam che si è reso conto di essere soltanto un uomo e, da uomo, conduce la sua vita adesso, cercando di trasmettere messaggi positivi e di pace. Si è ormai lasciato indietro la retorica dell’esportatore di giustizia e democrazia, restituendo la voce a una generazione dimezzata dalla guerra in Vietnam.
Il bisogno di raccontare una guerra diversa da quella della propaganda ha accompagnato Ron per tutta la vita e, ancora oggi a 76 anni, si spende per gli altri, raccontando la sua storia senza paura e senza vergognarsi più della sua condizione fisica.
Foto 1 da cinematographe (data di ultima consultazione: 30/06/22).
Foto 2 da pomeriggiperduti (data di ultima consultazione: 30/06/22).
Foto 3 da wikipedia (data di ultima consultazione: 30/06/22).