Gaia Loconte
Nel secondo dopoguerra americano si assiste al preludio della letteratura distopica. È proprio su questo panorama di forte fermento creativo, spinto dalla crisi politica e sociale, e accentuato dai disagi delle generazioni più giovani e borghesi, che vede la luce Fahrenheit 451 (1953) di Bradbury.
Il curatore Marco Bruno in Narrazioni dell’incertezza (2016) sostiene che l’utopia e la distopia costruiscono uno scenario di un “mondo a venire” utile a definire il rapporto tra gli uomini e/o tra l’uomo e la natura.
Il genere utopico nella storia della letteratura e della sociologia ha sempre costituito un filone autonomo fino almeno alla rivoluzione industriale e alle prime utopie socialiste. È principalmente intorno alla fine del XIX secolo che si assiste al passaggio della letteratura utopica verso quella utopica negativa o, meglio definita, distopica.
Premessa fondamentale della letteratura distopica è il setting paradossale: tutte le storie sono narrate in un futuro nel quale non si vorrebbe mai vivere o un presente alternativo, risultante da episodi del passato che sono andati diversamente dalla realtà.
Questa nuova forma di letteratura ha avuto come linfa vitale la forte crisi sociale causata dalla guerra e dal cinema hollywoodiano degli anni Venti. La generazione successiva non ha fatto altro che crescere e inasprirsi, incontrare sulla strada una nuova guerra e arrivare al secondo dopoguerra di Bradbury con ancora più nodi da dover sciogliere e ferite nel tessuto sociale.
In questo contesto storico-sociologico Bradbury - e George Orwell in 1984 (1949) - si configura tra gli iniziatori del genere distopico, consegnando alle stampe dei titoli di grande peso nella storia di questa letteratura distopica, in primis l’opera Cronache Marziane (1953) in cui coniuga in maniera del tutto inedita la prosa di un futuro distopico, così come spiega Paolo Marra in un suo articolo su Mediafrequenza.
È proprio a seguito della pubblicazione di Cronache Marziane che Bradbury scrive e pubblica nello stesso anno il bestseller Fahrenheit 451.
Nell’introduzione al romanzo, Neil Gaiman definisce Fahrenheit 451 “speculative fiction” (romanzo di fantascienza, ndt) per via di tre ipotetiche elementari che innescano il meccanismo di una scrittura al futuro:
“e se…?”
“se solo…”
“se continua così…”.
La prima domanda presuppone un senso di cambiamento che porta a un estraniamento rispetto la vita quotidiana (ad esempio: “e se Michael Jackson non fosse mai morto?” ). Nel secondo caso, “se solo…” è la base per un uso condizionale, un’ipotesi che comporta diversi rischi (ad esempio: “se solo Donald Trump non avesse vinto le elezioni americane”); la terza domanda, invece, è la forma più vicina a una predizione e che inquieta di più, proprio per la sua natura più vicina alla realtà (ad esempio: “se continua a fare così caldo, i ghiacciai si scioglieranno del tutto, prima del previsto”).
Questa speculative fiction non può essere intesa come una letteratura di predizione del futuro. Al contrario, serve al lettore per vedere la realtà da un’altra prospettiva, partendo proprio dalle conseguenze di qualcosa già tangibile oggi. Ecco che qui prende voce il romanzo di Bradbury: se si continua a seguire le radio, la televisione e ogni nuovo mezzo elettronico di comunicazione si arriverà a un punto in cui i libri per necessità smetteranno di esistere.
Questo filone narrativo trova altre voci intente nella stessa operazione, anche dedicandosi specificatamente al tema ambientale, noto come climate fiction. In questo caso, si accentuano gli effetti del cambiamento climatico in corso, volendo sensibilizzare i lettori a delle conseguenze ancora più drastiche in futuro, pronte a diventare realtà se finalmente non si operano delle scelte in direzione di una vita più ecosostenibile.
Trent’anni più tardi rispetto all’uscita di Fahrenheit 451 approda in territorio americano un noto intellettuale italiano, Italo Calvino. Anche lui affida ai suoi contemporanei e posteri una istantanea di un mondo in forte cambiamento. Cosa stesse succedendo e come affrontarlo è ben snocciolato in una serie di scritti noti come Lezioni Americane (1988), proprio perché la loro stesura ebbe come pretesto un discorso che doveva tenere all’Università di Harvard.
Differentemente da Italo Calvino, però, Ray Bradbury in Fahrenheit 451 propone l’ottimismo dei progressi scientifici, ma anche la paura del controllo del governo e il timore verso i potenziali nascosti della tecnologia.
Nel suo romanzo, Bradbury immagina un mondo distopico in cui i libri vengono censurati e in cui leggere è un reato. La propaganda e la censura non sono altro che mezzi per controllare la popolazione, per questo il libro si configura come un grido contro l’autoritarismo e non solo: Fahrenheit 451 vuole ricordare al pubblico che spesso si dà per scontato di possedere quello che in realtà è un bene prezioso.
Il protagonista del romanzo di Bradbury è Guy Montag, un pompiere, o meglio, un incendiario di libri. In questo mondo distopico i pompieri si occupano di distruggere il sapere, bruciare ogni libro esistente. Tutto va a favore dei nuovi mezzi di comunicazione come la radio e la televisione, più facilmente controllabili dal governo, rispetto agli scritti che tramandano anche un sapere storico e controtendenza rispetto ai totalitarismi.
Chiunque venga trovato a leggere un libro è ritenuto un sovversivo e la pena da scontare è l’arresto o, peggio, la distruzione della propria casa, con fiamme che arrivano a 451° Fahrenheit, temperatura dalla quale trae ispirazione il titolo del romanzo: secondo dei calcoli, infatti, per bruciare un libro ci vogliono esattamente 451° Fahrenheit, ovvero poco più di 232°C.
Montag ama il suo lavoro, eppure, un giorno, dopo l’incontro con una giovane donna, Clarisse McClellan, la sua vita viene sconvolta radicalmente. La ragazza gli pone diverse domande esistenziali: perché distrugge i libri? È felice quando lo fa? Ha mai letto almeno uno dei libri che ha distrutto? A tutte queste domande Montag non sa rispondere - motivo per cui inizia un vero e proprio percorso di analisi interiore. Comincia a prestare attenzione alla monotonia che lo circonda, sentendosi un inetto: senza libri nessuno ricorda il passato; nemmeno Montag e sua moglie riescono a ricordare come o dove si siano conosciuti.
Il giorno seguente, con grande sorpresa, l’incendiario compra un libro per leggerlo: è la prima azione che lo condurrà ad un’altra serie di atti illegali, primo tra tutti il furto di un libro per ciascuna delle sue vittime - libri che nasconde nel condotto di aerazione di casa sua. Dopo la scomparsa di Clarisse McClellan il protagonista riesce a trovare rifugio e conforto solamente attraverso la lettura, che gli permette di vedere la società con occhi diversi. Come dice lo stesso Montag:
ci dev’essere qualcosa di speciale nei libri, delle cose che non possiamo immaginare. (Bradbury, 1953: 51-52)
Il punto di non ritorno avviene quando l’unità di pompieri a cui Montag appartiene viene chiamata per incendiare la casa di un’anziana signora, che possiede un’immensa libreria. La donna rifiuta di lasciare la libreria e concorda con gli incendiari di farsi ardere viva con i libri.
Montag capisce in quell’istante che l’atto di ribellione nel farsi ardere vivi con i libri è in realtà un gesto eroico: l’anziana ha scelto una morte onorevole, invece di conformarsi alla massa e di accettare di diventare una persona priva di senso critico.
Davanti a quel gesto, il protagonista decide di compiere un proprio un atto ribellione, abbandonando il suo lavoro da incendiario per nascondersi in casa e leggere i libri proibiti. Beatty (il capitano dei pompieri) si rende conto di ciò che sta accadendo nella vita di Guy, per questo cerca di convincerlo ad abbandonare la “fase” della lettura, confidandogli che anche lui in passato ha dovuto affrontare un momento simile.
Giungendo alla conclusione del libro, suona la sirena, simbolo che una casa deve essere incendiata. Questa volta tocca alla casa di Montag: gli viene chiesto di giurare fedeltà e onore, pena la casa bruciata, ma l'ormai ex incendiario si rifiuta, distrugge lui stesso la sua casa e, dopo aver ucciso il Capitano, scappa via.
Il protagonista del libro riesce però a salvarsi e non solo: entra nel circolo dei “the Book People”, i cui membri imparano a memoria un frammento di libro, affinché possa sopravvivere dopo l'incendio. I membri del “the Book People” si susseguono di generazione in generazione, tenendo in vita la loro missione in attesa del momento in cui i libri possano ritornare in auge.
Il libro si chiude con lo scoppio della guerra in città, presagio di rivoluzione.
Dal sito di Rai Cultura è possibile scoprire alcune curiosità legate al bestseller di Bradbury: Fahrenheit 451 infatti sarebbe stato pubblicato in America nel 1951, ma riscosse successo solamente a seguito della pubblicazione di Cronache Marziane (1953).
In Italia il titolo del romanzo fantascientifico di Bradbury è stato tradotto in Gli anni della Fenice (1956) dal traduttore Giorgio Monicelli e l’editore Aldo Martello. Solamente nella seconda edizione pubblicata da Oscar Mondadori nel 1966 compare il titolo di Fahrenheit 451, grazie al successo riscosso dal film omonimo di François Truffaut.
Il film degli anni ’60 non riscosse quel successo che il regista francese si aspettava, ma fu un trampolino di lancio per il libro distopico di Bradbury.
Marco Bruno, Narrazioni dell’incertezza, FrancoAngeli, 2016
Neil Gaiman, Introduzione Fahrenheit 451, Oscar Mondadori, 2016
Utopia e distopia: le principali differenze, da eroicafenice.com (data di ultima consultazione 26/08/2023)
Romanzi distopici: più di 20 libri da leggere nella vita, da Illibrario.it (data di ultima consultazione 29/08/2023)
Bradbury e il novecento dell’Antiregime, da mediafrequenza.it (data di ultima consultazione: 21/08/2023)
Cli-fi un approccio empatico al cambiamento climatico, da canadausa.it (data di ultima consultazione 26/08/2023)
Ray Bradbury e Fahrenheit 451, da raicultura.it (data di ultima consultazione 23/08/2023)
Foto 1 da thelostavocado (data di ultima consultazione 31/08/2023)
Foto 3 da skuola.net (data di ultima consultazione 31/08/2023)