Rebecca Milanesi
L’elezione del presidente Donald Trump è stato un chiaro segnale rispetto alla direzione in cui sarebbe poi viaggiata la politica mondiale. Quel governo conservatore, sovranista e populista e guidato da una persona narcisista e non del tutto eticamente pulita, ha fatto da esempio a molti altri Paesi nella caduta verso un limbo ideologico infinito e da cui sarà difficile uscire.
A questo si ispira Peng, opera teatrale di Marius von Mayenburg, che vede come protagonista un bambino un po’ troppo cresciuto che sbraita, urla, picchia e distrugge. Un po’ come la politica mondiale.
In quale misura il potere può essere considerato positivo, e in quale invece può nascere da una melma informe di disperazione, misoginia, razzismo e abbagliante e truffaldino luccichio?
Oggi, dopo anni dall’elezione del presidente Trump e la fine del suo mandato, si può guardare al passato con sguardo critico, al futuro con un velo di preoccupazione e al presente con paura e profondo disagio.
Il 9 novembre rappresenta per molte persone una data che ha segnato un ritorno ai tempi di Reagan, alla guerra fredda e, in preda al panico, si è temuto il peggio. Come è vero che l’elezione di un presidente conservatore, di estrema destra e avvezzo a strizzare l’occhio alle teorie del complotto non sia l’equivalente della Marcia su Roma o dell’insediamento delle SS nel Reichstag di Berlino, è altrettanto vero, però, che molti passi, dal 9 novembre 2016, sono stati fatti in senso opposto a quello auspicabile.
Dall’aumentare dell’astio della polizia nei confronti della comunità afroamericana al progressivo regredire (fino all’annullamento) del diritto all’aborto, gli Stati Uniti sono visti sia dai protagonisti che ci vivono sia dagli spettatori che li osservano come un luogo in cui tutto è possibile, anche la perdita dei diritti umani fondamentali.
“Something is rotten in the state of Denmark” (c’è qualcosa di marcio in Danimarca), recita Amleto nell’omonima opera di Shakespeare, e mai parole furono più adatte a ciò a cui assistono i cittadini del mondo da molti anni a questa parte. E il protagonista indiscusso e simbolo di questo progressivo marcire occidentale in una commedia che nessuno trova più divertente è l’ex presidente Donald Trump.
Per capire il motivo dell’ascesa dell’ex presidente Donald Trump, bisogna scavare a fondo nella società, quella statunitense in particolare, ma mondiale in generale, scossa da problemi estremamente complicati, spaventosi, ai quali tutti vogliono trovare la soluzione apparentemente più semplice nel minor tempo possibile. E così: l’integrazione degli immigrati si risolve innalzando muri; l’omofobia accontentando chi la usa come valvola di sfogo; la guerra bombardando i nemici perché non si rialzino; la crisi economica con l’inflazione.
La base su cui si sono poste le fondamenta della creazione di un personaggio come Donald Trump, però, sembra più subdola e nascosta perché ormai radicata e interiorizzata dalla società moderna. L’ex presidente è quella che potrebbe considerarsi la punta di un iceberg di machismo, misoginia e rape culture. È una forma plasmata da un magma di razzismo e voglia di prevaricare e ignorare i più deboli abusando del proprio potere.
È proprio dopo la data simbolica della sua elezione che Marius Von Mayenburg, drammaturgo tedesco nato nel 1970 e attivo già da molti decenni, si mise a scrivere Peng, una commedia che lui stesso ha sentito come “una reazione allergica” al governo Trump e a tutte le sue conseguenze. Il testo è perfettamente in linea con il filone del teatro politico, genere teatrale che affronta la contemporaneità e i problemi della stessa mettendo in scena situazioni verosimili o esageratamente negative per rappresentare la società in un modo paradossalmente veritiero per scuotere e allarmare le coscienze. Lo stesso autore ha preso una posizione riguardo il teatro politico e afferma che deve essere esagerato, negativo, presentare personaggi al limite dello scorretto:
Theatre needs to attack, so I would prefer to show a politically incorrect rather than a politically correct character on stage in order to offer a politically relevant play. Otherwise, we end up in a church-like sermon, preaching to people who think the same as we do. That would be boring and not at all intellectually challenging. If I see something terrible, it activates me.
L’autore vuole offrire una play politicamente rilevante, che non corrisponda a un sermone cattolico corretto e facilmente accettabile. Vuole attivare il pubblico con qualcosa di terribile, di difficile da dimenticare.
Ralf Peng, il protagonista del testo, è un adulto-bambino troppo cresciuto e allo stesso tempo troppo infantile, che scusa ogni sua azione con la curiosità e la voglia di imparare tipica dei bambini ma è capace di atti di incredibile malvagità.
Per quasi tutto il tempo della messinscena (curata dallo stesso Mayenburg) indossa un lungo pigiama che lo copre dalla punta dei piedi al collo e che gli dà un’apparenza da vero e proprio poppante. Un aspetto colpisce particolarmente e sottolinea l’ispirazione dell’autore a Donald Trump: in un preciso momento dello spettacolo il protagonista dice: “I grapple at every woman’s blouse or between their legs because: I am still a child. I do it innocently as a baby. Purely out of curiosity and joyful exploration.” (Mi attacco alle camicie di ogni donna o in mezzo alle loro gambe perché sono ancora un bambino, lo faccio innocentemente come un neonato. solo per pura curiosità e gioiosa esplorazione”).
Questa frase ricorderà agli spettatori la tristemente celebre frase pronunciata da Trump ad Epstein durante una festa: “grab her by the pussy”.
In questo caso, sia nell’avvenimento reale che in quello messo in scena, l’abuso di potere da parte dell’uomo biancoetero-cis si palesa in modo estremamente grottesco, sia per il linguaggio per niente adatto alla posizione di un Presidente di Stato che per la conseguente giustificazione che Peng e molti uomini utilizzano per giustificare atti estremamente scorretti.
L’autore dell’opera, durante un’intervista per la Schaubuhne di Berlino, ha affermato che una costante degli uomini di potere è il fatto di volersi sempre giustificare, la necessità di difendersi nei modi più disparati dalle “offese” e “diffamazioni” da parte dell’opinione pubblica. Questo atteggiamento è infatti tipico non solo di Donald Trump, ma anche di Erdogan, Silvio Berlusconi, Jeffrey Epstein e innumerevoli altri protagonisti del tragico contemporaneo.
Il testo infatti, pur essendo ambientato negli appartamenti e nei parchi di Prenzlauer Berg a Berlino, presenta delle caratteristiche e delle situazioni che, facendo uno slalom tra critica sociale e commedia, rappresentano il mondo intero e risultano, purtroppo, estremamente e facilmente riconducibili a molti protagonisti politici. La scelta di scrivere una commedia grottesca e non una tragedia è una scelta che il drammaturgo e regista dell’opera ha molto ponderato prima di capire perché fosse più efficace. Secondo lui la commedia è la porta sul retro dalla quale può provare a entrare nelle menti del pubblico con pensieri spiacevoli e disturbanti proprio quando la porta di ingresso è chiusa a chiave.
Alcuni potrebbero trovare lo humour della commedia in questione pesante e disturbante: molte delle battute riguardano situazioni delicate e sensibili come la violenza domestica contro le donne, il razzismo, o la violenza fine a se stessa. Nella stessa mimica di Peng-bambino vengono continuamente presentate al pubblico immagini disturbanti e al limite dell’orrore. Il bambino picchia e vessa i genitori e i maestri, urla in continuazione, sbraita e divora persino un orsacchiotto lasciando dietro di sé caotiche tracce di cotone e gommapiuma.
L’intento dello scrittore di far sentire il pubblico in pericolo e toglierli da uno stato di calma e sicurezza si rende quindi sempre più evidente man mano che lo spettacolo avanza. Infatti, è proprio quando ci si trova in uno stato di allerta che si è sensibili a qualsiasi rumore, movimento o minima minaccia esterna. Tutto si amplifica e un nocciolo di senso di pericolo si può progressivamente, e più velocemente di quanto si pensi, trasformare in una vera e propria foresta di paura e disorientamento generale.
L’intento dello scrittore di suscitare uno stato di allerta nel pubblico mondiale e di mettere in guardia le persone riguardo ai complicati, infantili e pericolosi giochi di potere è stato quasi profetico.
Molto è successo a livello mondiale dopo il mandato dell’ex Presidente Donald Trump, un susseguirsi di avvenimenti che non sono di certo stati innescati da lui, ma che fanno parte di un insieme di tossicità generale e dilagante. Dalla guerra in Ucraina, alle continue crisi economiche, alla moderna caccia alle streghe in Iran, alla pulizia etnica in Palestina, fino alla recente elezione di Giorgia Meloni in Italia (considerata dalla stampa mondiale la più estremista capa di Stato dopo Benito Mussolini), il mondo intero sta andando verso uno scenario che molto ricalca quello che fa da contorno alle vicende di Ralf Peng.
Fu proprio l’autore stesso appena dopo l’uscita e la messa in scena del suo testo, ad affermare che non bisognerebbe puntare il dito contro gli USA, ma notare che la tendenza a cercare sempre soluzioni semplici a problemi complicati è una costante di ogni Stato del mondo, anche di quelli più vicini a noi.
It’s easy to point the finger at the USA and say: they have this terrible leader. We have the same tendencies here in Germany, with AfD and Pegida. This longing for simple solutions to complicated problems – shooting people who try to come into our country, because they try to escape war, for example – is also a German idea. We don’t need to point fingers at other nations.
E oggi, dopo anni dall’insediamento di Trump e dalla prima dello spettacolo alla Schaubuhne di Berlino, queste parole risuonano chiare e assordanti nella mente di tutte quelle persone che hanno permesso al senso di allarme e paura di strisciare sotto la porta sul retro e rimbombare progressivamente dalla cucina, fino a distruggere le finestre e la porta di ingresso.
Von Mayenburg, Marius, Peng, 2018.
Theatre Shouldn’t Make You Feel Safe. Marius von Mayenburg’s »Peng«, www.schaubuehne.de (data ultima consultazione: 07/11/2022)